martedì 13 aprile 2010

[ZI100413] Il mondo visto da Roma

ZENIT

Il mondo visto da Roma

Servizio quotidiano - 13 aprile 2010

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A Malta il Papa potrebbe incontrare alcune vittime di abusi
Anche se il Vaticano non conferma questa possibilità

CITTA' DEL VATICANO, martedì, 13 aprile 2010 (ZENIT.org).- Benedetto XVI potrebbe ricevere alcune vittime di abusi sessuali a Malta, secondo quanto ha reso noto il portavoce vaticano questo martedì in un briefing per presentare la visita del Papa nell'isola il 17 e il 18 aprile.

Padre Federico Lombardi S.I., direttore della Sala Stampa della Santa Sede, a domande specifiche sull'eventualità di un incontro simile a quelli già avvenuti negli Stati Uniti (aprile 2008) e in Australia (luglio 2008) ha risposto di non poter fare annunci in proposito.

Ha aggiunto tuttavia di non poter escludere questa ipotesi, chiarendo anche che, se ciò dovesse accadere, avverrà “in un clima di raccoglimento e di riflessione, non sotto una pressione di carattere mediatico”.

“Il tempo è molto breve e il programma intenso – ha aggiunto –. Anche le altre volte ho informato la stampa, sia a Washington sia a Sydney, a incontro avvenuto. Se non ci sarà vuol dire che l’intenzione del Papa di avere incontri troverà altri modi di esprimersi”.

Il direttore della Sala Stampa ha anche chiarito come la Santa Sede non nutra particolari preoccupazioni dopo che alcune vittime di abusi hanno minacciato manifestazioni di protesta a Malta.

“Queste cose fanno sempre notizia, ma bisogna vederne la proporzione. Partiamo con piena serenità, sapendo di andare in un Paese con grande tradizione di amicizia per il Santo Padre”, ha aggiunto.

Si tratta del 14° viaggio internazionale di Benedetto XVI, l’ottavo nel continente europeo, che metterà al centro le radici cristiane dell'Europa nel 1950° anniversario del naufragio dell’Apostolo Paolo sull’isola del Mediterraneo.

I momenti principali della visita saranno la preghiera alla Grotta di Rabat, la Messa nella cittadina di Floriana e l’incontro con i giovani a La Valletta.

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Il Cardinal Bertone annuncia iniziative del Papa contro la pederastia
In una conferenza stampa in Cile

SANTIAGO, martedì, 13 aprile 2010 (ZENIT.org).- Secondo quanto ha annunciato in Cile il Segretario di Stato di Benedetto XVI, il Cardinale Tarcisio Bertone SDB, il Papa prenderà delle iniziative per affrontare gli atti di pederastia commessi dai membri della Chiesa e “non smetterà di sorprenderci”.

Nel corso di una conferenza stampa concessa questo lunedì al Seminario Pontificio di Santiago, il porporato, che a nome del Santo Padre sta compiendo in questi giorni una visita al Paese flagellato dal terremoto, ha affermato: “Credo che il Papa prenderà anche altre iniziative. Non posso anticipare nulla, ma si sta pensando ad altre iniziative. Non smetterà di sorprenderci con le misure su questo tema specifico”.

Secondo il porporato, “anche altre istituzioni devono prendere iniziative concrete, di cuore”, per difendere la dignità dei bambini e delle giovani madri.

Il Cardinale salesiano ha ricordato che Benedetto XVI ha chiesto in varie occasioni perdono per gli atti di pederastia commessi dai presbiteri, ad esempio “nella lettera ai cattolici d'Irlanda e in vari discorsi negli Stati Uniti e in Australia”.

Rispondendo ai giornalisti, ha affermato: “Molti psicologi, molti psichiatri hanno dimostrato che non c'è un rapporto tra celibato e pedofilia, ma molti altri hanno dimostrato, e me l'hanno riferito recentemente, che esiste una relazione tra omosessualità e pedofilia”.

La pederastia, ha riconosciuto, è una patologia “che tocca tutte le categorie di persone e in percentuale in misura minore i sacerdoti”, ma ad ogni modo queste condotte negative dei presbiteri “sono molto gravi e scandalose”.

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Il Papa invia aiuti alle vittime delle recenti frane a Rio de Janeiro

RIO DE JANEIRO, martedì, 13 aprile 2010 (ZENIT.org).- Papa Benedetto XVI ha sottolineato con una donazione in denaro la propria solidarietà verso le vittime delle frane e degli smottamenti causati a Rio de Janeiro dalle recenti piogge torrenziali.

Attraverso il Pontificio Consiglio “Cor Unum”, il Pontefice ha inviato all'Arcivescovo di Rio, monsignor Orani João Tempesta, attraverso la Nunziatura Apostolica in Brasile una donazione di 50.000 dollari statunitensi, secondo quanto ha riferito a ZENIT l'ufficio stampa dell'Arcidiocesi.

L'aiuto è destinato “a quanti sono stati colpiti dagli smottamenti provocati dalle piogge torrenziali che hanno devastato alcune favelas nella città di Rio de Janeiro”.

Monsignor Tempesta ha ricevuto la comunicazione del desiderio del Santo Padre attraverso una lettera del Cardinale Cordes, presidente di “Cor Unum”.

Con questo gesto, Benedetto XVI “vuole essere vicino alle famiglie che stanno soffrendo e a tutti coloro che stanno lavorando generosamente alle operazioni di emergenza”.

A causa delle piogge e degli smottamenti che hanno investito lo Stato di Rio de Janeiro sono morte già 231 persone.

La città con il maggior numero di vittime è Niterói, nella regione metropolitana di Rio, con 146 morti e 43 feriti.

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La Santa Sede sottolinea la necessità di assistere le partorienti
Chiede alle Nazioni Unite di combattere la mortalità infantile

NEW YORK, martedì, 13 aprile 2010 (ZENIT.org).- Ogni anno circa 500.000 madri muoiono di parto, quasi tutte nei Paesi in via di sviluppo, ha sottolineato l'Osservatore Permanente della Santa Sede alle Nazioni Unite.

L'Arcivescovo Celestino Migliore, in un discorso pronunciato questo lunedì davanti alla commissione del Consiglio Economico e Sociale ONU su Popolazione e Sviluppo, ha ricordato che “finiscono in tragedia non solo le vite di queste madri, ma anche quelle dei loro bambini”.

“Di conseguenza, le possibilità di sopravvivenza dei loro figli diminuiscono drammaticamente, provocando la disintegrazione delle loro famiglie e un ostacolo allo sviluppo locale”.

“Purtroppo, queste morti rappresentano solo la punta dell'iceberg”, ha aggiunto il presule. “Si stima che per ogni donna morta altre 30 subiscano danni alla salute a lungo termine, come le fistule ostetriche”.

