giovedì 11 febbraio 2010

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ZENIT

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Servizio quotidiano - 11 febbraio 2010

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Il Papa rivela il segreto della gioia nella sofferenza
Nella XVIII Giornata Mondiale del Malato
di Patricia Navas
 

CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 11 febbraio 2010 (ZENIT.org).- Benedetto XVI ha rivelato il segreto della gioia nella sofferenza questo giovedì nell'omelia che ha pronunciato nella Basilica vaticana durante la Messa nella memoria della Madonna di Lourdes, XVIII Giornata Mondiale del Malato.

Per questo, si è riferito alla "maternità della Chiesa", riflesso "dell'amore premuroso di Dio", nell'accompagnare e consolare chi soffre.

E' "una maternità che parla senza parole, che suscita nei cuori la consolazione, una gioia intima, una gioia che paradossalmente convive con il dolore, con la sofferenza".

"La sofferenza accettata e offerta, la condivisione sincera e gratuita, non sono forse miracoli dell'amore?", ha chiesto.

Il Papa ha quindi sottolineato "il coraggio di affrontare il male disarmati - come Giuditta -, con la sola forza della fede e della speranza nel Signore".

"Per tutto questo noi viviamo una gioia che non dimentica la sofferenza, anzi, la comprende".

"In questo modo i malati e tutti i sofferenti sono nella Chiesa non solo destinatari di attenzione e di cura, ma prima ancora e soprattutto protagonisti del pellegrinaggio della fede e della speranza, testimoni dei prodigi dell'amore, della gioia pasquale che fiorisce dalla Croce e dalla Risurrezione di Cristo", ha spiegato.

"Chi rimane a lungo vicino alle persone sofferenti, conosce l'angoscia e le lacrime, ma anche il miracolo della gioia, frutto dell'amore".

Il realismo della speranza

Riferendosi alla speranza, Benedetto XVI ha segnalato che il brano della Lettera di San Giacomo proclamato nella celebrazione del giorno "invita ad attendere con costanza la venuta ormai prossima del Signore".

Per il Pontefice, ciò "rispecchia l'azione di Gesù, che guarendo i malati mostrava la vicinanza del Regno di Dio".

"La malattia è vista nella prospettiva degli ultimi tempi, con il realismo della speranza tipicamente cristiano", ha spiegato.

Ha poi ricordato la lettura che segnala: "Chi è malato, chiami presso di sé i presbiteri della Chiesa ed essi preghino su di lui, ungendolo con olio nel nome del Signore. E la preghiera fatta con fede salverà il malato".

Questo brano, ha rilevato, mostra "il prolungamento di Cristo nella sua Chiesa: è ancora Lui che agisce, mediante i presbiteri; è il suo stesso Spirito che opera mediante il segno sacramentale dell'olio; è a Lui che si rivolge la fede, espressa nella preghiera".

"Da questo testo, che contiene il fondamento e la prassi del sacramento dell'Unzione dei malati, si ricava al tempo stesso una visione del ruolo dei malati nella Chiesa. Un ruolo attivo nel 'provocare', per così dire, la preghiera fatta con fede".

Sacerdoti e malati

Il brano è servito al Papa anche per sottolineare, in questo Anno Sacerdotale, "il legame tra i malati e i sacerdoti, una specie di alleanza, di 'complicità' evangelica".

"Entrambi hanno un compito: il malato deve 'chiamare' i presbiteri, e questi devono rispondere, per attirare sull'esperienza della malattia la presenza e l'azione del Risorto e del suo Spirito", ha spiegato.

"E qui possiamo vedere tutta l'importanza della pastorale dei malati, il cui valore è davvero incalcolabile, per il bene immenso che fa in primo luogo al malato e al sacerdote stesso, ma anche ai familiari, ai conoscenti, alla comunità e, attraverso vie ignote e misteriose, a tutta la Chiesa e al mondo".

Quando la Parola di Dio "parla di guarigione, di salvezza, di salute del malato, intende questi concetti in senso integrale, non separando mai anima e corpo", ha aggiunto.

"Un malato guarito dalla preghiera di Cristo, mediante la Chiesa, è una gioia sulla terra e nel cielo, è una primizia di vita eterna".

Per il Vescovo di Roma, le guarigioni realizzate da Gesù, insieme all'annuncio della Parola, sono "segno per eccellenza della vicinanza del Regno di Dio".

La Chiesa e i malati

Questo giovedì, giorno in cui si celebrava il 25° anniversario della fondazione del Pontificio Consiglio della Pastorale della Salute, il Pontefice ha voluto anche sottolinearne il senso e ha rivolto parole di ringraziamento a tutti coloro che vi hanno lavorato.

"Istituendo un Dicastero dedicato alla pastorale sanitaria, la Santa Sede ha voluto offrire il proprio contributo anche per promuovere un mondo più capace di accogliere e curare i malati come persone", ha affermato.

"Ha voluto, infatti, aiutarli a vivere l'esperienza dell'infermità in modo umano, non rinnegandola, ma offrendo ad essa un senso".

"Dio, infatti, vuole guarire tutto l'uomo e nel Vangelo la guarigione del corpo è segno del risanamento più profondo che è la remissione dei peccati".

La Chiesa, ha osservato, ha sempre mostrato particolare sollecitudine per chi soffre. "Ne danno testimonianza le migliaia di persone che si recano nei santuari mariani per invocare la Madre di Cristo e trovano in lei forza e sollievo".

Ha quindi parlato della Madonna, in particolare della visita alla cugina Elisabetta, indicando che "nel sostegno offerto da Maria a questa parente che vive, in età avanzata, una situazione delicata come la gravidanza, vediamo prefigurata tutta l'azione della Chiesa a sostegno della vita bisognosa di cura".

Non ha poi tralasciato di richiamare alla memoria "tanti Santi e Sante della carità", soprattutto "quelli che hanno speso la loro vita tra i malati e i sofferenti, come Camillo de Lellis e Giovanni di Dio, Damiano de Veuster e Benedetto Menni".

Il Pontefice ha quindi concluso la sua omelia con alcune parole tratte dalla Lettera Apostolica Salvifici Doloris di Giovanni Paolo II: "Cristo allo stesso tempo ha insegnato all'uomo a far del bene con la sofferenza e a far del bene a chi soffre. In questo duplice aspetto egli ha svelato fino in fondo il senso della sofferenza".

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Santa Bernadette, un'icona della pastorale della salute
Le sue reliquie a Roma per la festa della Madonna di Lourdes
di Carmen Elena Villa

CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 11 febbraio 2010 (ZENIT.org).- La presenza delle reliquie di Santa Bernadette (1844 - 1879) a Roma ha attirato migliaia di fedeli provenienti da varie parti del mondo.

Il 9 e il 10 febbraio la Basilica di Santa Maria Maggiore, il più grande tempio del mondo dedicato alla Madonna, ha accolto le reliquie della Santa con una presenza moltitudinaria.

Questo giovedì, per commemorare la Giornata Mondiale del Malato e la festa della Madonna di Lourdes, si è svolta a Roma una processione da Castel Sant'Angelo a Piazza San Pietro, percorrendo tutta Via della Conciliazione.

Dopo la processione è iniziata la Messa, presieduta da Benedetto XVI, per la celebrazione della Giornata Mondiale del Malato, alla presenza dell'immagine della Madonna di Lourdes.

Che cos'ha di speciale Santa Bernadette, oltre ad essere stata testimone oculare delle apparizioni della Madonna di Lourdes 152 anni fa? Ha parlato di questo tema il Vescovo della Diocesi, Jaques Perrier, in un incontro con la stampa svoltosi nella Santa Sede durante il quale sono state rese note le iniziative per i 25 anni del Pontificio Consiglio per la Salute.

