domenica 11 aprile 2010

[ZI100411] Il mondo visto da Roma

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Il mondo visto da Roma

Servizio quotidiano - 11 aprile 2010

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Il Papa: la missione della Chiesa, annunciare l'amore misericordioso di Dio
Intervento in occasione del Regina Caeli
CITTA' DEL VATICANO, domenica, 11 aprile 2010 (ZENIT.org).- La missione della Chiesa è mostrare il volto misericordioso di Dio, ha ricordato Benedetto XVI questa domenica recitando il Regina Caeli affacciandosi nel cortile del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, dove sta trascorrendo alcuni giorni di riposo dopo le celebrazioni pasquali.

Il Papa ha ricordato che la II Domenica di Pasqua è stata detta fin dall'antichità "in albis" dal nome latino "alba", "dato alla veste bianca che i neofiti indossavano nel Battesimo la notte di Pasqua e deponevano dopo otto giorni".

Giovanni Paolo II, ha aggiunto, ha intitolato questa stessa domenica alla Divina Misericordia in occasione della canonizzazione di Suor Maria Faustina Kowalska, il 30 aprile del 2000.

"L'odierna domenica conclude l'Ottava di Pasqua, come un unico giorno 'fatto dal Signore', contrassegnato con il distintivo della Risurrezione e della gioia dei discepoli nel vedere Gesù", ha osservato.

Il brano del giorno, tratto dal Vangelo di San Giovanni (20,19-31), ricorda la visita di Gesù ai discepoli varcando le porte chiuse del Cenacolo.

"Gesù mostra i segni della passione, fino a concedere all'incredulo Tommaso di toccarli. Come è possibile, però, che un discepolo possa dubitare?", ha chiesto il Papa.

"In realtà, la condiscendenza divina ci permette di trarre profitto anche dall'incredulità di Tommaso oltre che dai discepoli credenti. Infatti, toccando le ferite del Signore, il discepolo esitante guarisce non solo la propria, ma anche la nostra diffidenza".

La visita del Risorto, ha proseguito, "non si limita allo spazio del Cenacolo, ma va oltre, affinché tutti possano ricevere il dono della pace e della vita con il 'Soffio creatore'".

"Infatti, per due volte Gesù disse ai discepoli: 'Pace a voi!', e aggiunse: 'Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi'. Detto questo, soffiò su di loro, dicendo: 'Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati'".

"È questa la missione della Chiesa perennemente assistita dal Paraclito - ha sottolineato -: portare a tutti il lieto annuncio, la gioiosa realtà dell'Amore misericordioso di Dio, 'perché - come dice san Giovanni - crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome'".

Alla luce di questo, nell'Anno Sacerdotale in corso, Benedetto XVI ha esortato in particolare "tutti i pastori a seguire l'esempio del santo Curato d'Ars, che, nel suo tempo, ha saputo trasformare il cuore e la vita di tante persone, perché è riuscito a far loro percepire l'amore misericordioso del Signore".

"Urge anche nel nostro tempo un simile annuncio e una simile testimonianza della verità dell'Amore", ha concluso il Pontefice. "In questo modo renderemo sempre più familiare e vicino Colui che i nostri occhi non hanno visto, ma della cui infinita Misericordia abbiamo assoluta certezza".

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L'ostensione della Sindone "aiuti tutti a cercare il Volto di Dio", chiede il Papa
CITTA' DEL VATICANO, domenica, 11 aprile 2010 (ZENIT.org).- Benedetto XVI ha auspicato questa domenica che l'ostensione straordinaria della Sindone a Torino aiuti a ricercare il volto divino.

Nei suoi saluti dopo la recita del Regina Caeli insieme ai pellegrini presenti nel cortile del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo e, via televisione, a quanti erano presenti in Piazza San Pietro in Vaticano, il Papa ha ricordato l'ostensione solenne iniziata il 10 aprile, che si concluderà il 23 maggio prossimo.

"Anch'io, a Dio piacendo, mi recherò a venerarla il prossimo 2 maggio", ha detto il Pontefice.

"Mi rallegro per questo evento, che ancora una volta sta suscitando un vasto movimento di pellegrini, ma anche studi, riflessioni e soprattutto uno straordinario richiamo verso il mistero della sofferenza di Cristo".

"Auspico che questo atto di venerazione aiuti tutti a cercare il Volto di Dio, che fu l'intima aspirazione degli Apostoli, come anche la nostra", ha concluso.

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Dolore di Benedetto XVI per la morte del Presidente della Polonia
E dei suoi accompagnatori in un incidente aereo
CITTA' DEL VATICANO, domenica, 11 aprile 2010 (ZENIT.org).- Benedetto XVI ha espresso il suo dolore ricevendo questo sabato la notizia dell'incidente aereo in cui sono morti il Presidente della Polonia, Lech Kaczynski, e le altre 95 persone che viaggiavano sul velivolo, precipitato in terra russa.

Poco dopo essere stato informato dell'accaduto, il Pontefice ha inviato un telegramma al presidente del Parlamento della Repubblica di Polonia, Bronislaw Korowski, in cui ricorda altre vittime, come la moglie del Presidente, l'ex Presidente della Repubblica in esilio, Ryszard Kaczorowski, il Vescovo cattolico Tadeusz Ploski, l'Arcivescovo ortodosso Miron Chodakowski e il pastore militare evangelico Adam Pilsch.

Il Presidente Kaczynski, insieme a buona parte del suo gabinetto e ai principali capi delle Forze Armate, ha perso la vita nello schianto dell'aereo su cui viaggiava, durante un tentativo di atterraggio all'aeroporto di Smolensk, nella Russia occidentale, poco prima delle nove del mattino.

Sul volo viaggiavano anche personalità e familiari degli ufficiali e dei prigionieri di guerra polacchi fucilati dai sovietici nel bosco di Katyn, che si recavano a Smolensk per celebrare il 70° anniversario del massacro, avvenuto durante la II Guerra Mondiale.

"Affido tutte le vittime di questo drammatico incidente - i parlamentari, i politici, i rappresentanti dell'esercito e delle Famiglie di Katyn, nonché tutte le altre persone - alla bontà di Dio misericordioso. Possa Egli accoglierli nella sua gloria", auspica il Papa nel suo telegramma.

Il Pontefice porge alle famiglie delle vittime e a tutti i polacchi le sue "sincere condoglianze assicurandoli della mia vicinanza spirituale".

"In questo difficile momento imploro per il Popolo polacco una benedizione speciale di Dio onnipotente", conclude.

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Il Cardinal Bertone porta la vicinanza del Papa alle vittime del terremoto in Cile
Visita Concepción, una delle zone più colpite
CONCEPCIÓN, domenica, 11 aprile 2010 (ZENIT.org).- Il Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato vaticano, si è recato a Concepción per portare un saluto speciale di Benedetto XVI ai cileni della zona devastata dal terremoto e maremoto che ha provocato numerose vittime e ingenti danni materiali.

Ha anche consegnato un profondo messaggio di speranza, esortando tutti a "rialzarsi", secondo quanto ha reso noto l'Ufficio Comunicazione dell'Arcidiocesi di Concepción.

Il porporato è arrivato da Punta Arenas alle 11.00 del 9 aprile, su un volo speciale. All'aeroporto è stato ricevuto da varie autorità, guidate dall'intendente regionale, Jacqueline Van Rysselberghe, e da monsignor Ricardo Ezzati. Dopo i saluti di protocollo, si è trasferito alla sede centrale dell'Università Cattolica della Santissima Concezione, dove ha vissuto un momento di preghiera nella cappella insieme al Nunzio Apostolico, ai Vescovi di Chillán, Los Ángeles, Valdivia e Villarrica e all'Arcivescovo emerito di Concepción, monsignor Antonio Moreno.

