ROMA - Cresce la febbre del gioco. Dal 1° aprile, giorno di lancio di SiVinceTutto SuperEnalotto, sono oltre 520 mila le schedine giocate finora nelle ricevitorie della rete Sisal. Il montepremi dedicato di SiVinceTutto SuperEnalotto, che in pochi giorni ha già superato i 5 milioni di euro, è in continua e rapida crescita. All'avvicinarsi del 27 aprile, giorno di estrazione, cresce l'interesse dei giocatori. Nell'ultimo fine settimana si è registrato un incremento di raccolta pari all'82% rispetto allo scorso weekend.
MONTEPREMI ASSEGNATO IN UN'UNICA SERIE - L'estrazione speciale di SiVinceTutto avrà luogo alle 20 e l'intero montepremi sarà assegnato in un'unica sera. In assenza di vincite con il 6, il montepremi verrà distribuito fra i 5, i 4 e i 3, che così si arricchiscono notevolmente. In sostanza, non ci saranno soldi che verranno accantonati per il jackpot, ma tutto verrà spartito fra i vincitori.
giovedì 21 aprile 2011
SuperEnalotto «SiVinceTutto», cresce la febbre per il nuovo gioco
Dalla Via Crucis a Wojtyla beato Roma blindata per dieci giorni
Rafforzate le misure di sicurezza. Dopo Pasqua la visita di Sarkozy, alla cerimonia del primo maggio 51 capi di Stato. Struttura municipale gestirà 5.400 telecamere
Carabinieri in piazza San Pietro (Eidon) |
ROMA - Dieci giorni di massima vigilanza. Una serie di appuntamenti che scatteranno domani sera con la Via Crucis del Venerdì Santo ai Fori Imperiali e si concluderanno fra due domeniche, il Primo maggio, con il doppio evento: beatificazione di Papa Wojtyla in piazza San Pietro e concerto in piazza San Giovanni. Roma si prepara a un tour de force al quale, secondo le ultime stime, dovrebbero partecipare non meno di due milioni di persone, quasi tutte concentrate alla cerimonia ufficiale per Giovanni Paolo II. Ma il rafforzamento delle misure di sicurezza comprende anche altre giornate: fra tre giorni c'è la Messa di Pasqua in Vaticano, poi a Pasquetta le celebrazioni del 25 Aprile e martedì la visita del presidente francese Nicolas Sarkozy.
Guarda la mappa degli appuntamenti a Roma |
Da settimane si susseguono riunioni in Prefettura e in Questura, l'ultima proprio ieri pomeriggio, per mettere a punto la strategia dell'ordine pubblico. Ma due giorni fa l'Aisi, l'ex Sisde, ha trasmesso al Viminale una segnalazione generica su possibili azioni terroristiche di matrice islamica proprio in occasione della Via Crucis di domani. L'intelligence non avrebbe fornito altri particolari, ma è bastato questo perché sia stato rinforzato il dispositivo di sorveglianza prima, durante e dopo la cerimonia, presieduta da Papa Benedetto XVI, attorno al Colosseo e nelle zone vicine: strade bonificate, auto e cassonetti rimossi, sottosuolo ispezionato.
Controlli delle squadre antiterrorismo a San Pietro (foto Eidon) |
Una prova generale di quello che accadrà anche nei prossimi giorni. Proprio dei servizi di vigilanza per la beatificazione di Giovanni Paolo II si è discusso nel Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza in prefettura. Per l'occasione «la sala operativa della Questura e la Sala sistema Roma (il centro di monitoraggio interforze, coordinato dalla polizia municipale, che gestisce 5.400 telecamere sparse in città) lavoreranno in sinergia», ha sottolineato il sindaco Gianni Alemanno.