Questa grave condizione medica deriva da un foro che si sviluppa negli organi interni della donna dopo un parto difficile quando non si dispone di un'adeguata assistenza medica.

Può provocare ulcere e infezioni interne, danni ai nervi e altri seri disturbi come la perdita di urina o feci. In molte culture, questo porta all'isolamento sociale della donna, che viene considerata sporca.

“La devastazione fisica provocata dalle fistule rende le donne del tutto emarginate e isolate dalla famiglia e dalla società”, ha affermato l'Arcivescovo Migliore. “Subiscono dolore, umiliazione e disabilità permanenti se non vengono curate”.

“Nel mondo forse 2 milioni di queste madri povere, giovani e dimenticate vivono con questo problema, soprattutto in Africa”, ha sottolineato.

Evitabilità

Il presule ha constatato che “le morti di madri e bambini sono ancor più vergognose perché facilmente prevenibili e trattabili”.

“Programmi concentrati sul fornire servizi che assicurino alle madri e ai loro figli la sopravvivenza al parto sono purtroppo sottofinanziati”, ha denunciato.

Per questo, l'Arcivescovo ha esortato i Governi a “continuare ad affrontare le urgenti necessità dei bambini nel mondo”.

“Solo nel 2008”, ha riportato, “ci sono stati più di 243 milioni di casi di malaria, che hanno portato a oltre 800.000 morti”.

“Allo stesso modo, infezioni respiratorie, malattie digestive e malattie derivanti da un'alimentazione inadeguata trattabili ed evitabili continuano ad essere le principali cause di morte dei bambini nei Paesi in via di sviluppo”.

“Le malattie eliminate da lungo tempo nei Paesi sviluppati continuano a devastare i bambini di quelli poveri, e serve una solidarietà globale per assicurare che i bimbi poveri abbiano accesso all'assistenza medica e all'alimentazione necessaria”.

“In molti angoli del pianeta – ha affermato l'Arcivescovo Migliore –, ospedali e cliniche cattoliche sono in prima linea nel fornire assistenza medica di base, soprattutto ai più emarginati”.

In questo contesto, ha ricordato l'impegno della Chiesa a “fornire assistenza a quanti sono stati lasciati indietro dalla società o ai quali offrire i servizi è troppo difficile o troppo pericoloso”.



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Disarmo nucleare, una "buona notizia" per la Santa Sede
Reazione del portavoce vaticano alla firma dello Start-2

CITTA' DEL VATICANO, martedì, 13 aprile 2010 (ZENIT.org).- Una “buon notizia”. Con queste parole la Santa Sede ha accolto la firma del trattato Start-2 tra i Presidenti degli Stati Uniti e della Russia per la riduzione degli armamenti nucleari strategici.

La firma ha avuto luogo l'8 aprile nella Sala Spagnola del Castello presidenziale di Praga (Repubblica Ceca), dove il Papa si è rivolto al Corpo Diplomatico il 26 settembre scorso per chiedere “nuovi modelli nella vita pubblica e di solidarietà tra Nazioni e popoli, senza i quali il futuro di giustizia, di pace e di prosperità” resterà “senza risposta”.

Padre Federico Lombardi S.I., direttore della sala Stampa della Santa Sede, nell'editoriale dell'ultimo numero di Octava Dies, settimanale del Centro Televisivo Vaticano, considera che da questo punto di vista esposto dal Papa il trattato Start-2 “è una buona notizia”.

Con esso, infatti, “si supera una situazione di stallo e si riprende il cammino verso la riduzione e – speriamo – la eliminazione degli arsenali bellici più pericolosi”.

Il trattato limita il numero di testate nucleari dispiegate a 1.550, quello dei vettori (missili a terra, su sottomarini e a bordo di bombardieri strategici) a 700 e quello delle unità da dove vengono lanciati a 800, siano attive o no. Presuppone, dunque, una diminuzione delle ogive atomiche del 30% rispetto ai limiti del 2002 e del 74% rispetto allo Start-1.

Le armi nucleari permesse nel trattato “sono sempre sufficienti per distruggere il nostro pianeta, ma sono di meno rispetto ai tempi dell’accumulo senza limiti, inutile e folle”.

“Parlare proprio di pace, di fiducia e di solidarietà, quando si bilanciano ancora migliaia di testate nucleari potentissime, è probabilmente ottimistico, ma la strada è quella giusta, ed è urgente continuarla”, riconosce padre Lombardi.

“Diventa più credibile parlare di non proliferazione nucleare agli altri Stati con ambizioni nucleari, e si possono destinare risorse economiche, scientifiche ed umane immense alle necessità più urgenti dell’umanità e del suo sviluppo”, sottolinea.

“Ogni sforzo per questo va incoraggiato, e la Chiesa sarà sempre dalla parte degli operatori di pace”, conclude il portavoce vaticano.

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I membri della Commissione Internazionale d'inchiesta su Medjugorje
Si è radunata per la sua prima sessione il 26 marzo scorso

CITTA' DEL VATICANO, martedì, 13 aprile 2010 (ZENIT.org).- La Sala Stampa della Santa Sede ha reso pubblico questo martedì che la Commissione Internazionale d'inchiesta su Medjugorje si è radunata per la sua prima sessione il 26 marzo scorso.

“Come annunciato in precedenza – ha fatto sapere in un comunicato –, il lavoro della Commissione si svolgerà in rigoroso riserbo”, mentre “le conclusioni saranno sottoposte alle istanze della Congregazione per la Dottrina della Fede".

Il comunicato ha poi rivelato che la Commissione, presieduta dal Cardinale Camillo Ruini, Vicario Generale emerito di Sua Santità per la Diocesi di Roma, è composta dai seguenti membri:

-- Cardinale Jozef Tomko, Prefetto emerito della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli;

-- Cardinale Vinko Puljic, Arcivescovo di Vrhbosna, Presidente della Conferenza Episcopale di Bosnia ed Erzegovina;

-- Cardinale Josip Bozanić, Arcivescovo di Zagreb, Vicepresidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali d'Europa;

-- Cardinale Julián Herranz, Presidente emerito del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi;

-- Arcivescovo Angelo Amato, S.D.B., Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi;

-- Monsignor Tony Anatrella, Psicoanalista e specialista in Psichiatria sociale,

-- Monsignor Pierangelo Sequeri, Docente di Teologia Fondamentale presso la Facoltà Teologica dell'Italia Settentrionale;

-- Padre A. David Maria Jaeger, O.F.M., Consultore del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi;

-- Padre Józef Kijas Zdzislaw, O.F.M.Conv., Relatore della Congregazione delle Cause dei Santi;

-- Padre Salvatore M. Perrella, O.S.M., Docente di Mariologia presso la Pontificia Facoltà Teologica "Marianum";

-- Reverendo Achim Schütz, Docente di Antropologia Teologica presso la Pontificia Università Lateranense (in qualità di segretario);

-- Monsignor Krzysztof Nykiel, Officiale della Congregazione per la Dottrina della Fede, (funge da segretario aggiunto).


