martedì 18 ottobre 2011

Libia, galleggia il cavalier travicello - “Il caos, l’illegittimità e l’insania politica dell’attuale intervento in Libia”

INSANIA POLITICA DI BERLUSCONI. LA PAROLA “UMANITARIA” NON SI PUÒ ACCOMPAGNARE ALLA PAROLA “GUERRA”. ABBIAMO ROVESCIATO LO STATUTO DELL’ONU: IMPEDISCE DI BOMBARDARE POPOLAZIONI E GOVERNI PER EVITARE MASSACRI CON ALTRI MASSACRI. ALL’INTERNO DELLA CHIESA LA VOCE DI UN SOLO VESCOVO

la democrazia della nato in libia La democrazia della NATO/Sarko in Libia

Umanitaria? La prima cosa da dire è che il termine “umanitario” applicato a una politica, è fuorviante, se non addirittura espressione di un’ideologia perversa. Esso suppone infatti che la qualità umanitaria rappresenti una eccezione o una sospensione o una particolarità della politica, che di per sé avrebbe tutt’altre finalità. Nella nostra concezione, al contrario, la politica deve sempre essere umanitaria, cioè ordinata al bene degli uomini e delle donne in quanto cittadini, non importa se del proprio o degli altri Stati; e basta leggere l’art. 3 della nostra Costituzione, allargato poi nell’articolo 11, per vedere come a questo punto dell’incivilimento umano la politica non può che essere pensata come rivolta alla piena realizzazione delle persone umane e a un ordine di giustizia e di pace tra le nazioni.Se ciò vale per la politica, tanto più vale per la guerra, che non può essere umanitaria nemmeno come eccezione. E infatti, a questo stadio della civiltà, essa è bandita, oggetto di ripudio all’interno e bollata come flagello sul piano internazionale.

Impedire nefandezze.  Altra è la questione dell’uso della forza per impedire genocidi e altre nefandezze o minacce alla pace, previsto dal capitolo VII della Carta dell’ONU. Esso è legittimo non per il semplice fatto che l’ONU lo decida e lo affidi all’esecuzione di questa o quella potenza, ma per il fatto che non abbia altre finalità che quelle ammesse dalla Carta (e non ad esempio rovesciamento di regimi o assassinio dei loro capi) e che in nessun modo sia assimilabile alla guerra. A tal fine esso non può aver luogo se prima non siano stati compiuti, anche dallo stesso Consiglio di Sicurezza, tutti i tentativi per una composizione pacifica, e non solo non deve tendere all’annientamento del nemico, come è proprio della guerra, ma non deve essere espressione della sovranità degli Stati – a cui il diritto di guerra è storicamente avvinghiato – né essere sospettabile di essere funzionale ai loro interessi, petroliferi, territoriali o economici che siano.

Vecchie sovranità. Per questa ragione secondo la Carta dell’ONU le operazioni devono avvenire sotto la responsabilità non di uno Stato, per quanto grande e potente, e tanto meno della NATO, che imputandosi una guerra esercita una sovranità che non ha, ma del Consiglio di Sicurezza e sotto la direzione strategica del Comitato dei capi di Stato Maggiore dei cinque membri permanenti; e devono essere compiute da forze armate tratte dagli eserciti nazionali ma messe a disposizione del Consiglio di Sicurezza in base ad accordi permanenti tra questo e gli Stati. Questa parte dello Statuto dell’ONU purtroppo non è stata mai attuata, perché le vecchie sovranità e il patriottismo militare che vuole che ognuno combatta sotto le proprie bandiere sono duri a morire.

Scelte sbagliate. Il caos, l’illegittimità e l’insania politica dell’attuale intervento in Libia sono la conseguenza di questo inadempimento. L’unica cosa giusta è il punto di partenza, ossia la decisione della comunità internazionale di impedire gli eccidi in Libia, come avrebbe dovuto fare, e non fece, per porre termine al genocidio in Cambogia (e ci dovette pensare il Vietnam). Ma tutto il resto è sbagliato, a cominciare da quella “fretta della guerra” che è stata denunciata – unica voce coraggiosa e illuminante levatasi dall’interno della Chiesa – dal vescovo Giovanni Giudici presidente di Pax Christi. E sbagliatissime e addirittura letali (per noi) sono le scelte fatte dal governo italiano. Se pur sono scelte! Repentine e contraddittorie, annunciate e smentite, fedeli e infedeli ai patti sottoscritti, tali da fare ancora una volta dell’Italia un Paese non affidabile, ondivago, esposto agli ultimi venti, come il re travicello che, come dice la poesia di Giusti, “là là per la reggia dal vento portato, tentenna, galleggia, e mai dello Stato non pesca nel fondo: che scienza di mondo! che Re di cervello è un Re Travicello!”.