Bernadette: apostolo dei malati e degli infermieri

La figura di questa Santa ha molto da dire alla Pastorale della Salute. Per questo il dicastero vaticano che si dedica a questo settore è stato fondato proprio nel giorno della Madonna di Lourdes, e per questa ragione in questo giorno si celebra la Giornata Mondiale del Malato.

Secondo monsignor Perrier, Bernadette era la "malata" preferita di uno dei suoi medici. La Santa Contrasse il colera quando era piccola, e come conseguenza di questa malattia soffrì d'asma per tutta la vita. Dopo essere diventata religiosa ebbe anche un tumore alla gamba estremamente doloroso che la faceva zoppicare.

Monsignor Perrier ha dichiarato che la Santa "ha assunto la condizione di paziente, senza lamentele", e che umanamente "detestava la sofferenza", ma "ha accettato di soffrire in unione a Cristo", non con un senso di masochismo, ma in una vera visione di sacrificio.

Oltre a questo, Bernadette era un'"infermiera esemplare", che si prendeva cura delle consorelle nel convento delle Figlie della Carità di Nevers (Francia), dove entrò nel 1866, otto anni dopo aver ricevuto le apparizioni della Madonna.

Monsignor Perrier ha anche ricordato il "senso dell'umorismo" della Santa, così come la sua "carità" con le consorelle malate.

Per guarire serve la fede

Durante le apparizioni, Bernadette trovò su indicazione della Vergine una fonte di acqua miracolosa. Fonte alla quale accorrono ancora oggi migliaia di persone malate provenienti da tutto il mondo.

L'acqua della fonte è stata analizzata da vari laboratori indipendenti, che hanno verificato che la sua composizione è normale. Ad ogni modo, da allora sono avvenute più di 2.500 guarigioni inspiegabili per la scienza, 67 delle quali sono state riconosciute ufficialmente come miracolose dalla Santa Sede.

Parlando di questo, monsignor Perrier ha ricordato che Gesù, prima di curare il paralitico, gli disse "Ti sono rimessi i peccati" (Mc 2, 3-12). Ma lo guarì anche.

Queste guarigioni, ha affermato, sono "in comunione con la prospettiva evangelica" e con la fede che i malati hanno quando si avvicinano alla fonte d'acqua. I pazienti che non vengono curati fisicamente "non tornano da Lourdes delusi o disperati", ha aggiunto, ma accettano la volontà di Dio.

Pontefici pellegrini a Lourdes

Monsignor Perrier ha segnalato anche la devozione speciale degli ultimi due Pontefici per il Santuario di Lourdes.

Il Vescovo ha confessato a ZENIT che Giovanni Paolo II, pur citando sempre Częstochowa e Fatima, quando parlava dei santuari mariani affermava che Lourdes era "sempre il primo della lista".

E' necessario, ha aggiunto il presule, che quanti sono coinvolti nella Pastorale della Salute rileggano i discorsi che Giovanni Paolo II pronunciò ai malati durante il suo viaggio a Lourdes nel 1983, due anni dopo aver subito l'attentato in Piazza San Pietro. "Il Papa parlava con cognizione di causa, i suoi discorsi non furono idealisti", ha sottolineato.

Giovanni Paolo II si recò di nuovo a Lourdes nel 2004. Fu il suo ultimo viaggio fuori dall'Italia. Questo fatto, ha rivelato monsignor Perrier, "fu un'enorme consolazione per gli handicappati e gli infermi".

Il presule ha anche ricordato il viaggio di Benedetto XVI nel 2008, in occasione della celebrazione dei 150 anni delle apparizioni di Lourdes. Il 15 settembre amministrò il sacramento dell'unzione degli infermi a 12 malati di varie età e condizioni. "Rimarrà nella storia come il Papa che ha dato pubblicamente l'unzione dei malati", ha concluso il Vescovo.

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Il Papa visiterà il Presidente di Malta nel suo viaggio nel Paese
La Santa Sede diffonde il programma della visita papale
CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 11 febbraio 2010 (ZENIT.org).- Il viaggio di Papa Benedetto XVI a Malta includerà una visita di cortesia al Presidente della Repubblica maltese, George Abela, nel Palazzo dei Gran Maestri a La Valletta.

Lo indica il programma del viaggio, diffuso questo mercoledì dalla Sala Stampa della Santa Sede e dall'Arcidiocesi di Malta.

La visita del Papa a Malta, per il 1950º anniversario del naufragio di San Paolo nell'arcipelago, si svolgerà il 17 e il 18 aprile.

Il Pontefice arriverà nel primo pomeriggio di sabato 17 aprile. Alle 17.00 è prevista la cerimonia di benvenuto all'Aeroporto Internazionale di Malta, durante la quale Benedetto XVI pronuncerà un discorso.

Si dirigerà poi verso la capitale, dove farà visita al Presidente della Repubblica.

Dopo l'incontro, il Papa visiterà la Grotta di San Paolo a Rabat, dove reciterà una preghiera e pronuncerà un saluto.

Domenica 18 aprile, alle 10.00, il Pontefice presiederà una Messa nella città di Floriana e pronuncerà l'omelia.

In seguito reciterà il Regina Coeli e rivolgerà alcune parole ai presenti. Alle 13.00 pranzerà con i Vescovi nella Nunziatura di Rabat.

Nel pomeriggio si recherà al Porto Grande di La Valletta, dove incontrerà i giovani pronunciando un discorso.

L'Aeroporto Internazionale di Malta accoglierà quindi la cerimonia di congedo, nella quale il Papa pronuncerà un altro discorso. La partenza per Roma è prevista per le 19.10.

In una lettera inviata al Presidente Abela per ringraziarlo dell'invito a visitare il Paese, Benedetto XVI ha sottolineato che questo viaggio sarà un'occasione per riflettere sulla fede cristiana e approfondirla.

Sarà il 14° viaggio apostolico internazionale del Papa e la terza visita di un Pontefice a Malta, dopo quelle di Giovanni Paolo II nel 1990 e nel 2001.

Malta, diventata indipendente dal Regno Unito nel 1964, ha circa 410.000 abitanti, per il 98% cattolici. Dal 1° maggio 2004 è membro dell'Unione Europea.

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Notizie dal mondo


Card. Scherer: non trascurare la triplice dimensione del sacerdozio
Il porporato parla ai sacerdoti in un incontro nazionale
SAN PAOLO, giovedì, 11 febbraio 2010 (ZENIT.org).- L'Arcivescovo di San Paolo, il Cardinale Odilo Scherer, ha ricordato domenica ai sacerdoti brasiliani "la triplice dimensione del nostro ministero sacro".

Il porporato ha parlato a circa 500 sacerdoti riuniti a Itaici (Indaiatuba, San Paolo) per l'Incontro Nazionale dei Presbiteri.

Nel giorno dell'ordinazione sacerdotale, ha segnalato, "siamo stati unti e consacrati dallo Spirito Santo per il servizio del sacerdozio di Gesù Cristo; egli è il Profeta di Dio (Parola di Dio), il Sacerdote dell'Altissimo (santificatore) e il Pastore e la guida dell'umanità".

Nell'esercizio del munus profetico, "siamo sacerdoti dediti alla Parola di Dio, servendo Cristo, 'Parola di salvezza', verità di Dio per la vita del mondo".

Il Cardinale ha auspicato che attraverso i sacerdoti il popolo "ascolti, accolga, ami e viva la Parola di Dio, fonte di fede, luce per la vita, conforto per l'anima". "Non deve mancare una buona predicazione, soprattutto nell'omelia domenicale", ha aggiunto, sottolineando che al popolo bisogna assicurare anche "la formazione nella fede".

"Come maestri della verità del Vangelo, non dobbiamo tirarci indietro né aver paura di difendere la fede del popolo, quando è necessario, sempre in sintonia con il Magistero della Chiesa. Non siamo predicatori di una verità 'nostra', ma servitori della verità di Dio e della Chiesa", ha dichiarato.

