Il salvataggio della Grecia, che ancora all’inizio della settimana scorsa sembrava un fatto acquisito, si è pericolosamente complicato. Luigi Offeddu: «Proprio come nelle tragedie greche, all’ultimo momento c’è sempre qualche scherzo del destino che blocca il salvataggio della Grecia, e il suo dialogo con l’Europa. E c’è un rivolo di sfiducia reciproca che corre fra Atene e Bruxelles o Berlino, come un fiume carsico che riaffiora sempre più spesso». [1] Andrea Bonanni: «Giovedì notte, dopo molte ore di riunione concitata, i ministri dell’Eurogruppo che si erano riuniti per dare il via libera al secondo prestito di 130 miliardi hanno rinviato la decisione e rimandato ad Atene il documento che era stato concordato dai tre partiti che sostengono il governo tecnico di Lucas Papademos». [2]
Nella nuova manovra chiesta dall’Europa mancavano ancora 325 milioni di tagli alla spesa, e prima di concedere il prestito l’Ue ha chiesto un voto vincolante del Parlamento di Atene e una promessa scritta dei partiti che si impegnano a rispettare il piano di austerità anche dopo le elezioni di aprile. [2] La crisi, si sa, ha avuto molte cause. Alberto Quadrio Curzio: «Come la falsificazione dei conti pubblici fatta dal governo conservatore (pare assistito da abili consulenti esteri). Falsificazione che si è però innestata su una gestione sconsiderata del Paese, troppo poco vigilato dalle istituzioni europee. Poi i ritardi e i rinvii nell’affrontare la crisi da parte dell’Unione monetaria e della Grecia stessa hanno portato alla situazione attuale». [3]
Sotto il controllo del Fondo monetario internazionale, della Banca centrale europea e della Commissione europea (la cosiddetta “troika”), sono già stati erogati 110 miliardi di euro di aiuti pubblici. [3] Senza il secondo prestito, il 20 marzo la Grecia dovrebbe dichiarare bancarotta (è in programma il rimborso di 14 miliardi di buoni del tesoro). [4] Ieri il parlamento greco dovrebbe avere approvato il pacchetto di misure d’austerità (nel momento in cui chiudiamo questo numero, sabato 11 febbraio, i sì hanno, almeno sulla carta, una maggioranza sopra i due terzi dei deputati). [5] Marco Zatterin: «Quando anche i ministri dell’Eurogruppo decidessero che la strategia di Papademos funziona, l’accordo dovrà essere ratificato da diversi parlamenti europei, almeno Germania, Finlandia e Olanda». [6]
Oltre al negoziato sulle riforme, Papademos (già vicepresidente della Bce) deve trovare un accordo con i rappresentanti delle banche mondiali su un taglio concordato del valore dei bond già emessi. Bonanni: «Inizialmente si era parlato di una riduzione del 50 per cento, rivelatasi però ancora insufficiente a rendere solvibile il debito ellenico. Ora si cerca di arrivare al 70 per cento. Se le banche non dovessero accettarlo, si creerebbe comunque una situazione di “default” e gli istituti finanziari che hanno emesso cds (credit default swaps) per assicurare i detentori di titoli greci dovrebbero ripagare gli assicurati con il rischio di innescare una nuova bufera finanziaria». [4]
Secondo i pessimisti, nella migliore delle ipotesi il ritorno greco alla dracma è solo rimandato: la Bce sta prendendo tempo per sistemare la liquidità delle banche europee con il secondo mega prestito illimitato all’1% e per permettere all’Europa «di cristallizzare il famoso fiscal compact in un nuovo Trattato, che dovrebbe isolare il resto dell’Eurozona dalla tragedia greca» (Alessandro Penati). [7] Se la Grecia uscisse dall’euro, il primo effetto pesante sarebbe sul Paese stesso. Quadrio Curzio: «Una dracma svalutata del 50% sulla moneta unica, rispetto al cambio d’ingresso, avrebbe conseguenze drammatiche sul costo delle importazioni senza espandere molto le esportazioni data la natura agro-ittico-turistica di quell’economia». [3]
