giovedì 21 aprile 2011

SuperEnalotto «SiVinceTutto», cresce la febbre per il nuovo gioco

ROMA - Cresce la febbre del gioco. Dal 1° aprile, giorno di lancio di SiVinceTutto SuperEnalotto, sono oltre 520 mila le schedine giocate finora nelle ricevitorie della rete Sisal. Il montepremi dedicato di SiVinceTutto SuperEnalotto, che in pochi giorni ha già superato i 5 milioni di euro, è in continua e rapida crescita. All'avvicinarsi del 27 aprile, giorno di estrazione, cresce l'interesse dei giocatori. Nell'ultimo fine settimana si è registrato un incremento di raccolta pari all'82% rispetto allo scorso weekend.

MONTEPREMI ASSEGNATO IN UN'UNICA SERIE
- L'estrazione speciale di SiVinceTutto avrà luogo alle 20 e l'intero montepremi sarà assegnato in un'unica sera. In assenza di vincite con il 6, il montepremi verrà distribuito fra i 5, i 4 e i 3, che così si arricchiscono notevolmente. In sostanza, non ci saranno soldi che verranno accantonati per il jackpot, ma tutto verrà spartito fra i vincitori.

Dalla Via Crucis a Wojtyla beato Roma blindata per dieci giorni

Rafforzate le misure di sicurezza. Dopo Pasqua la visita di Sarkozy, alla cerimonia del primo maggio 51 capi di Stato. Struttura municipale gestirà 5.400 telecamere


Carabinieri in piazza San Pietro (Eidon)
Carabinieri in piazza San Pietro (Eidon)

ROMA - Dieci giorni di massima vigilanza. Una serie di appuntamenti che scatteranno domani sera con la Via Crucis del Venerdì Santo ai Fori Imperiali e si concluderanno fra due domeniche, il Primo maggio, con il doppio evento: beatificazione di Papa Wojtyla in piazza San Pietro e concerto in piazza San Giovanni. Roma si prepara a un tour de force al quale, secondo le ultime stime, dovrebbero partecipare non meno di due milioni di persone, quasi tutte concentrate alla cerimonia ufficiale per Giovanni Paolo II. Ma il rafforzamento delle misure di sicurezza comprende anche altre giornate: fra tre giorni c'è la Messa di Pasqua in Vaticano, poi a Pasquetta le celebrazioni del 25 Aprile e martedì la visita del presidente francese Nicolas Sarkozy.

Guarda la mappa degli appuntamenti a Roma
Guarda la mappa degli appuntamenti a Roma

Da settimane si susseguono riunioni in Prefettura e in Questura, l'ultima proprio ieri pomeriggio, per mettere a punto la strategia dell'ordine pubblico. Ma due giorni fa l'Aisi, l'ex Sisde, ha trasmesso al Viminale una segnalazione generica su possibili azioni terroristiche di matrice islamica proprio in occasione della Via Crucis di domani. L'intelligence non avrebbe fornito altri particolari, ma è bastato questo perché sia stato rinforzato il dispositivo di sorveglianza prima, durante e dopo la cerimonia, presieduta da Papa Benedetto XVI, attorno al Colosseo e nelle zone vicine: strade bonificate, auto e cassonetti rimossi, sottosuolo ispezionato.

Controlli delle squadre antiterrorismo a San Pietro (foto Eidon)
Controlli delle squadre antiterrorismo a San Pietro (foto Eidon)

Una prova generale di quello che accadrà anche nei prossimi giorni. Proprio dei servizi di vigilanza per la beatificazione di Giovanni Paolo II si è discusso nel Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza in prefettura. Per l'occasione «la sala operativa della Questura e la Sala sistema Roma (il centro di monitoraggio interforze, coordinato dalla polizia municipale, che gestisce 5.400 telecamere sparse in città) lavoreranno in sinergia», ha sottolineato il sindaco Gianni Alemanno.

