domenica 21 marzo 2010

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ZENIT

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Servizio quotidiano - 21 marzo 2010

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Il Papa ai preti pedofili: dovete rispondere davanti a Dio e ai tribunali
Nella Lettera ai cattolici dell'Irlanda

CITTA' DEL VATICANO, domenica, 21 marzo 2010 (ZENIT.org).- Le autorità ecclesiastiche dell'Irlanda dovranno “riparare alle ingiustizie del passato” collaborando con le autorità civili e applicando le norme del diritto canonico. E' quanto scrive il Papa rivolgendosi ai fedeli di questo Paesi in merito agli “atti peccaminosi e criminali” di cui si sono macchiati numerosi sacerdoti e religiosi irlandesi nei confronti di ragazzi e giovani.

Nella Lettera, resa pubblica questo sabato, il Papa esprime il suo profondo turbamento di fronte alla vicenda degli abusi, che ha suscitato “sgomento” e “senso di tradimento” tra i cattolici a causa anche della “risposta spesso inadeguata” della Chiesa irlandese, colpevole di “gravi errori di giudizio”.

Il problema, scrive il Santo Padre, “che non è specifico né dell’Irlanda né della Chiesa”, va affrontato “con coraggio e determinazione” e attraverso un “cammino di guarigione, di rinnovamento e di riparazione”.

“Nessuno si immagini – sottolinea – che questa penosa situazione si risolverà in breve tempo. Positivi passi in avanti sono stati fatti, ma molto di più resta da fare. C’è bisogno di perseveranza e di preghiera, con grande fiducia nella forza risanatrice della grazia di Dio”.

Innanzitutto la Chiesa in Irlanda dovrà riconoscere “davanti al Signore e davanti agli altri, i gravi peccati commessi contro ragazzi indifesi”.

Proponendo poi alcune iniziative concrete per affrontare la situazione, il Papa invita tutti a dedicare le penitenze del venerdì, per un intero anno, in riparazione dei peccati di abuso, a riscoprire la Confessione e l’adorazione eucaristica; annuncia quindi una prossima Visita apostolica in alcune diocesi dell’Irlanda, come pure in seminari e congregazioni religiose, e propone una Missione a livello nazionale per tutti i Vescovi, i sacerdoti e i religiosi.

Tra i fattori all'origine di questi scandali, il Papa indica le “procedure inadeguate per determinare l’idoneità dei candidati al sacerdozio e alla vita religiosa”; e una “insufficiente formazione umana, morale, intellettuale e spirituale nei seminari e nei noviziati”.

E ancora “una tendenza nella società a favorire il clero e altre figure in autorità e una preoccupazione fuori luogo per il buon nome della Chiesa e per evitare gli scandali, che hanno portato come risultato alla mancata applicazione delle pene canoniche in vigore e alla mancata tutela della dignità di ogni persona”.

“Avete sofferto tremendamente – scrive il Santo Padre rivolgendosi direttamente alle vittime degli abusi – e io ne sono veramente dispiaciuto. So che nulla può cancellare il male che avete sopportato”.

“È stata tradita la vostra fiducia – continua –, e la vostra dignità è stata violata. Molti di voi avete sperimentato che, quando eravate sufficientemente coraggiosi per parlare di quanto vi era accaduto, nessuno vi ascoltava”.

“Quelli di voi che avete subito abusi nei convitti dovete aver percepito che non vi era modo di fuggire dalle vostre sofferenze. È comprensibile che voi troviate difficile perdonare o essere riconciliati con la Chiesa”.

“A suo nome esprimo apertamente la vergogna e il rimorso che tutti proviamo. Allo stesso tempo vi chiedo di non perdere la speranza”, sottolinea il Papa.

“Prego che, avvicinandovi a Cristo e partecipando alla vita della sua Chiesa – una Chiesa purificata dalla penitenza e rinnovata nella carità pastorale – possiate arrivare a riscoprire l’infinito amore di Cristo per ciascuno di voi. Sono fiducioso che in questo modo sarete capaci di trovare riconciliazione, profonda guarigione interiore e pace”.

Rivolgendosi invece ai sacerdoti e ai religiosi che hanno abusato dei ragazzi, scrive: “Avete tradito la fiducia riposta in voi da giovani innocenti e dai loro genitori. Dovete rispondere di ciò davanti a Dio onnipotente, come pure davanti a tribunali debitamente costituiti. Avete perso la stima della gente dell’Irlanda e rovesciato vergogna e disonore sui vostri confratelli”.

“Riconoscete apertamente la vostra colpa”, continua il Pontefice, “sottomettetevi alle esigenze della giustizia, ma non disperate della misericordia di Dio”.

A quei sacerdoti e religiosi dell’Irlanda, che si sentono “delusi, sconcertati e adirati per il modo in cui queste questioni sono state affrontate” dai superiori e “personalmente scoraggiati e anche abbandonati” scrive: “In questo tempo di sofferenza [...] vi invito a riaffermare la vostra fede in Cristo, il vostro amore verso la sua Chiesa [...] In questo modo, dimostrerete a tutti che dove abbonda il peccato, sovrabbonda la grazia”.

Parlando poi ai genitori il Papa assicura che la Chiesa “continua a mettere in pratica le misure adottate negli ultimi anni per tutelare i giovani negli ambienti parrocchiali ed educativi”; mentre invita i giovani dell’Irlanda ad avere fiducia nonostante lo scandalo “per i peccati e i fallimenti di alcuni membri della Chiesa”.

Rivolgendosi infine ai Vescovi, il Papa afferma: “Non si può negare che alcuni di voi e dei vostri predecessori avete mancato, a volte gravemente, nell’applicare le norme del diritto canonico codificate da lungo tempo circa i crimini di abusi di ragazzi”.

“Seri errori furono commessi nel trattare le accuse – sottolinea –. Capisco quanto era difficile afferrare l’estensione e la complessità del problema, ottenere informazioni affidabili e prendere decisioni giuste alla luce di consigli divergenti di esperti. Ciononostante, si deve ammettere che furono commessi gravi errori di giudizio e che si sono verificate mancanze di governo”.

“Tutto questo ha seriamente minato la vostra credibilità ed efficacia – aggiunge –. Apprezzo gli sforzi che avete fatto per porre rimedio agli errori del passato e per assicurare che non si ripetano” e ribadisce “soltanto un’azione decisa portata avanti con piena onestà e trasparenza potranno ripristinare il rispetto e il benvolere degli Irlandesi verso la Chiesa”.

Benedetto XVI conclude la Lettera con una speciale Preghiera per la Chiesa in Irlanda, pensata “con l’affetto di un cristiano come voi, scandalizzato e ferito per quanto è accaduto nella nostra amata Chiesa”.

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Benedetto XVI, da sempre contro la cultura del silenzio
Il portavoce vaticano illustra la Lettera del Papa ai cattolici irlandesi

CITTA' DEL VATICANO, domenica, 21 marzo 2010 (ZENIT.org).- Sui casi degli abusi da parte dei sacerdoti Benedetto XVI si è sempre impegnato contro la cultura del silenzio, ha affermato sabato il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi S.I., nel briefing di presentazione ai giornalisti della lettera del Papa ai cattolici di Irlanda.

“Verità”, “consapevolezza”, “dolore”, “conversione”, “impegno”: sono queste le parole chiave con cui il portavoce vaticano ha illustrato il documento.

“E’ un documento che non cerca scusanti, onesto, sincero - ha spiegato padre Lombardi -. La lettera pastorale rimane molto onestamente e lealmente concentrata sulla Chiesa, sulle responsabilità dei membri della Chiesa, sulle sofferenze fatte agli altri e non vuole scaricare altrove la problematica”.
 
Il sacerdote gesuita ha poi ricordato che prima di pubblicare questa Lettera il Papa si è documentato sui rapporti irlandesi Ryan e Murphy , incontrando anche i Vescovi del Paese.

Per questo motivo, ha detto, “il Papa non pensa che sia una cosa semplice e rapida, dice: ‘Questo è solo un passo di un lungo cammino’”.
 
Rispondendo alle domande dei giornalisti, padre Lombardi ha quindi evidenziato l’impegno del Papa contro la pedofilia nella Chiesa e contro la “cultura del silenzio” fin da quando era Cardinale.

“Chi conosce la situazione e conosce anche il compito svolto dal Papa – ha detto il portavoce –, trova che il Papa sia un testimone della ricerca di coerenza e di chiarezza e che anche tutto il suo tempo alla Congregazione per la Dottrina della Fede sia stato un tempo non di copertura o di nascondimento delle questioni ma di sempre più deciso impegno per il chiarimento e l’intervento”.
 
La Lettera, ha chiarito il direttore della Sala Stampa, è un documento pastorale e dunque “è chiaro che in essa non si parla delle decisioni relative a eventuali dimissioni di presuli, che competono al Papa e alla Congregazione per i Vescovi”.

Inoltre, ha evidenziato come la situazione della Chiesa in Germania si differenzi da quella irlandese: “Nella lettera il Papa affronta il problema in generale, ma anche nel contesto specifico dell’Irlanda, che è diverso da quello tedesco”.

Padre Lombardi ha poi ribadito che i membri della Chiesa sono chiamati a rispettare le leggi dei Paesi in cui vivono e a collaborare con le autorità civili.

La Chiesa, ha proseguito, si propone come un’autorità morale e dunque questi crimini sono ancor più gravi se commessi da esponenti ecclesiali.

Sempre in occasione del briefing, il portavoce vaticano ha anche annunciato l'apertura di una nuova sezione all'interno del sito www.vatican.va, che raccoglie diversi documenti pontifici per un approfondimento della vicenda e una traduzione inglese della Crimen sollicitationis.

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Il Papa: intransigenti con il peccato e indulgenti con le persone
Nel meditare prima dell'Angelus sul racconto evangelico dell'adultera
CITTA' DEL VATICANO, domenica, 21 marzo 2010 (ZENIT.org).- “Impariamo ad essere intransigenti con il peccato - a partire dal nostro! - e indulgenti con le persone”. Lo ha detto questa domenica Benedetto XVI prima della tradizionale preghiera dell'Angelus recitata con i fedeli giunti in piazza San Pietro.