Il Cardinale Scherer ha anche ricordato che i presbiteri sono chiamati ad essere "ministri del sacerdozio di Cristo, per la santificazione del popolo, celebrando con lui e per lui i 'misteri della vita e della santità', nei sacramenti".

In questo contesto, "un luogo di spicco devono averlo l'Eucaristia e la confessione". Il Cardinale ha infatti insistito sulla necessità della "celebrazione quotidiana dell'Eucaristia, con molte persone o con poche".

"Celebriamo sempre con tutta la Chiesa, per lei e in suo nome, anche quando a livello visibile essa non è presente. Senza l'Eucaristia quotidiana, il senso stesso dell'essere sacerdote si diluisce", ha affermato.

"Il servizio sacerdotale, però, ci deve portare anche a insegnare al popolo a pregare per le sue necessità e le sue afflizioni, a incentivare la preghiera personale, le devozioni e la religiosità popolare".

Per il porporato "sarebbe auspicabile" che in tutte le chiese ci fosse l'adorazione eucaristica una volta a settimana. Bisognerebbe promuovere anche l'iniziazione alla liturgia delle Ore, che "potrebbe essere introdotta la domenica pomeriggio, prima della Messa vespertina".

Il Cardinale ha quindi chiesto che i sacerdoti siano "buoni pastori del popolo, a esempio di Cristo, Buon Pastore".

"Non abbandoniamo il bene spirituale del popolo con il pretesto di risolvere prima problemi 'sociali' che spettano per dovere d'ufficio ad altri agenti sociali. Il popolo, prima di tutto, spera di ricevere da noi le attenzioni dei ministri di Dio", ha concluso.

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Organizzazioni cattoliche chiedono di difendere i bambini haitiani
Per prevenire il traffico di vittime del terremoto
WASHINGTON, D.C., febbraio 2010 (ZENIT.org).- Varie organizzazioni cattoliche si sono unite per scrivere una lettera chiedendo che si attuino programmi di protezione infantile sul campo per evitare che i minori non accompagnati di Haiti cadano vittime dei trafficanti di esseri umani.

La lettera, pubblicata venerdì scorso dalla Conferenza Episcopale Statunitense, propone vari punti d'azione per aiutare gli orfani o i bambini rimasti soli dopo il terremoto del 12 gennaio.

E' stata inviata al Segretario di Stato degli Stati Uniti, Hillary Clinton, alla segretaria per la Sicurezza Nazionale, Janet Napolitano, e alla segretaria dei Servizi Sanitari e Umani, Kathleen Sebelius.

"La compassione degli statunitensi è stata evidente nella loro risposta ai bambini haitiani rimasti soli dopo il terremoto, includendo molte offerte ad adottare un bambino che ha perso i genitori nella tragedia", indica il testo.

La lettera è firmata dall'ambasciatore Johnny Young, direttore esecutivo dei servizi per i Migranti e i Rifugiati della Conferenza Episcopale; da Maria Odom, direttore esecutivo della Rete Cattolica per l'Immigrazione Legale; da padre Larry Snyder, presidente di Catholic Charities; da Ken Hackett, presidente dei Catholic Relief Services, e da Johan Ketelers, segretario generale della Commissione Internazionale Cattolica per le Migrazioni.

"Come fornitori di servizi sociali con esperienza nel trattamento dei minori non accompagnati, crediamo che prima di portare questi bambini negli Stati Uniti e introdurli in procedimenti di adozione legale si dovrebbero avviare alcuni processi", affermano.

"Ci incoraggia sapere che il Governo degli Stati Uniti, in cooperazione con l'ONU e con il Governo di Haiti, ha compiuto passi per difendere i bambini haitiani non accompagnati e per localizzare i genitori o i familiari", aggiungono.

Allo stesso modo, sottolineano la "necessità di assistenza speciale o protezione" per questi piccoli e indicano suggerimenti per la loro cura, inclusa la predisposizione ad Haiti di rifugi sicuri dove possano essere assistiti.

Alta priorità

"Questi accordi per la sicurezza e il sostegno materiale dei bambini, che altrimenti potrebbero rimanere vittime di sequestri e del traffico di esseri umani, dovrebbero rappresentare la massima priorità e permettere gli adeguati processi di individuazione per procedere senza indugi", indica la lettera.

Il testo include un appello per l'assegnazione di esperti del benessere infantile che prendano "le decisioni in base al maggior interesse di ogni bambino", analizzino le necessità specifiche e raccomandino opzioni di sistemazione a lungo termine.

I leader cattolici sottolineano anche la necessità di localizzare la famiglia per cercare di trovare parenti vivi e favorire il ricongiungimento dove sia possibile.

"Il ricongiungimento familiare è un obiettivo importante e deve essere difeso per quanto possibile, mentre a volte la soluzione adeguata risulterà l'istituzione di un tutore ad Haiti", sottolineano.

La lettera chiede di portare i bambini in case di accoglienza per l'assistenza previa al ricongiungimento o alla possibile adozione.

In questo senso, aggiungono i rappresentanti, "si sarebbe in condizioni di ricevere benefici e servizi idonei alle loro necessità, e sarebbero curati da famiglie, nel contesto della tutela, accuratamente selezionate dal Governo degli Stati Uniti e dagli esperti di benessere infantile".

Per i bambini i cui genitori o familiari vivono negli USA, i firmatari rivolgono un appello ad accelerare l'iter di immigrazione per aiutarli a entrare nel Paese.

"In base all'esperienza che abbiamo accumulato lavorando con i bambini in contesti di disastri e in altre situazioni di sfollamento, vediamo che come norma generale non risponderebbe al maggiore interesse del bambino di Haiti, o di Haiti nel suo insieme, se i bambini non accompagnati venissero evacuati dal Paese d'origine senza una consulenza accurata e individuale su ciò che è meglio per ciascuno di loro".

I leader delle organizzazioni esprimono infine il loro desiderio di continuare a lavorare con le autorità statunitensi "per garantire che questi bambini vulnerabili, così come le altre vittime del terremoto, ricevano il sostegno e la cura di cui hanno bisogno per riannodare la propria vita".

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"Proponiamo una scuola che metta al centro la persona"
XXII Congresso Interamericano dell'Educazione Cattolica a Santo Domingo
SANTO DOMINGO, giovedì, 11 febbraio 2010 (ZENIT.org).- Quasi 1.000 congressisti di 23 Paesi americani si sono riuniti a Santo Domingo, capitale della Repubblica Dominicana, per celebrare il Congresso Interamericano dell'Educazione Cattolica, sul tema "La qualità della nostra educazione partendo dalla sua identità".

Hanno convocato il Congresso la Confederazione Interamericana per l'Educazione Cattolica (CIEC) e l'Unione Nazionale delle Scuole Cattoliche, realtà dominicane.

La riflessione si è concentrata su due temi fondamentali: l'identità e la qualità della scuola cattolica.

Nei loro messaggi, sia il Cardinale Arcivescovo di Santo Domingo Nicolás de Jesús López Rodríguez che Melanio Paredes, Ministro dell'Istruzione, hanno insistito sul fatto che la scuola cattolica è un modello che le altre istituzioni possono imitare.

Nei vari interventi, sono state analizzate le sfide che affronta l'istruzione, le varie risposte che si potrebbero dare, le esigenze poste dall'identità della scuola cattolica e la pastorale educativa missionaria che devono assumere le scuole che vogliono educare i giovani di oggi.

Le strategie per un'istruzione di qualità, si è detto, passano sempre per la formazione e l'aggiornamento dei docenti, che devono inoltre prepararsi ad essere agenti della pastorale educativa.