Per la cerimonia di beatificazione sono attesi almeno 51 capi di Stato, che saranno scortati dalle forze dell'ordine. Su di loro vigileranno 750 agenti di polizia, dei quali un centinaio dell'Ispettorato Vaticano e gli altri provenienti dalle questure di tutta Italia. L'area del Vaticano sarà chiusa al traffico fin dalla sera precedente, con posti di blocco ed elicotteri dotati di telecamere a infrarossi.

Verifiche su zaini e borse dei pellegrini davanti al colonnato (Lapresse)
Verifiche su zaini e borse dei pellegrini davanti al colonnato (Lapresse)

I pellegrini saranno incanalati in piazza San Pietro da via della Conciliazione sotto una stretta sorveglianza. Ma conclusa la cerimonia sarà il concerto per la Festa dei Lavoratori a San Giovanni a concentrare l'attenzione delle forze dell'ordine fino a tarda sera. Alta anche in questo caso l'affluenza prevista: circa 500 mila giovani.
Misure di sicurezza analoghe a previste per domenica prossima, mentre la moratoria dei cortei fino al 4 maggio, decisa l'altro ieri dopo un vertice tra il sindaco Alemanno e il prefetto Giuseppe Pecoraro, potrebbe alleggerire la tensione sulle iniziative per il 25 Aprile, a Porta San Paolo e all'Ostiense, dove in passato centri sociali e gruppi di estrema destra si sono fronteggiati, e sull'arrivo il giorno successivo del presidente Sarkozy. Una visita che avrà come tema centrale la crisi libica e l'afflusso di profughi dal Nordafrica. Temi che non vengono sottovalutati nella gestione della sicurezza in città delle prossime due settimane.

Ma proprio ieri la Consap, uno dei maggiori sindacati dei poliziotti, ha lanciato l'allarme sulla chiusura dei punti di rifornimento di carburante nella Capitale per le auto della polizia. «Avrebbero potuto scegliere un altro periodo per avviare questa sperimentazione - spiega il segretario generale Giorgio Innocenzi - così la città sarà a rischio proprio in questi giorni pieni di appuntamenti importanti». Agli agenti, come scritto in una circolare della Questura, saranno consegnati due buoni benzina da 20 euro ciascuno «che dovranno bastare per restare in servizio», aggiunge Innocenzi.


con corriere.it

Libia/Guerra: E’ morto Tim Hetherington, cosa ne pensa Nikolas Sarkozy?

La guerra è un mostro senza occhi per questo schiaccia chiunque si avvicina troppo ad essa. Proprio così, quello che chiamiamo guerra è frutto delle menti malate, lo dicevano gli antichi e lo ripetono oggi vari uomini e donne che si riconoscono nei valori del pacifismo moderato: coloro che si oppongono alla guerra fin quando non sono finite le varie possibilità di dialogo e mediazione. In questo momento la Libia è in guerra, quella che sembrava una “passeggiata militare” delle potenze colonizzatrice rischia di diventare una guerra civile che se non dividere la Libia la rendere simile alla Somalia. Con tutti i mezzi che hanno non sono riusciti a far tacere le arme: un fallimento assurdo.

Scrivo queste righe per rendere omaggio al fotoreporter inglese Tim Hetherington, purtroppo morto oggi a Misurata, la citta dove si spara ad altezza d’uomo. Me dispiace, me dispiace tanto. Lo stesso si dica circa giovani arruolati nel sud dell’africa per combattere per Gheddafi. Ogni mezzo militar bombardato, ogni trincera, ogni caserma distrutta sono loro a morire… muoiono così, come bestie.

Ho avuto l’opportunità di scrivere che le guerra, spesso quelle sporche e sbagliate come questa in Libia,  peggiorano la situazione che intendono risolvere. I volenterosi occidentali volevano un intervento veloce, una guerra facile come ricevere le caramelle ad una bambina, invece hanno trovato un Gheddafi, un osso duro da masticare, ed è guerra, si spara e si muore fin quando non si sa.