Nella sua riflessione il Papa è partito dal brano evangelico sulla donna adultera proposto dalla liturgia odierna.

“Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei” così – ha ricordato il Santo Padre - disse Gesù agli scribi e farisei che volevano lapidare la donna, secondo quanto prescritto dalla legge mosaica.

“Queste parole – ha osservato il Papa – sono piene della forza disarmante della verità, che abbatte il muro dell’ipocrisia e apre le coscienze ad una giustizia più grande, quella dell’amore, in cui consiste il pieno compimento di ogni precetto”.

“Dalle parole di Gesù – ha continuato – dipende la vita di quella persona, ma anche la sua stessa vita”, perché in realtà “quegli uomini chiedono a Gesù di giudicare la peccatrice con lo scopo di ‘metterlo alla prova’ e di spingerlo a fare un passo falso”.

Gesù però “sa cosa c’è nel cuore di ogni uomo, vuole condannare il peccato, ma salvare il peccatore, e smascherare l’ipocrisia”.

Infatti, ha osservato il Santo Padre, “Gesù, assolvendo la donna dal suo peccato, la introduce in una nuova vita, orientata al bene. ‘Neanch’io ti condanno; - le dice – va e d’ora in poi non peccare più”.

“Cari amici – ha poi concluso –, impariamo dal Signore Gesù a non giudicare e a non condannare il prossimo. Impariamo ad essere intransigenti con il peccato - a partire dal nostro! - e indulgenti con le persone. Ci aiuti in questo la santa Madre di Dio che, esente da ogni colpa, è mediatrice di grazia per ogni peccatore pentito”.

Dopo la recita dell’Angelus, Benedetto XVI ha ricordato che la prossima Domenica delle Palme ricorrerà il 25° anniversario delle Giornate mondiali delle Gioventù, volute da Giovanni Paolo II.

Per festeggiare l’evento, i giovani di Roma e del Lazio converranno giovedì a partire dalle 19:00 in piazza San Pietro per festeggiare insieme.

“Vi aspetto numerosi”, ha detto loro il Pontefice.

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Il Vaticano su Twitter
Inaugurata anche una nuova pagina dedicata all'attualità
CITTA' DEL VATICANO, domenica, 21 marzo 2010 (ZENIT.org).- Questo sabato il Vaticano è sbarcato sulla piattaforma di socializzazione “Twitter” ed ha inaugurato una nuova pagina web www.resources.va, sulla quale offrirà informazioni multimediali su questioni di attualità.

Il Vaticano sarà presente su Twitter attraverso sei canali, uno per ciascuna lingua. Quello in italiano è “news_va_it”.

Twitter, che in inglese significa “cinguettio”, è un servizio gratuito di microblogging che consente agli utenti di inviare o ricevere attraverso un computer o uno smartphone brevi messaggi, denominati “tweets”, di una lunghezza massima di 140 caratteri.

Oltre all'italiano, sono presenti in canali in inglese (“news_va_en”), spagnolo (“news_va_es”), francese (“news_va_fr”), tedesco (“news_va_de”), e portoghese (“news_va_pt”).

Attraverso questi canali su Twitter, la Radio Vaticana e gli altri media della Santa Sede informeranno sulla pubblicazione di notizie e contenuti multimediali di particolare rilievo per la vita della Chiesa.

Inoltre, in occasione della pubblicazione della Lettera pastorale di Benedetto XVI ai cattolici delll'Irlanda, il Vaticano ha lanciato una nuova pagina web (www.resources.va), nella quale pubblicherà integralmente documenti, video e audio riguardanti il magistero del Santo Padre sugli abusi sessuali perpetrati da sacerdoti.

Da più di un anno, il Vaticano conta anche un canale su Youtube (www.youtube.com/vatican) in quattro lingue.





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Per il Burkina Faso e il Niger, un "nuovo slancio missionario"
Udienza di Benedetto XVI ai Vescovi di questi paesi africani

CITTA' DEL VATICANO, domenica, 21 marzo 2010 (ZENIT.org).- Un nuovo “slancio missionario” per il Burkina Faso e per il Niger, perché “il messaggio evangelico sia pienamente accolto e fedelmente vissuto”. E' quanto ha auspicato questo sabato Benedetto XVI nel ricevere in udienza in Vaticano i presuli di questi paesi, in occasione della loro visita “ad limina Apostolorum”.

“La fede – ha affermato il Santo Padre – ha sempre bisogno di consolidare la sue radici per non ritornare a pratiche antiche o incompatibili con la sequela di Cristo e per resistere agli appelli di un mondo a volte ostile all'ideale evangelico”.

Il Papa ha quindi espresso parole di apprezzamento per gli sforzi compiuti in vista di “una sana inculturazione della fede”: “Vegliate affinché proseguano grazie al lavoro di persone competenti, nel rispetto delle norme e facendo riferimento alle strutture adeguate”.

Benedetto XVI è poi tornato con il pensiero alla recente Assemblea sinodale per l’Africa tenutasi a Roma lo scorso ottobre e incentrata sulle sfide della riconciliazione, della giustizia e della pace nel Continente nero.

“Mi rallegro di sapere che nelle vostre diocesi la Chiesa continua, in diversi modi, la lotta contro i mali che impediscono alle popolazioni di giungere a un autentico sviluppo”, ha detto incoraggiandoli a promuovere quella “solidarietà radicata nell’amore di Dio” ben dimostrata in occasione delle alluvioni che hanno colpito a settembre il Burkina Faso e del recente terremoto di Haiti.

Nel suo discorso il Santo Padre si è quindi soffermato a riflettere sulla “grandezza del sacerdozio” ed ha auspicato che l’Anno sacerdotale in corso contribuisca a “promuovere un rinnovamento interiore nella vita dei preti, affinché il loro ministero sia sempre più intenso e fecondo”.

“Il sacerdote è innanzitutto un uomo di Dio – ha sottolineato – che cerca di rispondere con sempre più coerenza alla sua vocazione e alla sua missione al servizio dei fedeli a lui affidati e che deve guidare verso Dio”.

Per questo, Benedetto XVI ha evidenziato la necessità di una “formazione solida” e di un tempo di “approfondimento della vita sacerdotale al fine di evitare di cadere nell'attivismo”.

Successivamente ha auspicato una formazione attenta anche di catechisti, laici e giovani, così che sviluppino una fede solida, “espressa nella pratica abituale della carità e sostenuta da una comunità viva”; e un’attenzione particolare per “le élite politiche ed intellettuali, che si devono spesso confrontare con ideologie opposte a una concezione cristiana dell'uomo e della società”.

Infine, Benedetto XVI ha lodato “il bel clima che normalmente esiste nelle relazioni interreligiose” ed ha ribadito l’importanza di insegnare ai giovani “i valori fondamentali del rispetto e della fraternità” che favoriscono “la comprensione reciproca”.

Dal suo canto, nell'indirizzo di saluto al Papa, il Presidente della Conferenza episcopale del Burkina Faso-Niger, monsignor Séraphin François Rouamba, ha detto: “In Niger notiamo anche con soddisfazione e orgoglio la considerazione e il posto conferiti alla Chiesa nonostante l'esiguo numero di cristiani”.

Il presule ha quindi ringraziato il Papa per “lo sguardo di speranza” che ha voluto rivolgere all'Africa in occasione del viaggio apostolico compiuto un anno fa, e per “il cammino di luce e di verità che ha coraggiosamente aperto a noi e a tutti gli uomini di buona volontà”.

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Riunione in Vaticano sulla Chiesa cattolica in Cina
Si svolgerà dal 22 al 24 marzo

ROMA, domenica, 21 marzo 2010 (ZENIT.org).- Dal 22 al 24 marzo prossimi si riunirà, in Vaticano, la Commissione che Benedetto XVI ha istituito nel 2007 per studiare le questioni di maggiore importanza relative alla vita della Chiesa cattolica in Cina.

Lo ha riferito sabato una nota della Sala Stampa della Santa Sede.

La Commissione è formata dai superiori dei Dicasteri della Curia Romana, che sono competenti in materia, e da alcuni rappresentanti dell'episcopato cinese e di congregazioni religiose.

La prima riunione plenaria, svoltasi nei giorni dal 10 al 12 marzo 2008, ebbe come tema la lettera che il Papa aveva indirizzato ai cattolici cinesi il 27 maggio 2007.

Durante i lavori venne esaminata l'accoglienza che era stata riservata al documento pontificio all'interno e al di fuori della Cina. Si fece anche una riflessione sui principi teologici ispiratori della lettera, al fine di cogliere le prospettive che da essi nascono per la comunità cattolica in Cina.

Nella seconda riunione plenaria - svoltasi dal 30 marzo al 1° aprile 2009 - si prese in esame il tema della formazione umana, intellettuale, spirituale e pastorale dei seminaristi e delle persone consacrate, nonché quello della formazione permanente dei sacerdoti.

Nella prossima riunione plenaria si continuerà ad approfondire il tema della formazione, affinché in Cina, come nel resto del mondo, l'opera dei sacerdoti e delle persone consacrate aiuti la Chiesa a incarnare il Vangelo e a darne testimonianza, anche di fronte alle sfide poste dall'evoluzione delle condizioni sociali e culturali.

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Notizie dal mondo


Il Card. Brady: "una giornata veramente storica per i cattolici dell'Irlanda"
Nel commentare la Lettera pastorale del Papa sugli abusi commessi da sacerdoti

CITTA' DEL VATICANO, domenica, 21 marzo 2010 (ZENIT.org).- “Una giornata veramente storica per i cattolici dell'Irlanda”: così il Cardinale Séan Brady, Arcivescovo di Armagh e presidente della Conferenza Episcopale Irlandese, ha commentato la Lettera pastorale di Benedetto XVI ai fedeli di questo paese circa gli abusi sessuali sui minori perpetrati da sacerdoti.

Al termine della messa celebrata questo sabato nella Cattedrale di Saint Patrick ad Armagh, in Irlanda del Nord, il porporato ha detto: ''Sono profondamente grato al Santo Padre per la sua profonda gentilezza e la sua preoccupazione”.

“E' evidente in questa Lettera pastorale – ha continuato – che Papa Benedetto prova un profondo sgomento per ciò che definisce 'atti peccaminosi e criminali e del modo in cui le autorità della Chiesa in Irlanda li hanno affrontati'”.