Ai lavori della Commissione hanno partecipato anche alcuni esperti:

-- Reverendo Franjo Topic, Docente di Teologia Fondamentale a Sarajevo (Bosnia ed Erzegovina);

-- Padre Mijo Nikic, S.I., Docente di Psicologia e Psicologia delle Religioni presso l'Istituto Filosofico e Teologico della Compagnia di Gesù a Zagabria (Croazia);

-- Padre Mihály Szentmártoni, S.I., Docente di Spiritualità presso la Pontificia Università Gregoriana (Roma);

-- Suor Veronica Nela Gaspar, Docente di Teologia a Rijeka (Croazia).



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Presentato al Papa un volume fotografico per i 5 anni di pontificato
Curato da mons. Georg Gänswein e stampato in Germania
CITTA' DEL VATICANO, martedì, 13 aprile 2010 (ZENIT.org).- In occasione del quinto anniversario di pontificato di Benedetto XVI la Libreria Editrice Vaticana ha pubblicato in italiano il volume “Benedetto XVI Urbi et Orbi. Con il Papa a Roma e per le vie del mondo” curato dal segretario particolare del Papa, mons. Georg Gänswein, e stampato in Germania dalla casa editrice Herder.

La diffusione del volume in Germania è sostenuta anche dal quotidiano Bild.

Nella mattinata del 12 aprile il libro è stato presentato al Santo Padre alla presenza dei responsabili della Herder, del quotidiano Bild e della Libreria Editrice Vaticana.

Il volume fotografico accompagna passo dopo passo l’intensa attività quinquennale del Sommo Pontefice con foto originali ed inedite.

Le annotazioni rapide e puntuali di mons. Georg Gänswein ne fanno un prezioso diario di bordo fruibile da chiunque voglia seguire le vicende di questo pontificato.

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Notizie dal mondo


Haiti: a tre mesi dal sisma, la Caritas diffonde la speranza
I progressi ci sono, anche se la ricostruzione richiederà tempo

ROMA, martedì, 13 aprile 2010 (ZENIT.org).- A tre mesi dal terremoto che il 12 gennaio ha devastato Haiti, il Paese vive dei progressi grazie anche agli sforzi della Caritas, che ha raggiunto più di 1,5 milioni di sopravvissuti al sisma.

Il terremoto ha provocato 230.000 morti, distrutto infrastrutture, interessato tre milioni di persone e spinto ancora più in basso un Paese già povero e sottosviluppato.

I membri Caritas di più di 60 Paesi hanno sostenuto gli sforzi d'emergenza fornendo cibo, alloggi, strumenti da lavoro, acqua potabile, luoghi sicuri in cui i bambini possano giocare e studiare, assistenza sanitaria e psicologica.

La rete Caritas ha speso finora più di 10 milioni di euro e progetta di rispondere all'emergenza di Haiti nei prossimi cinque anni per aiutare gli abitanti a costruire un Paese autosufficiente.

L'organizzazione lavora anche con la comunità internazionale per trovare luoghi sicuri in cui alloggiare le persone ora sfollate in campi improvvisati. Fino a questo momento, ha fornito tende e teloni a 100.000 persone.

I suoi programmi hanno impiegato dal momento del terremoto 2.000 haitiani.

I progetti di assistenza sanitaria hanno beneficiato più di 350.000 abitanti, sono state costruite 25 scuole provvisorie e 53 istituti hanno ricevuto materiale per poter riprendere l'attività scolastica. La Caritas lavora anche a progetti di ricongiungimento familiare per i bambini che nel terremoto sono stati separati dalle proprie famiglie.

L'organizzazione ha inoltre tenuto due incontri per gli agricoltori, ai quali sono stati forniti coupon per comprare semi, fertilizzanti e le provviste di cui hanno bisogno. La Caritas lavora anche con i contadini per evitare l'erosione dei suoli, esortando a piantare alberi da frutto.

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Iraq: la Pasqua pacifica fa ben sperare per il futuro
Aumentano i fedeli che assistono alle celebrazioni

ROMA, martedì, 13 aprile 2010 (ZENIT.org).- Le festività pasquali trascorse nella tranquillità permettono ai cristiani iracheni di sperare in un futuro migliore.

L'Arcivescovo di Mosul, Amil Nona, ha parlato all'associazione caritativa internazionale Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS) dei nuovi auspici per la sopravvivenza del cristianesimo in una delle zone più tormentate della regione mediorientale dopo che le celebrazioni per la Pasqua hanno visto aumentare il numero dei fedeli che vi hanno partecipato.

Il presule ha affermato che circa 1.500 persone hanno assistito alla Messa di Pasqua del rito caldeo a Mosul, città situata nel nord del Paese.

Le celebrazioni, ha spiegato, hanno dato “nuova speranza”, soprattutto dopo le elezioni del 7 marzo scorso.

Una serie di episodi violenti contro i cristiani di Mosul avvenuta prima delle elezioni aveva causato l'esodo di oltre 3.500 fedeli – la metà della popolazione cristiana della città –, che si era rifugiata soprattutto nei villaggi della piana di Ninive. Molti, tuttavia, sono già tornati.

“La gente è chiaramente più fiduciosa dopo le elezioni – ha confessato il presule –. Confida nel fatto che cose ora miglioreranno”.

“Le celebrazioni pasquali sono andate molto bene – ha aggiunto –. Sono davvero contento, e si vedeva che lo era anche la gente. Sono venute in chiesa persone che non si vedevano da due o tre anni”.

L'Arcivescovo Nona ha spiegato che le misure di sicurezza sono state ingenti, con uomini armati fuori le quattro chiese di Mosul in cui si svolgevano le celebrazioni cattoliche di rito caldeo.

I servizi della Settimana Santa si sono svolti nel modo abituale. L'unica eccezione è stata rappresentata dal fatto che le liturgie della sera, come la Veglia di Pasqua, si sono svolte durante il giorno per ridurre i rischi.

In questo momento, ha riconosciuto il presule, è “troppo difficile” dire se questi segni di speranza incoraggeranno il ritorno in patria di migliaia di cristiani che hanno lasciato Mosul negli anni della violenza anticristiana e dell'insicurezza seguite alla caduta di Saddam Hussein.

Dal 2003, la comunità cattolica di rito caldeo di Mosul è diminuita di due terzi.

Aiuto ai cristiani poveri

Un altro segno di speranza per la Chiesa in Iraq è stato quello delle Figlie di Maria Immacolata, note anche come Suore Caldee, che hanno fornito pacchi pasquali a 750 famiglie povere che vivono nei villaggi intorno all'antica città cristiana di Zakho, vicino al confine con Siria e Turchia.