Alle 11.30 il porporato ha presieduto un'Eucaristia su un altare predisposto sul sagrato della Cattedrale di Concepción, gravemente danneggiata dal terremoto. Per accogliere centinaia di persone, è stato allestito un grande tendone. Nella sua omelia, il Cardinal Bertone ha riportato il saluto di Papa Benedetto XVI, segnalando che fin dal primo istante in cui ha avuto notizia del terremoto ha pregato e si è mantenuto costantemente informato sui fatti. Sua Santità, ha precisato, ha affidato alla Madonna la ricostruzione del Paese.

Ha anche esortato a tener sempre viva la fiamma della speranza e ha dedicato uno spazio alla riflessione sul dono del sacerdozio, nel contesto dell'Anno Sacerdotale, chiedendo ai presbiteri di assumere il compito della Chiesa con "una decisa azione missionaria che apra porte e finestre" per motivare quanti si sono allontanati.

Allo stesso modo, ha incoraggiato a costruire sulla roccia viva che è Gesù Cristo e sulla solida speranza del suo amore, e a edificare un mondo più fraterno, giusto e solidale.

Al momento della presentazione dei doni, tre fratelli dell'etnia mapuche hanno portato offerte tipiche della zona di Arauco (un telaio mapuche e cibo); una famiglia di Santa Clara de Talcahuano, che ha perso la casa e si è salvata miracolosamente dal maremoto, ha offerto il trittico della Missione Continentale.

Prima dell'atto di benedizione, monsignor Ricardo Ezzati ha consegnato una croce intagliata in "piedra cruz". "So che sugli uomini di Sua Eminenza pesano molte croci, ma vogliamo consegnarle una croce particolare della nostra zona, di un fiume vicino, il Río Cruces, dove troviamo una pietra caratterizzata dal segno della croce. Vorremmo offrirle questo dono con grande affetto, ma che sia una croce che non pesi sulle sue spalle, ma una piena di luce, di speranza e che accompagni il suo ministero al fianco del Santo Padre".

Il sindaco di Concepción, Patricio Kuhn, gli ha donato un regalo e una pergamena. Dal canto suo, il Cardinale ha offerto un ostensorio per la Cattedrale, accolto dai presenti con un grande applauso.

In seguito, prima di un pranzo con le autorità, c'è stato un breve incontro con la stampa, nel corso del quale il porporato ha lasciato un saluto dicendo: "Alla società cilena, che ripone la sua fiducia nella Chiesa, nei suoi pastori e nelle sue istituzioni in un momento così difficile come quello che vive questo popolo (...). Il Cile si rialza in un momento duro".

"Si nutre di una speranza crescente, che punta alla ricostruzione materiale, ma anche alla ricomposizione della fiducia, dei valori".

"Una tragedia come questa pone sempre grandi domande sulla vita, sui valori, sulla convivenza sociale, sulla nostra immagine di Dio e sulla nostra relazione con Lui. E' toccante constatare l'enorme fede del popolo cileno nei momenti di sofferenza. La Chiesa ha posto tutta la sua rete di parrocchie e comunità al servizio dei più vulnerabili, fornendo accompagnamento spirituale e solidarietà durante l'emergenza, soprattutto attraverso la Caritas".




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La Santa Sede conferma le dimissioni di un Vescovo norvegese per abusi sessuali
Monsignor Georg Mueller, SS.CC., già Vescovo-prelato della prelatura territoriale di Trondheim
CITTA' DEL VATICANO, domenica, 11 aprile 2010 (ZENIT.org).- La Santa Sede ha confermato mercoledì scorso che Benedetto XVI ha accettato le immediate dimissioni di un Vescovo norvegese, accusato di abusi sessuali all'inizio degli anni Novanta.

Padre Federico Lombardi, S.I., direttore della Sala Stampa della Santa Sede, ha confermato in risposta alle domande dei giornalisti le informazioni raccolte nel comunicato dell'amministratore apostolico di Trondheim (Norvegia), monsignor Markus Bernt Eidsvig, relative all'ex Vescovo di Trondheim, monsignor Georg Mueller, SS.CC., che è stato Vescovo-prelato della prelatura territoriale dal 1997 al 2009.

Secondo quanto ha spiegato il portavoce vaticano, "la vicenda riguarda un caso di abuso sessuale di un minore dell'inizio degli anni '90, venuto a conoscenza delle autorità ecclesiastiche nel gennaio del 2009".

"La questione fu affrontata ed esaminata con rapidità tramite la Nunziatura di Stoccolma, per mandato della Congregazione per la Dottrina della Fede - ha reso noto padre Lombardi -. Nel maggio 2009 il Vescovo presentò le dimissioni, che vennero tempestivamente accettate dal Santo Padre, e in giugno lasciò la Prelatura. Si sottopose a un periodo di terapia e non svolge più attività pastorale".

"Dal punto di vista delle leggi civili il caso era prescritto. La vittima, oggi maggiorenne, ha finora sempre chiesto di rimanere anonima", conclude il comunicato del rappresentante vaticano.

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Notizie dal mondo


Bielorussia: l'Arcivescovo Kondrusiewicz incontra il Presidente Lukashenko
ROMA, domenica, 11 aprile 2010 (ZENIT.org).- Martedì 6 aprile, l'Arcivescovo Tadeusz Kondrusiewicz, metropolita di Minsk-Mohilev, ha incontrato il Presidente della Repubblica Bielorussa Aleksandr Lukashenko nell'Arcicattedrale cattolica della Beata Vergine Maria di Minsk.

Il metropolita ha sottolineato l'importanza dell'incontro e ha osservato che nel corso degli ultimi meeting con il Capo di Stato e con Papa Benedetto XVI sono state risolte numerose questioni di grande rilievo.

"Per me è molto importante avere l'opportunità di condurre un dialogo con altre denominazioni, soprattutto con gli ortodossi", ha affermato, come riporta l'agenzia BelTA.

"Siamo fratelli nella fede e condividiamo gli stessi sacramenti, e oggi dobbiamo rispondere insieme alle sfide della nostra epoca, molte delle quali sono minacciose - ha aggiunto -. Se siamo insieme, le nostre voci sono più forti".

L'Arcivescovo Kondrusiewicz ha anche sottolineato che in futuro svilupperà relazioni con altre confessioni: "In molti Paesi occidentali, le maggioranze parlamentari sostengono le unioni omosessuali, l'aborto, l'eutanasia. La vita, tuttavia, è il dono più grande che sia stato fatto all'uomo, e a questo proposito non dobbiamo agire contro la volontà di Dio".

"Sulla questione abbiamo una posizione condivisa dalla Chiesa ortodossa", ha commentato.

In particolare, l'Arcivescovo ha sottolineato il fatto che in Bielorussia le relazioni tra cattolici e ortodossi sono buone, aspetto che a suo avviso sorprende molti stranieri, che chiedono spesso come sia possibile raggiungere un equilibrio tra tutte le confessioni.

Allo stesso modo, ha ricordato che la televisione di Stato bielorussa trasmette Messe dei templi sia cattolici che ortodossi e che i rappresentanti di entrambi i credo assistono a conferenze e ad altri eventi organizzati dalle due Chiese.

Per il presule, "è non solo il risultato delle nostre buone relazioni, ma anche una testimonianza di pace e del fatto che aspiriamo all'unità. La via verso un'unità completa inizia con un piccolo passo, e noi ne abbiamo già fatto uno più grande".

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Sudan: la Caritas chiede elezioni giuste e pacifiche
ROMA, domenica, 11 aprile 2010 (ZENIT.org).- Le elezioni in Sudan devono consolidare la pace e promuovere lo sviluppo, afferma la Caritas. Ulteriori violenze, ricorda in un comunicato, "ritarderebbero il processo di pace, minacciando le operazioni di assistenza, e metterebbero milioni di persone in pericolo di povertà, morte e disperazione".

Le consultazioni elettorali in svolgimento da questa domenica fino al 13 aprile sono le prime pluripartitiche del Sudan dal 1986. Gli osservatori internazionali temono che le rivalità politiche sfocino in situazioni violente, scatenando nuovi scontri tra i vari gruppi etnici.