Non ingerenza. Non c’era alcun bisogno di fare i primi della classe “offrendo” la disponibilità delle basi italiane, peraltro da tempo appaltate ad americani e alleati, e operative senza che nessuno ce ne chieda il permesso (i trattati sono segreti); non c’era bisogno di mettere subito in pista i Tornado, quando eravamo (e ancora siamo) vincolati al trattato berlusconiano con Gheddafi, che garantisce “il rispetto dell’uguaglianza sovrana degli Stati; l’impegno a non ricorrere alla minaccia o all’impiego della forza contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica della controparte o a qualunque altra forma incompatibile con la Carta delle Nazioni Unite; l’impegno alla non ingerenza negli affari interni e, nel rispetto dei princìpi della legalità internazionale, a non usare né concedere l’uso dei propri territori in qualsiasi atto ostile nei confronti della controparte; l’impegno alla soluzione pacifica delle controversie”.

Corruzione della politica. Pudore avrebbe voluto che venendo la squilla alla guerra, l’Italia piuttosto che correre al fronte, avesse tentato qualche mediazione visibile; e soprattutto che avesse dichiarato che non solo a causa del trattato di amicizia, e nemmeno dei baci di Berlusconi a Gheddafi, ma a causa delle atroci responsabilità del colonialismo italiano nei riguardi della Libia, mai più armi e militari italiani avrebbero potuto rivolgersi contro il dirimpettaio africano. Questo tutti avrebbero potuto capirlo, e non ci sarebbe stato bisogno di ricorrere al gioco delle tre carte degli aerei che sorvolano ma non sparano, o del dirsi disponibili a una guerra comandata dalla NATO ma non dalla Francia, o del “vorrei ma non posso”, se no arrivano migliaia di profughi e di terroristi a Lampedusa. Questa è la corruzione della politica che, già operante nella politica interna, si è ora pienamente manifestata nella politica estera. Ed è ancora più grave dei vecchi giri di valzer

Via | Arcoiris.tv| di Raniero La Valle

Libia/Tawargha: Incendi, terrore, caccia all'uomo - La città dei neri non esiste più

A Tawargha, in Libia, teatro della vendetta dei ribelli sui «mercenari»

TAWARGHA - Le palazzine bruciano piano. Un lavoro metodico, svolto senza fretta. Quelle che non si incendiano subito restano dimenticate per qualche giorno: porte e finestre sfondate, tracce di fumo sui muri, stracci di vestiti e schegge di mobili sparsi attorno. Poi gli attivisti della rivoluzione tornano ad appiccare il fuoco aiutandosi con la benzina ed il risultato è assicurato. Nei viottoli sporchi sono abbandonati alla loro sorte cani, galline, conigli, muli, pecore, mucche. Ogni tanto giunge una vettura dalla carrozzeria dipinta con i simboli del fronte anti-Gheddafi e si porta via gli animali. Gli orti sono secchi, è dai primi di agosto che nessuno si occupa di irrigarli. A parte il crepitare sommesso degli incendi, il silenzio regna sovrano. Una calma immobile, minacciosa, inquietante, spaventosa. Un benzinaio sulla provinciale poco lontano ci ha detto che non sarebbe difficile trovare la terra smossa delle fosse comuni. Ma è pericoloso, le pattuglie della guerriglia non amano curiosi da queste parti.
Sono le immagini della pulizia etnica di Tawargha, piccola cittadina una trentina di chilometri a sud-est di Misurata. Ricordano i villaggi vuoti della ex-Jugoslavia negli anni Novanta. L'episodio che con maggior forza due giorni fa ci ha trasmesso la gravità immanente dei crimini consumati in questa zona è stato l'incontro con quattro ragazzi della «Qatiba Namr», una delle brigate di Misurata nota per le doti di coraggio e resistenza dimostrati al tempo dell'assedio delle milizie scelte di Gheddafi contro la «città martire della rivoluzione» in primavera. «Qui vivevano solo neri. Negri stranieri. Nemici dalla pelle scura che stavano con Gheddafi. Ucciderli è giusto. Se fossi in loro scapperei subito verso sud, in Africa. Qui non hanno più nulla da fare, se non morire», affermano sprezzanti. Viaggiano su di una Toyota dalla carrozzeria coperta di fango. Sono tutti armati di Kalashnikov. Portano scarpe da tennis, magliette scure e blu jeans. Dicono di avere diciannove anni, ma potrebbero essere anche più giovani. Brufoli e sguardo di sfida, con il dito sul grilletto si sentono padroni del mondo. «Siamo venuti ad assicurarci che nessun cane nero cerchi di tornare. Devono sapere che non hanno futuro in Libia», sbotta quello che sta al volante. Sostiene di chiamarsi Mustafa Akil, però non vuole essere fotografato, così neppure gli altri.

