L'ex governatore della Sicilia si è presentato a Rebibbia dopo la condanna per favoreggiamento a Cosa Nostra
MILANO - La Cassazione ha reso definitiva la condanna a sette anni di reclusione per favoreggiamento aggravato a Cosa Nostra e rivelazione di segreto istruttorio emessa nell'ambito del processo «talpe alla Dda» nei confronti di Salvatore Cuffaro, ex governatore della Sicilia, oggi senatore. In particolare, la seconda sezione penale presieduta da Antonio Esposito ha rigettato il ricorso di Cuffaro, confermando così il verdetto emesso lo scorso 23 gennaio dalla corte di appello di Palermo. La condanna è ora definitiva.
LA DECISIONE DI COSTITUIRSI - «Rispetto la magistratura, adesso andrò a costituirmi». Queste le prime parole di Salvatore Cuffaro, appena uscito di casa. «Mi appresto ad andare a scontare la mia pena - ha aggiunto - come è giusto per uno che è stato condannato, con grande fiducia nelle mie istituzioni che ho visto crescere nella mia cultura. Contento di questo ho trasferito questo messaggio ai miei figli e alla mia famiglia». Subito dopo si è allontanato a bordo di una Punto grigia diretto al carcere di Rebibbia. Cuffaro, dopo aver pregato in mattinata con la famiglia nella chiesa di Santa Maria sopra Minerva, era tornato nella sua abitazione nel centro di Roma, vicino al Pantheon, ed è cominciato un via vai di amici e colleghi, tra cui Saverio Romano. Entro cinque giorni gli sarà notificato l'estratto della sentenza, ma aveva già annunciato che sarebbe andato a costituirsi, anche per evitare l'arresto plateale. In passato, dopo la condanna definitiva, l'ex parlamentare Cesare Previti si costituì spontaneamente nel carcere romano di Rebibbia.
DECADE DA SENATORE - Una delle conseguenze della conferma della condanna a 7 anni di reclusione per l'ex governatore della Sicilia Salvatore Cuffaro, attualmente Senatore dei Popolari Italia, è quella della decadenza dal seggio di palazzo Madama. Lo si è appreso da fonti del collegio difensivo del senatore. Piuttosto che essere dichiarato decaduto dal Senato, Cuffaro potrebbe presentare le dimissioni.
«STUPORE E RAMMARICO» - «È una sentenza che desta stupore e rammarico anche perché, ieri, la Procura della Cassazione, con una richiesta molto argomentata, aveva chiesto l'annullamento dell'aggravante mafiosa per l'episodio di favoreggiamento ad Aiello, richiesta che se accolta avrebbe sgonfiato del tutto la condanna», è il commento dell'avvocato Oreste Domignoni, difensore di Cuffaro in Cassazione insieme a Nino Mormino. La sentenza della Corte di Cassazione conferma l'impianto accusatorio sostenuto dalla procura in primo grado», dice invece il Procuratore capo di Palermo Francesco Messineo. «In primo grado il nostro impianto accusatorio era stato accolto dai giudici solo parzialmente - ha aggiunto Messineo -. La Corte d'Appello lo confermò e adesso arriva la sentenza definitiva. In ogni caso, non voglio aggiungere di più, perché le sentenze non si commentano ma si rispettano».
IL PROCESSO BIS - Cuffaro è attualmente imputato in un altro processo a Palermo, dove risponde di concorso esterno in associazione mafiosa. Il 28 giugno scorso in questo dibattimento i pm Nino Di Matteo e Francesco Del Bene, a conclusione di una requisitoria durata per quattro udienze, ne hanno chiesto la condanna a 10 anni di reclusione. La richiesta di 10 anni è comprensiva dello sconto di un terzo della pena previsto per il rito abbreviato scelto da Cuffaro. Tra le vicende oggetto di questo processo, noto come «Cuffaro bis», quella delle candidature di Mimmo Miceli e Giuseppe Acanto, detto Piero, nelle liste del Cdu e del Biancofiore alle elezioni regionali del 2001. Entrambi, secondo l'accusa, furono sponsorizzati da Cosa nostra e Cuffaro per questo motivo li accettò come candidati nelle liste a lui collegate.
LE REAZIONI - In un comunicato congiunto Pier Ferdinando Casini e Marco Follini si dicono «umanamente dispiaciuti per la condanna di Totò Cuffaro» ed esprimono «rispetto per la sentenza, come è doveroso in uno Stato di diritto e tanto più da parte di dirigenti politici. Ma, non rinneghiamo tanti anni di amicizia e resta in noi la convinzione che Cuffaro non sia mafioso». Diversa la posizione del portavoce dell'Italia dei Valori, Leoluca Orlando: «In uno Stato di diritto la politica deve rispettare le sentenze. In uno Stato democratico, la politica deve però rilevare, come da anni facciamo in tanti, che dopo una stagione di forte indignazione e risveglio, proprio dal 2001, quando Salvatore Cuffaro è diventato presidente della Regione, in Sicilia c'è stato un progressivo deterioramento economico, culturale ed etico che tuttora pesa come un macigno sui diritti dei siciliani e sullo sviluppo dell'Isola».
«Esprimiamo la nostra solidarietà all'amico Totò Cuffaro per la scelta che ha compiuto. Quanto al merito della vicenda, ci ha convito più la Procura della Cassazione che il collegio giudicante» dichiarano invece in una nota congiunta Fabrizio Cicchitto e Gaetano Quagliariello del Pdl.
con corriere.it