Alcuni partiti hanno già esortato a boicottare l'appuntamento con le urne e il livello di tensione è molto alto, soprattutto nel sud del Paese.

Un ritorno alla guerra, sottolinea la Caritas, "avrebbe conseguenze funeste, specialmente per i bambini e gli sfollati, una fascia della popolazione già particolarmente vulnerabile a causa di anni di conflitto e povertà".

Padre Pierre Cibambo, responsabile dei collegamenti per l'Africa di Caritas Internationalis, ha affermato che le elezioni "devono essere un passo avanti, per raggiungere una pace duratura e lo sviluppo del Sudan".

"E' imprescindibile assicurare elezioni libere, trasparenti e partecipative. Le disposizioni dell'Accordo Generale di Pace devono essere implementate in modo completo e fedele. Tutte le parti devono astenersi dalla violenza", ha aggiunto.

L'Accordo Generale di Pace del 2005 ha posto fine a decenni di guerra tra il nord e il sud, ma "è necessario un maggiore impegno perché i sudanesi possano vivere con dignità e pace", ricorda la Caritas.

Almeno 2,7 milioni di persone, infatti, continuano ad essere sfollati e devono essere reinseriti nella società.

Nel 2009 il Paese si è anche visto sconvolto da una grave crisi alimentare, che ha fatto sì che più di 2 milioni di bambini soffrissero fame e malnutrizione.

La Caritas è presente in tutto il Sudan. Nel Darfur sta aiutando circa 350.000 persone, comprese 240.000 che hanno perso la casa. L'organizzazione fornisce acqua potabile, assistenza medica, attività di peace-building e mezzi per il sostentamento. Sta anche aiutando circa 58.000 rifugiati sudanesi che vivono in accampamenti nella zona orientale del Ciad.

Nel sud del Sudan, la Caritas distribuisce aiuti alimentari, sementi e strumenti da lavoro a circa 35.000 persone, fino al raccolto 2010, soprattutto nelle zone di Ezo, Tombura e Nagero, troppo pericolose perché vi lavorino altre agenzie umanitarie.

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Le Agostiniane Recollette messicane fondano un monastero in Kenya
La vita contemplativa è "una fonte di benedizioni", dice la Diocesi
CITTA' DEL MESSICO, domenica, 11 aprile 2010 (ZENIT.org).- Le Agostiniane Recollette del Messico hanno avviato la fondazione di un monastero di clausura in Kenya che verrà inaugurato il 28 agosto prossimo. La Diocesi di Lodwar, richiedendo la fondazione, ha affermato che è "una fonte di benedizione per la Diocesi e un esempio di vita spirituale per il popolo turkana".

Madre Adoración Matamoros e suor Guadalupe Jiménez, presidente e segretaria della Federazione delle Monache Agostiniane Recollette del Messico, si sono recate in Kenya il 12 ottobre scorso per concretizzare la fondazione del nuovo monastero.

Le due monache messicane hanno incontrato il Vescovo della Diocesi di Lodwar, monsignor Patrick Joseph Harrington, irlandese appartenente alla Società delle Missioni Africane, e il missionario spagnolo Manuel Hernández, membro della Comunità Missionaria di San Paolo Apostolo e Maria, Madre della Chiesa.

Circa la sua visita in Kenya e alla Diocesi di Lodwar, madre Adoración Matamoros sottolinea, in alcune dichiarazioni sulla pagina web dell'Ordine, di essere rimasta particolarmente colpita "dal sottosviluppo, dall'estrema povertà in cui vive la gente e dalla siccità che si soffre, così come dai grandi sforzi che la Chiesa ha fatto e continua a fare per aiutare a livello spirituale e materiale tutta quella gente della regione turkana. Si considera una prima evangelizzazione, perché avviene da appena quarant'anni".

Il Kenya ha già un altro monastero di Agostiniane Recollette, fondato dalla Federazione Spagnola a Wote e che ha suscitato l'ammirazione di madre Adoración: "E' incoraggiante, perché a tre anni dalla fondazione fioriscono le vocazioni e le giovani religiose sono molto interessate alla loro formazione. Ci ha rallegrato la loro accoglienza cordiale e fraterna. Man mano che il tempo passa, hanno più fiducia nella loro permanenza in quel luogo, superando con fede, decisione e integrità le carenze e le difficoltà che ha ogni fondazione all'inizio".

Sul ruolo della vita contemplativa agostinano-recolletta in Kenya, madre Adoración segnala che "a livello di Chiesa è apprezzata, valorizzata e ritenuta importante per l'evangelizzazione, anche nella Diocesi di Lodwar, dove non esiste alcuna comunità di vita contemplativa. Per questo la desiderano vivamente da tempo, perché sia 'una fonte di benedizione per la Diocesi e un esempio di vita spirituale per il popolo turkana', come hanno dichiarato chiedendo la fondazione".

L'iniziativa è stata presa dopo la visita alla comunità di Wote dei sacerdoti Francisco Andreo García e Manuel Hernández, il primo fondatore, il secondo membro della Comunità Missionaria di San Paolo Apostolo e Maria, Madre della Chiesa. Dopo aver conosciuto le monache, è nato il desiderio di richiedere una fondazione di Agostiniane Recollette per la Diocesi di Lodwar. La Federazione Spagnola non aveva persone, quindi è stato suggerito di ricorrere alle Agostiniane Recollette del Messico. La richiesta formate è stata inviata da monsignor Harrington, Vescovo di Lodwar.

La Diocesi si è offerta di costruire e ammobiliare il monastero per le monache; non con denaro proprio, perché non se ne dispone, ma con sussidi esterni ottenuti per i progetti pastorali. Le monache vivranno temporaneamente con le consorelle di Wote, fino a quando - ad agosto - si trasferiranno nel monastero di Lodwar.

I lavori sono già cominciati con la perforazione di un pozzo dalla portata di 10.000 litri d'acqua all'ora, l'installazione di magazzini sopraelevati, lo steccato di separazione con la scuola, l'allacciamento dell'energia elettrica. In questo mese è previsto l'inizio della costruzione del monastero.

La fondazione conterà su cinque monache di tre comunità federate: tre di Papalotla, una di Cuernavaca e una di Guaraciaba do Norte (Brasile). Sono María Belén Ortiz, Ana María Martínez, Maricela González, Anita Ángel Avilés e Angelina Pérez.

Il monastero si sosterrà con il lavoro manuale delle monache attraverso la produzione di ostie, che per ora nessuno fabbrica, il confezionamento di uniformi per le scuole e il ricamo. Un'altra possibilità è data dalla coltivazione dell'orto. A tutto ciò vanno aggiunte le donazioni sporadiche che si potranno ottenere da alcuni benefattori.

Alla domanda su come viene accettata la vita contemplativa agostiniano-recolletta tra le giovani africane e le loro famiglie, madre Adoración ha risposto che a suo avviso è importante "l'esperienza delle nostre sorelle di Wote, che hanno numerose vocazioni. Deve essere vista, ovviamente, come un dono di Dio per la realizzazione della propria vita, e a questo si deve il fatto che i genitori non si oppongono alla vita consacrata contemplativa, anche se a volte non viene compresa correttamente da alcune persone, che ne ignorano l'origine e la ragion d'essere nella Chiesa".

Monsignor Harrington spera che il monastero venga inaugurato il 28 agosto, visto che le fondatrici hanno scelto come patrono Sant'Agostino, decisione che al Vescovo è sembrata molto calzante perché Agostino era africano, è Dottore della Chiesa e a lui è dedicata la Cattedrale di Lodwar.