“Il Santo Padre – ha aggiunto il Primate d'Irlanda – ci chiama ad affrontare il futuro con coraggio e determinazione. Nessuno immagina che la dolorosa situazione attuale verrà risolta rapidamente. Tuttavia con perseveranza, preghiera e collaborazione nell'unità, sostiene il Santo Padre, possiamo essere fiduciosi che la Chiesa in Irlanda sperimenterà una stagione di rinascita e rinnovamento spirituale”.

“Un aspetto centrale di questo rinnovamento – ha commentato il Cardinale – è che i fedeli svolgano un ruolo pieno nella vita della Chiesa”.

Come già fatto da Benedetto XVI in occasione dell'ultima Udienza generale, per la festa di San Patrizione, il porporato ha invitato i fedeli a leggere questa Lettera – che verrà recitata questa domenica durante la Messa in tutte le parrocchie dell'Irlanda – “con un cuore aperto e in uno spirito di fede”.

E rivolgendosi in particolare agli operatori della comunicazione ha quindi aggiunto: “La Lettera pastorale non è altro che uno dei molti passi sulla via della guarigione, del pentimento e del rinnovamento. Vi auguro che riusciate bene nel vostro lavoro di comunicare questo speciale messaggio di importanza nazionale e internazionale”.

“Preghieamo – ha quindi concluso – che la Lettera pastorale del Santo Padre sia l'inizio di una grande stagione di rinascita e speranza nella Chiesa irlandese, sotto la protezione della Beata Vergine Maria”.

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Analisi


Pena di morte in calo
Un recente incontro sprona gli abolizionisti

di padre John Flynn, LC


ROMA, domenica, 21 marzo 2010 (ZENIT.org).- È in atto, nel mondo, un progressivo allontanamento dalla pena di morte, secondo i partecipanti ad un recente congresso. Gli attivisti contrari alla pena di morte si sono incontrati, dal 24 al 26 febbraio, a Ginevra, in Svizzera, nell’ambito del Congresso mondiale contro la pena di morte.

“È in atto una nuova tendenza contro la pena di morte, che è una novità per il mondo”, ha detto Mario Marazziti, portavoce della comunità di Sant’Egidio, alla Reuters, secondo un servizio pubblicato il primo giorno dell’assise.

Dai dati esposti da Marazziti e riportati dalla Reuters, 26 Paesi continuano a eseguire condanne a morte, mentre 141 non ne fanno più ricorso, 93 dei quali l’hanno abolita del tutto.

La Comunità di Sant’Egidio ha un sito Internet dedicato a promuovere l’abolizione della pena di morte, su cui sono pubblicati alcuni commenti di Marazziti al congresso.

Il 25 febbraio sono stati resi noti alcuni dettagli sul congresso e sull’uso della pena di morte.

Più di mille tra attivisti ed esperti hanno partecipato all’incontro e hanno ascoltato i dati illustrati da Amnesty International, secondo cui, nel 2008 sono state eseguite 2.390 condanne a morte.

I Paesi con le maggiori esecuzioni, nel 2008, sono Cina (1.718), Iran (346), Arabia saudita (102), Stati Uniti (37), Pakistan (36), Iraq (34), Vietnam (19), Afghanistan (17), e Corea del Nord e Giappone (15 ciascuno).

Possono sembrare cifre elevate, ha notato Marazziti, ma si tratta di un notevole progresso nella riduzione del numero dei Paesi che fanno ancora uso della pena capitale. Infatti, negli anni ’70, solo 23 Paesi avevano già abolito la pena di morte, abrogandola dai propri ordinamenti o cessando di ricorrervi, ha osservato.

Oggi invece sono circa 140 i Paesi senza pena di morte, ha sottolineato. Il numero esatto è un po’ incerto, poiché talune organizzazioni sospettano che in uno o due Paesi vi siano state sporadiche esecuzioni effettuate in segreto.

Riconciliazione

Tra le recenti conquiste contro la pena di morte, Marazziti ha sottolineato i casi di Cambogia, Ruanda e Burundi: “tre Paesi che hanno veramente sofferto degli ultimi tre grandi genocidi della storia contemporanea e che sentono che solo eliminando la pena di morte è possibile avviare un processo di riconciliazione nelle loro società. Diversamente, la vendetta e la sete di vendetta non finirà mai”.

L’abolizione della pena capitale in questi Paesi “ha un significato altamente simbolico, che può rappresentare una risposta a quei Paesi che dicono: 'abbiamo un alto livello di violenza e per questo abbiamo bisogno della pena di morte'”, ha osservato Marazziti.

Durante il congresso è stata proposta un’iniziativa diretta ad ottenere una moratoria di fatto sull’uso della pena di morte per il 2015. Questo è stato proposto come un passo verso l’abolizione totale.

L’anno 2015 coincide con la scadenza fissata nel 2000 dai Paesi dell’ONU nell’ambito degli Obiettivi di sviluppo del millennio, che stabiliscono degli obiettivi per la riduzione della fame, della povertà e della malattia e per migliorare l’istruzione e la salute.

Il 26 Marazziti ha pubblicato una sintesi del suo intervento di Ginevra. La pena di morte non è un deterrente efficace contro il crimine, ha sostenuto, perché si basa sulla legittimazione della cultura della morte. Egli ha anche affermato che è spesso accompagnata da discriminazione sociale, razziale ed etnica, e che gli errori giudiziari creano nuove vittime.

Errori giudiziari

Marazziti ha osservato che la pena di morte non incide in modo soddisfacente per le famiglie che hanno subito i crimini. La giustizia che ne risulta è distorta dal senso di vendetta e di ritorsione. Egli ha descritto la pena di morte come “uno strumento di giustizia proprio di uno stato infantile e primitivo di umanità, basato più sull’istinto”.

Marazziti ha osservato che molti dei partecipanti al congresso hanno riferito della necessità di generare un cambiamento nell’opinione pubblica in quei Paesi in cui la pena di morte è ancora praticata. Per fare questo occorre trovare più alleati e anche nuovi modi di comunicare il messaggio degli abolizionisti.

Spesso, nei Paesi in cui la pena di morte è in uso, vi è uno scarso dibattito sulla questione, ha sostenuto Marazziti. Inoltre, vi è un certo grado di ignoranza sulle questioni relative ai reati e all’uso della pena capitale.

Buona parte dell’attenzione dei media è dedicata alla pratica della pena di morte negli Stati Uniti. Anche lì essa è in declino, secondo un rapporto pubblicato alla fine del 2009 dall’organizzazione Death Penalty Information Center.

Il rapporto osserva che le sentenze di condanna a morte hanno continuato a diminuire nel 2009. Infatti, lo scorso hanno ha visto il numero più basso di condanne a morte sin dalla reintroduzione della pena capitale nel 1976.

Il culmine del ricorso alla pena di morte è stato toccato nel 1994, con un totale di 328. Nel 2009 il numero era sceso a 106, dopo sette anni di continua riduzione. Il maggior calo si è registrato nel Texas e nella Virginia, due Stati capofila nell’uso della pena di morte, osserva il rapporto.

Calo negli USA

Durante gli anni ’90 il Texas ha avuto in media 34 condanne a morte l’anno, mentre la Virginia 6. Nel 2009 il Texas era sceso a 9 sentenze, mentre la Virginia a 1.

Nell’insieme, nel 2009, in 11 Stati sono state prese in esame proposte legislative per l’abolizione della pena di morte. Il New Mexico è diventato il 15° Stato ad aver posto fine alla pena di morte, con la firma, da parte del governatore Bill Richardson, della legge a marzo. L’assemblea legislativa del Connecticut ha votato per l’abolizione della pena capitale, ma il governatore ha posto il veto al disegno di legge. Nel Colorado e nel Montana, le rispettive proposte di legge dirette ad abrogare la pena di morte sono state approvate da una Camera, mentre nel Maryland hanno sfiorato l’approvazione, secondo il rapporto.

Tra i fattori che vanno contro la pena di morte vi è quello dei costi, a cui gli Stati sono piuttosto sensibili. “Le elevate spese, con nessun beneficio misurabile sono state spesso citate nei dibattiti parlamentari sulla pena di morte”, osserva il rapporto.

Mentre il numero delle sentenze è diminuito, la quantità delle esecuzioni è aumentata nel 2009 rispetto all’anno precedente. Secondo il rapporto, questo è dovuto in parte a causa della moratoria de facto delle esecuzioni per quattro mesi nel 2008, mentre la Corte suprema analizzava la questione della legalità delle iniezioni letali.

Di conseguenza, nel 2009 vi sono state 53 esecuzioni. Questo numero risulta inferiore del 47% rispetto al decennio precedente. Solo 11 dei 35 Stati in cui vige la pena di morte hanno portato a termine un’esecuzione nel 2009. L'87% delle esecuzioni sono state effettuate nel Sud, mentre più della metà di queste si sono svolte nel Texas.

Il rapporto osserva inoltre che nove uomini che erano stati condannati a morte sono stati esonerati e liberati nel 2009, il secondo numero più alto di esonerati sin dalla reintroduzione della pena di morte.

Giustizia e perdono

Poco prima del congresso di Ginevra sono giunte buone notizie dal più grande esecutore di penda di morte: la Cina. L’alta corte cinese, la Corte suprema popolare, ha istruito i tribunali ad usare una politica di “giustizia contemperata dal perdono”, secondo l’Associated Press del 10 febbraio.

Le nuove linee guida richiedono alle corti di limitare l’uso della pena di morte a un numero assai esiguo di casi estremamente gravi.

Ciò nonostante, la battaglia continua, come dimostrano alcune notizie pervenute dalla Corea del Sud. Secondo un servizio del 25 febbraio di UCA News, la Corte costituzionale del Paese ha decretato che la pena di morte è giuridicamente legittima.

Cinque dei nove giudici della Corte costituzionale hanno sostenuto la pena di morte, mentre gli altri quattro sostenevano che fosse incostituzionale.

Il Vescovo Boniface Choi Ki-san, presidente della Commissione per la giustizia e la pace della Conferenza episcopale, ha detto a UCA News di sperare che il governo non utilizzi la decisione per tornare a usare la pena di morte. Non ve n’è stata una in tutto il Paese negli ultimi 12 anni.

