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ZENIT
Il mondo visto da Roma
Servizio quotidiano - 03 maggio 2010
Santa Sede
- Nonostante i "peccati", la Chiesa anticipa la Gerusalemme celeste
- Benedetto XVI svela il valore della Sindone
- Ecumenismo e collaborazione interreligiosa, chiavi per il Medio Oriente
- Il Papa eleva le isole Comore a vicariato apostolico
Notizie dal mondo
- Iraq: 4 morti e 171 feriti in un attentato contro studenti cristiani
- Pellegrinaggio dei sacerdoti polacchi a Jasna Góra
- Parlare, vivere e testimoniare la fedeltà del sacerdozio
- "Spetta alle autorità tutelare il matrimonio mediante le leggi"
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Nonostante i "peccati", la Chiesa anticipa la Gerusalemme celeste
Omelia di Benedetto XVI ai funerali del Cardinale Mayer
La Messa è stata celebrata presso l'Altare della Cattedra della Basilica vaticana dal Cardinale Angelo Sodano, decano del Collegio cardinalizio, insieme agli altri Cardinali. Il Papa ha presieduto la liturgia esequiale e ha tenuto l'omelia e il rito dell'Ultima Commendatio e della Valedictio.
Ogni celebrazione esequiale, ha ricordato il Pontefice, "si colloca sotto il segno della speranza: nell'ultimo respiro di Gesù sulla croce, Dio si è donato interamente all'umanità, colmando il vuoto aperto dal peccato e ristabilendo la vittoria della vita sulla morte".
"Per questo, ogni uomo che muore nel Signore partecipa per la fede a questo atto di amore infinito, in qualche modo rende lo spirito insieme con Cristo, nella sicura speranza che la mano del Padre lo risusciterà dai morti e lo introdurrà nel Regno della vita", ha aggiunto.
"La grande e indefettibile speranza, fondata sulla solida roccia dell'amore di Dio, ci assicura che la vita di coloro che muoiono in Cristo non è tolta, ma trasformata; e che mentre si distrugge la dimora di questo esilio terreno, viene preparata un'abitazione eterna nel cielo", come ricorda il Prefazio dei Defunti.
In un'epoca come quella attuale, in cui "la paura della morte getta molte persone nella disperazione e nella ricerca di consolazioni illusorie", il cristiano "si distingue per il fatto che pone la sua sicurezza in Dio, in un Amore così grande da poter rinnovare il mondo intero", ha osservato il Pontefice.
Ricordando che "la visione della nuova Gerusalemme esprime il realizzarsi del desiderio più profondo dell'umanità: quello di vivere insieme nella pace, senza più la minaccia della morte, ma godendo della piena comunione con Dio e tra di noi", ha spiegato che "la Chiesa e, in particolare, la comunità monastica, costituiscono una prefigurazione sulla terra di questa meta finale".
"E' un anticipo imperfetto, segnato dai limiti e dai peccati, e dunque bisognoso sempre di conversione e purificazione; e, tuttavia, nella comunità eucaristica si pregusta la vittoria dell'amore di Cristo su ciò che divide e mortifica".
Benedetto XVI ha quindi avuto parole di ricordo per il Cardinale Mayer, prefetto emerito della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti e presidente emerito della Pontificia Commissione "Ecclesia Dei", che per tutta la vita "ha cercato di realizzare quanto San Benedetto dice nella Regola: 'Nulla si anteponga all'amore di Cristo'".
Papa Paolo VI lo nominò Segretario della Congregazione per i Religiosi e gli Istituti Secolari e volle personalmente consacrarlo Vescovo il 13 febbraio 1972, mentre nel 1984 Giovanni Paolo II gli affidò l'incarico di prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, creandolo poi Cardinale nel Concistoro del 25 maggio 1985 e assegnandogli il Titolo di Sant'Anselmo all'Aventino.