A Tawargha ci siamo arrivati quasi per caso. Tornando da Sirte verso Tripoli, giunti poco prima delle periferie orientali di Misurata, è stato impossibile non vedere le colonne di fumo degli incendi. Sono almeno una ventina. Si nota in particolare una palazzina a cinque piani divorata dalle fiamme rosse che si allungano dai balconi. Nel parcheggio sottostante sono fermi almeno cinque pick up delle forze della rivoluzione. Ci avviciniamo. Ma i miliziani ordinano di restare lontani. «C'erano circa 40.000 negri. Sono partiti tutti. Tawargha non esiste più. Ora c'è solo Misurata», si limita a ripetere uno di loro, barba fluente e occhiali neri. Sui cartelli stradali il nome della città è stato cancellato con vernice bianca, al suo posto è scritto quello di «Nuova Tommina», un villaggio delle vicinanze che era stato attaccato dai lealisti in aprile.

La storia non è nuova. Le cronache della resa delle truppe fedeli al Colonnello a Tawargha contro le colonne dei ribelli di Misurata sostenuti dai bombardamenti Nato era arrivata il 13 agosto. E quasi subito Amnesty International e altre organizzazioni per la difesa dei diritti umani avevano denunciato massacri, abusi di ogni tipo e soprattutto deportazioni di massa. Unica scusa addotta dai ribelli era stata che proprio gli abitanti di Tawargha erano stati tra i più crudeli «mercenari africani» nelle file nemiche. Ma poi le cronache della caduta di Tripoli e gli sviluppi seguenti avevano preso il sopravvento. Il 18 settembre un inviato del Wall Street Journal citava il presidente del Consiglio Nazionale Transitorio, Mustafa Abdel Jalil, che dava il suo placet alla totale distruzione della cittadina. «Il fato di Tawargha è nelle mani della gente di Misurata», sosteneva Jalil, giustificando così appieno i crimini di guerra.

La novità verificata sul campo è però che la pulizia etnica continua. Nonostante le rassicurazioni contro ogni politica razzista e in difesa delle minoranze nere in Libia fornite a più riprese alla comunità internazionale dai dirigenti della rivoluzione, a Tawargha si sta portando a termine del tutto indisturbati ciò che era iniziato ad agosto. I muri delle case devastate sono imbrattati di slogan freschi contro i «murtazaka», come qui chiamano i «mercenari» pagati dalla dittatura di Gheddafi. Sono firmati in certi casi dalle «brigate per la punizione degli schiavi neri» e trasudano il razzismo più virulento. In verità, molti degli abitanti nella regione di Tawargha sono discendenti delle vittime delle razzie a caccia di schiavi organizzate in larga scala dai mercanti arabi della costa per secoli sino alla metà dell'Ottocento nel cuore dell'Africa sub-sahariana. Libici a tutti gli effetti, figli di libici, sono ora tra le vittime più deboli del caos e delle incertezze in cui è scivolato il Paese. Nessuno conosce ancora le cifre dei loro morti e feriti. Le nuove autorità di Tripoli non rendono noti i numeri dei prigionieri.