“Attualmente la Corea del Sud è considerata di fatto tra i Paesi abolizionisti”, ha affermato il Vescovo. “Il governo non dovrebbe riprendere le esecuzioni dopo la decisione della corte”. Mentre la campagna contro la pena di morte ha riscosso notevole successo, la battaglia è ben lungi dall’essere conclusa.



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Italia


Biotecnologie vegetali tra prudenza e diritto
Convegno all'Ateneo Pontificio "Regina Apostolorum"
di Antonio Gaspari

ROMA, domenica, 21 marzo 2010 (ZENIT.org).- Si è svolto giovedì 18 marzo a Roma il convegno sul tema "Biotecnologie tra sviluppo, bioetica e diritto" organizzato dall'Ufficio per la pastorale universitaria del Vicariato di Roma in collaborazione con l'Università Europea di Roma (UER).

Presentando il convegno padre Paolo Scarafoni, Rettore della UER, ha spiegato che la Chiesa cattolica è molto attenta a tutto ciò che riguarda le persone, il loro sviluppo e la loro alimentazione.

Citando la lettera Enciclica Caritas in veritate, padre Scarafoni ha ricordato che il Pontefice, nel capitolo dedicato alla crisi alimentare mondiale, ha scritto che "potrebbe risultare utile considerare le nuove frontiere che vengono aperte da un corretto impiego delle tecniche di produzione agricola tradizionali e di quelle innovative, supposto che esse siano state dopo adeguata verifica riconosciute opportune, rispettose dell'ambiente e attente alle popolazioni più svantaggiate".

"Le biotecnologie vegetali - ha precisato il Rettore della UER - si collocano tra profitto e carità e possono essere una speranza tecnologica per lo sviluppo dei popoli".

La UER - ha ricordato poi - e prima ancora l'Ateneo Pontificio "Regina Apostolorum" hanno sollevato la discussione sulle biotecnologie vegetali già dieci anni fa nella prima edizione del Master di Scienze Ambientali.

Monsignor Lorenzo Leuzzi, Direttore della Pastorale Universitaria del Vicariato di Roma, ha illustrato come tale convegno si collochi nel programma della settimana culturale dedicata alla scienza e alla tecnologia (dal 14 al 21 marzo) e miri ad approfondire il rapporto tra metodo e verità scientifica, tra natura e cultura.

Per monsignor Leuzzi bisogna considerare con raziocinio e saggezza le implicazioni della variazioni genetiche in agricoltura, senza tralasciare il piano antropologico e quello culturale.

Il prof. Alberto Gambino, coordinatore del centro Dipartimentale per la Ricerca della UER, ha affermato che il convegno in oggetto è una dimostrazione di quanto siano libere e aperte di vedute le Università di ispirazione cristiana come la UER.

Il prof. Francesco Sala, ordinario di Botanica e direttore dell'Orto Botanico presso l'Università degli studi di Milano, ha risposto ai tanti dubbi che sono stati sollevati circa l'utilizzazione di piante geneticamente migliorate (Gm).

Ha spiegato come prima del 1999, quando tutti gli studi e le sperimentazioni sono state bloccate, i ricercatori italiani erano tra i migliori al mondo.

Tra le piante Gm di ideazione italiana figura il pomodoro San Marzano che ormai quasi distrutto dai parassiti era stato ingegnerizzato e pronto alla nuova produzione.

Il prof. Sala ha dimostrato come sia dal punto di vista scientifico che da quello sanitario, le piante Gm siano migliori di quelle tradizionali.

Un risultato riconosciuto anche dalla Unione europea, la quale pur essendo notoriamente critica, ha condotto uno studio dal 1986 fino al 2001, finanziato con 70 milioni di euro, con 400 centri di ricerca pubblica coinvolti, i cui risultati affermano che "le piante Gm sono pari se non migliori di quelle tradizionali".

Il prof. Giuliano D'Agnolo, già Direttore del Dipartimento di Biologia Cellulare e Neuroscienze dell'Istituto Superiore di Sanità e attuale vice presidente del Comitato Nazionale per la Biosicurezza, le Biotecnologie e le Scienze della Vita, ha mostrato gli enormi avanzamenti apportati dalle biotecnologie nel campo della medicina.

Sono attualmente presenti nel mercato più di 230 farmaci sviluppati per via biotecnologica, dalla produzione dell'insulina fino ai nuovi farmaci anti tumorali.

La ricerca sui geni ha fatto compiere passi da gigante alla conoscenza scientifica, anche se persistono molti luoghi comuni e cattive percezioni di tale ricerca.

Il prof. D'Agnolo ha infatti sconsigliato di prestarsi all'analisi del proprio genoma con l'idea di conoscere a quale malattie si è predisposti, perchè sul piano della realtà non è affatto verificato che le predisposizioni diventino malattie.

Il prof. Giuseppe Bertoni, Direttore dell'Istituto di Zootecnia presso l'Università Cattolica di Piacenza, ha mostrato quanto sia necessario sviluppare piante geneticamente selezionate al fine di aumentare e migliorare la produzione e ridurre la superficie utilizzata.

Il docente della Cattolica di Piacenza ha ricordato che su una superficie delle terre emerse: di 148.647.000 kmq, solo l'11,5% del totale è coltivata.

Dalla terra coltivata e da quella destinata agli allevamenti l'umanità produce una quantità tale di derrate alimentari che sfamano la quasi totalità (sei miliardi e 500 milioni) delle persone che popolano il pianeta Terra.

Nel 2025 le proiezioni prevedono una popolazione mondiale di 8 miliardi di persone. A questo proposito, il prof. Bertoni ha spiegato che non sarà possibile scegliere sistemi di produzioni arretrati o biologici, perchè questo significherebbe utilizzare almeno la metà della superficie emersa, tagliando boschi ed erodendo terreni.

Bertoni ha spiegato anche come con le piante Gm aumenti la disponibilità e diminuisca il prezzo.

Padre Gonzalo Miranda, ordinario di Bioetica presso l'Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, ha precisato il senso del principio di precauzione, che è virtuoso solo se favorisce lo sviluppo e la responsabilità, altrimenti diventa dannoso e irresponsabile.

Il prof. Andrea Stazi docente di Diritto privato comparato presso la UER, ha illustrato l'evoluzione delle diverse legislazioni nazionali ed europee in merito agli OGM, chiarendo come la sentenza della Corte di Stato del 19 gennaio scorso confermi il diritto degli agricoltori che desiderano coltivare i prodotti già autorizzati in sede europea.

Silvano Dalla Libera, vicepresidente di Futuragra, l'associazione di agricoltori che intendono coltivare mais OGM, ha illustrato le ragioni delle sue richieste, precisando che attualmente gli agricoltori italiani sono penalizzati perchè impediti a coltivare con le sementi migliori.

"I raccolti sono falcidiati da diabrotica e piralide, (due parassiti molto resistenti) - ha spiegato Dalla Libera - la produzione e la produttività calano, la qualità si riduce, stiamo aumentando le dosi fitofarmaci e parte del nostro mais non viene accattato nei mercato internazionali".

"Non capiamo perchè ci viene impedito di trovare una giusta soluzione utilizzando sementi Gm, autorizzate dall'Europa e coltivate negli altri paesi?", ha chiesto Dalla Libera.

Il vicepresidente di Futuragra ha concluso affermando di voler mettere a disposizione i suoi campi con sementi OGM a scienziati e altri agricoltori come prova sperimentale per una migliore produzione di mais.

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Bioetica


Ecologia e bioetica

ROMA, domenica, 21 marzo 2010 (ZENIT.org).- Per la rubrica di Bioetica pubblichiamo l'articolo di prof.ssa Mariella Lombardi Ricci, docente di Bioetica presso la Facoltà Teologica dell’Italia settentrionale (sezione di Torino).

 



* * *

SINTESI DEL CAPITOLO

Le parole che usiamo evocano un insieme di significati e di suggestioni. Così avviene anche per la parola ecologia. Sennonché la rivoluzione del sapere scientifico, spalancando all'uomo il potere di modificare la struttura del vivente, ha aperto nuove frontiere anche nel rapporto tra l'uomo e l'habitat in cui egli vive. Problematiche nuove sono entrate prepotentemente nell'ambito della questione ecologica, di per sè vecchia quanto l'uomo, arricchendola di prospettive inedite, che ancora non sono immediatamente comprese nel campo semantico del termine ecologia e dunque rischiano di restare esterne ad essa.

L'ecologia è una questione affrontata e dibattuta in vari ambiti: amministrativo, economico, sanitario, politico, giuridico, filosofico-antropologico; è oggetto di una vasta letteratura specifica; è tema ben noto al pubblico, perché frequentemente trattato dai mezzi di informazione.

Per avvicinare il tema dell'ecologia partiamo dalla bioetica, la prospettiva più nuova. Solitamente si associa la bioetica alla medicina, ma se pensiamo alle ragioni che hanno provocato la nascita di questa nuova disciplina appare plausibile riconoscere anche l'ecologia oggetto della riflessione bioetica. L'intendimento proprio della bioetica non è tanto quello di suggerire tecniche per affrontare singole questioni, quanto piuttosto di indicare spunti per una riflessione etica. L'approccio è quello tipicamente interdisciplinare e attento alla concretezza dei fatti che prende in esame, cioè il risultato e le procedure mediante le quali esso si raggiunge. Si presume, in tal modo, che la partecipazione alla conservazione dell'ambiente possa divenire più consapevole.

Il percorso che faremo ci porterà innanzitutto a conoscere le nuove questioni ecologiche che stanno suscitando, tra entusiasmi e timori, anche il bisogno di prendere tempo per capire il significato di quanto sta accadendo nei laboratori di ricerca; quindi cercheremo di valutare aspetti positivi, rischi e prospettive, per accedere a quelle aperture tecno-scientifiche che possono migliorare la qualità di vita. Le tecno-scienze sono e devono restare uno strumento nelle mani dell'uomo per il bene del singolo e della comunità umana tutta. E su questo nuovo settore dell'ecologia, nuovo e in rapida espansione, credo sia importante soffermarci. Esso costituirà presumibilmente uno spazio nel quale molti giovani troveranno lavoro e potranno indirizzare la loro attività pratica o di ricerca; per questo è bene cercare insieme di capire quale sia la posta in gioco.