Le ceste di cibo sono state finanziate da “Aiuto alla Chiesa che Soffre”, che dal 2008 aiuta a fornire pacchi per Natale e per Pasqua per i cristiani della regione.

Parlando da Erbil, capitale regionale del nord dell'Iraq controllato dai curdi, padre Bashar Warda, che coordina il progetto dei pacchi di aiuti, ha affermato che l'iniziativa è stata ancora una volta un grande successo.

Rispetto all'anno scorso, ha spiegato, il numero di prodotti di ogni pacco è stato ridotto per permettere di raggiungere più famiglie, molte delle quali vivono in estrema povertà avendo dovuto abbandonare le proprie case nel sud del Paese.

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Thailandia: la Chiesa cattolica chiede pace, negoziati e preghiere
Di fronte alla crisi politica e alla violenza contro i manifestanti

di Nieves San Martín

BANGKOK, martedì, 13 aprile 2010 (ZENIT.org).- Di fronte alla crisi politica e alla violenza contro i manifestanti in Thailandia, la Chiesa cattolica ha chiesto pace, negoziati e preghiere. Anche i leader buddisti hanno rotto il silenzio, rivolgendo un appello alla calma e chiedendo alle parti coinvolte di comprendersi per cercare una via d'uscita pacifica al conflitto.

Dal colpo di Stato del settembre 2006, che ha abbattuto Thaksin Shinawatra, il Paese non sembra capace di trovare una vera stabilità politica, informa “Eglises d’Asie”. Da mesi, le “camicie rosse” del Fronte unito per la democrazia e contro la dittatura, coalizione che riunisce i sostenitori dell'ex Primo Ministro, chiedono elezioni legislative anticipate e il ritorno all'ordine costituzionale.

Di fronte a loro, le élites tradizionali e il Primo Ministro Abhisit Vejjajiva respingono lo scioglimento del Parlamento, senza quindi voler accedere a una soluzione negoziata.

Il 7 aprile il Governo ha decretato lo stato d'emergenza, e durante il fine settimana le manifestazioni, finora pacifiche, hanno sperimentato un'escalation sanguinosa. Nella notte tra sabato e domenica, gli scontri con le forze dell'ordine hanno provocato 21 morti e 860 feriti.

Alla televisione, il Primo Ministro ha affermato che dei “terroristi” si erano mescolati ai manifestanti. I leader “rossi” hanno replicato che non ci potrà essere alcun negoziato fin quando Abhisit non si dimetterà e non abbandonerà il Paese.

In questo contesto, i responsabili religiosi, sia cattolici che buddisti, hanno preso la parola per chiedere il ritorno alla calma.

Pace, negoziati e preghiere per il bene del Paese sono le “parole chiave” per risolvere la crisi attuale in Thailandia, ha dichiarato all'agenzia Fides monsignor Francis Xavier Kriengsak Kovithavanij, Arcivescovo di Bangkok, che mette in guardia contro le “forze oscure che intendono far precipitare la situazione nel caos”. Il presule rappresenta la piccola minoranza cattolica, lo 0,5% della popolazione.

Esprimendo la sua preoccupazione per la violenta evoluzione delle manifestazioni, l'Arcivescovo ha confessato che “la situazione è molto delicata. C’è una evidente spaccatura politica fra le ‘camicie rosse’ che chiedono nuove elezioni e il Governo che comunque è legalmente riconosciuto ed è in carica legittimamente. Si sta cerando un negoziato e tutti noi speriamo vada buon fine. Il fatto è che esiste un'agenda politica nascosta dietro queste manifestazioni di piazza. E’ opinione corrente che siano manovrate dall’ex premier Thaksin Shinawatra che finanzia i dimostranti”.

“In questa fase di confusione sociale e politica si inseriscono gruppi che seminano violenza. Coloro che hanno attaccato con granate le postazioni militari intendono far peggiorare la situazione ma… per arrivare dove? Non bisogna certo andare alla guerra civile, che sarebbe una tragedia nazionale. Speriamo che la situazione possa evolversi pacificamente: chiediamo a tutte le parti in campo di rigettare la violenza e rispettare lo stato di diritto”, ha aggiunto.

L'Arcivescovo sottolinea anche che i Vescovi “da oltre un mese hanno mobilitato i fedeli, invitandoli alla preghiera. La nostra preghiera continua: chiediamo l'aiuto, la grazia di Dio e la pace sulla Thailandia in tutte le Sante Messe che vengono celebrate nell’Arcidiocesi”. Anche i leader religiosi buddisti “pregano e seminano parole di pace che speriamo abbiano buon esito”.

A metà marzo, riuniti nella loro assemblea semestrale, i Vescovi hanno affermato che la Chiesa non deve prendere posizione. “Come Chiesa, dobbiamo promuovere la comprensione”, ha detto padre Pipat Rungruangkanokkul, segretario generale aggiunto della Conferenza Episcopale.

Dopo gli avvenimenti di questo fine settimana, i più letali dalla sanguinosa repressione dei manifestanti del 1992, il Vescovo emerito di Ubon Ratchathani, monsignor Bunluen Mansap, si è espresso pubblicamente. L'ex responsabile della Commissione Giustizia e Pace della Conferenza Episcopale ha affermato che “in Thailandia oggi la collera e l'odio si diffondono in tutto il Paese”.

Il presule ha chiesto a tutti i thailandesi di accettare le differenze di opinione e di credo. “Gli esseri umani sono fatti per amarsi gli uni gli altri, ma sono divisi dalla politica e dall'ideologia”, ha osservato, chiedendo al Governo e ai manifestanti di porre fine alla violenza e di tornare al tavolo dei negoziati.

Finora, i movimenti e le organizzazioni dei buddisti, ampiamente maggioritari nel Paese, avevano deciso di non intervenire a livello politico.

Questo lunedì, tuttavia, il venerabile Paisan Visalo, monaco buddista alla guida della Rete per la non violenza, coalizione di ONG vicine ad ambienti buddisti e universitari, ha dichiarato di “essere rattristato per i morti e i feriti, siano essi soldati o manifestanti”. “La violenza può contribuire a regolare un problema temporaneamente, ma in realtà crea nuovi problemi a lungo termine e spesso esacerba i vecchi”, ha aggiunto.

“Quello che ci unisce è più importante di ciò che ci separa – ha sottolineato riferendosi alla società thailandese –: il perseguimento della felicità, l'avversione alla sofferenza, la ricerca del rispetto, il desiderio di fare del bene e di difendere la dignità di ciascuno”.

Ha anche rivolto un appello al Governo thailandese e ai manifestanti “rossi” a intraprendere misure pacifiche per trovare una via d'uscita all'attuale crisi.