E quando la fanno sono spesso contradditori e impossibili da verificare. Di tanto in tanto si viene a conoscenza di ex abitanti di Tawargha arrestati nei campi profughi e nei quartieri poveri attorno a Tripoli. Le voci di violenze carnali contro le donne sono ricorrenti. Molti giovani sarebbero ora tra i combattenti irriducibili negli assedi di Sirte e a Bani Walid. Altri sarebbero riusciti ad unirsi ai Tuareg nel deserto verso Sabha. Sono motivati dalla consapevolezza che la «caccia al negro» non si ferma. Due giorni fa, durante gli scontri a Tripoli tra milizie della rivoluzione e sostenitori di Gheddafi, i primi ad essere arrestati erano i passanti di pelle nera.

Lorenzo Cremonesi | Corriere della Sera

lunedì 17 ottobre 2011

Libia/Nuova Colonizzazione 2011: La città di Sirte distrutta come Stalingrad

Libia - crimini contro l'umanita - Sirte come Stalingrad

LA GUERRA. La guerra che Sarkozy, Cameron, Obama (in modo nascosto) hanno voluto in Libia continua a dare i suoi frutti: frutti di grandi dolori alle popolazioni, di distruzione di intere città e suoi abitanti, di sistematiche violazioni dei diritti umani, frutti di odio e di molto desiderio di vendetta. Come ogni guerra in stile coloniale, siamo in grado di dire che la in Libia produrrà ancora molto dolore, e chissà quante conseguenze si abbatteranno su ogni paese che ha bombardato quelle popolazioni.

I DIRITTI UMANI. Molti amici occidentali, italiani ed in inglesi prevalentemente, molte organizzazioni no-profit con le quali sono in contatto, molti politici ed intellettuali sul piedistallo del pensiero liberal  democratico con i quali ho avuto l’opportunità di scambiare qualche parole, spesso  si abbelliscono la bocca parlando dei diritti umani. Molto di questi sono dei veri campioni dei discorsi circa l’inviolabilità della vita umana, però, ripeto, però, non riesco a capire con quale SPUDORATEZZA riescono a chiudere un occhio alle disgraziate azioni militari che i rispettivi paesi compiono in altri terre con la scusa della lotta al terrorismo.

LA MANIPOLAZIONE SOCIALE. L’intervento militare occidentale in Libia si è fatto precedere da una longa e vasta campagna di disinformazione, cioè,  la propaganda è passata in tutte le tv, radio e giornali come informazioni sicure riguardanti le azioni del “dittatore sanguinario” Muammar Gheddafi. Un piano quasi perfetto per legittimare una guerra sporca e odiosa. Ecco alcuni elementi collaudati del piano d’attuazione: a) Uomini sul terreno che producono (false) notizie di repressione in tempo reale; b) Organizzazione dei diritti umani pagate per diffondere condannando quei presunti fatti di violazione sistematiche dei diritti umani; c) Uomini di vari spessore politico, religiosa e morale pronti a condannare e richiedere uno intervento urgente dell’Occidente/ONU a fine di evitare un genocidio al modello ruandese; d) Dulcis in fundo. Un centro di comunicazione che coordina la manipolazione di tutte le informazioni da far passare in tutte le reti televisive e radiofoniche in occidente. Sul ruolo dei media, distacchiamo l’Al Jazeera, la BBC e la CNN come le punte di diamante di questa azione propagandistica degna delle SS del regime nazista.

Con questa strategia gran parte dell’opinione pubblica occidentale è stata manipolata e portata a legittimare un intervento urgente dell’ONU in Libia. Al Jazeera, il canale arabo conosciuto inizialmente come l’anti CNN e BBC per il mondo arabo,  si è rivelata lo strumento di disinformazione per eccellenza. Sin dall’inizio faceva parte del piano e seguiva la rivolta (colpo di Stato fallito) in ogni suo dettaglio, arrivando a diffondere in tutto il mondo i suoi “finti scoop” e inventando persino l’idea che Gheddafi avrebbe danno ordini di reprimere con aerei i manifestanti della finta “primavera araba” libica in salsa francese. A ragion veduta, il finto “scoop” dell’uso dell’aereo è stato ampiamente progettato, visto che così dava alla Francia l’alibi di proporre “dunque” una No fly zone sulla Libia. E’ il caso di dire: nel mondo della politica niente accadde per caso.