In seguito, Papa Wojtyła lo nominò primo presidente della Pontificia Commissione "Ecclesia Dei". Anche in questo "nuovo e delicato incarico", ha commentato Benedetto XVI, "il Cardinale Mayer si confermò zelante e fedele servitore, cercando di applicare il contenuto del suo motto: 'L'amore di Cristo ci ha raccolti nell'unità'".
Il Santo Padre ha quindi ricordato che "la nostra vita è in ogni istante nelle mani del Signore, soprattutto nel momento della morte".
Allo stesso modo, ha affermato di non poter non rivolgere il suo pensiero al Santuario della Madre delle Grazie di Altötting, la cittadina tedesca nella quale era nato il Cardinale Mayer.
"Egli nacque presso quel Santuario, ha conformato la sua vita a Cristo secondo la Regola benedettina, ed è morto all'ombra di questa Basilica vaticana. La Madonna, San Pietro e San Benedetto accompagnino questo fedele discepolo del Signore nel suo Regno di luce e di pace", ha concluso.
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Benedetto XVI svela il valore della Sindone
La sua corrispondenza con il racconto della Passione nei Vangeli
CITTA' DEL VATICANO, lunedì, 3 maggio 2010 (ZENIT.org).- La visita di Benedetto XVI a Torino, questa domenica, è servita a far sì che i cristiani comprendano meglio il valore della Sacra Sindone.
Il Pontefice non ha usato il termine "reliquia". Nella sua meditazione davanti al sudario ha parlato invece di "icona scritta col sangue" "in tutto corrispondente a quanto i Vangeli ci dicono di Gesù".
Il Santo Padre non ha parlato in alcun momento degli studi scientifici sulla datazione della tela, che in alcuni ambienti suscitano polemiche. Come aveva spiegato il Cardinale Severino Poletto, Arcivescovo di Torino, la fede dei cristiani nella resurrezione di Gesù non dipende da questo lenzuolo, che secondo la tradizione ha avvolto il corpo di Cristo nel Santo Sepolcro.
Padre Federico Lombardi S.I., direttore della Sala Stampa della Santa Sede, aveva già spiegato nell'ultimo editoriale di "Octava Dies", settimanale del Centro Televisivo Vaticano, il motivo per il quale il Papa presenta questo lenzuolo di più di quattro metri come un'"icona".
"Non è tanto l'origine misteriosa di questa immagine ad attrarre, quanto la sua rispondenza impressionante, in numerosissimi particolari, al racconto della Passione di Cristo dei Vangeli: le piaghe, il sangue colato, le ferite della corona di spine, i colpi dei flagelli", constatava.
"E al centro il volto solenne del crocifisso, un volto che corrisponde agli schemi più antichi dell'iconografia cristiana e a sua volta la conferma e la ispira", affermava padre Lombardi.
Visitando il 24 maggio 1998 la Cattedrale di Torino, neanche Giovanni Paolo II aveva parlato della Sacra Sindone come di una reliquia, ma piuttosto come di una "provocazione all'intelligenza" per gli interrogativi che pone ai ricercatori, così come di "specchio del Vangelo", per la sua capacità di riflettere i segni visibili della Passione e morte di Cristo.
Le meditazioni dei due Pontefici si sono unite per offrire ai milioni di pellegrini che visitano la Sacra Sindone dal 10 aprile al 23 maggio il suo profondo valore, indipendentemente dagli studi scientifici che alcuni esperti rivendicano per continuare a chiarire i dubbi.
"Come parla la Sindone?", si è chiesto il Papa. "Parla con il sangue, e il sangue è la vita! La Sindone è un'Icona scritta col sangue; sangue di un uomo flagellato, coronato di spine, crocifisso e ferito al costato destro".
"Ogni traccia di sangue parla di amore e di vita. Specialmente quella macchia abbondante vicina al costato, fatta di sangue ed acqua usciti copiosamente da una grande ferita procurata da un colpo di lancia romana, quel sangue e quell'acqua parlano di vita. E' come una sorgente che mormora nel silenzio, e noi possiamo sentirla, possiamo ascoltarla", ha concluso.
