Bolivia: Schiavitu' e latifondismo la piaga continua a caratterizzare il paese andino
La Paz (dal nostro inviato), 23 giu.- L'attenzione dei media boliviani si sta focalizzando in quella che, probabilmente, si rivelerà essere una data storica per il paese. Il 10 Agosto, infatti, i boliviani voteranno il referendum, convocato dal Presidente della Repubblica Morales, con il quale si deciderà se il mandatario potrà portare a termine il suo lavoro, o, in caso contrario, si convocheranno nuove elezioni. Ma le difficoltà che attraversa il paese nella suo quotidianità sono notevoli e non dipendono solamente da questo governo. La crescita dei prezzi degli alimenti a livello mondiale ha portato la canasta basica a livelli difficilmente sostenibili dalla gran parte della popolazione.
Oltre a ciò, però, c'è un tema fondamentale, che i mezzi di comunicazione controllati dall'opposizione autonomista cercano di congelare costantemente: quello della schiavitù. Da qualche giorno ormai circola un rapporto elaborato dalla Corte Interamericana dei Diritti Umani (CIDH), organismo dipendente dalla Organizzazione degli Stati Americani (OEA), che conferma l'esistenza di migliaia di famiglie indigene guarani (terza etnia indigena boliviana per numero) che vivono in condizione di servitù per debiti, modo come un altro per esprimere che queste famiglie quotidianamente sono forzate a lavorare gratuitamente, in diverse regioni del paese. In sostanza sono schiave di grandi latifondisti.
Questo rapporto, elaborato tra il 9 ed il 13 Giugno, in completa autonomia, da una delegazione della CIDH capeggiata da Luz Patricia Mejía e da Victor Abramovich, ha constatato che non solo esistono ma si sono aggravate le condizioni di servitù nella quale vivono le famiglie guarani dell'area del Chaco, nei dipartimenti di Santa Cruz, Chuquisaca e Tarija. La commissione ha confermato l'estrema volatilità dei diritti della popolazione guarani a causa dell'esistenza di poteri forti che agiscono violandoli costantemente, in un quadro di impunità dovuto all'assenza sostanziale dello Stato e all'inefficienza delle istituzioni giudiziarie, in primo luogo la Fiscalia.
In questo contesto va riconosciuto al governo, fin dall'inizio della Presidenza Morales, il merito di portare avanti la redistribuzione della terra espropriata alle popolazioni indigene durante le dittature militari e svendute a grandi proprietari terrieri. Già milioni di ettari sono stari redistribuiti soprattutto alle popolazioni quechua e guarani; incontrando la durissima opposizione dei latifondisti.
L'invito della CIDH è rivolto allo Stato Boliviano affinchè accresca la sua presenza istituzionale nella regione, al fine di applicare la legge di riforma agraria del 1953 che bandì la schiavitù, e di garantire i diritti fondamentali alle comunità native, che ancora oggi continuano a soffrire forte discriminazione.
"Questo rapporto denuncia l'esistenza di regimi di convivenza arbitraria in pieno secolo XXI, mali che devono essere eliminati immediatamente dal governo e dall'opposizione", ha dichiarato Waldo Albarracín, il difensore del popolo. Da parte dei grandi latifondisti del paese non c'è stata nessuna reazione al rapporto: nè la Confederazione degli allevatori di Bolivia, nè quella di Tarija, nè quelle del Beni e del Chaco hanno commentato il rapporto. Le loro televisioni hanno cercato in tutti i modi di trascurare la denuncia. L'unica reazione ufficiale è stata quella del presidente della brigata parlamentare di Santa Cruz, Pablo Klinsky, del partito di destra Podemos, che ha screditato il rapporto che "classifica i cruceños come schiavisti ed è stato elaborato dall'OEA, controllata da Chavez".
Il governo, attraverso il viceministro di Giustizia Comunitaria Valentin Ticona, ha annunciato che non è tollerabile nel XXI secolo l'esistenza di queste situazioni e, come azione a realizzarsi, prevede la creazione di otto centri Iyambae, che in lingua quechua significa "voglio essere libero", dove le popolazioni guarani potranno essere informate sui propri diritti e seguire corsi di formazione tecnica, con lo scopo di formare micro imprese che possano liberarli dalla schiavitù e dal patronato.Allo stesso tempo, il direttore generale dell'Istituto Nazionale della Riforma Agraria (INRA), Juan de Dios Fernandez, ha dichiarato che dove saranno provati casi di schiavitù la terra sarà presa in gestione dallo stato.
Spetta al governo porre in pratica queste azioni, al fine di eliminare questa piaga che funesta il paese andino.
Nicola Momentè
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