I presenti hanno anche ascoltato la testimonianza di due religiose sopravvissute al terremoto di Haiti, che hanno fatto sentire chiaramente che il loro Paese è più vivo che mai e che il lavoro di ricostruzione sarà ingente, ma ancor di più lo sarà l'accompagnamento a tutte le persone che hanno sofferto, soprattutto ai bambini che hanno perso la propria famiglia.

Al termine del Congresso è stata enunciata la serie di impegni che tutte le federazioni nazionali affiliate alla CIEC hanno assunto e convalidato con il loro applauso.

Nella loro Dichiarazione Finale, gli educatori dei Paesi del continente americano dicono di volere e proporre "una scuola che abbia come centro e obiettivo la persona, partecipi alla comunità ecclesiale (parrocchia), sia aperta alle istanze sociali e impegnata con le culture emergenti, coinvolga la famiglia nei processi educativi e sia segno profetico dei valori del Regno".

Per raggiungere questo obiettivo propongono varie misure, a partire dal "porre in modo chiaro e consistente Cristo al centro del progetto educativo-pastorale delle istituzioni" e dal "coinvolgere la famiglia nei processi educativo-evangelizzatori".

Allo stesso modo, chiedono di "valorizzare e rivedere in modo continuo e sistematico i progetti educativo-pastorali delle istituzioni" e di "coinvolgere i vari ceti per formare un'autentica comunità educativa".

Esortano quindi a "incrementare e curare la formazione permanente dei docenti negli aspetti pedagogici e professionali, e in quelli relativi alla crescita della loro Fede", a "stabilire reti di collaborazione interistituzionale e intercongregazionale nei compiti educativi" e a "sviluppare insieme, religiosi e laici, i processi di formazione condivisa: formazione, integrazione e vissuto".

E' altresì importante "avvicinarsi ai giovani e rispondere prioritariamente alle necessità dei poveri e delle loro nuove povertà" e "sostenere solidalmente con le federazioni nazionali la scuola cattolica di Haiti in tutto il processo di recupero".

Si esorta inoltre a "far arrivare queste conclusioni a tutte le confederazioni e ai centri educativi con l'impegno di metterle in pratica e di valutarle periodicamente per generare azioni che tendano a un'istruzione nella libertà".

I congressisti confessano infine di sentirsi "molto vicini al dolore che stanno soffrendo i nostri fratelli di Haiti" e invitano "gli educatori americani alla solidarietà effettiva con l'opera di ricostruzione futura dell'istruzione haitiana, unendosi ai programmi delle varie organizzazioni educative nazionali e internazionali".



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Speranza come identità. La Settimana di S. Ansgar ad Amburgo
di Giovanni Patriarca
 

ROMA, giovedì, 11 febbraio 2010 (ZENIT.org).- Si è recentemente svolta ad Amburgo (Germania) la 37ma settimana di San Ansgar. Questa tradizionale ricorrenza della comunità cattolica della città anseatica è un rispettoso omaggio al santo patrono, che è anche conosciuto con il nome di Apostolo del Nord.

San Ansgar è nato presumibilmente nell'801 a Corbie, in Piccardia, e dopo essere entrato nell'Ordine benedettino si reca nell'823 in qualità di docente al convento di Corvey, nei pressi di Höxter.

Il suo spirito coraggioso e missionario lo porta nell'826 ad intraprendere un viaggio verso la Scandinavia. Nell'831 diviene Vescovo di Amburgo e delegato pontificio per la Danimarca, la Svezia e i Territori Slavi. Dopo la distruzione di Amburgo nel 845 ad opera dei Normanni, la sede vescovile si trasferisce a Brema, dove S. Ansgar muore il 3 febbraio dell'anno 865.

Per questo motivo, ogni anno agli inizi di febbraio la Diocesi di Amburgo ricorda con attività religiose e culturali la vita e le opere del suo benemerito Vescovo. Il tema di questa settimana di riflessione e preghiera ha un titolo molto significativo e pregnante: "Biotope der Hoffnung" (Luoghi della speranza).

In verità il bio-topo è un termine scientifico che caratterizza un ambiente in cui convivono organismi animali e vegetali che danno vita ad un'unità funzionale: l'ecosistema. A monte della riflessione vi è la considerazione portante che la speranza cristiana non si esaurisce nell'individuo, ma è una forza viva e positivamente contagiosa. Non è circoscritta in un luogo definito, ma si espande verso l'esterno a beneficio dell'umanità intera.

L'Arcivescovo Werner Thissen ha puntualizzato, sulla via maestra tracciata dall'Enciclica Spe Salvi di Benedetto XVI, che "la speranza non può terminare al confine di un spazio delimitato. Il nostro obiettivo deve essere il potenziamento dello spazio vitale della speranza cosicché essa possa continuare ad espandersi".

La speranza, quindi, diviene parte integrante e struttura identitaria della comunità cristiana, alla quale è affidato il compito di gettare sulla terra apparentemente sterile i semi della fede e delle carità.

La settimana di S. Ansgar ha assunto, oramai da tempo, un carattere ecumenico per la partecipazione dei rappresentanti delle altre confessioni cristiane agli eventi culturali e liturgici.

Quest'anno la cerimonia di chiusura è stata celebrata con la recita dei vespri e la celebrazione eucaristica presieduta dal Cardinale Christoph Schönborn, Arcivescovo di Vienna.

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Dottrina Sociale e Bene Comune


La Caritas in Veritate e la Dottrina Sociale della Chiesa
ROMA, giovedì, 11 febbraio 2010 (ZENIT.org).- Per la Rubrica di Dottrina Sociale e Bene Comune, pubblichiamo il contributo di monsignor Angelo Casile, Direttore dell'Ufficio Nazionale per la Pastorale Sociale e del Lavoro della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), sul tema "La Caritas in Veritate e la Dottrina Sociale della Chiesa".

 



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Premettere l'essere al fare

Scorrendo le pagine della Caritas in veritate, appare evidente il primato dell'essere sul fare. «È la verità originaria dell'amore di Dio, grazia a noi donata, che apre la nostra vita al dono e rende possibile sperare in uno "sviluppo di tutto l'uomo e di tutti gli uomini"» (CV 8). Il principio, usato da Joseph Ratzinger, nell'opera Introduzione al Cristianesimo pubblicata nell'ormai lontano 1968,[1] prospetta una conversione a una nuova sapienza che vede ogni ambito sociale come una chiamata, come occasione per vivere la propria vocazione, nell'assunzione di personale responsabilità per la crescita del bene comune.[2]

Senza l'accoglienza del dono di Dio, del primato cioè dell'essere sul fare, si snatura ogni intervento umano e ogni azione o ambito perde il proprio valore a favore dello sviluppo integrale dell'uomo. Infatti, senza il dono di Dio:

la carità... diviene sentimentalismo e non amore che promuove l'uomo nella verità (cfr CV 3);

la verità... opinione contingente dei soggetti e non luce che dà senso e valore alla carità (cfr CV 3);

il creato... risorsa da saccheggiare e non giardino da custodire e utilizzare come dono di Dio da consegnare "nuovo" alle generazioni future (cfr CV 48);

la giustizia... attribuzione di diritti e non profonda esperienza della misericordia di Dio e parte integrante di quell'amore coi fatti e nella verità (cfr CV 6);

la pace... accordo tra i popoli e non accoglienza di Gesù "nostra pace" che germina nella paziente tessitura di incontri tra i popoli nell'amore e nella comprensione reciproca (cfr CV 73);

il lavoro... produzione di beni e servizi e non espressione della propria creatività a immagine del Creatore (cfr CV 41);

la politica... visione utopistica e ideologica e non testimonianza della carità divina che, operando nel tempo, prepara l'eterno (cfr CV 7);

la tecnica... riduzione di tutto a puro fare e non sapienza che governa l'armonia del cosmo nella signoria dello spirito sulla materia (cfr CV 69);