L'EVOLUZIONE DELLA QUESTIONE ECOLOGICA

Quando l'uomo è apparso sulla terra, è entrato nel mondo dei viventi in condizioni di totale interscambio. Da allora egli ha cercato di modificare l'ambiente per renderlo meno ostile, proteggendo e favorendo forme vegetali e animali ritenute vantaggiose per la sua esistenza. Ha, così, addomesticato gli animali, ha trasformato i prodotti agricoli mediante vari procedimenti, tra cui la fermentazione per ottenere alimenti, quali, per esempio, pane birra e vino; ha cercato di intervenire sulla popolazione di piante e animali, creando innesti e ibridi. Nonostante l'evoluzione culturale sia venuta ponendo l'uomo in posizione diversa da quella iniziale, non è mai stato possibile annullare lo stato di interdipendenza, perché esso costituisce la possibilità dell'esistenza stessa dell'uomo. Di qui l'esigenza di salvaguardare l'ambiente.

Per renderci conto di quanto sia antica la necessità di salvaguardare l'ambiente basta ricordare che già Artaserse ritenne opportuno mantenere controllato l'abbattimento dei cedri del Libano; ma è solo verso la fine del milleottocento che si acquista consapevolezza che dalla conservazione dell'ambiente dipende la sopravvivenza dell'uomo e del pianeta. Con il progredire della tecnica, l'avanzare dell'industrializzazione, e quindi il ricorso sempre più incisivo alle risorse naturali, ci si rende conto che l'intervento dell'uomo comincia ad alterare le condizioni dell'ambiente naturale in modo così significativo da far sorgere il dubbio che la sopravvivenza stessa del pianeta possa essere messa a repentaglio.

La questione ambientale assume tale consistenza che si sente il bisogno di affrontarla in modo sistematico e organico. L'ecologia diviene una disciplina a sè, il cui scopo è individuare la forma del corretto rapporto tra ambiente e singola specie o raggruppamenti di più specie e tra l'uomo e l'ambiente.

Inquinamento idrico e atmosferico, effetto serra e buco nell'ozono, piogge acide e scorie radioattive, sono solo alcuni degli attuali problemi ecologici. In tempi più recenti sono state prese in considerazione anche le esigenze ambientali dell'uomo in quanto individuo con abitudini sociali, abitudini che si differenziano a seconda dell'età, del sesso, del lavoro. In altre parole si è sviluppata l'ecologia delle città, dove degrado urbano, droga, violenza costituiscono altrettanti aspetti che devono divenire oggetto di intervento per una valida ecologia umana. L'ambiente intero in cui l'uomo vive, naturale e culturale - peraltro non facilmente separabili, costituisce un patrimonio che va protetto.

L'ATTIVITÀ DELL'UOMO SULLA TERRA

La ricerca di modificare il vivente per renderlo più consono alle proprie esigenze, si diceva, ha accompagnato l'uomo fin dal suo apparire sulla terra; ma questo sforzo restava soggetto più al caso, all'incompatibilità tra specie diverse, alla lotteria genetica che alla sua volontà.

Le cose cominciano a cambiare nel momento in cui, intorno alla metà del XX secolo, l'uomo individua la struttura della molecola di DNA (la molecola della vita in quanto è responsabile dell'essenziale del materiale che passa in eredità) e impara a interpretarne il "linguaggio". Se già alla fine dell'ottocento grazie agli studi del monaco Mendel era stato possibile conoscere alcuni meccanismi di trasmissione dei caratteri ereditari, la biologia molecolare del secondo novecento apre la possibilità di controllare tali meccanismi.

La cellula diviene oggetto di ricerca e in particolare si studia la struttura genetica di vegetali e animali. Di molte specie si decodifica posizione e funzione dei singoli geni che compongono la molecola di DNA e che costituiscono la parte del patrimonio genetico che si trasmette ai discendenti. Tra le specie di cui si studia il DNA e le sue funzioni c'è anche l'uomo. Un esempio è il Progetto Genoma Umano.

Prende corpo così l'idea che sia possibile alterare un carattere ereditario mediante modificazione genetica o introduzione di materiale genetico proveniente da altra specie.

Contemporaneamente altre novità tecnologiche si impongono; da un lato è necessario che i mezzi che si usano siano adeguati all'oggetto su cui si interviene, ricordiamo che si tratta della cellula, e così divengono biologici anche gli strumenti per "tagliare" e "cucire" il materiale genetico, per immettere informazioni: nascono le biotecnologie. Dall'altro l'informatica accompagna questa ricerca, strutturando programmi per identificare, archiviare, assemblare i dati che provengono dai vari laboratori di ricerca e rendendo in tal modo molto più rapido il cammino della ricerca stessa. Si tratta della bioinformatica.

Questa connessione di conoscenza scientifica e tecnologie nuove, trasforma radicalmente la qualità dell'intervento dell'uomo sull'ambiente: al caso e all'aleatorio si sostituisce la trasmissione ereditaria delle modificazioni volute dall'uomo in quella data specie di vivente: anche le generazioni future avranno la nuova caratteristica immessa artificialmente nel loro DNA.

LE BIOTECNOLOGIE

L'applicazione dell'ingegneria genetica, cioè la tecnica di correzione genetica, riguarda in particolare due situazioni, una è la transgenia, che consiste nell'immissione di geni estranei alla specie che li riceve il risultato è quello di un vegetale o di un animale transgenico. L'altra la riproduzione asessuata di animali identici a quello di origine o clonazione, che consente di trasmettere ai discendenti la struttura modificata.

Se il gene viene inserito in una cellula sessuale o in un embrione, l'individuo che nascerà conserverà nel suo patrimonio genetico questa modificazione e la trasmetterà ai discendenti. La trasmissione genetica presenta ancora molti aspetti problematici, che sono punto di partenza per nuove ricerche.

La ragione per cui l'uomo ritiene opportuno introdurre geni estranei in una pianta o un animale deriva dal desiderio di renderlo più consono alle sue esigenze. Qualche esempio: oggi esistono capre che producono farmaci nel loro latte; suini con geni umani, primo passo verso la possibilità di utilizzare organi animali o parti di essi per trapianti umani, in quanto essi sono resi geneticamente più affini alla biologia umana in modo da "ingannare" l'organismo ricevente. Si spera in questo modo di abbattere l'incidenza del fenomeno del rigetto, aspetto critico nella medicina dei trapianti.

Recenti ricerche genetiche sono indirizzate ad alterare i ritmi di accrescimento di alcuni animali (potremmo dire di "condensarne" la durata della vita) in modo da renderne più attiva la funzione riproduttiva; migliorarne l'immunità alle malattie; accrescere il valore nutritivo ai prodotti da loro derivati.

In campo agricolo il fine è migliorare la produzione rendendo le coltivazioni più resistenti a condizioni ambientali sfavorevoli (per esempio a climi freddi, aridi, terreni troppo salini); più tolleranti nei confronti di certi componenti chimici (per esempio a diserbanti anche potenti che quindi possono essere usati in dosi minori rispetto a quelle dei tradizionali diserbanti, sebbene questo aspetto sia uno molto dibattuto). Anche per il prodotto finito si rincorre una migliore qualità, regolando il tempo di maturazione a seconda dei bisogni del mercato: il pomodoro, di cui il gene che regola la maturazione è stato "corretto", marcirà molto lentamente.

PROSPETTIVE, BENEFICI E RISCHI

Le applicazioni dell'ingegneria genetica e i benefici che ne derivano sono ben noti. In campo medico si affacciano nuovi strumenti diagnostici e nuove terapie, la produzione di alcuni farmaci prima rari e/o molto costosi è facilitata, la costruzione di tessuti umani è possibile mediante il clonaggio cellulare. In campo alimentare la prospettiva di rendere coltivabili terreni finora dimostratisi improduttivi apre a risposte inedite al problema della fame nel mondo. In campo agricolo si registra un miglioramento produttivo per quantità e qualità del prodotto. In campo zootecnico è facilitata la selezione e il controllo sulle razze pregiate, la produzione di organismi con caratteristiche rispondenti alle esigenze dell'uomo (si pensi ai batteri i grado di pulire le acque del mare da inquinamento petrolifero).

Neppure il campo economico è esente da benefici: le grandi industrie di biotecnologie come le aziende farmaceutiche che finanziano le ricerche di bioingegneria traggono vantaggi economici dalle applicazioni delle innovazioni a cui hanno contribuito. Proprio in difesa di questo benefico economico è nata la contesa circa la brevettabilità o meno degli organismi manipolati geneticamente.

Lo stato della questione

Il cuore della questione ecologica in riferimento alle biotecnologie riguarda una questione di fondo che successivamente si articola nella concretezza delle singole situazioni. Essa riguarda la difesa di due valori, riconosciuti unanimemente come valori da tutelare, che rischiano spesso di entrare in collisione, da un lato la libertà della scienza e della ricerca a progredire, perché esse costituiscono, se ben usate, uno strumento per il bene dell'uomo, dall'altro la tutela della salute e dell'ambiente.

É questa la ragione del nascere di Comitati di Etica (o Etici o di bioetica)e Commissioni di inchiesta, istituite a vari livelli, fin da quando l'uomo ha scoperto di essere in grado di modificare il patrimonio genetico di un batterio.

Va ricordato che la bioetica non è chiamata ad esprimere giudizi su contenuti scientifici, sono altre le sfere chiamate a questa competenza, ma a capire il senso dell'agire tecnologico dell'uomo. É l'attività umana che ha valore morale, non la conoscenza scientifica in sè.

Rischi interni ai luoghi di ricerca

Inizialmente il timore di rischi riguardava le tecniche e i laboratori di ricerca. Si temeva un'eventuale patogenicità derivante dalla modificazione genetica, donde la necessità di valutare la natura del mutamento indotto nell'individuo transgenico. Così si è deciso di mantenere l'organismo manipolato all'interno dei laboratori e di costituirlo in modo da essere inadatto a vivere in ambiente esterno. Ora la fase iniziale è superata e le biotecnologie sono ritenute sufficientemente sicure; infatti si è raggiunto un consenso diffuso sulle procedure di sicurezza da seguire nei laboratori.