Le guerra non sono la risposta giusta alla sete di dignità, alla sete di democrazia e giustizia sociale. Non alla guerra, “mai più la guerra”, lo ha ripetuto più volte Giovanni Paolo II in occasione dell’intervento Nato nei Balcani. Purtroppo gli uomini hanno la memoria corta e prima di chiudere i conti con una guerra si impantano già in altre. Spesso ci si dimentica le conseguenze degli interventi militari in paesi lontani, basta pensare all’Iraq che finora lotta per non disintegrarsi in tanti piccoli califfati. Chi parla più dell’Iraq? Chi spiega come stanno le cose? Chi? Nessuno.

Chiudo queste righe tornando sulla triste scomparsa di Tim Hetherington, fotoreporter inglese di fama mondiale, che purtroppo è morto in Libia, in una guerra sbagliata che porterà ancora molte vite, anzi, in questo preciso momento ci sono persone che stanno perdendo la vita. E’ tempo di smetterla.

Peace!

Kingamba Mwenho

mercoledì 20 aprile 2011

Goffe bugie sulla guerra in Libia - Gheddafi e le bombe a grappolo

Scrivere sulla Libia ormai è uno sport per dilettanti visto che chiunque spara a zero su questioni che non capisci. Quella, in Libia, è una guerra, in esse l'uomo tira fuori le parti peggiori del suo ingegno ma certe cose restano comunque fantasiose. Molti giornalisti parlano di cecchini colombiani, di mercenari nigeriani, di piloti ucraini e serbi, di bombisti sudamericani, tutti a servizio di Gheddafi. Ma chi li ha visti? Vogliamo le prove, le immagini, gli interrogatori. Il buon giornalismo non può fidarsi delle affermazioni di una sola parte coinvolta in un conflitto. Nei telegiornali e negli articoli che vediamo in giro mancano spesso il ponto di vista di coloro che sono con il governo.

L’ultima buffala pazzesca, forse una delle più grosse per davvero, lo scrive il New York Times, secondo il quale le forze governative usano le bombe a grappolo in Misurata: ma chi le ha viste? Quale giornalista americano si trova a Misurata? Come è entrato in essa se la città è sotto assedio da diverse settimane? Inoltre, è conoscenza diffusa che le bombe a grappolo sono micidiale ed ormai proibito il suo uso in qualunque scenario, eccetto in quello palestinese dove Israele con la missione “piombe fuso” ne fece largo uso su Gazza e restò impune. Dire che le forze governative hanno fatto uso di questi ordigni è un ulteriore modo di criminalizzarle nonché alzare la criticità della situazione per darne spazio ad approvazione per parte della comunità internazionale di un intervento militare a terra, visto che quello aereo non è sufficiente. Questa guerra si sta trasformando in una guerriglia e se lo diventa davvero il numero dei morti saranno incalcolabili.

Scrivere, informare, aiutare a riflettere è una cosa positiva, ma per favore, oggi come oggi abbiamo bisogno di ponderatezza, di criticità, di senso del dovere di dire la verità ai lettori che non hanno la capacità di decodificare certe informazioni.

Così l’uso delle bombe a grappolo si aggiungono al crescente numero di buffale/disinformazioni contro il regimi di Gheddafi. Ricordiamo che all’inizio dell’operazione militare si è diffusa la disinformazione secondo  la quale le forze governative reprimevano le manifestazioni con degli aerei da combattimento ed infine la manipolazione delle immagini di un normale cimitero diffuso come il luogo di una fossa comune per far sparire i corpi dei manifestanti uccisi.

Arthur Ponsonby diceva che quando si dichiara una guerra la prima vittima è la verità, e considerando i mezzi tecnologici che abbiamo oggi ogni bugia viene ingigantita in tal modo che sembra la verità assoluta.

Per non lasciarsi ingannare basta diversificare le proprie fonti di informazioni, oggi abbiamo il web e rende tutto più facile. Per questo ci vuole arguzia e buona dotte di curiosità intellettuale.  In questo processo l’uso delle domande è indispensabile, come lo è l’uso della ragion pura, il metodo cartesiano di mettere a soqquadro ogni cosa che ricevi e quand’anche la situazione raccontata sembra vera, domandarsi la verità opposta (capendo necessariamente le fonti di informazioni) aiuta a cogliere la verità o approssimarsi ad essa.