la solidarietà... assistenzialismo paternalista e non fraternità che accoglie riconoscendo nell'altro il volto di un figlio di Dio nel sentirsi tutti responsabili di tutti (cfr CV 38);

la sussidiarietà... particolarismo sociale e non antidoto all'assistenzialismo nel rispetto della dignità della persona, capace di donare qualcosa e se stesso agli altri (cfr CV 57);

il mercato... sopraffazione del debole e non luogo di incontro ed esperienza di scambio di doni nella fiducia e per un sviluppo umano integrale (cfr CV 35);

l'impresa... vantaggio personale e non servizio all'economia reale e promozione di sviluppo stabile nella comunità locale (cfr CV 40);

il turismo... evasione consumistica e scadimento morale e non riposo nella festa e promozione della conoscenza reciproca e della cooperazione internazionale (cfr CV 61);

la globalizzazione... dinamica fatalista e non occasione per orientare l'umanità nella relazionalità, nella comunione e nella condivisione del sentirsi l'unica famiglia di Dio (cfr CV 42);

i migranti... mera forza lavoro e non persone con diritti inalienabili che vanno rispettati da tutti e in ogni situazione (cfr CV 62);

la crescita demografica... causa di sottosviluppo e non apertura responsabile alla vita nella bellezza della famiglia, cellula vitale della società e del suo sviluppo (cfr CV 44);

la bioetica... predominio sulla vita e non luogo di esercizio della responsabilità dell'uomo nell'accoglienza di Dio e nel fecondo dialogo tra fede e ragione (cfr CV 74);

la crisi... incapace rassegnazione e non occasione di discernimento, di nuova progettualità, di fiduciosa speranza nelle scelte che riguardano sempre più il destino dell'uomo (cfr CV 21).

Impegnarsi per lo sviluppo umano integrale

Il tema prevalente della Caritas in veritate è «lo sviluppo umano integrale» (CV 4) a partire da Dio, Amore e Verità, e approfondito nella continuità con le dinamiche della Populorum progressio di Paolo VI che rifletteva sulle prospettive dello sviluppo dei popoli.

Benedetto XVI afferma di voler «rendere omaggio e tributare onore alla memoria del grande Pontefice Paolo VI» e, collocandosi sulla sua scia, come già fece Giovanni Paolo II con la Sollicitudo rei socialis, giunge a considerare la Populorum progressio come «la Rerum novarum dell'epoca contemporanea» (CV 8).

Dobbiamo a Paolo VI anche la sottolineatura della rilevanza dell'evangelizzazione con l'Evangelii nuntiandi e delle problematiche sociali connesse ai temi legati alla procreazione con l'Humanae vitae.

La Caritas in veritate fa proprie tre prospettive di ampio respiro contenute nell'enciclica di Paolo VI e legate allo sviluppo umano integrale.

La prima prospettiva è che «il mondo soffre per mancanza di pensiero (PP 85)» (CV 53), è necessaria perciò una interdisciplinarietà dei saperi a servizio dello sviluppo umano; la seconda che «Non vi è umanesimo vero se non aperto verso l'Assoluto (PP 42)» (CV 16), il traguardo dello sviluppo di tutto l'uomo e di tutti gli uomini è davanti a noi e sopra di noi; la terza è che all'origine del sottosviluppo c'è «la mancanza di fraternità tra gli uomini e tra i popoli (PP 66)» (CV 19).

Infine, fa notare come anche Paolo VI faceva appello alla carità e alla verità quando invitava ad operare «con tutto il loro cuore e tutta la loro intelligenza» (cfr PP 82)» (CV 8).

S.E. Mons. Mario Toso, Segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, invita a leggere la Caritas in veritate, prima enciclica sociale del Terzo Millennio, per la profonda riflessione sull'attuale momento storico e culturale e perché prospetta «l'esigenza di un nuovo "rinascimento" e di un nuovo umanesimo, previo il recupero della verità sull'uomo, sull'economia, sulla politica, sullo sviluppo, sulla globalizzazione».[3]

Il vero sviluppo umano integrale è impossibile senza uomini retti che si impegnino nella fraternità, nella solidarietà e nella sussidiarietà che privilegiano l'educazione guidata da una visione integrale dell'uomo, per un lavoro "decente" per tutti, nella cooperazione sociale basata sulla convivialità, nell'economia e nella finanza finalizzate al sostegno di un vero sviluppo.

Tale sviluppo globale, secondo il Messaggio per la XLIII Giornata Mondiale della Pace deve prendere una «direzione più rispettosa nei confronti del creato e di uno sviluppo umano integrale, ispirato ai valori propri della carità nella verità... fondato sulla centralità dell'essere umano, sulla promozione e condivisione del bene comune, sulla responsabilità, sulla consapevolezza del necessario cambiamento degli stili di vita e sulla prudenza, virtù che indica gli atti da compiere oggi, in previsione di ciò che può accadere domani».[4]

[1] «La mentalità di oggi infatti, sotto forma di positivismo e di fenomenologismo, ci invita a limitarci al "visibile", al "fenomenico" nel senso più ampio del termine, a estendere l'atteggiamento metodico di fondo, cui le scienze naturali vanno debitrici dei loro successi, alla totalità dei nostri rapporti con la realtà. In quanto tecnica, poi, ci incita ad abbandonarci al fattibile e ad attenderci da esso il terreno solido che ci sostiene. Il primato dell'invisibile sul visibile e del ricevere sul fare contrasta in maniera stridente con tale impostazione di fondo. È appunto questa la causa per cui lo slancio dell'abbandono fiducioso al non-visibile ci risulta oggi così difficile» Joseph Ratzinger, Introduzione al Cristianesimo, Editrice Queriniana, Brescia 200816, p. 67.

[2] Cfr Giampaolo Crepaldi, Introduzione alla lettura dell'enciclica Caritas in veritate, in: Benedetto XVI, Caritas in veritate, Edizioni Cantagalli, Siena 2009, p. 19.

[3] Mario Toso, La speranza dei popoli. Lo sviluppo nella carità e nella verità - L'enciclica sociale di Benedetto XVI letta e commentata, LAS Editrice, Roma 2009, p. 10.

[4] Benedetto XVI, Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato, Messaggio per la XLIII Giornata Mondiale della Pace, 2009, 9.

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Italia


Ostensione eccezionale del Corpo di Sant'Antonio a Padova
Da lunedì 15 a sabato 20 febbraio
ROMA, giovedì, 11 febbraio 2010 (ZENIT.org).- Da lunedì 15 a sabato 20 febbraio prossimi, i fedeli potranno assistere a un'ostensione straordinaria delle spoglie di Sant'Antonio, esposte nella Cappella delle Reliquie della Pontificia Basilica del Santo a Padova.

L'ostensione coincide con la festa liturgica della Traslazione di Sant'Antonio (detta anche Festa della Lingua), che si celebra ogni anno nella Basilica il 15 febbraio. La festa ricorda la prima traslazione del Corpo del Santo, avvenuta l'8 aprile 1263 ad opera di San Bonaventura (che ne ritrovò in quell'occasione la lingua incorrotta), e quella del 15 febbraio 1350, quando la tomba del Santo ebbe la sua definitiva sistemazione nell'attuale Cappella dell'Arca.

La festa pubblica viene celebrata la domenica che segue il 15 febbraio.

Il Corpo di Sant'Antonio sarà ricomposto e visibile in un'urna di vetro dopo 29 anni dall'ultima ricognizione canonica e medico-scientifica, avvenuta nel gennaio 1981, a 750 anni dalla morte del Santo. Seguì allora un'ostensione che si prolungò fino al 1° marzo 1981 e vide affluire nella Basilica circa 650.000 pellegrini.

Domenica 14 febbraio, alle 21.00, l'urna contenente il Corpo del Santo verrà trasferita in forma privata dall'attuale collocazione temporanea alla Cappella delle Reliquie.