Rischi ecologici

Oggi il problema si è postato dai laboratori all'ambiente esterno, poiché è iniziata l'immissione nell'ambiente di organismi geneticamente modificati. Per quanto riguarda gli animali un problema preliminare concerne le motivazioni e le finalità della ricerca (devono esserci garanzie che la costruzione di animali transgenici sia davvero benefica per l'umanità), che la procedura sia sicura ed efficace (non comporti rischi o effetti secondari indesiderati), che si tenga conto della sofferenza inflitta agli animali, per la quale dovrebbero essere fissati dei limiti.

Il grosso problema etico delle biotecnologie riguarda il fatto che, per vari fattori, non è possibile prevedere interamente gli effetti dell'immissione nell'ambiente di questi organismi. Trattandosi di viventi, entra in crisi la possibilità di controllare rigidamente il processo riproduttivo. Soprattutto a livello botanico il controllo della diffusione della pianta transgenica è molto difficile per il fenomeno dell'impollinazione; nei confronti degli animali transgenici il controllo risulta invece meno complesso. É, quindi, verosimile il rischio di proliferazione dell'individuo transgenico come lo scambio di materiale genetico ad altri organismi. Non solo, ma è anche problematico prevedere quale potrà essere l'equilibrio naturale, dal momento che questi organismi si trovano in assenza di nemici naturali. Ricordiamo che la mutazione genetica induce necessariamente dei cambiamenti fisiologici che non rendono l'organismo riconoscibile dai quelli che dovrebbero essere i suoi naturali nemici. Il rischio di sovrappopolazione di un tale individuo con effetto dannoso sull'ambiente è pertanto reale.

Valutare i rischi è possibile ma non è sufficiente, perché bisogna attuare misure di prevenzione e correzione. Per questo scopo occorrono certezze nelle previsioni, cosa per il momento difficile perché sono ancora in via di studio sistemi di modello per simulare le dinamiche ecologiche relative al rilascio nell'ambiente degli organismi manipolati geneticamente. Inoltre gli effetti a lungo termine sono poco prevedibili.

MASS MEDIA E OPINIONE PUBBLICA

Dal punto di vista scientifico esiste una buona capacità di identificazione del rischio, pur nella consapevolezza dell'impossibilità attuale di previsione certe. Questo spiega il giudizio di accettabilità delle biotecnologie da parte della comunità scientifica. Perché allora dibattiti, talk show, polemiche su questi nuovi organismi? soprattutto perché sembra serpeggiare tra l'opinione pubblica tanta ritrosia verso le biotecnologie­?

Credo si possa affermare che la perplessità diffusa, sociale e psicologica, deriva dal carattere rivoluzionario - e non soltanto evolutivo - dell'intervento genetico sulla vita e quindi sull'ambiente. Si tratta di un intervento che non soltanto muta la struttura fisiologica e funzionale dell'organismo trattato, ma resta permanente ed ereditario; il che significa che influenza sia la struttura delle generazioni future sia l'ambiente in cui esse vivranno. Si comprende perché susciti non soltanto giusta prudenza e accurata riflessione, ma anche reazioni emotive che rischiano di inquinare il dibattito e, in parte, la connessa attività decisionale.

Si percepisce che in questo settore dell'attività umana, le reazioni dell'opinione pubblica hanno un peso notevole sia nel momento normativo sia nel momento della ricerca.

Nel momento normativo perché la questione ecologica è anche, come buona parte ormai delle questioni bioetiche, questione politica.

Nel momento euristico, da un lato perché buona parte della ricerca oggi si avvale di denaro proveniente da industrie private, le quali guidano una ricerca già finalizzata a dei traguardi da raggiungere per poter recuperare gli alti finanziamenti emessi. Dall'altro, perché l'altra fonte cospicua di finanziamenti proviene da denaro pubblico, pubblico nel senso di denaro donato dalla popolazione (sono note le serate televisive in raccolta di fondi da donare alla ricerca scientifica). Occorre quindi che la popolazione non sia lasciata ad una informazione parziale, magari scandalistica o strumentalizzata, ma che sia correttamente informata, su base scientifica chiara e comprensibile, che si enuncino coraggiosamente i rischi e i relativi programmi di copertura, le prospettive benefiche ma anche i limiti che ora, al momento presente, forse è bene porre, per eliminarli non appena le misure di sicurezza saranno perfezionate.

Questo potrebbe essere un modo per definire indici di priorità nella ricerca e nell'uso delle innovazioni, badando ai benefici nel rispetto dei vantaggi per tutta l'umanità (e non solo per la parte di popolazione che è in grado di avanzare nelle tecno-scienze).

ECOLOGIA E UMANITÀ, QUALE RAPPORTO?

L'identificazione dei rischi biologici e ambientali, di cui finora ci siamo occupati, è essenziale per una valutazione etica delle biotecnologie, ma sarebbe riduttivo limitarsi a valutare la sicurezza per l'ambiente e per l'uomo restando soltanto nell'ambito della sicurezza biologica.

Una tale semplificazione darebbe protezione all'uomo in quanto specie vivente tra le altre specie, come "animale umano", e non come essere biologico che poggia la sua specificità nell'inserimento in un tessuto culturale e simbolico. Che altro significherebbero espressioni del tipo "essere trattato con umanità" o "dar prova di umanità"? Le rappresentazioni simboliche che costituiscono la trama della cultura umana sono situate esse stesso entro un rapporto ecologico.

Il rapporto tra l'uomo e l'animale non è certo esente da simbolismi culturali; "correggere" la pecora, la capra, il maiale, il toro, il topo è difficile presupporre che non abbiano un'influenza sull'immaginario individuale e collettivo. Forse, in modo magari intuitivo più che consapevole e riflesso, la percezione del rischio di rottura, di perdita di questo simbolismo è alla base delle forti remore sociali a fronte degli aspetti più sensazionali della nuova manipolazione dell'uomo sulla vita. La questione ecologia è ben più complessa di quanto non siamo soliti stimare.


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BIBLIOGRAFIA

– BOMPIANI A., L'elaborazione di "regole" per le innovazioni biotecnologiche. Proposte della comunità  europea per un ordinato sviluppo delle biotecnologie, "Medicina e Morale", 4(2000), pp.713-750

– BOMPIANI A. - BROVEDANI E. - CIROTTO C., Nuova genetica, nuove responsabilità, San Paolo, Cinisello B. 1997

– BROVEDANI E., Il brevetto di organismi viventi ottenuti con l'ingegneria genetica. Aspetti scientifici, giuridici ed etici,  “Aggiornamenti sociali”, 4 (1988), pp.245-257

– Comitato Nazionale per la Bioetica, Documento sulla sicurezza delle biotecnologie, 28 maggio 1991

– Comitato Nazionale per la Bioetica, Rapporto sulla brevettabilità degli organismi viventi, 19 novembre 1993

– Comitato Nazionale per la Bioetica, Bioetica e ambiente, 21 settembre 1995

– JONAS H., Sull'orlo dell'abisso. Conversazioni sul rapporto tra uomo e natura, Einaudi, Torino 2000

– LEONE S., voce Ecologia in Leone S. - Privietra S. (a cura di), Dizionario di bioetica, EDB-ISB, Bologna 1994, pp.312-316

– RIFKIN J., Il secolo biotech. Il commercio genetico e l’inizio di una nuova era, Baldini & Castoldi, Milano 1998

– SCARDI V., Introduzione alla biotecnologia. Dal lievito all'ingegneria genetica, Garzanti, Milano 1989

– SGRECCIA E. - FISSO M.B., Etica dell'ambiente, suppl. a Medicina e Morale, n.3 (1997)

– SGRECCIA E.,   MELE V. (a cura di), Ingegneria genetica e biotecnologie nel futuro dell'uomo, Vita e Pensiero, Milano 1992

 

[Fonte: www.portaledibioetica.it]

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Forum


Gli antipapi e i pericoli del magistero parallelo

di mons. Giampaolo Crepaldi*

ROMA, domenica, 21 marzo 2010 (ZENIT.org).- Il tentativo della stampa di coinvolgere Benedetto XVI nella questione pedofilia è solo il più recente tra i segni di avversione che tanti nutrono per il Papa. Bisogna chiedersi come mai questo Pontefice, nonostante la sua mitezza evangelica e l’onestà, la chiarezza delle sue parole unitamente alla profondità del suo pensiero e dei suoi insegnamenti, susciti da alcune parti sentimenti di astio e forme di anticlericalismo che si pensavano superate. E questo, è bene dirlo, suscita ancora maggiore stupore e addirittura dolore, quando a non seguire il Papa e a denunciarne presunti errori sono uomini di Chiesa, siano essi teologi, sacerdoti o laici.

Le inusitate e palesemente forzate accuse del teologo Hans Küng contro la persona di Jopeph Ratzinger teologo, vescovo, Prefetto della Congregazione della Fede e ora Pontefice per aver causato, a suo dire, la pedofilia di alcuni ecclesiastici mediante la sua teologia e il suo magistero sul celibato ci amareggiano nel profondo. Non era forse mai accaduto che la Chiesa fosse attaccata in questo modo. Alle persecuzioni nei confronti di tanti cristiani, crocefissi in senso letterale in varie parti del mondo, ai molteplici tentativi per sradicare il cristianesimo nelle società un tempo cristiane con una violenza devastatrice sul piano legislativo, educativo e del costume che non può trovare spiegazioni nel normale buon senso si aggiunge ormai da tempo un accanimento contro questo Papa, la cui grandezza provvidenziale è davanti agli occhi di tutti.

A questi attacchi fanno tristemente eco quanti non ascoltano il Papa, anche tra ecclesiastici, professori di teologia nei seminari, sacerdoti e laici. Quanti non accusano apertamente il Pontefice, ma mettono la sordina ai suoi insegnamenti, non leggono i documenti del suo magistero, scrivono e parlano sostenendo esattamente il contrario di quanto egli dice, danno vita ad iniziative pastorali e culturali, per esempio sul terreno delle bioetica oppure del dialogo ecumenico, in aperta divergenza con quanto egli insegna. Il fenomeno è molto grave in quanto anche molto diffuso.