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Italia


Riuniti a Roma i "costruttori di civiltà"
I movimenti per la vita mobilitati per dare speranza al mondo

di Antonio Gaspari

ROMA, domenica, 11 aprile 2010 (ZENIT.org).- I delegati di 17 movimenti pro-vita provenienti dai vari continenti insieme a esperti e agli officiali del Pontificio Consiglio per la Famiglia si sono riuniti a Roma il 26 e 27 marzo per fare il punto della situazione e organizzare una campagna coordinata in difesa della vita e della famiglia.

Al seminario di studio hanno partecipato delegati di associazioni leader nelle attività pro-vita, attive in Zimbabwe, Cile, Stati Uniti, Gran Bretagna, Australia, Polonia, Brasile, Argentina, Spagna, Italia, Messico, Venezuela, Francia e Corea del Sud.

Alcuni Paesi, come gli Stati Uniti, erano rappresentati da più associazioni.

Nel ricevere le delegazioni, il Cardinale Ennio Antonelli, presidente del dicastero per la Famiglia, ha detto: "La vostra presenza è segno eloquente del vostro desiderio di collaborare con la Sede Apostolica per la promozione dei valori dell'umanesimo cristiano, dando testimonianza al Signore Gesù, Salvatore dell'uomo, che 'ha fatto risplendere la vita'" (2Tim 1, 10).

Dopo aver precisato che gli interlocutori del Pontificio Consiglio per la Famiglia sono i Vescovi e le Conferenze Episcopali, ma anche le istituzioni cattoliche, le associazioni e i movimenti, il porporato ha ringraziato i movimenti per la "difesa e la promozione della dignità della persona e della sacralità della vita".

Riprendendo le parole dell'Enciclica di Papa Giovanni Paolo II Evangelium vitae, il Cardinale Antonelli ha sottolineato: "Voi siete costruttori di civiltà e motivo di speranza per la Chiesa".

"Voi, come la Santa Sede e i Vescovi, avete il coraggio di andare controcorrente e di denunciare il relativismo, il consumismo, l'edonismo, il libertinismo sessuale e altri aspetti negativi della cultura dominante, che ha il potere economico, politico, mediatico", ha aggiunto.

"A voi onore e gratitudine per il servizio all'uomo e a Dio che svolgete già da molto tempo".

Nell'illustrare le politiche anti-vita portate avanti da alcuni Governi, il presidente del Pontificio Consiglio ha menzionato "il Governo Zapatero, che in Spagna destina 528 milioni di euro per diffondere l'ideologia del 'genere' nell'America Latina", e l'Amministrazione statunitense Obama, che "investe 63 miliardi di dollari per la cosiddetta ‘salute riproduttiva' delle donne nei Paesi in via di sviluppo e per la formazione di una mentalità antinatalista".

"Noi - ha rilevato il Cardinale - non abbiamo né euro né dollari da investire per la causa della vita. Il nostro investimento siete voi: il vostro coraggio, la vostra generosità, la vostra intelligenza."

"Voi - ha precisato - avete la capacità di fare animazione culturale nelle parrocchie, nelle Diocesi, nelle scuole, nei media, di organizzare eventi pubblici di vasta risonanza, di vigilare e incidere sull'attività delle assemblee legislative".

Il presidente del dicastero vaticano si è raccomandato affinché la vitalità e la collaborazione delle associazioni vengano curate instancabilmente con numerose adesioni, con giovani leader e con operatori motivati e competenti nel campo della politica, della comunicazione e della cultura, a livello locale, nazionale, internazionale.

Dopo aver ricordato i documenti di riferimento - l'Esortazione Apostolica "Familiaris consortio" (1981), l'Enciclica "Evangelium vitae" (1995) e l'Istruzione della Congregazione per la dottrina della fede "Dignitas personae" (2008), il porporato ha invitato a battersi per il grande "Sì" alla vita umana in tutta la sua pienezza e solo in secondo piano per i "No", che pure è necessario pronunciare.

"Non dimenticate - ha affermato - di inserire i delitti di aborto e di eutanasia nel più ampio contesto dei molteplici delitti contro tutti i diritti fondamentali dell'uomo, come fa la Evangelium Vitae (EV, 3; 10), in modo da sottrarvi il più possibile alle pretestuose accuse di conservatorismo sociale".

"Cercate di contrastare in anticipo i comportamenti, le iniziative e le leggi eticamente riprovevoli", ha esortato.

In merito alla diffusione delle pillole abortive, il Cardinale Antonelli ha consigliato di "diffondere largamente la conoscenza e la pratica dei metodi naturali di regolazione delle nascite, per prevenire la scelta della contraccezione, che, tra l'altro, allontana dalla fede molte persone e le riempie di rancore verso la Chiesa".

"Per prevenire l'aborto - ha affermato -, occorre promuovere, cercando di ottenere anche adeguati finanziamenti pubblici, il sostegno alla maternità, in nome non solo del diritto alla vita, ma anche del diritto della donna a una effettiva libertà di scelta".

Tra le destinazione del sostegno pubblico, il presidente del Pontificio Consiglio ha proposto centri di ascolto, di accompagnamento e di aiuto, possibilità del parto nell'anonimato e dell'adozione del bambino, contributo in denaro, bonus per i prodotti della prima infanzia, opportunità di lavoro ecc.

In nome della libertà per tutti, del pluralismo culturale e della sussidiarietà sociale, il Cardinale ha poi rivendicato fermamente, sia per le persone che per le istituzioni, il "diritto all'obiezione di coscienza contro l'aborto e l'eutanasia", diritto non ancora riconosciuto in molti Paesi.

A questo proposito, è incoraggiante la vittoria della società cattolica di adozioni "Catholic Care", che in Inghilterra ha ottenuto dall'Alta Corte di non essere obbligata ad applicare l'"Equality Act", che imponeva di concedere l'adozione anche alle coppie omosessuali.

Il presidente del Pontificio Consiglio ha concluso sottolineando che "la fede cristiana non comprime il desiderio di vivere e di essere felici, non frena le energie dell'uomo, non inibisce l'affettività e la sessualità, non ostacola il progresso scientifico, tecnologico ed economico; ma esige che tutto sia orientato al vero bene delle persone e alla comunione tra le persone".

Per questi motivi, ha chiesto, "non esitate ad affermare pubblicamente che la fede cristiana esalta la vita, la sessualità, le attività terrene, conferendo ad esse ‘un di più' di significato e di valore".

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Interviste


La Sindone, "rimando all'amore infinito di Gesù"
Intervista al presidente della Commissione diocesana
di Chiara Santomiero

ROMA, domenica, 11 aprile 2010 (ZENIT.org).- In occasione dell'inizio della Solenne Ostensione 2010 della Sacra Sindone, ZENIT ha chiesto a monsignor Giuseppe Ghiberti, presidente della Commissione diocesana della Sindone, di spiegare il valore religioso per il credente del telo che secondo la tradizione avrebbe avvolto il corpo di Gesù prima della Resurrezione.

Solo una risposta positiva sull'autenticità della Sindone legittima il rapporto religioso tra il credente e questo oggetto?

Monsignor Ghiberti: Il problema della giustificazione del rapporto religioso con la Sindone è avvertito in modo diverso. Non poche persone ritengono che solo la sicurezza della sua autenticità ne legittimi la venerazione da parte dei fedeli. La teoria opposta afferma invece: si tratta di un oggetto da venerare e quindi è autentico.

Entrambe le posizioni non appaiono convincenti. Il rapporto religioso con la Sindone del credente, cioè di una persona che è vissuta in una tradizione nella quale la persona e le vicende della vita di Gesù sono centrali, nasce nel rendersi conto - nel momento in cui si accosta all'immagine sul telo - che c'è una corrispondenza perfetta tra ciò che vede e ciò che dal racconto evangelico ci viene riferito a proposito della Passione di Gesù. Appena si verifica questa consapevolezza, scatta un tipo di rapporto che non è tanto giustificato dall'oggetto in sé, quanto dal rimando che da questo oggetto viene fatto all'altra vicenda.