Per quanto riguardano i numeri dei morti attribuiti alla parte che si vuole eliminare bisogna prenderli sempre con le pinze. All’inizio abbiamo saputo che nella prima settimana di repressione erano morte già 10.000 persone. Tutte le Tv ed anche i grossi giornali hanno abboccato l’amo ed hanno pubblicato questa “falsa” informazione, senza nemmeno provare a cercare qualche conferma, risultato: fu uno stratagemma usato dai ribelli per convincere le opinione pubbliche occidentali ad appoggiare i governi interventisti. In ogni modo l’idea è troppo raffinata per cui è lecito dubitare che sia stata abbozzata solamente dai ribelli. Per questo aumentano le ragioni per cui credere e concludere che in questa storia c’è sia anche la mano di grossi centri di controllo dell’informazione e propaganda pro-guerra in vista dei proventi petroliferi ed acquiferi.

La guerra è una bestia di sette teste, tutto si inventa pur di vincerla. Su questa  via Sun Tzu affermava spesso che “tutta la guerra si basa sull'inganno.” Non lasciarti ingannare perché le guerre sono sempre ignobili.

Kingamba Mwenho

martedì 19 aprile 2011

Guerra in Libia - Petrolio, sangue giovane sul deserto e molta ipocrisia occidentale


La guerra libica resterà agli annali come uno dei più grossi errori che Sarkozy & CO hanno commesso nel corso delle loro carriere politiche. Scrivo queste righe mentre uomini e donne continuano a morire in terre libiche, tutto perché qualcuno ha deciso che bisogna cambiare il Governo in Libia attraverso la guerra.

Cominciamo da qui

Il peggiore cieco è colui che non vuol vedere, e sulla guerra in Libia ormai è chiaro, siamo di fronte ad una guerra di stampo coloniale, maledetta quanto le bombe che continuano a uccidere e senza orizzonti di conclusione. In altre parole, questa guerra è all'inizio.

Tutto è cominciato con le manifestazioni anti-governo nella Cirenaica, quella parte della Libia che a lungo non ha digerito il potere del Colonnello e della sua piccola tribù su tutti gli altri gruppi etnici, per giunta maggiori. Quelle manifestazioni, apparentemente pacifiche, costituiscono la punta dell'iceberg di una manipolazione politica collassale, nella quale, gruppi organizzati - istruiti ed armati - da alcune potenze occidentali, sono stati considerati come dei liberi cittadini stanchi della lunga dittatura di Gheddafi e per questo propensi al cambiamento dell'assetto politico-sociale in Libia. Come si è visto, Gheddafi ha provato a reprimere queste rivolte, ma prima che lo facesse per davvero, questi gruppi avevano già cominciato a rovesciare il potere nei piccoli comuni: distruggendo le strutture governative e cambiando la bandiera (come mai avevano tante bandiere della vecchia monarchia? Tutte nuove ed in varie dimensioni).

Tutto è successo molto veloce, a tal punto che si annunciava già l'esilio del  Colonnello in Venezuela, questo sarebbe stato l'obiettivo delle manifestazioni. In ogni modo, queste rivolte hanno avuto una regia ben organizzata, i vari gruppi avevano tecnologia all'avanguardia che li permetteva di caricare video su Youtube in tempo reale (nemmeno qui in Roma si riesce) e sono anche riusciti a fare credere che Muammar Gheddafi aveva usato aerei da guerra ed armi pesanti per reprimere le manifestazioni "democratiche". Dopo questa notizie la regia ha fatto passare la notizie che erano morte ormai 10.000 persone. Chiunque conosce una guerra sa che quei numeri erano falsi, ma tutti i giornali li hanno usati ed hanno ormai demonizzato Gheddafi: è un dittatore sanguinario, deve lasciare il potere ed andare in esilio. Tutto sembrava facile, fin quando Gheddafi ha armato gli artigli ed ha bloccato tutto: prima che prendiate la Libia e create un stato fantoccio dovete vedersela con me, avrà detto.