I PACIFISTI INGANNATI. Come l’aria umida anticipa la pioggia, così ogni guerra “per materie prime e controllo geo-politico-strategico” è preceduta da una massiccia disinformazione manipolatrice tesa a legittimare l’intervento militare “delle "potenze” occidentali. Per la guerra in Libia lo script è stato lo stesso, e persino le organizzazione pacifiste e i suoi intellettuali di punta sono caduti in errore. Non si è vista una manifestazione contraria ad una sporca guerra in più, tutti erano d’accordo che bisognava intervenire sul presunto conflitto altrimenti Gheddafi avrebbe finito per ammazzare il suo proprio popolo. Sarkozy & CO hanno usato il format collaudato in Iugoslavia “R2P”, il diritto di proteggere, che possiamo tradurre in “Diritto di bombardare”. Molti come me, hanno sofferto più per il silenzio di coloro i quali si sono sempre affermati come pacifisti, come difensori dei più deboli, come i veri democratici visto che tengono il dialogo come strumento precipuo per la risoluzione di ogni guerra. Costoro, questa volta non c’erano, se c’erano, dormivano. Così la guerra in Libia è andata in scena, 50.000 morti in sei mesi ed il paese che vantava il PIL per-capita più alto dell’intero continente africano è stato ridotto a brandelli.

LE RESPONSABILITA DELLA NATO. L’Organizzazione del Trattato dell'Atlantico del Nord (NATO) ha violato sistematicamente la risoluzione dell’ONU che la permetteva di attuare in Libia. Tutto parte della risoluzione 1973 (2011) dell’ONU, proposta dalla Francia. Secondo essa, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, assegna ad un gruppo di paese volenterosi la missione di imporre una “No fly zone” sulla Repubblica della Libia col fine di evitare che Muammar Gheddafi usi i suoi aerei per reprimere i manifestanti. Il gruppo di volenterosi è costituito inizialmente dall'a Francia, Inghilterra, Italia, Qatar, Norgegia, Spagna ed altri con meno interesse. Questi paesi presto passano la missione alla NATO. La NATO è andata oltre: ha imposto la “No fly zone”, ha distrutto tutte le difese aeree della Repubblica della libica ed è entrata a fare parte della guerra. Azioni contrarie allo statuto dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU),  che vieta severamente la ingerenza in affari interni delle nazioni associate.

RELAZIONI TRA STATI. Secondo le regole internazionali: è severamente vietato prendere parte nella guerra civile di uno Stato sovrano; è vietato vendere armi in territori contesi visto che incrementa le azioni di guerriglia e le vittime civili;  è vietato l’uso delle bombe chimiche; è vietato l’uso delle bombe a grappolo considerando che triplicano il numero di morti nel post-guerra;  è vietato l’uso di armi con alto componente di plutonio ed uranio arricchito; è vietato il supporto ad organizzazioni che praticano la tortura, le fucilazioni sommarie, la cacia all’uomo, le violazioni dei diritti umani in genere. Tutto questo la NATO l’ha fatto. Chi è la NATO? Come considerare dunque lo status di questa organizzazione nel contesto delle nazioni di diritto?

Mentre chiudo questa riflessione, la guerra in Libia continua. Molti uomini e donne continuano a morire sotto le bombe di coloro che li dovevano difendere, salvare, aiutare ad uscire dalla crisi.  Ieri l’Iraq, dopo l’Afghanistan, oggi la Libia e domani? Una cosa è certa, prima o poi i responsabili di queste guerre per il petrolio dovranno pagare per le vite umane perse nelle loro avventure. Ogni vita vale quanto le altre, chi risponderà per la morte di tanti civili libici? Obama? Sarkozy o Cameron?

  • Il numero di morti nella guerra libica continua a salire, cosa fa la NATO in Libia?
  • La NATO doveva proteggere i civili o fare parte di una guerra?
  • Chi pagherà alla NATO le bombe usate in Libia contro i libici?
  • Chi controlla l’azione della NATO?
  • Con quali diritti la NATO interviene nelle guerre interne al continente africano senza confrontarsi con l’Unione africana?
  • Chi sono i ribelli?
  • Quale è il progetto politico e cultura che i ribelli/NATO hanno per la Libia?
  • Chi risponderà per il genocidio dei neri libici? (Cfr. Reportage del Corriere)
  • Perché mai le organizzazioni dei diritti umani non dicono nulla contro il massacro che i ribelli appoggiati dalla NATO compiono in Libia?
  • Una volta che si è verificato che la NATO viola ogni legge internazionale, chi può portare la NATO sul banco degli imputati?
  • Perché l’Italia ha dovuto accettare questa guerra anche se perdeva lei stessa tutti i previlegi che aveva sul mercato energetico libico?
  • Quanti milioni la NATO spende in Libia? Chi li pagherà?
  • Ma chi è la NATO?