Per la cerimonia di beatificazione sono attesi almeno 51 capi di Stato, che saranno scortati dalle forze dell'ordine. Su di loro vigileranno 750 agenti di polizia, dei quali un centinaio dell'Ispettorato Vaticano e gli altri provenienti dalle questure di tutta Italia. L'area del Vaticano sarà chiusa al traffico fin dalla sera precedente, con posti di blocco ed elicotteri dotati di telecamere a infrarossi.
Verifiche su zaini e borse dei pellegrini davanti al colonnato (Lapresse) |
I pellegrini saranno incanalati in piazza San Pietro da via della Conciliazione sotto una stretta sorveglianza. Ma conclusa la cerimonia sarà il concerto per la Festa dei Lavoratori a San Giovanni a concentrare l'attenzione delle forze dell'ordine fino a tarda sera. Alta anche in questo caso l'affluenza prevista: circa 500 mila giovani.
Misure di sicurezza analoghe a previste per domenica prossima, mentre la moratoria dei cortei fino al 4 maggio, decisa l'altro ieri dopo un vertice tra il sindaco Alemanno e il prefetto Giuseppe Pecoraro, potrebbe alleggerire la tensione sulle iniziative per il 25 Aprile, a Porta San Paolo e all'Ostiense, dove in passato centri sociali e gruppi di estrema destra si sono fronteggiati, e sull'arrivo il giorno successivo del presidente Sarkozy. Una visita che avrà come tema centrale la crisi libica e l'afflusso di profughi dal Nordafrica. Temi che non vengono sottovalutati nella gestione della sicurezza in città delle prossime due settimane.
Ma proprio ieri la Consap, uno dei maggiori sindacati dei poliziotti, ha lanciato l'allarme sulla chiusura dei punti di rifornimento di carburante nella Capitale per le auto della polizia. «Avrebbero potuto scegliere un altro periodo per avviare questa sperimentazione - spiega il segretario generale Giorgio Innocenzi - così la città sarà a rischio proprio in questi giorni pieni di appuntamenti importanti». Agli agenti, come scritto in una circolare della Questura, saranno consegnati due buoni benzina da 20 euro ciascuno «che dovranno bastare per restare in servizio», aggiunge Innocenzi.
con corriere.it
Libia/Guerra: E’ morto Tim Hetherington, cosa ne pensa Nikolas Sarkozy?
La guerra è un mostro senza occhi per questo schiaccia chiunque si avvicina troppo ad essa. Proprio così, quello che chiamiamo guerra è frutto delle menti malate, lo dicevano gli antichi e lo ripetono oggi vari uomini e donne che si riconoscono nei valori del pacifismo moderato: coloro che si oppongono alla guerra fin quando non sono finite le varie possibilità di dialogo e mediazione. In questo momento la Libia è in guerra, quella che sembrava una “passeggiata militare” delle potenze colonizzatrice rischia di diventare una guerra civile che se non dividere la Libia la rendere simile alla Somalia. Con tutti i mezzi che hanno non sono riusciti a far tacere le arme: un fallimento assurdo.
Scrivo queste righe per rendere omaggio al fotoreporter inglese Tim Hetherington, purtroppo morto oggi a Misurata, la citta dove si spara ad altezza d’uomo. Me dispiace, me dispiace tanto. Lo stesso si dica circa giovani arruolati nel sud dell’africa per combattere per Gheddafi. Ogni mezzo militar bombardato, ogni trincera, ogni caserma distrutta sono loro a morire… muoiono così, come bestie.
Ho avuto l’opportunità di scrivere che le guerra, spesso quelle sporche e sbagliate come questa in Libia, peggiorano la situazione che intendono risolvere. I volenterosi occidentali volevano un intervento veloce, una guerra facile come ricevere le caramelle ad una bambina, invece hanno trovato un Gheddafi, un osso duro da masticare, ed è guerra, si spara e si muore fin quando non si sa.