Per giungere a questa conclusione basta, innanzitutto, volere capire a fondo quel scenario, decisione che ti porterà ad analizzare i vari testi e immagini relativi ai primi giorni delle manifestazioni in Libia. Questo materiale si trova facilmente su Google 360°, su Youtube ed altri media online. Una raccomandazione: non fidarti mai dei grossi giornali e delle catene televisivi, così come bisogna prendere con le pinze i lanci delle agenzie compromesse con i soldi statali. Prende il tuo computer, accenda Google e Bing e cerca materiale sulla guerra in Libia. Se parli altre lingue meglio perché il segreto sta nell'incrocio di varie informazioni.

Usando questo metodo potrai giungere alla macabra verità: il fermento delle manifestazioni (violente sin dall'inizio) non era la società civili organizzata in cerca di migliori condizioni di vita, ma si tratta di gruppi intenti a cambiare il Governo, quindi ad organizzare un Colpo di stato. Fino a prova contraria la Libia è uno stato riconosciuto dalla Comunità internazionale, è uno dei maggiori contribuenti per la crescita dell'Unione africana, così come partecipa nella crescita di varie economie africane investendo in varie settori. Dinanzi ad un tentativo di colpo di stato qual Governo al mondo non avrebbe reagito? Possiamo ovviamente discutere sui metodi violenti di Ghedaffi (che io condanno senza se e senza ma), ma bisogna pur capire che qualunque Governo avrebbe fatto qualcosa per salvare il proprio sistema.

Gheddafi lotta per sopravvivere mentre in Occidente, sul campo mediatico, la propaganda contro di lui era cominciata con qualche tempo di anticipo, raggiungendo il top con  la manipolazione di immagini del video di un normale cimitero a Tripoli, che viene trasformato in un scenario di fossa comune per i manifestanti "pro-democrazia" uccisi. Gran parte dei media Occidentale hanno aderito in modo "innocente" a questa campagna di "diabolizzazione", si sono dimenticati le regole del buon giornalismo e tutti hanno funto da risonanza alle varie notizie che mettevano Gheddafi come uno dei più sanguinari degli ultimi tempi.  L'obiettivo era convincere l'opinione di ogni paese (Francia, Inghilterra, Stati Uniti ed Italia) a consentire un intervento militare in Libia. E così è stato. Ho sentito amici parlare che in Libia si muore di fame, che gli immigrati sui barconi sono i libici che scappano dalla miseria, che militari governativi violentavano le donne di passaggio, che si uccidevano i bambini ed anziani per piacere. Si è detto di tutto, alla fine le società approvarono "l'intervento umanitario" e Sarkozy con un pressing sul Consiglio di sicurezza è riuscito ad avere la carta bianca per intervenire in Libia.

Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato la risoluzione 1975 che impone una "No fly zone" sulla Libia, l'obiettivo era quello di impedire Gheddafi di sparare alla gente e quindi giungere ad un cessate il fuoco. L'armata dei paesi "super-democratici" che ha voluto la risoluzione ONU, invece, la applica secondo i propri obiettivi: non più proteggere i civili, ma distruggere le forze di Gheddafi e permettere un Government change in favore dei ribelli.  Questa strategia non ha funzionato e la "No fly zone" fallita. Viene da pensare che probabilmente i ribelli hanno creduto alla propria propaganda e si sono persino convinti di potere sbaragliare Gheddafi in poche settimane se Nikolas Sarkozy ed il suo gruppo di volenterosi facesse fuori carri armati del Colonnello. Così non è stato. In questo momento Ghedaffi è più forte che mai e sia la propaganda, siano i bombardamenti prima dell'"ONU" adesso della Nato non hanno bloccato il Colonnello.