Per quanto ristrutturati, i debiti greci dovrebbero comunque essere pagati in euro o in dollari anche per le importazioni. Né si può pensare ad un afflusso di investimenti privati dall’estero (i bassi salari non compenserebbero un contesto socio-istituzionale ed economico disastrato). Anche l’eurozona avrebbe i suoi contraccolpi. Quadrio Curzio: «Innanzitutto perché la credibilità dell’Unione monetaria sarebbe duramente colpita per non aver previsto prima e governato poi la ristrutturazione di un Paese membro, prefigurando inoltre con ciò la possibile uscita di altre nazioni dell’eurozona. Primo candidato il Portogallo. Come può l’Europa, che si è allargata ai Paesi dell’Est e che ha anche di recente ammesso alla moneta unica alcune nazioni di quell’area, diventare una stazione di arrivi e partenze?». [3]
L’ipotesi di un “default” greco divide l’Europa. Bonanni: «La commissaria olandese Neelie Kroes ha dichiarato che una uscita della Grecia dall’euro “non sarebbe la morte per nessuno”, subito spalleggiata dal suo governo, il cui primo ministro, Rutte, ha detto che senza la Grecia “sarebbe diminuito il rischio di contagio” nella zona euro. È dovuto intervenire Barroso a ristabilire l’ortodossia. “Noi vogliamo che la Grecia resti nell’euro anche perché i costi di una sua uscita sarebbero superiori a quelli del suo salvataggio”. Si sa che la questione divide anche il governo tedesco, con la Merkel favorevole a una permanenza della Grecia nella moneta unica, il suo ministro delle Finanze, Schauble, più possibilista su una uscita, e gli alleati liberali della coalizione che da tempo auspicano una bancarotta di Atene». [8]
Secondo un sondaggio pubblicato il 5 febbraio da Bild am Sonntag, il 53% dei tedeschi ritiene che la zona euro starebbe meglio se la Grecia la abbandonasse. [9] Marco Sodano: «Angela Merkel ha messo in guardia i parlamentari tedeschi dalle conseguenze incontrollabili che ci sarebbero in caso di fallimento di Atene, tanto che Berlino ha già calendarizzato per il 27 febbraio un voto parlamentare di ratifica di nuovi aiuti alla Grecia». [10] A molti, non solo in Germania, la ristrutturazione del debito greco appare come un inutile esercizio per attenuare l’impatto del default sui conti delle banche. Penati: «Tanto valeva lasciar fallire la Grecia e usare i soldi pubblici per ricapitalizzare le banche di Francia e Germania; ma sarebbe stato politicamente imbarazzante». [7]
La cura greca prevede l’immediato taglio di 15 mila dipendenti pubblici (150 mila esuberi entro il 2020). [11] Tonia Mastrobuoni: «Nel nuovo piano di austerità si legge che il salario minimo da 751 euro lordi sarà ridotto del 22 per cento. Un ulteriore 10 per cento sarà tagliato da quello per i giovani sotto i 25 anni. Tutti gli aumenti saranno congelati finché la disoccupazione non sarà dimezzata dall’attuale 20 per cento. Le pensioni di alcune aziende statali saranno tagliate – anche per contribuire a riportare la spesa per stipendi pubblici in linea con il 9% di Pil degli altri Paesi dell’Ocse». [11] Convinti che queste misure «ridurranno la Grecia in miseria», i due sindacati principali (Adedy e Gsee) hanno indetto lo sciopero generale. [12]