Di Kingamba Mwenho
”L'ignoranza è forza, la guerra è pace, la libertà schiavitù.” George Orwell 1984.

Tra le forze speciali in Libia 40 uomini del Col Moschin di Gianandrea Gaiani

Anche la Legione Straniera è in azione in Libia per aiutare le milizie del Consiglio nazionale transitorio a chiudere la partita contro i lealisti che resistono a Sirte e Bani Walid e ieri, a sorpresa, hanno scatenato un blitz nel quartiere di Abu Salim a Tripoli.

La presenza di unità di forze speciali al fianco degli insorti libici (inviate dai singoli Stati e non dalla Nato) non è certo un mistero ma sembra avere proporzioni maggiori rispetto alle poche decine di incursori dei quali riferì in settembre un rapporto del Royal United Services Institute di Londra. Secondo quanto riferito al Sole 24 Ore da alcune fonti, in Libia sono operativi almeno una quarantina di incursori del 9° reggimento Col Moschin con missioni di ricerca degli obiettivi, affiancamento dei miliziani e il loro addestramento all'impiego di armi pesanti come i missili anticarro. Un contributo di rilievo, passato finora sotto silenzio alla stregua dei bombardamenti dei jet e del ruolo dell'intelligence che, da quanto è emerso ieri da fonti del Copasir, ha confermato che Gheddafi si nasconde nel Sud protetto dai tuareg, utilizza sosia per depistare le ricerche e potrebbe ancora controllare armi chimiche.

La Francia ha schierato in Libia oltre 200 militari incluse forze speciali incaricate di armare e addestrare i ribelli e individuare e distruggere gli obiettivi più importanti dei lealisti, specie nel deserto del Fezzan dove nei mesi scorsi un team di incursori francesi venne dato per disperso e dove ora questi uomini sarebbero impegnati nella caccia a Gheddafi. La componente francese più numerosa è però costituita da 150 militari della Legione Straniera originari in buona parte del Maghreb e dal Sahel. Soldati francesi che, per non dare nell'occhio, operano privi di uniforme e impiegano le stesse armi dei miliziani e ai quali sarebbe ora affidata la missione di imprimere una svolta all'assedio di Bani Walid dove, come a Sirte, le forze lealiste hanno inferto sonore sconfitte alle truppe del Cnt. Significativo anche lo sforzo britannico con un centinaio di soldati delle forze speciali e altrettanti contractor, ex militari di Sua Maestà arruolati dai governi di Qatar ed Emirati Arabi Uniti per addestrare e affiancare gli insorti.

Dopo sette mesi per gli specialisti europei la missione non sembra ancora conclusa per l'accanita resistenza dei lealisti e l'emergere di nuove minacce. Nel giorno in cui l'Eni ha ripreso le forniture di gas all'Italia attraverso il gasdotto Greenstream, il portavoce di Gheddafi, Moussa Ibrahim, ha esortato ieri i lealisti a distruggere «le condotte di gas e petrolio che riforniscono i Paesi colonizzatori della Nato».

Via | Il Sole

Violenze, abusi e torture: ecco la Libia del dopo Gheddafi

di Redazione

Tripoli. La situazione in Libia, anche sotto l'aspetto umanitario, non è affatto migliorata. Anzi. Tra violenze, abusi e torture, il Paese sembra essere scivolato in un vortice molto simile a quello instaurato dal vecchio regime di Muammar Gheddafi. Secondo l'ultimo rapporto di Amnesty International, la nuova Libia non è migliore della precedente, in quanto sussiste "un quadro di percosse e maltrattamenti nei confronti di soldati dell'esercito di Gheddafi, presunti lealisti e sospetti mercenari nella Libia occidentale". "In alcuni casi - prosegue il rapporto di Amnesty - sono state riscontrate evidenti prove dell'uso della tortura per estorcere confessioni o per punire i detenuti".
L'attenzione di Amnesty si è concentrata, in particolare, su undici centri di detenzione tra Tripoli e Al Zawiya, dove sono arrivati circa 2.500 prigionieri. Per almeno 300 di loro, come sostiene l'organizzazione per i diritti umani, non era stato emesso un mandato di cattura e spesso la loro incarcerazione era stata decisa non dall'autorità giudiziaria, bensì da consigli locali civili o militari o di brigate armate.
Nel corso delle interviste condotte da Amnesty International, alcuni membri del Consiglio nazionale di transizione (Cnt) hanno ammesso le detenzioni arbitrarie ed i maltrattamenti e si sono impegnati ad assicurare che tutti i detenuti possano beneficiare delle tutele imposte dalla legge. Considerate le condizioni in cui versa il paese, dove si registrano ancora molte sacche di resistenza, sarà molto difficile che il panorama generale possa cambiare in tempi brevi.