Si può qualificare come una "funzione da precursore". S. Giovanni Battista affermava riguardo a Gesù: "Lui deve crescere e io diminuire, Lui è lo sposo e io l'amico dello Sposo"; per la Sindone è lo stesso, nella sua povertà è la sua nobiltà perché il suo valore non si esaurisce in ciò che essa è, ma in ciò a cui essa rimanda.

C'è un carattere pre-scientifico in questo tipo di rapporto con la Sindone in quanto, a questo stadio, non ho ancora posto nessuna domanda sulla sua autenticità: ho semplicemente colto il messaggio che ne promana e che consiste in un rimando al racconto evangelico della Passione.

Solo in seguito io domando alla scienza se in quel lenzuolo c'è stato il corpo di Gesù e questo per il mio cuore è importantissimo. Alla scienza sono quindi interessato, ma non ne resto condizionato. Questa forma di ragionamento credo offra l'impostazione esatta e, accettandola, sono molto più libero.

La Sindone svolge, quindi, una funzione ausiliaria per la fede?

Monsignor Ghiberti: Quando si è acquisita quella libertà interiore per cui, comunque vadano le cose - sebbene io sia un "tifoso" dell'autenticità della Sindone! - il risultato non influisce sulla ricezione del messaggio, occorre chiedersi: che cosa significa la Sindone per me, per la pastorale, per la Chiesa?

Le cose sono collegate l'una all'altra. La Sindone non è certamente oggetto di fede, sono altre le verità fondamentali nelle quali credere. Lo ha detto chiaramente anche Giovanni Paolo II in occasione dell'ostensione del 1998. Però mi aiuta a credere, è uno di quei mezzi che il Signore mette nel cammino dei suoi figli per chiamarli a sé. Non è necessario - c'è una quantità di cristiani che si sono fatti santi senza la Sindone, è bastato il Vangelo e la loro coscienza -, ma nello stesso modo in cui il Signore ha disposto che proprio questi fossero i miei genitori e questo fosse il mio cammino nella vita, ha disposto anche che incontrassi la Sindone e, come me, tante persone.

Queste sono sempre di più, forse perché la cultura del nostro tempo ha una maggiore sensibilità verso l'immagine, nonostante sia molto diversa da quelle che vengono celebrate oggi: sebbene dalla dimensioni armoniose della corporatura si può cogliere che quello della Sindone  è un uomo bello, si tratta però di un corpo distrutto dalla tortura.

La gente chiede sempre di poter di stare più tempo davanti alla Sindone poiché in effetti ne ha pochissimo, ma chi può sostarvi davanti a lungo come è capitato a me, deve quasi di sforzarsi di non fuggire perché è una testimonianza di sofferenza indicibile. Il dolore che ne promana, in una civiltà dell' immagine come la nostra, diventa più eloquente di molti discorsi. Giovanni Paolo II, nella stessa occasione disse:  "Non poteva amarci di più".

Icona o reliquia?

Monsignor Ghiberti: Il primo ad usare la terminologia dell'icona è stato il cardinale Ballestrero e lo hanno rimproverato di usare un escamotage, un concetto per evitare di parlare di reliquia nel momento in cui si proclamavano i risultati dell'analisi del carbonio 14 che spostava la datazione della Sindone al Medioevo, così da salvaguardarne la sacralità. Si tratta di una polemica ingiustificata. Quello di icona è un concetto utile non per evitare il problema dell'autenticità, perché anche quando questa fosse dimostrata, non ci sarebbero difficoltà ad usarlo. Semmai il problema è oggi poter usare il concetto di reliquia, cioè di oggetto che avrebbe avuto contatto con Gesù.

Nel gioco tra i due concetti, quello di icona ha qualcosa in più e qualcosa in meno. In più ha il vantaggio di non doversi esprimere riguardo al contatto fisico con il corpo di Gesù - senza negarlo, non si pronuncia su questo aspetto -; in meno, si avverte come un concetto un po' più lontano. Il concetto di reliquia ha lo svantaggio di anticipare, nel sentire comune, conclusioni che non ci sono state ancora date. Anche se in un'accezione ampia del termine, reliquia può indicare qualcosa che ha avuto riferimento con un santo ma senza necessariamente un contatto fisico. In questo senso, è un termine che si può utilizzare anche per la Sindone, specificando il significato con il quale lo si usa.

La teologia dell'icona ha una grande densità di significato in quanto esprime, secondo la tradizione dell'uso che ha avuto nella Scrittura e nella cristianità antica, il concetto di una somiglianza che tende addirittura all'identificazione con il punto di partenza.

Si può dire che questa incertezza sull'autenticità della Sindone ha in sé una funzione educativa che Dio offre ai credenti?

Monsignor Ghiberti: E' uno degli aspetti della povertà che è caratteristica del mistero dell'Incarnazione. Se qualcosa ci dice questo mistero è il nascondimento della divinità nella corporeità, l'aspetto più tangibile della presenza di una persona umana. Nel darci la Sindone come aiuto alla fede ma senza liberarlo dalle incertezze scientifiche, Dio ci invita a concentrarci sull'essenziale del messaggio che è il rimando a suo Figlio, incarnato in un corpo, morto e resuscitato. Anche la povertà del segno è nello stile di Gesù che si serve di strumenti "deboli" per convertire i cuori.

Da una parte c'è il milione e mezzo di pellegrini prenotati per l'ostensione, dall'altra c'è scetticismo verso la Sindone tra molti credenti: perché nell'incertezza è più facile credere che non sia autentica piuttosto che il contrario?

Monsignor Ghiberti: Bisognerebbe chiedersi se molti credenti credano davvero a verità di fede come la Resurrezione e la presenza reale di Gesù nell'Eucarestia.  E' molto difficile quando si tratta di accogliere bene in coscienza  i contenuti di queste affermazioni  fondamentali della fede, dire "io credo". Anche alcuni che vanno in chiesa regolarmente pensano forse che siano modi di dire.

L'aspetto dello straordinario, man mano che si procede negli anni, diventa qualcosa che invita a relativizzare; ognuno vive una quantità di esperienze che non recano in sé lo straordinario e ciò che non è passato nella mia esperienza lo metto facilmente tra parentesi o lo escludo. Qualcosa di analogo avviene con la fede. Nel momento in cui sento l'invito a credere, se dico di sì, so che è un invito ad andare al di là, solo che man mano che il tempo passa, lo tiro in qua il cuore che avevo buttato al di là. Quando, come alla mia età, si avvicinano i momenti conclusivi della vita, il pensiero di un futuro nel quale questa mia realtà ha una trasformazione beatificante non è facile da confermare e da accettare. Credere è un processo di conquista che ha le sue difficoltà e le sue gioie a tutte le età e non mi stupisce che riguardo alla Sindone capiti qualcosa di analogo. E' più preoccupante per le verità di fede. La Sindone posso metterla tra parentesi: magari faccio male perché perdo un aiuto, ma il Signore non mi chiederà conto di questo come mi chiederà se ho rinunciato a una o più verità di fede. Si tratta però di ambiti che presentano delle somiglianze. Sta accadendo che ciò che serve per la fede ha le stesse difficoltà che ha la fede stessa di essere accettata.

Che cosa raccomandare ai pellegrini, quale atteggiamento, come accostarsi a questo mistero?

Monsignor Ghiberti: Per lasciarsi sorprendere da questa realtà bisogna impegnarsi per il silenzio, rinunciare ai commenti, vivere questo momento in modo personale. Bisogna inoltre curare la preparazione, non arrivare del tutto sprovveduti.

Affinché non si limiti a una semplice emozione, c'è la possibilità di fermarsi nella cappella dell'adorazione e nella penitenzieria per un momento di adorazione o per la confessione. Molti rientrano dal portone centrale del duomo per soffermarsi davanti alla Sindone con più calma, sebbene da lontano.

Si tratta di cogliere un rimando all'amore infinito di Gesù: questo è il messaggio che sta al di sopra di tutte le considerazioni possibili.



