lunedì 30 giugno 2008

L'affondo di Ginsborg: quanti errori dai leader «Congressi senza prospettive» Matteo Bartocci

LO STORICO
L'affondo di Ginsborg: quanti errori dai leader
«Congressi senza prospettive»
Matteo Bartocci

I partiti della sinistra chiusi in rese dei conti tanto indiavolate quando disastrose, un Pd balcanizzato e imbelle, una società civile stanca e impotente. In queste condizioni contrastare il «berlusconismo che avanza» e ricostruire una «nuova» sinistra è una missione quasi disperata. Paul Ginsborg - con Paolo Cacciari, Fulvia Bandoli, Maria Luisa Boccia, Marco Berlinguer, Pino Ferraris e Giulio Marcon - non molla. E ci riprova il 5 luglio, con un seminario a Firenze nato sull'onda dell'assemblea nazionale convocata ad aprile, all'indomani del cataclisma elettorale.
«Dopo la batosta del voto - spiega il professore inglese - secondo noi era opportuno fermarsi a pensare in modo serio sulle forme e i metodi dell'agire politico prima di passare ai suoi contenuti. Nuove soggettività, crisi dei partiti, democrazia e partecipazione, la natura dell'azione riformista, sono quattro grandi temi della tradizione di sinistra che vanno per forza ripensati subito se vogliamo ripartire».

Professore, in questi giorni si parla tanto di «girotondi». Ma c'è ancora in Italia uno spazio pubblico per il ritorno di minoranze combattive?
Spero di sbagliare, che le cose cambino in autunno, ma credo che non ci siano più le condizioni per una resistenza come quella invocata da Francesco Saverio Borrelli nel 2001-2002. Non è Berlusconi a essere cambiato: è cambiata a fondo la società.

E' d'accordo con chi parla di «regime leggero» (Bertinotti) o vede un rischio «totalitario» per la nostra democrazia (Scalfari e Rossanda)?
Non ho dubbi che sia così. L'anomalia italiana è basata su tre fattori molto semplici, che l'opinione pubblica europea ha tuttora ben presenti. Il capo del governo ha praticato delle cesure profonde con la democrazia come noi la intendiamo: la prima è che insiste esplicitamente nel fare leggi per i suoi interessi e per quelli dei suoi amici. Il concetto liberale dell'equilibrio dei poteri è totalmente sconosciuto al presidente del Consiglio: per lui chi è eletto decide. Un secondo elemento riguarda le televisioni. Sul mezzo di comunicazione più importante della modernità - come dimostrano ancora una volta le vicende di questi ultimi giorni - una sola persona esercita un potere illecito ed esagerato. Le due cose insieme dicono tecnicamente di un regime politico che si discosta nettamente da qualsiasi democrazia rappresentativa europea. La terza anomalia è che chi osa dire queste cose così semplici e veritiere è dipinto dalla destra (ma anche da buona parte della sinistra) come un giustizialista, un estremista o un massimalista. E invece la coscienza di queste anomalie dovrebbe essere assunta da chiunque si dichiari democratico.

A proposito di democratici, le sembra che il Pd assuma questa sua analisi?
Il più grande errore di Veltroni è stato inventare e propagandare un ipotetico Berlusconi statista, saggio, pulito, unificatore. Per Walter la storia degli ultimi vent'anni era da dimenticare, ma la storia non accetta mai di essere sepolta e spesso si prende rivincite terribili. Il partito democratico ora dovrebbe mettere in campo una resistenza ampia insieme a tutte le forze democratiche, progressiste e di sinistra che ci sono, dovrebbe essere il motore di un processo più ampio e inclusivo.

E' un processo però che riguarda innanzitutto i partiti della sinistra. Pensa che in questi congressi si stia sviluppando un dibattito utile?
Non ho proprio parole. Vedo persone molto brave e capaci completamente intrappolate in meccanismi finiti fuori controllo. Sono convinto più che mai che ci voglia un soggetto nostro - federato o unificato che sia - in cui tutti possiamo identificarci e possiamo lavorare. Ma invece di ripartire da un'unità che non ha avuto il tempo di crescere, i partiti si dividono in quattro congressi e decine di mozioni in cui non vedo alcuna prospettiva salvo la divisione ulteriore e la rovina di tanti rapporti. La vecchia leadership dei partiti di sinistra ha gestito in modo pessimo i mesi trascorsi dalla manifestazione dello scorso 20 ottobre fino alle elezioni. Noi a Firenze siamo convinti da sempre che la sinistra è composta da movimenti, partiti e società civile. Ma se i partiti politici implodono, la società civile ha molta difficoltà a «fare da sé». Per questo bisogna cambiare radicalmente le forme della politica, ed è di questo che discuteremo sabato prossimo.

Il Manifesto

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