Infine, sul campo mediatico, in questi giorni si vedono ancora delle manipolazioni aberranti e senza senso: premesso che Libia ormai sia in corso una guerra civile la cui conclusione è sempre più lontana che mai, è triste vedere quanto i giornali non smettono di ripetere il numero di morti attribuite alle forze governative. Si combatte, si bombarda da una parte e dell'altre e per giunta la NATO sgancia delle bombe da 2000tonnellate contro "presunti" obiettivi militari  nonché missili con sostanze radioattive, ma le notizie che vediamo passare sono tutte con l'intento di dire screditare le forze governative. Insomma, un imbambolamento di massa che purtroppo molti ci credono. Ogni giorno vediamo delle case distrutte, vite spezzate, gente che fugge la guerra e la colpa è tutta di Ghedaffi. L'ultima aberrazione propagandistica l'ha trovata il New York Times (un giornale che ritenevo baluardo del buon giornalismo): Le forze di Gheddafi usano bombe a grappolo (fabbricate negli USA ed ricordiamo che Israele le ha usate massicciamente a Gazza). Infine, nella pentola della disinformazione si trovano tutti grossi mezzi di comunicazione occidentali, fenomeno che trovo desolante e davvero triste anche per la salute delle democrazia liberali in occidente.

Le conseguenze sul campo politico si faranno sentire a lungo andare. Una prima vittima politica è Barack Obama, che imbarcando in questa guerra di "ingerenza umanitaria", come diceva Giovanni Paolo II, e non dicendo niente in merito agli altri morti nel medio oriente si è sporcato in modo indelebile (Cfr. Bahrain, Yemen, Arabia Saudita). In Italia, uno di quelli che resta davvero male è il presidente Giorgio Napolitano, usato per convincere l'opinione pubblica che l'intervento è umanitario e non una guerra - svegliati Giorgio! Abbiamo sentito il presidente ripetere che non si trattava di una guerra - visto che la costituzione vieta l'Italia di partecipare in azioni del genere - ma di un intervento umanitario per la salvezza dei civili libici che Gheddafi stava uccidendo. In Francia Sarkozy può lavarsi la faccia, in giro per Africa esce macchiato di SANGUE perché nel giro di tre mesi ha messo in piede due guerre in Africa: l'odio e la rabbia contro di lui è aumentata (i poveri cittadini in genere non escono bene da queste vicende cfr. americani in giro per il mondo). Dopo la propaganda, ecco, abbiamo la guerra. La guerra di Sarkozy.

In questo momento la situazione è di stallo, nel campo militare non si sa come finiranno le cose. Le forze di Gheddafi, nonostante i costanti bombardamenti della Nato, riescono ancora ad infliggere pesanti colpi ai ribelli ARMATI E SOSTENUTI dall'Occidente. La Nato, da organizzazione di difesa comune è passata ad apparato di offesa a servizio delle multinazionali del petrolio, chi lo avrebbe detto. Inoltre, le bombe intelligenti targate Nato hanno ormai fatto tanti morti civili, per i comandanti sono danni collaterali, per le famiglie sono sogni e speranze spezzate. Vite di uomini e di donne tolte senza il minimo scrupolo: un giorno qualcuno dovrà pur rispondere per questi crimini perché tutte le vite hanno lo stesso valore, oppure i sbaglio?

Questo iniziativa bellica fallimentare conferma l'idea secondo la quale non si uccide per evitare che qualcuno uccida. Uccidere un uomo come prevenzione è errore grossolano. Così è che la situazione in Libia è completamente imprevedibile: quella gente aveva bisogno di democrazia e non di guerra. Inoltre, questa guerra porterà sicuramente la divisione della Libia in due parti, credo sia questo l'intento di quella parte dell'Occidente che si è spesa perché si approvasse la risoluzione ONU, e quando ciò avverrà, si confermeranno molti cattivi giudizi contro i paesi che hanno voluto quella guerra, una guerra sporca fatta da politici mediocri e senza lungimiranza.