Le guerra non sono la risposta giusta alla sete di dignità, alla sete di democrazia e giustizia sociale. Non alla guerra, “mai più la guerra”, lo ha ripetuto più volte Giovanni Paolo II in occasione dell’intervento Nato nei Balcani. Purtroppo gli uomini hanno la memoria corta e prima di chiudere i conti con una guerra si impantano già in altre. Spesso ci si dimentica le conseguenze degli interventi militari in paesi lontani, basta pensare all’Iraq che finora lotta per non disintegrarsi in tanti piccoli califfati. Chi parla più dell’Iraq? Chi spiega come stanno le cose? Chi? Nessuno.
Chiudo queste righe tornando sulla triste scomparsa di Tim Hetherington, fotoreporter inglese di fama mondiale, che purtroppo è morto in Libia, in una guerra sbagliata che porterà ancora molte vite, anzi, in questo preciso momento ci sono persone che stanno perdendo la vita. E’ tempo di smetterla.
Peace!
Kingamba Mwenho
mercoledì 20 aprile 2011
Goffe bugie sulla guerra in Libia - Gheddafi e le bombe a grappolo
Scrivere sulla Libia ormai è uno sport per dilettanti visto che chiunque spara a zero su questioni che non capisci. Quella, in Libia, è una guerra, in esse l'uomo tira fuori le parti peggiori del suo ingegno ma certe cose restano comunque fantasiose. Molti giornalisti parlano di cecchini colombiani, di mercenari nigeriani, di piloti ucraini e serbi, di bombisti sudamericani, tutti a servizio di Gheddafi. Ma chi li ha visti? Vogliamo le prove, le immagini, gli interrogatori. Il buon giornalismo non può fidarsi delle affermazioni di una sola parte coinvolta in un conflitto. Nei telegiornali e negli articoli che vediamo in giro mancano spesso il ponto di vista di coloro che sono con il governo.
L’ultima buffala pazzesca, forse una delle più grosse per davvero, lo scrive il New York Times, secondo il quale le forze governative usano le bombe a grappolo in Misurata: ma chi le ha viste? Quale giornalista americano si trova a Misurata? Come è entrato in essa se la città è sotto assedio da diverse settimane? Inoltre, è conoscenza diffusa che le bombe a grappolo sono micidiale ed ormai proibito il suo uso in qualunque scenario, eccetto in quello palestinese dove Israele con la missione “piombe fuso” ne fece largo uso su Gazza e restò impune. Dire che le forze governative hanno fatto uso di questi ordigni è un ulteriore modo di criminalizzarle nonché alzare la criticità della situazione per darne spazio ad approvazione per parte della comunità internazionale di un intervento militare a terra, visto che quello aereo non è sufficiente. Questa guerra si sta trasformando in una guerriglia e se lo diventa davvero il numero dei morti saranno incalcolabili.
Scrivere, informare, aiutare a riflettere è una cosa positiva, ma per favore, oggi come oggi abbiamo bisogno di ponderatezza, di criticità, di senso del dovere di dire la verità ai lettori che non hanno la capacità di decodificare certe informazioni.
Così l’uso delle bombe a grappolo si aggiungono al crescente numero di buffale/disinformazioni contro il regimi di Gheddafi. Ricordiamo che all’inizio dell’operazione militare si è diffusa la disinformazione secondo la quale le forze governative reprimevano le manifestazioni con degli aerei da combattimento ed infine la manipolazione delle immagini di un normale cimitero diffuso come il luogo di una fossa comune per far sparire i corpi dei manifestanti uccisi.
Arthur Ponsonby diceva che quando si dichiara una guerra la prima vittima è la verità, e considerando i mezzi tecnologici che abbiamo oggi ogni bugia viene ingigantita in tal modo che sembra la verità assoluta.