Al di là delle questioni personali e delle pressioni esercitate dalle “camicie rosse” per chiedere il ritorno di Thaksin Shinawatra, gli scontri di Bangkok testimoniano la profonda frattura che separa le élites tradizionali, legate all'aristocrazia e alla borghesia degli affari, e le popolazioni rurali, soprattutto del nord-est, che ritengono di trarre poco beneficio dallo sviluppo economico del Paese. Un rapporto della Banca Mondiale sottolinea che la distribuzione del reddito in Thailandia è una delle meno eque dell'Asia.

[Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]

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I pediatri americani: non incoraggiate la confusione sessuale nei bambini

ROMA, martedì, 13 aprile 2010 (ZENIT.org).- Christine Vollmer, presidente di Alliance for the Family e ALAFA, membro della Pontificia Accademia per la Vita e del Pontificio Consiglio della Famiglia, a capo del team che ha creato “Alive to the World”, ha lodato l'annuncio dell'American College of Pediatricians (ACP) che include un avvertimento basato su anni di ricerca e osservazioni rigorose.

L'ACP ha diffuso i risultati di studi che hanno determinato inconfutabilmente che il desiderio dei preadolescenti di essere del sesso opposto è uno stadio del tutto normale e temporaneo.

L'ACP ha anche diffuso un avvertimento alle scuole e agli adulti significativi sul fatto che la confusione di genere, l'attrazione per lo stesso sesso o la confusione sessuale non dovrebbero mai essere rafforzate.

“Anche i bambini con un Disordine di Identità di Genere (quando un bambino vorrebbe essere del sesso opposto) perderanno questo desiderio con la pubertà, se il comportamento non viene rafforzato”.

“I ricercatori, Zucker e Bradley, affermano anche che quando i genitori o altre persone permettono o incoraggiano un bambino a comportarsi e ad essere trattato come se fosse dell'altro sesso si rafforza la confusione, e il bambino viene condizionato a condurre una vita di dolore e sofferenza superflui”.

Anche quando “motivate da intenzioni nobili”, “le scuole possono ironicamente giocare un ruolo negativo se rafforzano questo disordine”, spiega la lettera inviata la settimana scorsa a 14.800 ispettori scolastici di tutti gli Stati Uniti da Tom Benton, MD, FCP, presidente dell'American College of Pediatricians.

Benton ha incluso un bollettino informativo e una pagina web, www.FactsAboutYouth.com, dove genitori e scuole possono trovare ulteriori informazioni.

“E' importante che sia del tutto chiaro”, ha detto Christine Vollmer in alcune dichiarazioni ZENIT.

“Il nostro programma di 12 anni, Alive to the World, comprende linee guida chiare per comprendere e accompagnare i bambini e gli adolescenti attraverso i vari stadi psicologici fino alla maturità”, ha aggiunto.

“Per dirla con le parole del dottor Benton – ha proseguito –, 'l'adolescenza è un periodo di agitazione e temporaneità. Gli adolescenti sperimentano confusione su molte cose, incluso l'orientamento sessuale e l'identità di genere, e sono particolarmente vulnerabili alle influenze dell'ambiente'”.

“Ciò che serve – ha concluso la Vollmer – è un programma solido che possa incoraggiare la crescita del carattere attraverso l'autoconoscenza alla luce dei valori universali”.

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Italia


Stanley Jaki: un uomo di chiara fede con un grande cuore

di Carlo Climati

ROMA, martedì, 13 aprile 2010 (ZENIT.org).- “Un uomo di profondo ingegno e chiara fede, grande creatività, pensiero vivace, carattere forte e appassionato ma anche grande cuore”. Con queste parole padre Rafael Pascual, LC, Decano della Facoltà di Filosofia dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, ha ricordato oggi Padre Stanley L. Jaki, nel corso di un congresso internazionale organizzato dallo stesso ateneo nell’ambito del Master in Scienza e Fede.

E’ passato un anno dalla morte del sacerdote ungherese, tra i protagonisti più autorevoli del dialogo tra la scienza e la fede. Padre Rafael Pascual lo ha definito “un vero amico, con tutto quello che significa questa parola”. E poi “un ricercatore e un lavoratore instancabile, come si evidenzia dalla sua vastissima produzione e dalla sua partecipazione a convegni, conferenze e corsi”.

Fra i vari interventi, padre Pedro Barrajón, LC, Rettore dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, ha tenuto una relazione sul tema “John Henry Newman come apologeta secondo Stanley L. Jaki”.

“Stanley L. Jaki – ha detto padre Barrajón - ci presenta un modello concreto di fare ‘nuova apologetica’ nella persona di John Henry Newman, un uomo che ha percorso difficili strade verso la conoscenza piena della verità per arrivare, attraverso cammini tortuosi, alla fede cattolica dove egli si è accasato”.

“Un uomo sempre in ricerca - ha continuato -, di un’enorme onestà intellettuale, che non ha ceduto né allo spirito del tempo, né a soluzioni di facili compromessi, ma che cercando in modo spassionato la verità si è lasciato incontrare da lei e da lei è rimasto affascinato”.

“La Chiesa - ha aggiunto - onorerà la figura di questo gigante della fede con la beatificazione, fatta da Benedetto XVI, di John Henry Newman, guida sicura per tutti coloro che sono alla ricerca di un preciso orientamento e di una direzione attraverso le incertezze del mondo moderno”.

“Stanley Jaki - ha spiegato ancora il sacerdote - ha avuto il merito di additarlo come modello di un autentico apologeta per il mondo di oggi, così ansioso nella ricerca del vero volto di Dio, e come figura che invita alla ricerca umile e sincera della verità”.

Nel corso del congresso sono stati presentati anche due libri di Paul Haffner, docente di Teologia dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum: “Creazione e creatività scientifica” e “Creation and scientific creativity. A study in the thought of Stanley L. Jaki”.

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Segnalazioni


Risposte alla cura pastorale dei cristiani orientali in Occidente
XIV Convegno di Diritto Canonico alla Pontificia Università della Santa Croce

ROMA, martedì, 13 aprile 2010 (ZENIT.org).- “Trovare risposte canoniche adeguate alla cura pastorale dei cristiani orientali immigrati in occidente”. È quanto si propone di fare la Facoltà di Diritto Canonico della Pontificia Università della Santa Croce (piazza Sant’Apollinare, 49) con il suo XIV Convegno di studi in programma dal 15 al 16 aprile prossimi sul tema Cristiani orientali e pastori latini.

L’iniziativa ricade nel XX anniversario della promulgazione del Codice dei Canoni della Chiese Orientali (CCEO) e tiene conto del bisogno che i pastori latini avvertono di venire incontro alla peculiare cura pastorale di questi fedeli. Non a caso, alcune Conferenze Episcopali hanno cominciato a produrre documenti proprio su tali tematiche.