Benedetto XVI ha dato degli insegnamenti sul Vaticano II che moltissimi cattolici apertamente contrastano, promuovendo forme di controformazione e di sistematico magistero parallelo guidati da molti “antipapi”; ha dato degli insegnamenti sui “valori non negoziabili” che moltissimi cattolici minimizzano o reinterpretano e questo avviene anche da parte di teologi e commentatori di fama ospitati sulla stampa cattolica oltre che in quella laica; ha dato degli insegnamenti sul primato della fede apostolica nella lettura sapienziale degli avvenimenti e moltissimi continuano a parlare di primato della situazione, o della prassi o dei dati delle scienze umane; ha dato degli insegnamenti sulla coscienza o sulla dittatura del relativismo ma moltissimi antepongono la democrazia o la Costituzione al Vangelo. Per molti la Dominus Iesus, la Nota sui cattolici in politica del 2002, il discorso di Regensburg del 2006, la Caritas in veritate è come se non fossero mai state scritte.

La situazione è grave, perché questa divaricazione tra i fedeli che ascoltano il Papa e quelli che non lo ascoltano si diffonde ovunque, fino ai settimanali diocesani e agli Istituti di scienze religiose e anima due pastorali molto diverse tra loro, che non si comprendono ormai quasi più, come se fossero espressione di due Chiese diverse e procurando incertezza e smarrimento in molti fedeli.

In questi momenti molto difficili, il nostro Osservatorio si sente di esprimere la nostra filiale vicinanza a Benedetto XVI. Preghiamo per lui e restiamo fedelmente al suo seguito.

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Mons. Giampaolo Crepaldi è Arcivescovo di Trieste e Presidente dell’Osservatorio Internazionale “Cardinale Van Thuân”.

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Angelus


Benedetto XVI: "Dio desidera per noi soltanto il bene e la vita"
Intervento all'Angelus della V domenica di Quaresima
CITTA' DEL VATICANO, domenica, 21 marzo 2010 (ZENIT.org).- Riportiamo di seguito le parole pronunciate questa domenica da Benedetto XVI affacciandosi alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l'Angelus insieme ai fedeli e ai pellegrini riuniti in Piazza San Pietro.





* * *

Cari fratelli e sorelle!

Siamo giunti alla Quinta Domenica di Quaresima, nella quale la liturgia ci propone, quest’anno, l’episodio evangelico di Gesù che salva una donna adultera dalla condanna a morte (Gv 8,1-11). Mentre sta insegnando nel Tempio, gli scribi e i farisei conducono a Gesù una donna sorpresa in adulterio, per la quale la legge mosaica prevedeva la lapidazione. Quegli uomini chiedono a Gesù di giudicare la peccatrice con lo scopo di"metterlo alla prova" e di spingerlo a fare un passo falso. La scena è carica di drammaticità: dalle parole di Gesù dipende la vita di quella persona, ma anche la sua stessa vita. Gli accusatori ipocriti, infatti, fingono di affidargli il giudizio, mentre in realtà è proprio Lui che vogliono accusare e giudicare. Gesù, invece, è "pieno di grazia e di verità" (Gv 1,14): Egli sa che cosa c’è nel cuore di ogni uomo, vuole condannare il peccato, ma salvare il peccatore, e smascherare l’ipocrisia. L’evangelista san Giovanni dà risalto ad un particolare: mentre gli accusatori lo interrogano con insistenza, Gesù si china e si mette a scrivere col dito per terra. Osserva sant’Agostino che quel gesto mostra Cristo come il legislatore divino: infatti, Dio scrisse la legge col suo dito sulle tavole di pietra (cfr Comm. al Vang. di Giov., 33, 5). Gesù dunque è il Legislatore, è la Giustizia in persona. E qual è la sua sentenza? "Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei". Queste parole sono piene della forza disarmante della verità, che abbatte il muro dell’ipocrisia e apre le coscienze ad una giustizia più grande, quella dell’amore, in cui consiste il pieno compimento di ogni precetto (cfr Rm 13,8-10). E’ la giustizia che ha salvato anche Saulo di Tarso, trasformandolo in san Paolo (cfr Fil 3,8-14).

Quando gli accusatori "se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani", Gesù, assolvendo la donna dal suo peccato, la introduce in una nuova vita, orientata al bene: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più». È la stessa grazia che farà dire all’Apostolo: "So soltanto questo: dimenticando ciò che mi sta alle spalle e proteso verso ciò che mi sta di fronte, corro verso la mèta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù" (Fil 3,14). Dio desidera per noi soltanto il bene e la vita; Egli provvede alla salute della nostra anima per mezzo dei suoi ministri, liberandoci dal male col Sacramento della Riconciliazione, affinché nessuno vada perduto, ma tutti abbiano modo di convertirsi. In questo Anno Sacerdotale, desidero esortare i Pastori ad imitare il santo Curato d’Ars nel ministero del Perdono sacramentale, affinché i fedeli ne riscoprano il significato e la bellezza, e siano risanati dall’amore misericordioso di Dio, il quale "si spinge fino a dimenticare volontariamente il peccato, pur di perdonarci" (Lettera di indizione dell’Anno Sacerdotale).

Cari amici, impariamo dal Signore Gesù a non giudicare e a non condannare il prossimo. Impariamo ad essere intransigenti con il peccato – a partire dal nostro! – e indulgenti con le persone. Ci aiuti in questo la santa Madre di Dio che, esente da ogni colpa, è mediatrice di grazia per ogni peccatore pentito.



[Il Papa ha poi salutato i pellegrini in diverse lingue. In Italiano ha detto:]

Domenica prossima, Domenica delle Palme, ricorre il 25° anniversario dell’inizio delle Giornate Mondiali della Gioventù, volute dal Venerabile e amato Giovanni Paolo II. Per questo, giovedì prossimo, a partire dalle ore 19, aspetto numerosi qui in Piazza San Pietro i giovani di Roma e del Lazio, per uno speciale incontro di festa.

Saluto infine con affetto i pellegrini di lingua italiana, in particolare i bambini e i ragazzi della "Piccola Opera di Traona", accompagnati dalle Suore e da quanti li assistono; come pure la Cooperativa Sociale "Beautiful Days", di Vittoria. Saluto inoltre i cresimandi di Zané, di Scandicci e del Vicariato Mugello Est, i ragazzi della comunità pastorale di Fagnano Olona, i fedeli di Osimo, Sant’Angelo a Cupolo e Bagheria, il gruppo di immigrati della Diocesi di Vigevano e l’Unione Nazionale Associazioni Sportive Centenarie d’Italia. A tutti auguro una buona domenica.

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Discorso del Papa per il concerto in occasione del suo onomastico
CITTA' DEL VATICANO, domenica, 21 marzo 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il discorso pronunciato questo venerdì sera da Benedetto XVI al termine del Concerto in suo onore tenutosi nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano.

L'opera "Le sette ultime parole di Cristo sulla Croce", nuova versione della Passione di Joseph Haydn "alla maniera di Haydn", del compositore della Corte reale spagnola José Peris Lacasa, è stata eseguita dal quartetto d’archi Henschel Quartett e dal mezzosoprano Susanne Kelling.




* * *

Cari amici,

al termine di un ascolto così intenso e spiritualmente profondo, la cosa migliore sarebbe conservare il silenzio e prolungare la meditazione. Tuttavia, sono molto lieto di rivolgervi un saluto e ringraziare ciascuno di voi per la vostra presenza nel giorno della mia festa onomastica, in modo particolare quanti mi hanno offerto questo graditissimo dono. Esprimo la mia cordiale riconoscenza al Cardinale Tarcisio Bertone, mio Segretario di Stato, per le belle parole che mi ha indirizzato. Saluto con affetto gli altri Cardinali, il Cardinale Decano Sodano Presuli e Prelati presenti. Un grazie speciale va poi ai musicisti, a partire dal Maestro José Peris Lacasa, compositore strettamente legato alla Casa Reale Spagnola. A lui va il merito di aver elaborato una versione de Le sette ultime parole del nostro Redentore in croce di Franz Joseph Haydn che riprende quella per quartetto d’archi e quella in forma di oratorio, scritte dallo stesso Haydn. Mi congratulo poi con il Quartetto Henschel per la pregevole esecuzione, e con la Signora Susanne Kelling, che ha messo la sua voce straordinaria al servizio delle parole sante del Signore Gesù.

La scelta di quest’opera è stata davvero felice. Infatti, se da una parte, la sua bellezza austera è degna della solennità di san Giuseppe – di cui lo stesso insigne compositore portava il nome – dall’altra il suo contenuto è quanto mai adatto al tempo quaresimale, anzi, ci predispone a vivere il Mistero centrale della fede cristiana. Le sette ultime parole del nostro Redentore in croce è, infatti, un esempio tra i più sublimi, in campo musicale, di come si possano sposare l’arte e la fede. L’invenzione del musicista è tutta ispirata e quasi "diretta" dai testi evangelici, che culminano nelle parole pronunciate da Gesù crocifisso, prima di rendere l’ultimo respiro. Ma, oltre che dal testo, il compositore era vincolato anche da precise condizioni poste dai committenti, dettate dal particolare tipo di celebrazione in cui la musica sarebbe stata eseguita. Ed è proprio a partire da tali vincoli così stringenti che il genio creativo ha potuto manifestarsi in tutta la sua eccellenza: dovendo immaginare sette sonate di carattere drammatico e meditativo, Haydn punta sull’intensità, come scrisse egli stesso in una lettera del tempo dove dice: "Ogni sonata, o ogni testo, è espresso con i soli mezzi della musica strumentale, in modo tale che esso susciterà necessariamente l’impressione più profonda nell’anima dell’ascoltatore, anche il meno avvertito" (Lettera a W. Forster, 8 aprile 1787).

Vi è, in questo, qualcosa di simile al lavoro dello scultore, che deve costantemente misurarsi con la materia su cui opera – pensiamo al marmo della "Pietà" di Michelangelo –, e tuttavia riesce a far parlare quella materia, a far emergere una sintesi singolare e irripetibile di pensiero e di emozione, un’espressione artistica assolutamente originale ma che, al tempo stesso, è totalmente al servizio di quel preciso contenuto di fede, è come dominata da quell’avvenimento che rappresenta – nel nostro caso dalle sette parole e dal loro contesto.