Per non lasciarsi ingannare basta diversificare le proprie fonti di informazioni, oggi abbiamo il web e rende tutto più facile. Per questo ci vuole arguzia e buona dotte di curiosità intellettuale. In questo processo l’uso delle domande è indispensabile, come lo è l’uso della ragion pura, il metodo cartesiano di mettere a soqquadro ogni cosa che ricevi e quand’anche la situazione raccontata sembra vera, domandarsi la verità opposta (capendo necessariamente le fonti di informazioni) aiuta a cogliere la verità o approssimarsi ad essa.
Per quanto riguardano i numeri dei morti attribuiti alla parte che si vuole eliminare bisogna prenderli sempre con le pinze. All’inizio abbiamo saputo che nella prima settimana di repressione erano morte già 10.000 persone. Tutte le Tv ed anche i grossi giornali hanno abboccato l’amo ed hanno pubblicato questa “falsa” informazione, senza nemmeno provare a cercare qualche conferma, risultato: fu uno stratagemma usato dai ribelli per convincere le opinione pubbliche occidentali ad appoggiare i governi interventisti. In ogni modo l’idea è troppo raffinata per cui è lecito dubitare che sia stata abbozzata solamente dai ribelli. Per questo aumentano le ragioni per cui credere e concludere che in questa storia c’è sia anche la mano di grossi centri di controllo dell’informazione e propaganda pro-guerra in vista dei proventi petroliferi ed acquiferi.
La guerra è una bestia di sette teste, tutto si inventa pur di vincerla. Su questa via Sun Tzu affermava spesso che “tutta la guerra si basa sull'inganno.” Non lasciarti ingannare perché le guerre sono sempre ignobili.
Kingamba Mwenho
martedì 19 aprile 2011
Guerra in Libia - Petrolio, sangue giovane sul deserto e molta ipocrisia occidentale
lunedì 18 aprile 2011
Morto Carlo Capponi, il bidello dell'«Isola dei famosi»
Colpito da un malore a 58 anni il bolognese che nel 2008 partecipò al reality. Luxuria: «Sbigottita e addolorata»
Carlo Capponi
È morto all'improvviso Carlo Capponi, il «bidello» più conosciuto d'Italia, dopo la sua partecipazione nel 2008 all'«Isola dei famosi». Un addio al personaggio è pubblicato anche sul sito dei suoi fan.
IL MALORE - Capponi, 58 anni, bolognese, è stato colpito ieri verso le 15 da un malore mentre era a Zocca a casa di una sua cara amica, Lia. Nonostante lui abitasse a Bologna, spesso lo si vedeva nel paese del Modenese: era legato a Lia da un'amicizia fraterna e capitava di vederlo passeggiare anche con il cane della donna, Flora. Ieri, in mattinata Capponi si era dedicato al giardinaggio, poi ha iniziato a sentirsi male. Inutile l'intervento dei sanitari del 118 arrivati nell'abitazione per soccorrerlo. La donna, scioccata da quanto successo, si è sentita male: è ricoverata all'ospedale di Sassuolo. La salma di Capponi è stata trasportata alla Medicina legale di Modena, in attesa dell'autopsia. Non è ancora stata fissata la data del funerale.
IL PERSONAGGIO - Capponi, all'Isola dei famosi, era entrato nelle grazie del pubblico per la sua semplicità e per la simpatia. E anche per le sue stranezze. Laureato in Storia dell'arte e per vent'anni bidello alla facoltà di Fisica dell'università di Bologna, la sua vita aveva avuto una svolta dopo la fine della relazione con una donna: gli era venuta una sorte di mania alimentare che lo portava a mangiare chili di banane ogni giorno. Problema che poi aveva risolto. Ma per questo sull'Isola Vladimir Luxuria l'aveva soprannominato «Charlie Banana».
LUXURIA - E proprio Luxuria, appresa la notizia della morte dell'ex compagno di naufragio, si dice «sbigottita e addolorata»: «Mi conforta solo sapere che non ha sofferto e che verrà ricordato dall'affetto di tutti coloro che gli hanno voluto bene».
con corriere.it