Era una festa di famiglia alla libica Jamahiriya. Tutti erano venuti a celebrare il terzo compleanno del piccolo Al-Khweldy. Nonni, fratelli e sorelle, cugini affollavano la casa di Sorman, 70 chilometri ad ovest della capitale, un grande parco in cui sono state costruite le ville degli uni e degli altri, delle semplici case a un piano.
Nessun sfarzo, ma la semplicità del popolo del deserto. Un ambiente pacifico e unito. Il nonno, maresciallo Al-Hamed Al-Khweldy, vi allevava uccelli: “Questo è un eroe della rivoluzione che ha partecipato al rovesciamento della monarchia e alla liberazione del Paese dallo sfruttamento coloniale. Siamo tutti orgogliosi di lui. Il figlio, Khaled Al-Hamed, Presidente dell’IOPCR, una delle più grandi organizzazioni umanitarie arabe, vi alleva cervi. Una trentina bambini correvano in tutte le direzioni tra gli animali.
Si preparava anche il matrimonio di suo fratello Mohammed, partito per il fronte a combattere i mercenari stranieri controllati dalla NATO. La cerimonia doveva aver luogo qui, tra pochi giorni. La sua sposa era già radiosa.
Nessuno aveva notato che tra gli ospiti si era infiltrata una spia. Fece finta di mandare dei twitter ai suoi amici. In realtà, doveva inviare le coordinate e collegarsi con la rete sociale del quartier generale della NATO HQ.
Il giorno dopo, la notte del 19-20 giugno 2011, intorno alle 2:30, Khaled torna a casa dopo aver visitato e salvato i compatrioti sfuggiti ai bombardamenti dell’Alleanza. E’ abbastanza vicino a casa sua per sentire il fischio dei missili e le esplosioni.
La NATO ne spara otto, da 900 chili ciascuno. La spia aveva messo i marcatori nelle varie ville. Nelle camere da letto dei bambini. I missili sono caduti a pochi secondi di intervallo. I nonni hanno avuto il tempo di uscire di casa prima che fosse distrutta. Era troppo tardi per salvare figli e nipoti. Quando l’ultimo missile ha colpito la loro casa, il maresciallo ebbe il riflesso di proteggere la moglie col suo corpo. Stavano uscendo dalla porta e sono stati proiettati dall’esplosione a una quindicina di metri di distanza. Sono sopravvissuti.
Quando Khalid è arrivato, c’era solo desolazione. Sua moglie, che aveva tanto amato, e il nascituro, sono scomparsi. I suoi figli per i quali avrebbe dato tutto, sono stati schiacciati dalle esplosioni e dal crollo del soffitto.
Le ville sono in rovina. Dodici corpi mutilati giacciono sotto le macerie. Dei cervi colpiti dalle schegge agonizzano nel loro recinto.
I vicini accorsi in silenzio, sono alla ricerca di prove di vita tra le macerie. Ma non c’è speranza. I bambini non avevano alcuna possibilità di sfuggire ai missili. Si estrae il cadavere decapitato di un bambino. Il nonno recita versetti del Corano. La sua voce è ferma. Non piange, il dolore è troppo forte.
A Bruxelles, il portavoce della NATO ha dichiarato di aver bombardato il quartier generale di una milizia pro-Gheddafi, per proteggere la popolazione civile dal tiranno che la reprime.
Nessuno sa come la cosa sia stata progettata dal comitato degli obiettivi, o come lo stato maggiore ha seguito lo svolgersi dell’operazione. L’Alleanza Atlantica, i suoi lindi generali a quattro stelle e i suoi diplomatici benpensanti, hanno deciso di uccidere i figli dei leader libici per spezzarne la resistenza psicologica.
Dal XIII secolo, teologi e giuristi europei proibiscono l’assassinio delle famiglie. Questo è uno dei fondamenti stessi della civiltà cristiana. Non c’è quasi che la mafia ad ignorare questo tabù assoluto. La mafia, e ora la NATO.
Il 1 luglio, mentre 1,7 milioni di persone dimostravano a Tripoli, per difendere il proprio paese contro l’aggressione straniera, Khaled è andato al fronte, a fornire aiuti ai rifugiati e ai feriti. I cecchini lo stavano aspettando. Hanno cercato di sparargli. E’ stato gravemente ferito, ma i medici hanno dichiarato che i suoi giorni non sono in pericolo.
La NATO non ha terminato il suo sporco lavoro.
Thierry Meyssan
Al di là del racconto di Thierry, se davvero la Nato sta attuando questa strategia, ciò significa che l’occidente ha perso di vista l’onore e la dignità.
Non difendiamo Gheddafi, va arrestato e processato, e con lui, tutti quelli che si sono macchiati di crimini contro l’umanità.
Ma con Gheddafi, dovrebbero essere arrestati e condannati quanti, scientemente, decidono di uccidere civili inermi.