C’è qui nascosta una legge universale dell’espressione artistica: il saper comunicare una bellezza, che è anche un bene e una verità, attraverso un mezzo sensibile – un dipinto, una musica, una scultura, un testo scritto, una danza, eccetera. A ben vedere, è la stessa legge che ha seguito Dio per comunicare a noi se stesso e il suo amore: si è incarnato nella nostra carne umana e ha realizzato il massimo capolavoro dell’intera creazione: "l’unico mediatore tra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù" – come scrive san Paolo (1Tm 2,5). Più è "dura" la materia, più sono stretti i vincoli dell’espressione, e maggiormente risalta il genio dell’artista. Così sulla "dura" croce Dio ha pronunciato in Cristo la Parola d’amore più bella e più vera, che è Gesù nel suo donarsi pieno e definitivo: è Lui l’ultima Parola di Dio, in senso non cronologico, ma qualitativo. E’ la Parola universale, assoluta, ma è stata pronunciata in quell’uomo concreto, in quel tempo e in quel luogo, in quell’"ora" – dice il Vangelo di Giovanni. Questo vincolarsi alla storia, alla carne, è segno per eccellenza di fedeltà, di un amore talmente libero da non avere paura di legarsi per sempre, di esprimere l’infinito nel finito, il tutto nel frammento. Questa legge, che è la legge dell’amore, è anche la legge dell’arte nelle sue espressioni più alte.

Cari amici, forse mi sono spinto un po’ oltre con questa riflessione, ma la colpa – o piuttosto forse il merito! – è di Franz Joseph Haydn. Ringraziamo il Signore per questi grandi geni artistici, che hanno saputo e voluto misurarsi con la sua Parola – Gesù Cristo – e con le sue parole – le sacre Scritture. Rinnovo il mio grazie a quanti hanno ideato e preparato questo omaggio: il Signore ricompensi ciascuno con larghezza.

[In tedesco]

Ringrazio sentitamente ancora una volta tutti coloro che hanno reso possibile questa serata. Rivolgo un ringraziamento particolare al Quartetto Henschell e al mezzosoprano, la signora Susanne Kelling, che, con la sua espressiva esibizione, ci ha avvicinato in forma musicale alle parole del Salvatore sulla Croce. Molte grazie!

[In spagnolo]

Saluto molto cordialmente il Maestro José Peris Lacasa, autore di una riuscita rielaborazione delle Sette ultime Parole di Cristo sulla Croce, di Haydn, che oggi abbiamo avuto il piacere di ascoltare. Saluto anche quanti sono venuti dalla Spagna per questa occasione. Grazie.

A tutti rinnovo un saluto cordiale con l’augurio di seguire Gesù da vicino, come la Vergine Maria, per vivere in profondità la Settimana Santa, e celebrare in verità la Pasqua ormai vicina. Con questa intenzione, imparto a voi e ai vostri cari la mia Benedizione.

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Discorso del Papa ai Vescovi di Burkina Faso e Niger

CITTA' DEL VATICANO, domenica, 21 marzo 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il discorso pronunciato da Benedetto XVI nel ricevere sabato in Vaticano i presuli della Conferenza Episcopale di Burkina Faso-Niger, in occasione della Visita "ad Limina Apostolorum".

 


* * *

Cari Fratelli nell'Episcopato,

È con grande gioia che vi accolgo, voi che avete ricevuto la responsabilità pastorale della Chiesa che è nel Burkina Faso e nel Niger. Saluto in particolare il Presidente della vostra Conferenza episcopale, Monsignor Séraphin Rouamba, Arcivescovo di Koupéla, e lo ringrazio per le sue cordiali parole. Ai vostri diocesani e a tutti gli abitanti dei vostri Paesi, in particolare ai malati e alle persone che sono nella prova, portate l'incoraggiamento e il saluto affettuoso del Papa. La visita ad limina che state realizzando è un segno concreto della comunione fra le vostre Chiese particolari e la Chiesa universale, che si manifesta in modo significativo nel vostro legame con il Successore di Pietro. Auspico che il rafforzamento di questa unità fra voi e in seno alla Chiesa fortifichi il vostro ministero e accresca la credibilità della testimonianza dei discepoli di Cristo.

Dopo oltre un secolo, l'evangelizzazione ha già recato frutti abbondanti, visibili attraverso tanti segni della vitalità della Chiesa-famiglia di Dio nei vostri Paesi. Che un nuovo slancio missionario animi le vostre comunità, affinché il messaggio evangelico sia pienamente accolto e fedelmente vissuto! La fede ha sempre bisogno di consolidare la sue radici per non ritornare a pratiche antiche o incompatibili con la sequela di Cristo e per resistere agli appelli di un mondo a volte ostile all'ideale evangelico. Saluto gli sforzi che da molti anni si stanno compiendo per una sana inculturazione della fede. Vegliate affinché proseguano grazie al lavoro di persone competenti, nel rispetto delle norme e facendo riferimento alle strutture adeguate. D'altro canto, vi incoraggio a continuare il bello sforzo missionario di solidarietà generosamente intrapreso nei riguardi delle Chiese-sorelle del vostro continente!

La recente Assemblea sinodale per l'Africa ha invitato le comunità cristiane a far fronte alle sfide della riconciliazione, della giustizia e della pace. Mi rallegro di sapere che nelle vostre diocesi la Chiesa continua, in diversi modi, la lotta contro i mali che impediscono alle popolazioni di giungere a un autentico sviluppo. Così, le gravi inondazioni dello scorso settembre sono state l'occasione per promuovere la solidarietà verso tutti e in particolare verso i più bisognosi. Questa solidarietà radicata nell'amore di Dio deve essere un impegno permanente della comunità ecclesiale: i vostri fedeli l'hanno generosamente espresso anche nei confronti delle vittime del recente terremoto ad Haiti, nonostante i loro grandi bisogni. Li ringrazio vivamente per questo. Infine, vorrei salutare qui in particolare l'opera svolta dalla Fondazione Giovanni Paolo ii per il Sahel che, lo scorso anno, ha celebrato a Ouagadougou il suo venticinquesimo anniversario.

Cari Fratelli nell'Episcopato, l'anno sacerdotale contribuisce a mettere in evidenza la grandezza del sacerdozio e a promuovere il rinnovamento interiore nella vita dei sacerdoti, affinché il loro ministero sia sempre più intenso e fecondo. Il sacerdote è prima di tutto un uomo di Dio, che cerca di rispondere con sempre maggiore coerenza alla sua vocazione e alla sua missione al servizio del popolo che gli è stato affidato e che deve guidare verso Dio. Per questo è necessario assicurargli una solida formazione, non solo durante la sua preparazione all'ordinazione, ma per tutto il suo ministero. È in effetti indispensabile che il sacerdote possa dedicare del tempo ad approfondire la sua vita sacerdotale al fine di evitare di cadere nell'attivismo. Che l'esempio di Giovanni Maria Vianney susciti nel cuore dei vostri sacerdoti, al cui coraggioso impegno missionario rendo omaggio, una rinnovata consapevolezza del loro dono totale a Cristo e alla Chiesa, alimentato da una fervente vita di preghiera e dall'amore appassionato del Signore Gesù! Possa il loro esempio suscitare numerose vocazioni sacerdotali!

I catechisti sono i collaboratori indispensabili dei sacerdoti nell'annuncio del Vangelo. Essi hanno un ruolo fondamentale non solo nella prima evangelizzazione e per il catecumenato, ma anche nell'animazione e nel sostegno delle vostre comunità, in unione con gli altri agenti di pastorale. Attraverso di voi, vorrei salutarli calorosamente e incoraggiarli nel loro compito di evangelizzatori dei loro fratelli. Le vostre diocesi stanno facendo sforzi considerevoli per garantire la loro formazione umana, intellettuale, spirituale e pastorale, permettendo loro così di assicurare il servizio con fede e competenza; me ne rallegro e vi incoraggio ad andare avanti, provvedendo allo stesso tempo ai loro bisogni materiali perché possano condurre una vita dignitosa.

Affinché i laici possano trovare il posto che corrisponde loro nelle vostre comunità e nella società, è necessario accrescere i mezzi atti a consolidare la loro fede. Sviluppando le istituzioni di formazione, darete loro la possibilità di assumere responsabilità nella Chiesa e nella società, per essere in esse autentici testimoni del Vangelo. Vi invito a rivolgere un'attenzione particolare alle élite politiche e intellettuali dei vostri Paesi, che si devono spesso confrontare con ideologie opposte a una concezione cristiana dell'uomo e della società. Una fede sicura, fondata su una relazione personale con Cristo, espressa nella pratica abituale della carità e sostenuta da una comunità viva, è un sostegno allo sviluppo della vita cristiana. Infondete anche nei giovani, spesso pieni di generosità, il piacere di andare incontro a Cristo! Il rafforzamento delle cappellanie scolastiche e universitarie li aiuterà a trovare in Lui la Luce capace di guidarli nel corso dell'intera vita e di trasmettere loro il vero significato dell'amore umano.

Il bel clima che normalmente esiste nelle relazioni interreligiose permette di approfondire i vincoli di stima e di amicizia, come pure la collaborazione fra tutte le componenti della società. L'insegnamento alle giovani generazioni dei valori fondamentali del rispetto e della fraternità favorirà la comprensione reciproca. Possano i vincoli che uniscono soprattutto cristiani e musulmani continuare a rafforzarsi al fine di far progredire la pace e la giustizia e di promuovere il bene comune, rifiutando ogni tentazione di violenza o d'intolleranza!

Cari Fratelli nell'Episcopato, al momento di concludere il nostro incontro, affido ognuna delle vostre diocesi alla protezione materna della Vergine Maria. In questi tempi segnati dall'incertezza, che Ella vi dia la forza di guardare al futuro con fiducia! Che sia per i popoli del Burkina Faso e del Niger un segno di speranza! Di tutto cuore, vi imparto un'affettuosa Benedizione Apostolica, che estendo ai sacerdoti, ai religiosi, alle religiose, ai catechisti e a tutti i fedeli delle vostre diocesi.

[Traduzione dal testo originale in francese a cura de “L'Osservatore Romano”]

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