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Parola e vita


Pasqua: l'autogol dell'autore della morte
II Domenica di Pasqua, 11 aprile 2010
di padre Angelo del Favero*

ROMA, domenica, 11 aprile 2010 (ZENIT.org).- "La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: "Pace a voi!". Detto questo mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: "Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, così anch'io mando voi". Detto questo soffiò e disse loro: "Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati".

Tommaso, uno dei dodici, chiamato Didimo, non era con loro quando venne Gesù.

Gli dicevano gli altri discepoli: "Abbiamo visto il Signore!". Ma egli disse loro: "Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo".

Otto giorni dopo i discepoli erano ancora in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: "Pace a voi!". Poi disse a Tommaso: "Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!". Gli rispose Tommaso: "Mio Signore e mio Dio!". Gesù gli disse: "Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!".(Gv 20,19-29).

"Rendete grazie al Signore perché è buono: eterna è la sua misericordia. Lo dica Israele: "Eterna è la sua misericordia". Lo dica la casa di Aronne: "Eterna è la sua misericordia". Lo dica chi teme il Signore: "Eterna è la sua misericordia"" (Salmo 118/117, 1-4).

 

Oggi, II Domenica di Pasqua, la Chiesa desidera esaltare la smisurata Misericordia di Dio verso tutti gli uomini, manifestata nel mistero pasquale.

E' questa la volontà stessa del Fondatore e Capo della Chiesa, confidata nel 1931 ad un'umile suora polacca ed attuata da Giovanni Paolo II il 5 maggio 2000, mediante il Decreto che questa Domenica sia chiamata: "Domenica della Divina Misericordia".

In vero, ogni Domenica dell'anno merita questo titolo, poiché il mirabile sacramento dell'Eucaristia è memoriale perenne di quell'eterna Misericordia che è la Pasqua del Signore: "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui" (Gv 3,16-17).

Ecco dunque la situazione dell'umanità: il malato terminale (il mondo intero) ha ora a sua inesauribile disposizione il farmaco salva-vita...eppure, mentre sprofonda nel baratro della morte, rifiuta assurdamente l'elisir  dell'immortalità, scaturito dal cuore aperto del Signore crocifisso e risorto.

Lo sguardo della fede, tuttavia, è in grado di vedere quello che Benedetto XVI ha annunciato "Urbi et orbi" nel giorno di Pasqua: "la Risurrezione di Cristo è un avvenimento che ha modificato l'orientamento profondo della storia, sbilanciandola una volta per tutte dalla parte del bene, della vita, del perdono" (Messaggio di Pasqua 2010).

In una parola ed oltre le apparenze: tale sguardo illuminato riesce a vedere come attraverso uno spiraglio, la Misericordia di Dio che ovunque opera nel mondo.

In certo qual modo, la vede come la videro gli occhi di suor Faustina Kowalska, a Wilno, il 10.10.1934. Ecco il suo racconto: "Quel venerdì, dieci minuti prima delle sei, rientravo dal giardino con le alunne per la cena. Ed ecco Gesù, al di sopra della nostra cappella, in quel medesimo aspetto con cui è dipinto sull'immagine. I due raggi che gli uscivano dal petto coprivano la nostra cappella con l'adiacente infermeria. Poco dopo li vidi cingere la città intera, lentamente diffondendosi sempre più lontano, su tutto il mondo. La visione durò quattro minuti circa, poi scomparve" (Carlo Vivaldelli, "Scoprire la Misericordia", p. 98).

E' significativo che la santa polacca "abbia visto questo Figlio come Dio misericordioso, contemplandolo però non tanto sulla croce, quanto piuttosto nella successiva condizione di Risorto nella gloria. Ella ha perciò collegato la sua mistica della Misericordia con il mistero della Pasqua, in cui Cristo si presenta vittorioso sul peccato e sulla morte (cfr Gv 20,19-23)" (G.P.II, "Memoria e identità", p. 70).

Un collegamento che l'immagine di "Gesù-confido-in-te", diffusa in tutto il mondo, consente di fare ad ognuno che si inginocchi a contemplarla con la fede dei piccoli.

Approfondiamo allora la conoscenza di questa Divina Misericordia.

La sua essenza può essere definita come "Amore materno e fedele", unificando così i due significati biblici di hesed (fedeltà) e rahamin (grembo materno gravido), tradotti con "amore, misericordia".

Scrive Giovanni Paolo II: "Di questo amore si può dire che è totalmente gratuito, non frutto di merito, è un'esigenza del cuore...genera una gamma di sentimenti, tra i quali la bontà e la tenerezza, la pazienza e la compassione, cioè la prontezza a perdonare. L'A.T. attribuisce al Signore, appunto, tali caratteri, quando parla di lui servendosi del termine rahamin.

Leggiamo in Isaia: "Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi del frutto del suo seno? Anche se ci fosse una donna che si dimenticasse, io non ti dimenticherò mai" (Is 49,15)" (cfr Enciclica "Dives in Misericordia", n.4, nota 52).

Gesù è l'incarnazione della divina Misericordia, il Frutto del seno di Maria disceso in lei dal Seno del Padre (Gv 1,18).

Scrive suor Faustina: "L'amore è il fiore e la Misericordia il frutto...dall'Amore nasce la Misericordia. Dio è Amore e la sua azione è Misericordia. Dovunque io guardi, tutto mi parla di Misericordia e l'ultima ora della nostra vita ne trabocca. La Misericordia è più forte d'ogni possibile miseria. Basta che il peccato apra al raggio divino uno spiraglio, Dio poi fa il resto." (C.V., op. cit., p.42-43).

Un semplice spiraglio di umiltà per non soffocare!

"Quanto bisogno della Misericordia di Dio ha il mondo di oggi! In tutti i continenti, dal profondo della sofferenza umana, sembra alzarsi l'invocazione della Misericordia. Dove dominano l'odio e la sete di vendetta, dove la guerra porta il dolore e la morte degli innocenti occorre la grazia della Misericordia a placare le menti e i cuori, e a far scaturire la pace. Dove viene meno il rispetto per la vita e la dignità dell'uomo, occorre l'amore misericordioso di Dio, alla cui luce si manifesta l'inesprimibile valore di ogni essere umano. Occorre la Misericordia per far sì che ogni ingiustizia nel mondo trovi il suo termine nello splendore della verità" (Giovanni Paolo II, Omelia a Lagiewniki, nella dedicazione del Santuario della Divina Misericordia, 17 agosto 2002).

Perciò non facciamoci ingannare né scoraggiare dalle apparenze, e volgiamo piuttosto lo sguardo a "Colui che hanno trafitto" (Gv 19,37), vivo in mezzo a noi. Ecco infatti rivelata ed operante in Lui l'inconcepibile Misericordia di Dio: per assicurare al mondo lo spiraglio necessario al raggio divino per compiere la sua opera di salvezza, uno spiraglio che mai possa essere obliterato dal peccato, l'innocente Figlio di Dio, ha voluto farsi squarciare il cuore dal peccato, in modo da riversare per sempre sull'intera umanità un'onda di Misericordia travolgente.

Ascoltiamo ancora Giovanni Paolo II, sul Vangelo di oggi:

"La nostra attenzione si sofferma sul gesto del Maestro, che trasmette ai discepoli timorosi e stupefatti la missione di essere ministri della divina Misericordia. Gesù affida ad essi il dono di "rimettere i peccati", dono che scaturisce dalle ferite delle sue mani, dei suoi piedi, e soprattutto del suo costato trafitto. Di là un'onda di Misericordia si riversa sull'intera umanità.