Nel corso delle due giornate verranno quindi analizzate diverse tematiche: i doveri dei Vescovi latini di curare i fedeli orientali nelle rispettive diocesi; la giurisdizione universale delle Chiese sui iuris; la presenza dei ministri sacri orientali nelle circoscrizioni latine; l’ascrizione di fedeli orientali e gli ordinariati per i fedeli senza gerarchia; l’offerta di cura pastorale agli ortodossi presenti in paesi a maggioranza latina; la liturgia orientale in Occidente.

Tra i relatori figurano: il Segretario della Congregazione per le Chiese Orientali, mons. Cyril Vasil’, S.J.; il Presidente del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, mons. Francesco Coccopalmerio; mons. Marco Dino Brogi, O.F.M. (Arcivescovo Nunzio Apostolico); mons. Dimitri Salachas (Esarcato Apostolico di Grecia per i fedeli di rito bizantino); mons. Adolfo Zambon (Direttore dell’Ufficio Nazionale per i problemi giuridici della CEI); il prof. Orazio Condorelli (Università di Catania); il prof. Carl Gerold Fürst (Albert-Ludwigs-Universität Freiburg); il prof. Péter Szabó (Pázmány Péter Katolikus Egyetem); la prof.ssa Astrid Kaptjin (Université de Fribourg, Suisse); il prof. Lorenzo Lorusso, O.P. (Istituto di Teologia Ecumenico-Patristica Greco-Bizantina di Bari) e il prof. Manel Nin, O.S.B. (Rettore del Pontificio Collegio Greco di Roma).

Il Convegno sarà suddiviso in quattro sessioni, due al mattino e due al pomeriggio, ciascuna delle quali intervallate da colloqui con i relatori. Il secondo giorno (16 aprile) è inoltre prevista la lettura di comunicazioni presentate dai partecipanti.

[Per il programma dettagliato: http://www.pusc.it/can/conv/conv10/]

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Il valore di ogni vita al centro di un convegno a Verona
Promosso dal Movimento Europeo per la Difesa della Vita e della Dignità Umana
ROMA, martedì, 13 aprile 2010 (ZENIT.org).- "Ogni vita importa": è questo il titolo del convegno che il Mevd (Movimento Europeo per la Difesa della Vita e della Dignità Umana) presenterà venerdì 16 e sabato 17 aprile a Verona, presso l'Aula Magna dell'Istituto Stimate. 

E' il primo appuntamento che il Mevd organizza da quando la presidenza è passata a Francesco Agnoli, professore di filosofia, esperto di bioetica, scrittore nonché giornalista de Il Foglio e Avvenire.

Con "Ogni vita importa" il Mevd intende riprendere la sua attività approfondendo la difesa della vita umana in chiave multidisciplinare, tra politica e biologia, filosofia e sociologia.

Il programma del convegno prevede alle 20,30 di venerdì 16 aprile una tavola rotonda dal titolo "La difesa della vita dal consiglio comunale all'Europarlamento" a cui prenderanno parte Alberto Zelger (consigliere comunale), Maria Luisa Tezza (già sindaco e assessore provinciale), Luca Volontè (presidente del PPE al Consiglio d'Europa) ed Elisabetta Gardini (europarlamentare)

Sabato 17 aprile, invece, interverrano: lo scrittore Francesco Agnoli ("Ogni vita importa: le ragioni di una storia"); il sociologo Giuliano Guzzo ("Strategie mediatiche contro la vita: bioetica e media"); il medico e bioeticista Renzo Puccetti ("L'Aids e l'Africa: un continente e il suo dramma"); la fondatrice dell'Associazione "Il dono", Serena Taccari ("Quello che resta, la sindrome post aborto e le donne"); e il docente spagnolo Manuel Arnal ("La Spagna di Zapatero difende le scimmie ma combatte la vita umana").

"Come capita a ogni associazione - ha detto a ZENIT Giuliano Guzzo, neo-segretario del Mevd -, il Movimento Europeo per la Difesa della Vita e della Dignità Umana, nonostante il grande lavoro dei suoi soci, ha conosciuto un periodo di relativo rallentamento della propria attività ed ha pertanto avvertito la necessità di rinnovarsi".

"Di qui la nomina alla presidenza del professor Agnoli - ha spiegato -, persona giovane e dinamica che, con la sua preparazione ed il suo entusiasmo, ha voluto con forza questo Convegno, proprio per rilanciare il Mevd conservandone tuttavia lo spirito originario e la vocazione internazionale".

"Non a caso - ha continuato - verranno affrontante tematiche inerenti questioni che non interessano direttamente il nostro Paese ma che hanno comunque una grande rilevanza per la tutela della vita umana, come le discusse politiche di Zapatero e il problema della lotta all'Aids".

Circa le aspettative riposte nel Convegno, Giuliano Guzzo ha parlato di "una piccola grande speranza: quella di contribuire a fare, pur coi nostri limiti, un po' di sana cultura della vita. Quelli che stiamo attraversando sono anni molto difficili, che vedono moltiplicarsi le minacce alla vita umana senza che queste siano avvertite nella loro gravità dall'opinione pubblica".

"Chi difende la vita ha dalla sua non buoni, bensì ottimi argomenti, ma non sempre riesce a farli propri fino in fondo, perché i mass media giocano molto sull'ambiguità e sullo stereotipo, contribuendo a provocare uno scontro tra laici e cattolici del tutto farsesco ed inconcludente", ha commentato.

"'Ogni vita importa' vuole essere anche questo: un tentativo di riportare al centro la ragione, gli argomenti realmente scientifici e l'analisi critica di quello che sta accadendo", ha detto.

In questo senso l'impegno del Mevd è quello di "fare Cultura della Vita in un mondo che, in nome di una non meglio precisata ed idolatrata Libertà, pensa di poter fare a meno di valori fondanti come la dignità umana. Senza accorgersi che, in questo modo, sprofonda giorno dopo giorno in un abisso".

[Per maggiori informazioni: tel. 045/502421; www.mevd.org]

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Interviste


Nunzio a Malta: la visita del Papa sarà un nuovo inizio
Intervista a monsignor Tommaso Caputo

di Serena Sartini

LA VALLETTA, martedì, 13 aprile 2010 (ZENIT.org).- Un “grande privilegio” poter accogliere il Papa e “aprire a Benedetto XVI le porte della ‘sua’ casa a Malta”. È con questo sentimento che monsignor Tommaso Caputo, Nunzio a Malta, si prepara ad accogliere Benedetto XVI che sabato e domenica prossima sarà in visita apostolica nell’Isola.

“Sarà un pellegrinaggio alle origini della fede”, dice il Nunzio a ZENIT, che avviene “nell’immediata vigilia del quinto anniversario della sua elezione alla Cattedra di Pietro”. “Una coincidenza non solo significativa ma provvidenziale”.