La tassa sulla casa è stata enormemente aumentata: per 100 metri quadri in centro bastavano 45 euro l’anno, adesso ne servono 570. [13] Augustina, 38 anni, ricercatrice in biochimica: «Prima della crisi guadagnavo 1.250 euro. Ora ne guadagno 850, grazie ai tagli del governo. Ma non è che la vita non si aumentata, anzi. Con l’Iva al 23% è tutto più caro». [14] Il paese è scosso da una guerra tra poveri. Vasilika, 43 anni, cameriera che si augura «lo scoppio della rivoluzione»: «Gli statali, devono colpire, non i privati. Li hanno colpiti ancora poco. Sono dei fannulloni e guadagnano troppo. Io guadagno 940 euro dopo vent’anni di anzianità. E se approvano quest’ultimo piano, ne guadagnerò poco più di 500. Hanno tagliato i salari anche a noi privati, non è giusto!». [13]
Molti greci sono convinti che alla fine l’accordo-capestro verrà firmato rinviando la decisione formale di una bancarotta che, nella sostanza, c’è già. Antonio Ferrari: «In numerose aziende private, soprattutto le più piccole, sono infatti decine di migliaia i dipendenti che già non ricevono lo stipendio da mesi. Tuttavia continuano a lavorare quasi gratuitamente per salvare almeno l’illusoria certezza di non perdere il posto. Un po’ di sollievo poteva venire dalla caccia agli evasori, che sono un’enormità, proprio come in Italia. Ma il problema è che non ci sono le strutture, e le forze, e soprattutto la volontà di andarli a scovare». [15]
In vista delle elezioni previste per aprile, le ennesime richieste di stringere la cinghia richiedono ai partiti greci un grande atto di responsabilità. La settimana scorsa l’ex premier George Papandreou, leader dei socialisti, ha chiesto a Papademos di rimanere in carica fino al 2013, ma il suo avversario politico Antonis Samaras, in testa nei sondaggi, non ne vuole sapere di rinviare le elezioni. [12] Con il voto alle porte, ci sono tutti i presupposti perché i piani non siano rispettati. Alessandro Merli: «Magari non subito, ma da qui a qualche mese, forse qualche trimestre, il piano può deragliare». [16] Carlo Bastasin: «La clessidra greca dovrà essere girata ancora molte volte. Atene rimarrà sotto la tenda ad ossigeno per anni». [17]
York Capital Management, Marathon Asset Management, Och Ziff, GreyLock, Vega Asset Management: secondo il quotidiano londinese The Independent questi cinque hedge fund lavorano per la bancarotta greca. Deborah Ameri: «Hanno probabilmente acquistato una polizza assicurativa sui loro bond greci. Si chiama Credit Default Swaps (Cds). Se la Grecia non pagasse i suoi titoli di Stato a scadenza il 20 marzo gli hedge fund otterrebbero grandi somme dalle compagnie assicurative da cui hanno acquistato le polizze. Chi sono queste assicurazioni? Principalmente due: Goldman Sachs e Aig. “Se verrà risparmiato alla Grecia il default in pratica si salveranno queste due grandi società” spiega all’Independent un portavoce dell’Institute of International Finance. “Vorrei ricordare che sette ex dipendenti di Goldman Sachs lavorano adesso nel governo della Ue, che si batte appunto per evitare la bancarotta ellenica”». [18]
Note: [1] Luigi Offeddu, Corriere della Sera 10/2; [2] Andrea Bonanni, la Repubblica 11/2; [3] Alberto Quadrio Curzio, Corriere della Sera 9/2; [4] Andrea Bonanni, la Repubblica 7/2; [5] Andrea Bonanni, la Repubblica 9/2; [6] Marco Zatterin, La Stampa 10/2; [7] Alessandro Penati, la Repubblica 11/2; [8] Andrea Bonanni, la Repubblica 8/2; [9] l. off., Corriere della Sera 6/2; [10] Marco Sodano, La Stampa 11/2; [11] Tonia Mastrobuoni, La Stampa 10/2; [12] T. Mas. La Stampa 9/2; [13] Tonia Mastrobuoni, La Stampa 11/2; [14] Tonia Mastrobuoni, La Stampa 9/2; [15] Antonio Ferrari, Corriere della Sera 7/2; [16] Alessandro Merli, Il Sole 24 Ore 10/2; [17] Carlo Bastasin, Il Sole 24 Ore 11/2; [18] Deborah Ameri, Il Messaggero 9/2.
A CURA DI MASSIMO PARRINI PER IL FOGLIO DEI FOGLI –