Mentre scrivo queste righe, l'Italia sta già pagando ALCUNE delle proprie colpe per aver acetato - senza ponderazione e difesa dei propri accordi ed interessi  - l'intervento militare in Libia partendo dalle basi Nato sul proprio territorio. La Libia nel caos l'immigrazione di massa ha le porte aperte. L'immigrazione è diventata un'incubo anche per l'Europa, a tal punto che l'Italia ha messo in dubbio le ragioni della sua partecipazione nell'Unione europea stessa. Da co-fondatrice a possibile prima defezione. Non accadrà, però fa capire cosa passa per la testa della classe politica al governo.

Credo comunque che questa guerra farà ancora parlare di se, perché le guerra sbagliate peggiorano le condizioni di vita delle popolazioni. Cosa dire dell'Iraq - si stava meglio quando si stava peggio. 1.450.000 morti in sette anni di convulsioni provocate da Bush Jr.

Secondo un proverbio africano, quando gli elefanti combattono è sempre l'erba a rimanere schiacciata, lo stesso ormai si vede nella situazione libica: gli elefanti? L'Occidente contro Gheddafi. Molti non lo sanno, ma questa guerra ancora farà molti morti, con grande dispiacere perché la Libia - prima della guerra era considerato uno dei paesi con migliori di condizioni di vita in Africa (Cfr. Cia  World Fact - Libya) - è complessa quanto lo Somalia e tanti stati arabi della regione. Quel deserto sarà irrigato di sangue fresco, molti giovanni vedranno i propri sogni sfumarsi come gocce d'acqua in contatto con la sabbia calda del deserto, molte famiglie si spezzeranno... lo dice uno che la guerra l'ha vissuta: la guerra è brutta quanto le arme che si producono nelle maggiori "demoCRAZIE".

Kingamba Mwenho

lunedì 18 aprile 2011

Morto Carlo Capponi, il bidello dell'«Isola dei famosi»


Colpito da un malore a 58 anni il bolognese che nel 2008 partecipò al reality. Luxuria: «Sbigottita e addolorata»

Carlo Capponi

Carlo Capponi

 

È morto all'improvviso Carlo Capponi, il «bidello» più conosciuto d'Italia, dopo la sua partecipazione nel 2008 all'«Isola dei famosi». Un addio al personaggio è pubblicato anche sul sito dei suoi fan.

IL MALORE - Capponi, 58 anni, bolognese, è stato colpito ieri verso le 15 da un malore mentre era a Zocca a casa di una sua cara amica, Lia. Nonostante lui abitasse a Bologna, spesso lo si vedeva nel paese del Modenese: era legato a Lia da un'amicizia fraterna e capitava di vederlo passeggiare anche con il cane della donna, Flora. Ieri, in mattinata Capponi si era dedicato al giardinaggio, poi ha iniziato a sentirsi male. Inutile l'intervento dei sanitari del 118 arrivati nell'abitazione per soccorrerlo. La donna, scioccata da quanto successo, si è sentita male: è ricoverata all'ospedale di Sassuolo. La salma di Capponi è stata trasportata alla Medicina legale di Modena, in attesa dell'autopsia. Non è ancora stata fissata la data del funerale.

IL PERSONAGGIO - Capponi, all'Isola dei famosi, era entrato nelle grazie del pubblico per la sua semplicità e per la simpatia. E anche per le sue stranezze. Laureato in Storia dell'arte e per vent'anni bidello alla facoltà di Fisica dell'università di Bologna, la sua vita aveva avuto una svolta dopo la fine della relazione con una donna: gli era venuta una sorte di mania alimentare che lo portava a mangiare chili di banane ogni giorno. Problema che poi aveva risolto. Ma per questo sull'Isola Vladimir Luxuria l'aveva soprannominato «Charlie Banana».

LUXURIA - E proprio Luxuria, appresa la notizia della morte dell'ex compagno di naufragio, si dice «sbigottita e addolorata»: «Mi conforta solo sapere che non ha sofferto e che verrà ricordato dall'affetto di tutti coloro che gli hanno voluto bene».


con corriere.it

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