Dopo anni al servizio della Santa Sede in Segreteria di Stato, con quali sentimenti si appresta ad accogliere il Santo Padre a Malta come Nunzio?

Mons. Caputo: Quando si attende il Papa i sentimenti di gratitudine e di gioia sono naturali da parte di tutti. Nel mio caso non posso che aggiungere il senso di un grande privilegio: nella mia prima esperienza come Nunzio, la Provvidenza mi assegna il compito di dover aprire a Papa Benedetto, pellegrino di pace e di speranza sulle orme di Paolo, le porte della “sua” casa a Malta. Non si può che vivere il senso ecclesiale di una grazia, e toccare, allo stesso tempo, con mano la portata storica di un evento che indubbiamente segnerà un ‘nuovo inizio’ nel cammino della Chiesa e della società maltese. Parlo al futuro, seppure nell’immediata vigilia della visita, ma, in molti modi, la presenza di Papa Benedetto è già viva nell’Isola nel momento in cui è stata annunciata. Questo tempo di attesa è stato scandito innanzitutto dalla riflessione e dalla preghiera. Si può dire che ha portato già frutti. E ciò rende ancora più profondi i sentimenti di gratitudine e di gioia.

Il Papa farà una sorta di pellegrinaggio sulle orme di San Paolo e a Rabat visiterà la Grotta. Quali aspettative ci sono per la Chiesa di Malta?

Mons. Caputo: Malta è terra apostolica e rappresenta, in questo senso, una pagina aperta e viva nella storia di una Chiesa che, nella visione di Papa Benedetto - come ha ricordato nel corso di una recente Udienza generale del mercoledì - è sempre più consapevole che l’intera vicenda cristiana è, nella sua essenza, una storia di ininterrotta testimonianza a partire dagli Apostoli. Sarà, perciò, un pellegrinaggio alle origini della fede, ma ben sapendo che ogni orizzonte nuovo, anche nella Chiesa del terzo millennio, non può scorgersi che a partire dalle radici. Nel magistero di Papa Benedetto la fecondità della successione apostolica splende come un grande punto luminoso e, direi, come la lampada capace di ‘illuminare i passi’ lungo il percorso di una modernità spesso disorientata e ancora alla ricerca di senso.

Benedetto XVI viene a celebrare nell’Isola il 1950° anniversario del naufragio di Paolo. Ma l’eco del bimillenario che ha dato vita all’anno paolino è ancora vivo e si può dire che, nella concretezza dei luoghi, il Papa viene a suggellare anche questo grande evento ecclesiale. E’ chiaro che di fronte alla vastità di significati della visita c’è, in proporzione, l’ampiezza delle attese che riguardano, innanzitutto, la Chiesa locale. Anche da questo punto di vista, il pellegrinaggio si colloca nel momento giusto. Chiesa e società maltese, legate da una storia con molti punti in comune, vivono un tempo di trasformazione. Il ritmo dei cambiamenti può apparire non tumultuoso, rispetto ad altre parti del mondo, ma tutta l’area mediterranea presenta i caratteri di una trasformazione che può portare a svolte importanti e decisive. Il Papa aiuterà a riflettere tutti noi e a cercare le strade più giuste e opportune per rispondere alle sfide portate dai tempi nuovi.

La visita è stata ben preparata da parte della Chiesa e dello Stato. Quali sono i rapporti tra queste due istituzioni?

Mons. Caputo: I rapporti Chiesa-Stato sono improntati a una cordialità che definirei non di ‘facciata’ ma di sostanza. Anche l’impegno nella preparazione della visita ha confermato pienamente una tale valutazione. La trama dei rapporti è salda poiché innestata nella realtà stessa dove la Chiesa e la società civile svolgono i rispettivi ruoli. Malta è ricca di istituzioni formative ed assistenziali. In un certo senso si può definire una terra dalla ‘carità diffusa’, se si tiene conto della fitta rete di organismi di cooperazione e di aiuto, in favore soprattutto dei più svantaggiati. Spesso alla base di tutto esiste un rapporto di collaborazione tra comunità ecclesiale e società civile. Del resto l’Ordine di Malta è un punto di riferimento non solo per l’Isola, anche se proprio da qui, si può dire, è partito tutto. C’è poi un dato, direttamente legato al pellegrinaggio, che illustra in modo compiuto la natura dei rapporti Stato-Chiesa. Quella di Benedetto XVI sarà la terza visita di un Pontefice nell’Isola, nel corso degli ultimi vent’anni: Giovanni Paolo II è stato a Malta due volte, nel 1990 e nel 2001, il suo successore sarà nell’Isola nell’immediata vigilia del quinto anniversario della sua elezione alla Cattedra di Pietro. Una coincidenza, anche questa, non solo significativa ma provvidenziale. Né occorre dimenticare che a Malta la religione cattolica è riconosciuta come religione di Stato e che, per questo, è consuetudine che all’inizio e al termine del proprio mandato i Presidenti della Repubblica si rechino in udienza dal Santo Padre.

Quale ritiene sia il ruolo di Malta nell'Unione europea e nel trasmettere i valori e le radici cristiane?

Mons. Caputo: A Malta tocca indubbiamente un ruolo importante anche nella Comunità europea. I grandi Paesi non sono tali solo per la vastità dei loro territori o per il numero degli abitanti. Il peso della storia di Malta può incidere non poco nella Comunità europea, tanto più se i Paesi dell’area mediterranea riusciranno ad esprimere appieno la propria vocazione di ponte tra mondi e realtà diverse, anche all’interno dello stesso organismo. Il riferimento alle ‘radici cristiane’ è, per Malta, particolarmente congeniale. Il pellegrinaggio di Papa Benedetto sulle orme di San Paolo è, in questo senso, la conferma di un’identità antica e sempre riconoscibile. La posizione geografica, inoltre, concorre a definire e, in un certo senso ad aggiornare, i termini reali di una tale identità: Malta è terra naturale di accoglienza, quindi di dialogo e di convivenza pacifica tra popoli e culture diverse. Si tratta di valori che una società globalizzata - spesso soltanto in termini mercantili - da un lato e alcune ‘chiusure’ di civiltà e popoli continentali tendono sempre più a mettere tra parentesi. Mai come oggi, invece, c’è bisogno di arare e di ampliare al massimo il terreno dell’accoglienza. E Malta può giocare un grande ruolo.

Il Papa risiederà presso la Nunziatura, a Rabat. Ci sono delle piccole sorprese che state preparando?

Mons. Caputo: Non di sorpresa parlerei, ma di stupore: e quale stupore può essere più grande dell’evento che si annuncia? Benedetto XVI tra noi. La storia ci passa accanto. A noi non resta che accogliere ed essere servitori di questo momento di grazia.