Da lunedì 15 a sabato 20 febbraio i fedeli potranno liberamente accedere alla Cappella per venerare le spoglie del Santo durante l'orario di apertura della Basilica (6.15 - 19.00, sabato fino alle ore 20.00).

Sabato 20 avverrà poi la reposizione del Corpo di sant'Antonio, in forma privata, alla Cappella dell'Arca. Il giorno successivo si svolgerà la Festa della Traslazione. I momenti salienti saranno la Messa solenne presieduta dal Delegato Pontificio alle 11.00 e quella delle 17.00, presieduta dal Ministro provinciale dei Frati Minori Conventuali, cui seguirà la tradizionale Processione all'interno della Basilica con la Reliquia del Mento di Sant'Antonio.

In occasione dell'evento, i frati del "Messaggero di Sant'Antonio" hanno predisposto un nuovo sito, http://www.santantonio.org/ostensionedelsanto2010, per facilitare la visita dei pellegrini. Il sito fornisce informazioni in italiano e in inglese, tra cui dati sulla vita del Santo e sulle ricognizioni.

Attraverso il sito, i devoti potranno prenotare on-line l'Attestato del Pellegrino con il timbro commemorativo dell'evento, da ritirare, una volta giunti in Basilica, all'Ufficio Accoglienza nel Chiostro della Magnolia.

Collegandosi in streaming, sarà possibile assistere in diretta, sabato 20 febbraio alle 11.00, alla Santa Messa officiata dai Frati del "Messaggero di Sant'Antonio" e rivolta a tutti gli abbonati, i lettori e gli amici della rivista.

Per ulteriori informazioni, infobasilica@santantonio.org, tel. 049.8789722, fax 049.8789735.

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Il Mistero di Dio nelle persone che soffrono
di Franco Previte*

ROMA, giovedì, 11 febbraio 2010 (ZENIT.org).- Il 13 maggio 1992 il Santo Padre Giovanni Paolo II istituiva la "Giornata Mondiale del Malato", da tenersi ogni anno l'11 febbraio, giorno in cui si ricorda la Beata Maria Vergine di Lourdes.

L'obiettivo di questa "intuizione" era quello di sensibilizzare il cristiano e la società laica alle necessità di "donare" agli infermi una efficiente assistenza.

Papa Wojtyla voleva far capire al credente che il compito che gli spettava era quello di stare sempre vicino a chi soffre, sull'esempio di Maria, la madre di Gesù ai piedi della croce.

Ai nostri giorni molti si interrogano sulla verità del riflesso dell'immagine e della somiglianza di Dio in ogni persona umana, ma è necessario individuare e approfondire, attraverso le vie della ragione e della scienza illuminate dalla fede, questo misterioso riflesso di Dio in coloro che soffrono.

Ma necessita dover sottolineare, non certo in maniera positiva, il comportamento di quanti usano o non usano ed esprimono i loro contenuti in una ipotetica solidarietà, per poi esaurirsi nel giro di una notte!

Da molto tempo siamo di fronte ad una superficiale cultura che sottrae alla ragione il perché si soffre e si muore, ed è necessario affrontare con la logica le motivazioni che ogni persona porta nella propria coscienza, mentre va aumentando il permissivismo smodato e aberrante che dilaga, mortifica e modifica la dimensione etica della vita.

In una società complessa qual è la nostra, è importante chiedersi chi è il nostro prossimo.

Il nostro prossimo è chi ci sta accanto nel nostro vivere quotidiano, è chi incrociamo nelle strade delle nostre città e dei nostri paesi, ma soprattutto colui/ei che soffre e non è gratificato/a di solidarietà.

E' il caso di citare quanto avviene nelle corsie ospedaliere italiane, dove i pazienti, ancor più grave se disabili, in tarda età e in fase terminale, a volte vengono dimessi dalle strutture ospedaliere, senza una adeguata protezione alternativa, per il superiore concetto economico del risparmio perché è "scaduto" quel "quid finanziario" messo a disposizione del malato dal Servizio Sanitario Nazionale. (questa pratica viene regolata dal cosiddetto ‘budget del ricoverato').

Come dire "Sei vecchio e non devi più vivere"! Questa è eutanasia!!

In questi casi vengono violati i diritti della persona, una omissione di soccorso, un illecito perseguibile penalmente.

Pertanto ritengo essenziale che le Autorità Pubbliche adottino opportuna vigilanza, per chiarire questo ipotetico "risparmio" che offende la dignità della persona e nel contempo garantire a ogni cittadino il diritto a continue e specifiche cure fino al compimento naturale della vita terrena.

Di fronte ai richiami del Magistero della Chiesa, del Messaggio del Papa per la 18° Giornata Mondiale del Malato che viene oggi celebrata, innanzi alle gravi considerazioni che in breve ho citato, urge rimuovere e risolvere i problemi di carattere sociale in cui vivono tante famiglie per cause diverse, perché la famiglia deve restare il motore universale della società civile e i suoi componenti in qualsiasi condizione di salute si trovino devono avere una efficiente valida e duratura assistenza come garantisce la Costituzione Italiana.

E' necessario rendersi conto del significato della sofferenza, anche secondo gli insegnamenti di Papa Wojtyla, che è stato il simbolo vivente della sofferenza, i cui richiami avvengono ogni anno nella "Giornata Mondiale del Malato".

E vorrei terminare con le sagge, circonstanziate ed autorevoli parole di Papa Ratzingher nel Messaggio del 3 dicembre 2009: "Mi preme aggiungere che, nell'attuale momento storico-culturale, si avverte anche più l'esigenza di una presenza ecclesiale attenta e capillare accanto ai malati", "a tutela della vita umana in tutte le fasi, dal suo concepimento alla sua fine naturale".

* Franco Previte è il Presidente di Cristiani per servire (http://digilander.libero.it/c\ristianiperservire

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Interviste


Eluana rivive a Viterbo

di Antonio Gaspari

ROMA, giovedì, 11 febbraio 2010 (ZENIT.org).- A un anno dalla morte di Eluana Englaro, sabato 20 febbraio, alle ore 16.30, presso la Sala Regia del Comune di Viterbo (Piazza del Plebiscito) si svolgerà una tavola rotonda sul tema "Libertà o autodeterminazione? La sfida del fine vita".

Promosso dal Movimento per la Vita e dal Centro di Aiuto di Viterbo assieme all'Associazione Scienza & Vita, l'incontro vedrà la partecipazione di monsignor Lorenzo Chiarinelli, Vescovo di Viterbo, con una relazione sugli aspetti etico-morali e pastorali.

Il professor Lucio Romano, docente di Ostetricia e di Bioetica presso l'Università Federico II di Napoli, Presidente Nazionale di Scienza &Vita, interverrà sugli aspetti scientifici e giuridici. I dottori Lucia Bellaspiga e Pino Ciociola, giornalisti e autori del libro "Eluana Englaro, i fatti", tratteranno il ruolo dell'informazione e dei "gruppi di pressione" nella battaglia per introdurre l'eutanasia in Italia.

Il dott. Pierluigi Fornari, giornalista che segue per "Avvenire" i lavori parlamentari sui temi del fine vita e del testamento biologico, aggiornerà invece i presenti sullo stato attuale del dibattito politico e parlamentare.

Sarà proiettato anche un breve audiovisivo con alcune significative testimonianze, tra queste quella di Margherita Coletta, vedova di Giuseppe, carabiniere caduto a Nassirija.

Per approfondire un tema che ancora oggi tiene viva l'attenzione degli italiani, ZENIT ha intervistato il dottor Stefano Aviani Barbacci, Presidente del Movimento per la Vita di Viterbo.

Dopo quanto accaduto alla Englaro, si ha l'impressione che dietro a una richiesta di autodeterminazione ci sia in realtà un tentativo di legittimare forme di eutanasia per persone malate e disabili. Lei cosa ne pensa?