Anche a noi quest'oggi il Signore mostra le sue piaghe gloriose e il suo cuore, fontana inesausta di luce e di verità, di amore e di perdono. Attraverso il mistero di questo cuore ferito, non cessa di spandersi anche sugli uomini e sulle donne della nostra epoca, il flusso ristoratore dell'amore misericordioso di Dio. "Gesù, confido in Te". Un semplice atto d'abbandono basta ad infrangere le barriere del buio e della tristezza, del dubbio e della disperazione. I raggi della tua divina misericordia ridanno speranza, in modo speciale, a chi si sente schiacciato dal peso del peccato". (G.P.II, Omelia nella II Domenica di Pasqua, 22/4/2001).

Il primo di costoro è stato l'apostolo Pietro, il quale, dopo aver rinnegato tre volte il maestro amato, non ha rifiutato il suo sguardo misericordioso.

Senza mezzi termini, a Pasqua Pietro accusa gli Israeliti nel tempio: "Avete ucciso l'autore della vita.." (At 3,15); tuttavia, con la stessa misericordia che Gesù ha avuto per lui li chiama "fratelli", e prosegue con bontà: "io so che avete agito per ignoranza.." (v.17).

Riconosciamo con l'apostolo che il peccato contro la Vita è al centro del mistero dell'iniquità, e perciò stesso anche del mistero della Redenzione.

Gesù è "la vita" ed è "l'autore" della vita; è Colui che la concepisce nel grembo come per un tocco di Sé, e la fa "aumentare", crescere e sviluppare verso un sempre-di-più che è ancora Lui: "Io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza" (Gv 10,10).

Egli ha il potere di sconfiggere l'autore della morte, il diavolo, le cui opere è venuto a distruggere.

Così "nella fede in Gesù, la vita che giace abbandonata e implorante ritrova consapevolezza di sé e dignità piena" (Evangelium vitae, n.32).

Mentre lo uccidevano, Gesù implorava: "Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno" (Lc 23,34), e il Padre lo ha esaudito appena morto, quando satana stesso, dopo aver indotto il soldato all'estremo oltraggio del colpo di lancia,  ha permesso che ne scaturissero subito "sangue e acqua" (Gv 19,34), come ondata di Misericordia perenne che ridona la vita al mondo intero.

* Padre Angelo del Favero, cardiologo, nel 1978 ha co-fondato uno dei primi Centri di Aiuto alla Vita nei pressi del Duomo di Trento. E' diventato carmelitano nel 1987. E' stato ordinato sacerdote nel 1991 ed è stato Consigliere spirituale nel santuario di Tombetta, vicino a Verona. Attualmente si dedica alla spiritualità della vita nel convento Carmelitano di Bolzano, presso la parrocchia Madonna del Carmine.

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Regina Caeli


Benedetto XVI: la domenica della Misericordia di Dio
Recita il "Regina Caeli" con fedeli e pellegrini
CASTEL GANDOLFO, domenica, 11 aprile 2010 (ZENIT.org).- Riportiamo le parole pronunciate questa domenica da Benedetto XVI durante la recita del Regina Caeli insieme ai pellegrini riuniti nel cortile del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo e, via televisione, ai presenti in Piazza San Pietro in Vaticano.

* * *



Cari fratelli e sorelle!

L'odierna domenica conclude l'Ottava di Pasqua, come un unico giorno "fatto dal Signore", contrassegnato con il distintivo della Risurrezione e della gioia dei discepoli nel vedere Gesù. Fin dall'antichità questa domenica è detta "in albis", dal nome latino "alba", dato alla veste bianca che i neofiti indossavano nel Battesimo la notte di Pasqua e deponevano dopo otto giorni. Il Venerabile Giovanni Paolo II ha intitolato questa stessa domenica alla Divina Misericordia, in occasione della canonizzazione di Suor Maria Faustina Kowalska, il 30 aprile del 2000.

Di misericordia e di bontà divina è ricca la pagina del Vangelo di san Giovanni (20,19-31) di questa Domenica. Vi si narra che Gesù, dopo la Risurrezione, visitò i suoi discepoli, varcando le porte chiuse del Cenacolo. Sant'Agostino spiega che "le porte chiuse non hanno impedito l'entrata di quel corpo in cui abitava la divinità. Colui che nascendo aveva lasciata intatta la verginità della madre poté entrare nel cenacolo a porte chiuse" (In Ioh. 121,4: CCL 36/7, 667); e san Gregorio Magno aggiunge che il nostro Redentore si è presentato, dopo la sua Risurrezione, con un corpo di natura incorruttibile e palpabile, ma in uno stato di gloria (cfr Hom. in Evag., 21,1: CCL 141, 219). Gesù mostra i segni della passione, fino a concedere all'incredulo Tommaso di toccarli. Come è possibile, però, che un discepolo possa dubitare? In realtà, la condiscendenza divina ci permette di trarre profitto anche dall'incredulità di Tommaso oltre che dai discepoli credenti. Infatti, toccando le ferite del Signore, il discepolo esitante guarisce non solo la propria, ma anche la nostra diffidenza.

La visita del Risorto non si limita allo spazio del Cenacolo, ma va oltre, affinché tutti possano ricevere il dono della pace e della vita con il "Soffio creatore". Infatti, per due volte Gesù disse ai discepoli: "Pace a voi!", e aggiunse: "Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi". Detto questo, soffiò su di loro, dicendo: "Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati". È questa la missione della Chiesa perennemente assistita dal Paraclito: portare a tutti il lieto annuncio, la gioiosa realtà dell'Amore misericordioso di Dio, "perché - come dice san Giovanni - crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome" (20,31).

Alla luce di questa parola, incoraggio, in particolare, tutti i Pastori a seguire l'esempio del santo Curato d'Ars, che, "nel suo tempo, ha saputo trasformare il cuore e la vita di tante persone, perché è riuscito a far loro percepire l'amore misericordioso del Signore. Urge anche nel nostro tempo un simile annuncio e una simile testimonianza della verità dell'Amore" (Lettera di indizione dell'Anno Sacerdotale). In questo modo renderemo sempre più familiare e vicino Colui che i nostri occhi non hanno visto, ma della cui infinita Misericordia abbiamo assoluta certezza. Alla Vergine Maria, Regina degli Apostoli, chiediamo di sostenere la missione della Chiesa, e La invochiamo esultanti di gioia: Regina Caeli...

[Il Papa ha poi salutato i pellegrini in diverse lingue. In Italiano ha detto:]

Come tutti sappiamo, ieri si è verificato il tragico incidente aereo a Smolensk in cui sono periti il Presidente della Polonia, Signor Lech Kaczynski, la moglie, diverse alte Autorità dello Stato polacco e tutto il seguito, compreso l'Arcivescovo Ordinario Militare. Nell'esprimere il mio profondo cordoglio, assicuro di cuore la preghiera di suffragio per le vittime e di sostegno per l'amata Nazione polacca.

Ieri ha avuto inizio a Torino la solenne ostensione della sacra Sindone. Anch'io, a Dio piacendo, mi recherò a venerarla il prossimo 2 maggio. Mi rallegro per questo evento, che ancora una volta sta suscitando un vasto movimento di pellegrini, ma anche studi, riflessioni e soprattutto uno straordinario richiamo verso il mistero della sofferenza di Cristo. Auspico che questo atto di venerazione aiuti tutti a cercare il Volto di Dio, che fu l'intima aspirazione degli Apostoli, come anche la nostra.

Rivolgo uno speciale saluto ai pellegrini convenuti a Roma in occasione dell'odierna Domenica della Divina Misericordia. Benedico tutti di cuore, in particolare gli animatori del Centro di Spiritualità di Santo Spirito in Sassia: che l'immagine di Gesù Misericordioso, cari amici, risplenda in voi, nella vostra vita!

Saluto con affetto i pellegrini di lingua italiana, presenti sia qui, sia in Piazza San Pietro: i numerosi giovani dell'UNITALSI, che incoraggio nella loro opera di volontariato; l'Unione dell'Apostolato Cattolico, fondata da un grande prete romano, san Vincenzo Pallotti; il Movimento dell'Amore Familiare, i cui membri questa notte hanno vegliato in preghiera per il Papa e per la Chiesa - grazie! -; le Misericordie d'Italia, che traducono la misericordia evangelica in servizio sociale; e infine i cresimandi di Statte e i fedeli di Pordenone. A tutti, e in modo particolare agli abitanti di Castel Gandolfo, auguro una buona domenica.

[© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana]

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La risposta ai casi di abusi sessuali
Analisi di padre Federico Lombardi S.I.
CITTA' DEL VATICANO, domenica, 11 aprile 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo l'analisi di padre Federico Lombardi, S.I., direttore della Sala Stampa vaticana, dal titolo "Dopo la Settimana Santa, tenere la rotta", diffusa dalla "Radio Vaticana".

* * *


Il dibattito sugli abusi sessuali, e non solo del clero, procede tra notizie e commenti di vario tenore. Come navigare in queste acque agitate conservando una rotta sicura, rispondendo all'evangelico "Duc in altum - Prendi il largo" ?

Anzitutto continuando a cercare la verità e la pace per gli offesi. Una delle cose che colpisce di più è che vengono oggi alla luce tante ferite interiori che risalgono anche a molti anni addietro - a volte di diversi decenni -, ma evidentemente ancora aperte. Molte vittime non cercano compensi economici, ma aiuto interiore, un giudizio nella loro dolorosa vicenda personale. C'è qualcosa che va ancora capito veramente. Probabilmente dobbiamo fare un'esperienza più profonda di eventi che così negativamente hanno inciso nella vita delle persone, della Chiesa e della società. Ne sono un esempio, a livello collettivo, l'odio e le violenze dei conflitti fra i popoli, che vediamo così difficili da superare in una vera riconciliazione. Gli abusi feriscono a livello personale profondo. Per questo hanno fatto bene quegli episcopati che hanno ripreso con coraggio lo sviluppo delle vie e dei luoghi di libera espressione delle vittime e del loro ascolto, senza dare per scontato che il problema fosse già stato affrontato e superato con i centri d'ascolto già istituiti tempo fa, come pure quegli episcopati o singoli vescovi che con paterno tratto danno attenzione spirituale, liturgica e umana alle vittime. Pare accertato che il numero delle nuove denunce riguardanti gli abusi, come sta avvenendo negli Stati Uniti, diminuisce, ma il cammino del risanamento in profondità per molti comincia solo ora e per altri deve ancora cominciare. Nel contesto dell'attenzione alle vittime, il Papa ha scritto di essere disponibile a nuovi incontri con esse, coinvolgendosi nel cammino di tutta la comunità ecclesiale. Ma è un cammino che per raggiungere effetti profondi deve ancor di più svolgersi nel rispetto delle persone e alla ricerca della pace.

Accanto all'attenzione per le vittime bisogna, poi, continuare ad attuare con decisione e veracità le procedure corrette del giudizio canonico dei colpevoli e della collaborazione con le autorità civili per quanto riguarda le loro competenze giudiziarie e penali, tenendo conto delle specificità delle normative e delle situazioni nei diversi paesi. Solo così si può pensare di ricostituire effettivamente un clima di giustizia e la piena fiducia nell'istituzione ecclesiale. Si è dato il caso che diversi responsabili di comunità o di istituzioni, per inesperienza o impreparazione, non hanno pronti e presenti quei criteri che possono aiutarli ad intervenire con determinazione anche quando ciò può essere per loro molto difficile o doloroso. Ma, mentre la legge civile interviene con norme generali, quella canonica deve tener conto della particolare gravità morale della prevaricazione della fiducia riposta nelle persone con responsabilità nella comunità ecclesiale e della flagrante contraddizione con la condotta che dovrebbero testimoniare. In questo senso, la trasparenza e il rigore si impongono come esigenze urgenti di una testimonianza di governo saggio e giusto nella Chiesa.

In prospettiva, la formazione e la selezione dei candidati al sacerdozio, e più generalmente del personale delle istituzioni educative e pastorali, sono la premessa per un'efficace prevenzione di abusi possibili. Quella di giungere a una sana maturità della personalità, anche dal punto di vista della sessualità, è sempre stata una sfida difficile; ma oggi lo è ancor di più, anche se le migliori conoscenze psicologiche e mediche vengono in grande aiuto alla formazione spirituale e morale. Qualcuno ha osservato che la maggiore frequenza degli abusi si è verificata nel periodo più caldo della "rivoluzione sessuale" degli scorsi decenni. Nella formazione bisogna fare i conti anche con questo contesto e con quello più generale della secolarizzazione. In fondo si tratta di riscoprire e riaffermare senso e importanza del significato della sessualità, della castità e delle relazioni affettive nel mondo di oggi, in forme molto concrete e non solo verbali o astratte. Quale fonte di disordine e sofferenza può essere la sua violazione o sottovalutazione! Come osserva il Papa scrivendo agli irlandesi, una vita cristiana e sacerdotale può rispondere oggi alle esigenze della sua vocazione solo alimentandosi veramente alle sorgenti della fede e dell'amicizia con Cristo.

Chi ama la verità e l'obiettiva valutazione dei problemi saprà cercare e trovare le informazioni per una comprensione più complessiva del problema della pedofilia e degli abusi sui minori nel nostro tempo e nei vari Paesi, comprendendone l'estensione e la pervasività. Potrà così capire meglio in che misura la Chiesa cattolica condivide problemi non solo suoi, in che misura questi presentano per essa una gravità particolare e richiedano interventi specifici, e infine in che misura l'esperienza che la Chiesa va facendo in questo campo possa diventare utile anche per altre istituzioni o per l'intera società. Su questo aspetto ci sembra in verità che i media non abbiano ancora lavorato a sufficienza, soprattutto nei paesi in cui la presenza della Chiesa ha maggior rilevanza, e su cui quindi si appuntano più facilmente gli strali della critica. Ma documenti quali il rapporto nazionale USA sul maltrattamento dei bambini meriterebbero di essere maggiormente conosciuti per capire quali siano i campi di urgente intervento sociale e le proporzioni dei problemi. Nel solo 2008 negli USA sono stati identificati oltre 62.000 attori di abusi su minori, mentre il gruppo dei sacerdoti cattolici è così piccolo da non essere neppure preso in considerazione come tale.

L'impegno per la protezione dei minori e dei giovani è quindi un campo di lavoro immenso e inesauribile, che va ben aldilà del problema riguardante alcuni membri del clero. Coloro che vi dedicano con sensibilità, generosità e attenzione le loro forze meritano gratitudine, rispetto e incoraggiamento da parte di tutti e in particolare delle autorità ecclesiali e civili. Il loro contributo è essenziale per la serenità e la credibilità del lavoro educativo e di formazione della gioventù nella Chiesa e fuori di essa. Giustamente il Papa ha avuto per loro parole di alto apprezzamento nella lettera per l'Irlanda, ma pensando naturalmente a un orizzonte assai più largo.

Infine, il Papa Benedetto XVI, guida coerente sulla via del rigore e della veracità, merita tutto il rispetto e il sostegno di cui gli giungono ampie testimonianze da ogni parte della Chiesa. Egli è un Pastore all'altezza per affrontare con alta rettitudine e sicurezza questo tempo difficile, in cui non mancano critiche e insinuazioni infondate; senza pregiudizio va affermato che Egli è un Papa che ha parlato molto della Verità di Dio e del rispetto della verità, divenendone un testimone credibile. Lo accompagniamo e impariamo da lui la costanza necessaria per crescere nella verità, nella trasparenza, continuando a tenere ampio l'orizzonte sui gravi problemi del mondo, rispondendo con pazienza allo stillicidio di "rivelazioni" parziali o presunte che cercano di logorare la credibilità sua o di altre istituzioni e persone della Chiesa. Di questo paziente e fermo amore della verità abbiamo bisogno nella Chiesa, nella società in cui viviamo, nel comunicare e nello scrivere, se vogliamo servire e non confondere i nostri contemporanei.

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