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L'enigma del volto di Gesù
Intervista al giornalista Saverio Gaeta

di Jesús Colina

ROMA, martedì, 13 aprile 2010 (ZENIT.org).- Un affascinante “giallo” avvolge il cosiddetto "velo della Veronica", la reliquia che mostra l’immagine del volto di Cristo. Non una “seconda” Sindone, quasi in contrapposizione al Telo torinese, ma un complementare tessuto funerario di Gesù che il Vangelo di Giovanni identifica come "il sudario, che era stato sul suo capo".

È questa, secondo il giornalista Saverio Gaeta, la reale essenza del Volto Santo, il finissimo velo attualmente custodito nel santuario abruzzese di Manoppello.

Gaeta, caporedattore di Famiglia Cristiana e autore di numerosi saggi di ambito religioso (fra cui la recente biografia su Giovanni Paolo II Perché è santo), ha approfondito questa affascinante tematica nel libro L’enigma del volto di Gesù (Rizzoli, 270 pagine, 18,50 euro), pubblicato in contemporanea con l’ostensione della Sindone a Torino.

Secondo la sua ricostruzione, in che modo queste due reliquie convivevano in Medio Oriente nei primi secoli cristiani?

Gaeta: A metà del primo millennio l’attuale Sindone era conosciuta come Mandylion e si trovava a Edessa (oggi Urfa, in Turchia), mentre il Volto Santo era custodito a Camulia (presso l’attuale città turca di Kayseri). La loro contiguità è dimostrata dalla sequenza di monete a Costantinopoli. Nel 692 l’imperatore bizantino Giustiniano II fece incidere un volto di Cristo di tipo “semitico”, come quello di Manoppello. Nel 705, dopo che il velo era stato portato a Roma dal patriarca Callinico accecato ed esiliato, il nuovo volto divenne più simile all’immagine degli dèi della tradizione “ellenistica”. Nell’869, alla cessazione delle lotte iconoclaste, sulle monete prevalse la rappresentazione dell’Uomo sindonico, come è mostrato nel solidus aureo di Basilio I. Lo dimostrano i piedi che sporgono dal manto regale, il sinistro proteso in avanti e il destro ruotato di 90°: proprio l’impressione che offre la Sindone, dove una gamba sembra più corta dell’altra a causa della rigidità cadaverica che fissò la sovrapposizione del piede sinistro sul destro.

C’è un legame della Sindone e del Volto Santo con l’iconografia di Gesù?

Gaeta: Certamente. Proprio queste due immagini sono state all’origine dell’iconografia cristiana. Lo ha dimostrato padre Heinrich Pfeiffer, docente di Storia dell’arte cristiana nella Pontificia università gregoriana, il quale ha documentato come il volto della Sindone sottolinei più la struttura ossea, mentre quello di Manoppello appaia più rotondo. Così tutti i mosaici del Cristo Pantocratore a Costantinopoli, in Grecia e in Sicilia rappresentano il tipo che palesa principalmente la Sindone come modello. Le immagini di Cristo dell’arte fiamminga del Quattrocento sono invece piuttosto da mettere in rapporto con il Volto Santo di Manoppello.

La copertina del suo libro mostra una sovrapposizione fra il viso della Sindone e il Volto Santo. Di che cosa si tratta?

Gaeta: È la scoperta fatta dalla trappista Blandina Schlomer, che ha trovato numerosi “punti di congruenza” fra il volto della Sindone e quello di Manoppello, dopo aver individuato alcuni precisi criteri come denominatore comune delle antiche icone raffiguranti Gesù: il viso asimmetrico, la barba rada a doppia punta, le alette asimmetriche del naso, l’orbita oculare visibile anche al di sotto dell’iride, la ciocca di capelli al centro della scriminatura. Successivamente padre Andreas Resch, lavorando al computer, ha raffinato ancor più la sovrapposizione, delineando diverse aree che rappresentano i “punti di riferimento” utili anche per paragonare le due immagini con le antiche raffigurazioni artistiche. Si è così giunti a un perfetto livello di sovrapposizione, che mostra una vera e propria fusione tra i due Volti.

Secondo la sua ricostruzione, il Volto Santo giunse a Roma nell’VIII secolo e poi cominciò a essere esposto in San Pietro nel XIII secolo. Che cosa accadde in seguito?

Gaeta: Nell’immaginario collettivo il Volto Santo ha sempre rivestito una grande importanza. Fu così soprattutto a partire dal 1300, quando venne proclamato il primo Giubileo della storia cristiana, che proprio nella frequente esposizione del cosiddetto «velo della Veronica» ebbe uno dei suoi aspetti più qualificanti. Il 6 maggio 1527 si verificò a Roma il cosiddetto «sacco» durante il quale moltissimi oggetti preziosi furono depredati anche da San Pietro: fra essi ci fu certamente il Volto Santo. Il Vaticano, però, non ammise mai questa sparizione, in quanto era in corso la costruzione della nuova basilica di San Pietro e occorreva far continuare l’afflusso dei pellegrini che giungevano per vedere il Volto Santo, le cui offerte erano indispensabili per far fronte ai costosissimi lavori.

E intanto il velo aveva raggiunto l’Abruzzo?

Gaeta: Sì, la vera immagine di Cristo, dopo alcune peripezie, arrivò a Manoppello nel 1618, con l’acquisto da parte del dottor Donato Antonio De Fabritiis, il quale nel 1638 lo donò ai cappuccini. Il 6 aprile 1646 fu esposto per la prima volta alla pubblica venerazione dei fedeli. Il 1° settembre 2006, durante la visita nel santuario, Benedetto XVI è stato il primo Papa a poter rivedere e venerare la reliquia mezzo millennio dopo la sparizione dalla basilica di San Pietro.

Ci sono anche delle prove scientifiche che confermano le straordinarie caratteristiche del tessuto?

Gaeta: Proprio così, sul velo sono state fatte diverse analisi. Il professor Donato Vittore ha dimostrato che nell’interspazio tra il filo dell’ordito e il filo della trama non si evidenziano residui di colore. Il professor Giulio Fanti, dell’Università di Padova, ha rilevato che l’immagine sui due lati del velo non è identica. Per esempio la ciocca di capelli nel mezzo della fronte è una delle particolarità che giocano a favore delle ipotesi di un’immagine non realizzata da mano d’uomo. Non si spiega come un artista abbia potuto dipingere un segno sul volto di questo velo molto sottile e un segno diverso sul volto opposto. Indagini con la lampada di Wood hanno inoltre consentito di affermare che sul tessuto non ci sono sostanze organiche naturali come olii, grassi e cere, tradizionali leganti pittorici, mentre la spettroscopia Raman ha evidenziato che la natura della fibra è di tipo proteico (come il bisso marino) e non vegetale (come sarebbe invece il lino).

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