Aviani Barbacci: Temo che l'intento sia proprio questo, magari attraverso passaggi intermedi e il ricorso a un linguaggio dissimulato. Parole come "eutanasia" o "suicidio assistito" non sono ancora tanto spendibili nel dibattito pubblico nel nostro Paese; è tuttavia evidente che si tenta pian piano di accreditare presso l'opinione pubblica quei presupposti ideologici che potrebbero, un domani, legittimarne la sostanza.

Di questi presupposti fa parte, a mio parere, anche una certa idea adulterata di libertà, ridotta a delirio di autoaffermazione individualistica, un'idea che non trova riscontro neppure nel pensiero laico-illuminista. Immanuel Kant, ad esempio, considerato a ragione il "padre dell'Illuminismo", condannava sia il suicidio che l'infanticidio e l'aborto.

Quindi, a mio parere, si mira senz'altro lontano. Ma perché stupirsene? In fondo è quel che vediamo accadere anche in altri Paesi europei come l'Olanda, dove sono state approvate norme che consentono l'eutanasia persino su bambini malati o disabili fino al dodicesimo anno di età.

Quali sono i punti qualificanti per avere una legge sul fine vita autenticamente rispettosa della vita e della dignità umana?

Aviani Barbacci: Il nodo centrale, almeno per me che faccio il medico, è la questione del cibo e dell'acqua, che non possono essere assimilati al concetto di "terapie sproporzionate ed inutili".

Sproporzionate ed inutili rispetto a che cosa? Si fornisce in questo caso ciò di cui l'organismo ordinariamente necessita per conservare le proprie naturali funzioni, e ciò fintanto che sia in grado di trarne un giovamento.

Possono invece essere definiti sproporzionati ed inutili quegli eventuali trattamenti o terapie sperimentali rischiosi e gravosi, che presentano ben poche o nessuna probabilità di migliorare le condizioni di salute di un paziente.

Ma quest'ultimo caso è certamente ben poco frequente nel nostro Paese. A mio parere non ci si rende del tutto conto dei rischi a cui si andrebbe incontro nel momento in cui il supporto nutrizionale fosse erroneamente catalogato come "intervento terapeutico sproporzionato ed inutile".

Quante persone gravemente disabili rischierebbero allora di morire di fame e di sete? Un'iniezione di fenolo parrebbe a quel punto una soluzione ben più pietosa! Ma, come si diceva prima, è proprio all'eutanasia attiva che si mira, solo che per arrivare fin lì si deve procedere un po' per volta.

Qual è il contributo in termini di cultura e di conoscenza che intendete apportare alla comunità di Viterbo con questa tavola rotonda?

Aviani Barbacci: C'è innanzitutto la necessità di una corretta informazione, che a mio parere è mancata nel caso di Eluana Englaro.

Ad esempio, oggi sappiamo, grazie alla documentazione ufficiale ormai disponibile, che il cervello di questa ragazza era di peso e morfologia normali, che i capelli erano neri, che la cute era liscia ed elastica ed il corpo normale, non deperito, e che non vi erano piaghe o decubiti.

Sappiamo anche, dall'apposita scheda di rilevazione dei segni di sofferenza redatta dai sanitari dopo il trasferimento di Eluana da Lecco a Udine, che il respiro si era fatto affannoso e che la ragazza emetteva suoni spontanei (come hanno scritto loro).

Chi può dunque esser certo che non abbia sofferto? Ma sappiamo anche, grazie agli studi di eminenti studiosi come Martin Monti e Steven Laureys, che un gran numero di diagnosi di cosiddetto "coma irreversibile" può essere sbagliato e che i pazienti in stato vegetativo dovrebbero accedere ad una rivalutazione con metodiche più aggiornate, come quelle che prevedono l'esplorazione dello stato di coscienza con ricorso alla Risonanza Magnetica Funzionale per Imaging.

C'è poi l'esigenza di una crescita culturale. Si deve aiutare l'opinione pubblica a comprendere quale sia, al di la di questo o quello specifico caso, la vera posta in gioco. Si vuole davvero che tramonti per sempre un'idea di civiltà fondata sulla speciale dignità di ciascun essere umano? Si vuole davvero archiviare la medicina ippocratica con il suo bagaglio etico e deontologico, come già chiede qualcuno?

Vogliamo tornare davvero ad una logica di darwinismo sociale o biologico? Si vuol tornare al diritto del forte sul debole o del sano sul malato? E chi decide poi quale vita è degna di essere vissuta? Ecco, queste sono le domande che ci poniamo e che intendiamo sottoporre all'attenzione di tutti.

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Benedetto XVI: la Chiesa promuove un mondo che accolga i malati
Omelia nella XVIII Giornata Mondiale del Malato
CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 11 febbraio 2010 (ZENIT.org).- Riportiamo di seguito l'omelia pronunciata da Papa Benedetto XVI durante la Messa celebrata nella Basilica di San Pietro nella XVIII Giornata Mondiale del Malato e nel XXV anniversario della fondazione del Pontificio Consiglio per la Pastorale degli Agenti Sanitari. Durante la celebrazione erano presenti le reliquie di Santa Bernadette Soubirous, testimone delle apparizioni della Madonna a Lourdes, la cui memoria liturgica si celebra questo giovedì.

* * *

 

Signori Cardinali,

venerati Fratelli nell'episcopato,

cari fratelli e sorelle!

I Vangeli, nelle sintetiche descrizioni della breve ma intensa vita pubblica di Gesù, attestano che egli annuncia la Parola e opera guarigioni di malati, segno per eccellenza della vicinanza del Regno di Dio. Ad esempio, Matteo scrive: "Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo" (Mt 4,23; cfr 9,35). La Chiesa, cui è affidato il compito di prolungare nello spazio e nel tempo la missione di Cristo, non può disattendere queste due opere essenziali: evangelizzazione e cura dei malati nel corpo e nello spirito. Dio, infatti, vuole guarire tutto l'uomo e nel Vangelo la guarigione del corpo è segno del risanamento più profondo che è la remissione dei peccati (cfr Mc 2,1-12). Non meraviglia, dunque, che Maria, madre e modello della Chiesa, sia invocata e venerata come "Salus infirmorum", "Salute dei malati". Quale prima e perfetta discepola del suo Figlio, Ella ha sempre mostrato, nell'accompagnare il cammino della Chiesa, una speciale sollecitudine per i sofferenti. Ne danno testimonianza le migliaia di persone che si recano nei santuari mariani per invocare la Madre di Cristo e trovano in lei forza e sollievo. Il racconto evangelico della Visitazione (cfr Lc 1,39-56) ci mostra come la Vergine, dopo l'annuncio dell'Angelo, non tenne per sé il dono ricevuto, ma partì subito per andare ad aiutare l'anziana cugina Elisabetta, che da sei mesi portava in grembo Giovanni. Nel sostegno offerto da Maria a questa parente che vive, in età avanzata, una situazione delicata come la gravidanza, vediamo prefigurata tutta l'azione della Chiesa a sostegno della vita bisognosa di cura.