“Forza Motorsport 4″, per Xbox 360 rivoluzioa i simulatori di guida

Forza Motorsport 4 esce oggi xbox360 Il lancio di “Forza Motorsport 4″ in Italia apre una nuova era per i giochi di corse. Sviluppato da Turn 10 Studios e pubblicato da Microsoft Studios in esclusiva per Xbox 360, “Forza Motorsport 4″, nuovo titolo del famoso franchise “Forza Motorsport”, è pronto a porsi come punto di riferimento nel settore.

Con una grafica spettacolare, azioni mozzafiato e modalità di gioco insuperabili, “Forza Motorsport 4″ ridefinisce l’esperienza di gioco automobilistica. Grazie alla capacità di accendere la passione dei giocatori e degli amanti delle auto di tutto il mondo, “Forza Motorsport 4″ è oggi* uno dei giochi più apprezzati del 2011 ed è stato accolto in modo molto favorevole dalla critica.

“Forza Motorsport 4″ è disponibile in Standard Edition (prezzo di vendita consigliato € 59,99) e Limited Collector’s Edition (prezzo di vendita consigliato € 64,99) presso i rivenditori italiani. La Limited Collector’s Edition offre contenuti esclusivi, tra cui il car pack “American Muscle”, il car pack “Launch Bonus” e il car pack “VIP”, altri contenuti scaricabili e la VIP Membership.

Il car pack “Launch Bonus”, in edizione limitata, è disponibile per i fan che acquistano per primi la Standard Edition o la Limited Collector’s Edition e include cinque auto:

· Ford Mustang GT Coupé del 1965

· Koenigsegg Agera del 2011

· Lexus SC300 del 1997

· RUF RGT-8 del 2011

· Tesla Roadster Sport del 2011

Il giorno del lancio, gli appassionati potranno acquistare il car pack “American Muscle” per 560 Microsoft Points su Xbox LIVE. Questo car pack include:

· Pontiac GTO del 1965

· Pontiac Firebird del 1968

· Buick GSX del 1970

· Dodge Cornet Super Bee del 1970

· Chevrolet Nova SS del 1966

· Shelby GT500 428CJ del 1969

· Plymouth GTX 426 Hemi del 1971

· Dodge Cornet W023 del 1967

· Dodge Dart HEMI Super Stock del 1968

· Ford Fairlane Thunderbolt del 1964

Con azioni automobilistiche senza precedenti, “Forza Motorsport 4″ offre un’esperienza di gioco che prevede:

· Grafica esclusiva. Grazie agli effetti spettacolari ispirati al tipico stile hollywoodiano e a un velocissimo e nuovo motore grafico, “Forza Motorsport 4″ propone una grafica impareggiabile e incredibilmente realistica. Il tutto a una velocità costante di 60 fotogrammi al secondo.

· Community online su Xbox LIVE.** “Forza Motorsport 4″ rende il mondo delle corse più social che mai. Crea un club e organizza un team imbattibile di piloti, specialisti nella messa a punto di motori e verniciatori tra i membri della community “Forza”. Condividi la tua passione per le auto e prendi il sopravvento sugli altri club. Grazie alla modalità Rivals, puoi sfidare i tuoi amici online oppure offline. Cogli l’occasione per dimostrare a tutti il tuo talento e vinci premi in una grande varietà di tipologie di gioco.

· Integrazione con Top Gear. Stai ascoltando l’esclusivo intervento di Jeremy Clarkson in Autovista, facendo un giro con una Kia Cee’d nel Test Track di Top Gear o giocando a calcio con le auto online insieme a 15 dei tuoi migliori amici? In tutti questi casi puoi goderti Top Gear della BBC, che è stato integrato in “Forza Motorsport 4″ in modi divertenti, utili e anche sorprendenti.