Il Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute, istituito 25 anni or sono dal Venerabile Giovanni Paolo II, è senza dubbio un'espressione privilegiata di tale sollecitudine. Il pensiero va con riconoscenza al Cardinale Fiorenzo Angelini, primo Presidente del Dicastero e da sempre appassionato animatore di questo ambito di attività ecclesiale; come pure al Cardinale Javier Lozano Barragán, che fino a pochi mesi fa ha dato continuità ed incremento a tale servizio. Con viva cordialità rivolgo, poi, all'attuale Presidente, Mons. Zygmunt Zimowski, che ha assunto tale significativa ed importante eredità, il mio saluto, che estendo a tutti gli officiali ed al personale che in questo quarto di secolo hanno lodevolmente collaborato in tale ufficio della Santa Sede. Desidero, inoltre, salutare le associazioni e gli organismi che curano l'organizzazione della Giornata del Malato, in particolare l'UNITALSI e l'Opera Romana Pellegrinaggi. Il benvenuto più affettuoso va naturalmente a voi, cari malati! Grazie di essere venuti e soprattutto della vostra preghiera, arricchita dall'offerta delle vostre fatiche e sofferenze. E il saluto si dirige poi agli ammalati e ai volontari collegati con noi da Lourdes, Fatima, Częstochowa e dagli altri Santuari mariani, a quanti seguono mediante la radio e la televisione, specialmente dalle case di cura o dalle proprie abitazioni. Il Signore Iddio, che veglia costantemente sui suoi figli, dia a tutti conforto e consolazione.

Due sono i temi principali che presenta oggi la liturgia della Parola: il primo è di carattere mariano e collega il Vangelo e la prima lettura, tratta dal capitolo finale del Libro di Isaia, come pure il Salmo responsoriale, ricavato dal cantico di lode a Giuditta. L'altro tema, che troviamo nel brano della Lettera di Giacomo, è quello della preghiera della Chiesa per i malati e, in particolare, del sacramento a loro riservato. Nella memoria delle apparizioni a Lourdes, luogo prescelto da Maria per manifestare la sua materna sollecitudine per gli infermi, la liturgia riecheggia opportunamente il Magnificat, il cantico della Vergine che esalta le meraviglie di Dio nella storia della salvezza: gli umili e gli indigenti, come tutti coloro che temono Dio, sperimentano la sua misericordia, che ribalta le sorti terrene e dimostra così la santità del Creatore e Redentore. Il Magnificat non è il cantico di coloro ai quali arride la fortuna, che hanno sempre "il vento in poppa"; è piuttosto il ringraziamento di chi conosce i drammi della vita, ma confida nell'opera redentrice di Dio. È un canto che esprime la fede provata di generazioni di uomini e donne che hanno posto in Dio la loro speranza e si sono impegnati in prima persona, come Maria, per essere di aiuto ai fratelli nel bisogno. Nel Magnificat sentiamo la voce di tanti Santi e Sante della carità, penso in particolare a quelli che hanno speso la loro vita tra i malati e i sofferenti, come Camillo de Lellis e Giovanni di Dio, Damiano de Veuster e Benedetto Menni. Chi rimane a lungo vicino alle persone sofferenti, conosce l'angoscia e le lacrime, ma anche il miracolo della gioia, frutto dell'amore.

La maternità della Chiesa è riflesso dell'amore premuroso di Dio, di cui parla il profeta Isaia: "Come una madre consola un figlio, / così io vi consolerò; / a Gerusalemme sarete consolati" (Is 66,13). Una maternità che parla senza parole, che suscita nei cuori la consolazione, una gioia intima, una gioia che paradossalmente convive con il dolore, con la sofferenza. La Chiesa, come Maria, custodisce dentro di sé i drammi dell'uomo e la consolazione di Dio, li tiene insieme, lungo il pellegrinaggio della storia. Attraverso i secoli, la Chiesa mostra i segni dell'amore di Dio, che continua ad operare cose grandi nelle persone umili e semplici. La sofferenza accettata e offerta, la condivisione sincera e gratuita, non sono forse miracoli dell'amore? Il coraggio di affrontare il male disarmati - come Giuditta -, con la sola forza della fede e della speranza nel Signore, non è un miracolo che la grazia di Dio suscita continuamente in tante persone che spendono tempo ed energie per aiutare chi soffre? Per tutto questo noi viviamo una gioia che non dimentica la sofferenza, anzi, la comprende. In questo modo i malati e tutti i sofferenti sono nella Chiesa non solo destinatari di attenzione e di cura, ma prima ancora e soprattutto protagonisti del pellegrinaggio della fede e della speranza, testimoni dei prodigi dell'amore, della gioia pasquale che fiorisce dalla Croce e dalla Risurrezione di Cristo.

Nel brano della Lettera di Giacomo, appena proclamato, l'Apostolo invita ad attendere con costanza la venuta ormai prossima del Signore e, in tale contesto, rivolge una particolare esortazione riguardante i malati. Questa collocazione è molto interessante, perché rispecchia l'azione di Gesù, che guarendo i malati mostrava la vicinanza del Regno di Dio. La malattia è vista nella prospettiva degli ultimi tempi, con il realismo della speranza tipicamente cristiano. "Chi tra voi è nel dolore, preghi; chi è nella gioia, canti inni di lode" (Gc 5,13). Sembra di sentire parole simili di san Paolo, quando invita a vivere ogni cosa in relazione alla radicale novità di Cristo, alla sua morte e risurrezione (cfr 1 Cor 7,29-31). "Chi è malato, chiami presso di sé i presbiteri della Chiesa ed essi preghino su di lui, ungendolo con olio nel nome del Signore. E la preghiera fatta con fede salverà il malato" (Gc 5,14-15). Qui è evidente il prolungamento di Cristo nella sua Chiesa: è ancora Lui che agisce, mediante i presbiteri; è il suo stesso Spirito che opera mediante il segno sacramentale dell'olio; è a Lui che si rivolge la fede, espressa nella preghiera; e, come accadeva alle persone guarite da Gesù, ad ogni malato si può dire: la tua fede, sorretta dalla fede dei fratelli e delle sorelle, ti ha salvato.

Da questo testo, che contiene il fondamento e la prassi del sacramento dell'Unzione dei malati, si ricava al tempo stesso una visione del ruolo dei malati nella Chiesa. Un ruolo attivo nel "provocare", per così dire, la preghiera fatta con fede. "Chi è malato, chiami i presbiteri". In questo Anno Sacerdotale, mi piace sottolineare il legame tra i malati e i sacerdoti, una specie di alleanza, di "complicità" evangelica. Entrambi hanno un compito: il malato deve "chiamare" i presbiteri, e questi devono rispondere, per attirare sull'esperienza della malattia la presenza e l'azione del Risorto e del suo Spirito. E qui possiamo vedere tutta l'importanza della pastorale dei malati, il cui valore è davvero incalcolabile, per il bene immenso che fa in primo luogo al malato e al sacerdote stesso, ma anche ai familiari, ai conoscenti, alla comunità e, attraverso vie ignote e misteriose, a tutta la Chiesa e al mondo. In effetti, quando la Parola di Dio parla di guarigione, di salvezza, di salute del malato, intende questi concetti in senso integrale, non separando mai anima e corpo: un malato guarito dalla preghiera di Cristo, mediante la Chiesa, è una gioia sulla terra e nel cielo, è una primizia di vita eterna.

Cari amici, come ho scritto nell'Enciclica Spe salvi, "la misura dell'umanità si determina essenzialmente nel rapporto con la sofferenza e col sofferente. Questo vale per il singolo come per la società" (n. 30). Istituendo un Dicastero dedicato alla pastorale sanitaria, la Santa Sede ha voluto offrire il proprio contributo anche per promuovere un mondo più capace di accogliere e curare i malati come persone. Ha voluto, infatti, aiutarli a vivere l'esperienza dell'infermità in modo umano, non rinnegandola, ma offrendo ad essa un senso. Vorrei concludere queste riflessioni con un pensiero del Venerabile Papa Giovanni Paolo II, che egli ha testimoniato con la propria vita. Nella Lettera apostolica Salvifici doloris egli ha scritto: "Cristo allo stesso tempo ha insegnato all'uomo a far del bene con la sofferenza e a far del bene a chi soffre. In questo duplice aspetto egli ha svelato fino in fondo il senso della sofferenza" (n. 30). Ci aiuti la Vergine Maria a vivere pienamente questa missione. Amen!

[© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana]

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