· Innovativo gioco senza controller con Kinect per Xbox 360. Con la modalità Autovista, l’esperienza di gioco automobilistica prende vita. Muoviti attorno all’auto in un salone virtuale, chinati per dare un’occhiata ai dettagli o apri le porte e la capote con Kinect. Lanciati nella guida grazie alla funzionalità Kinect Head Tracking che ti consente di eseguire una panoramica basata sul tuo modo naturale di spaziare con lo sguardo quando stai andando a tutta velocità. Prendi il volante virtuale di Kinect mentre sei sul divano con parenti e amici. Non è necessario alcun controller. Puoi utilizzare anche il controllo vocale di Kinect per navigare semplicemente nel menu del gioco.

· Centinaia di auto da corsa da collezionare e potenziare. Con più di 80 produttori, il più elevato rispetto a tutti i giochi di corse attualmente disponibili, “Forza Motorsport 4″ riunisce una numero senza eguali delle auto che più ami. La nuovissima modalità World Tour include nuovi circuiti, una scelta infinita di opzioni e centinaia di ore di gioco per viaggiare nel mondo con la tua auto preferita.

Prova gratuita con la demo disponibile in Xbox LIVE: i giocatori che desiderano provare per primi “Forza Motorsport 4″ possono scaricare gratuitamente la demo disponibile in Xbox LIVE dal Marketplace Xbox LIVE: http://marketplace.xbox.com/en-US/Product/Forza-Motorsport-4-Demo/66acd000-77fe-1000-9115-d8024d5389f0

Season Pass per “Forza Motorsport 4″: il Season Pass per “Forza Motorsport 4″ garantisce l’accesso alle fantastiche azioni dei sei pack di gioco aggiuntivi che verranno rilasciati nel corso del prossimo anno. A partire dall’11 ottobre, i giocatori possono acquistare il Season Pass dal Marketplace Xbox LIVE per 2400 Microsoft Points. Il Pass potrà essere convertito in sei pack di gioco aggiuntivi, con un risparmio complessivo del 30% rispetto all’acquisto separato dei singoli contenuti.

domenica 16 ottobre 2011

Francia/Partito Socialista: Hollande vince le primarie, candidato a presidenziali 2012

Nicolas Sarkozy ha i giorni contatti. Il partito socialista francese, il maggiore dell’opposizione, dopo aver perso l’anti Sarko per eccellenza – Dominique Strauss-Kahn -, ha annunciato oggi che François Hollande ha vinto il ballottaggio delle primarie contro Martine Aubry.

la-guerra-di-Obama-e-sarkozy-il-petrolio-nelle-venne5 La guerra di Sarkozy in Libia come mezzo di auto-promozione

I socialisti sono sicuri, sarà lui il candidato alle presidenziali del prossimo anno, l’uomo che secondo gli ultimi sondaggi potrebbe sconfiggere Nicolas Sarkozy, che non ha ancora ufficializzato la candidatura. 

Dopo l’annuncio della vittoria, l’Hollande si è diretto ai suoi elettori: “Ho percepito le inquietudini che riguardano il nostro futuro, i disordini nel mondo della finanza, gli eccessi della globalizzazione, le carenze dell’Europa, e gli attentati all’ambiente. Voglio dare alla nostra nazione, a questo grande Paese che è la Francia, la fiducia nel fatto che può ritrovare, che deve ritrovare, un progetto in grado darle tutto il suo significato e che permetterà di progredire di nuovo”.

La sua agguerrita rivale, Martine Aubry, ha perso con uno scarto di oltre dieci punti percentuali e torna al suo posto di primo segretario del Partito. Riconoscendo la sconfitta, a risultati ormai certi ha commentato: “Fino a sabato c‘è stato il dibattito. Poi, il voto. Poi, ci si riunisce intorno al nostro candidato. In seguito sarà il momento della squadra della Francia per il cambiamento, quella che volterà la pagina di dieci anni di destra e di cinque anni di sarkozismo”.

Secondo alcuni analisti, il Partito socialisti sta smovendo cieli e terra pur di battere Sarkozy, a prova di questo le primarie hanno visto la partecipazione di circa tre milioni tra iscritti e simpatizzanti.


Così le bombe umanitarie di Sarkozy in Libia

Kingamba Mwenho

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