In questo modo, ha osservato padre Lombardi, i pellegrini che accorrono a Torino hanno un obiettivo molto specifico: "Desideriamo conoscere Dio e lo possiamo conoscere attraverso il volto di Cristo".
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Ecumenismo e collaborazione interreligiosa, chiavi per il Medio Oriente
Celebrata la terza riunione del Consiglio Presinodale per l'Assemblea di ottobre
Questo incontro del Consiglio per il Medio Oriente della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi si è svolto a Roma il 23 e il 24 aprile, secondo un comunicato pubblicato questo lunedì dalla Sala Stampa della Santa Sede.
"L'obiettivo dell'Assemblea Speciale per il Medio Oriente è duplice: confermare e rafforzare i cristiani nella loro identità mediante la Parola di Dio e i Sacramenti, e ravvivare la comunione ecclesiale tra le Chiese particolari, affinché possano offrire un'autentica testimonianza cristiana, a contatto con altre Chiese e comunità ecclesiali", indica il comunicato.
"Da qui l'urgenza di un impegno ecumenico convinto, 'perché tutti siano una sola cosa, perché il mondo creda'", aggiunge citando il Vangelo di Giovanni.
Il testo sottolinea che la Chiesa in Medio Oriente, "nonostante le difficoltà del momento presente, affidandosi alla divina Provvidenza, resta fiduciosa in un futuro di pace, di giustizia e di rispettosa collaborazione con gli appartenenti all'ebraismo e all'islam, per il bene di tutti gli abitanti della regione".
In questa riunione preparatoria del Sinodo per il Medio Oriente che si svolgerà in Vaticano dal 10 al 24 ottobre si è continuato a gettare le basi della riflessione che si svilupperà su varie questioni, tra cui la testimonianza cristiana nelle società a maggioranza musulmana.
In questo senso, il comunicato della riunione spiega che "sarà un'occasione preziosa per esaminare a fondo anche la situazione religiosa e sociale, per dare ai cristiani una visione chiara del senso del loro essere attivi testimoni di Cristo, nel contesto di società a maggioranza musulmana".
"Si tratterà, dunque, di procedere ad una riflessione sulla situazione presente, non facile a motivo dei conflitti e dell'instabilità, che causano l'esodo della popolazione, compresi non pochi cristiani", aggiunge il testo.
I membri del Consiglio Presinodale hanno quindi sottolineato la "gioia e riconoscenza" con cui hanno accolto l'invito a partecipare all'Eucaristia presieduta dal Santo Padre Benedetto XVI a Nicosia nel prossimo viaggio apostolico a Cipro, dal 4 al 6 giugno.
Durante la celebrazione di quella Messa, il Papa distribuirà l'Instrumentum laboris del Sinodo per il Medio Oriente ai pastori delle Chiese di questa regione.
Come spiega il comunicato, la riunione di due giorni ha contato sulla partecipazione di tutti i membri del Consiglio Presinodale per l'Assemblea Speciale per il Medio Oriente, tranne il Cardinale Emmanuel III Delly, patriarca di Babilonia dei Caldei.
L'ordine del giorno prevedeva di iniziare l'incontro con il saluto e l'introduzione del segretario generale, monsignor Eterović.
Erano poi previste le comunicazioni dei vari membri del Consiglio sulla situazione ecclesiale nel contesto socio-politico delle regioni mediorientali, e soprattutto l'elaborazione della bozza di Instrumentum laboris, documento di lavoro dell'Assemblea Speciale.
Le risposte ai Lineamenta inviati in precedenza hanno fornito la base di un dibattito in sessione plenaria.
Nel corso di questo, i membri del Consiglio hanno proposto di integrare i vari apporti delle Chiese orientali sui iuris, delle Conferenze Episcopali, dei dicasteri e di varie istituzioni religiose sugli argomenti emersi con maggiore forza.
I lavori sono poi continuati in tre gruppi, divisi per materie. Dall'analisi delle risposte alle domande specifiche dei Lineamenta è sorto uno "schema organico".
Questo, "una volta redatto nella sua forma definitiva, servirà ai Padri Sinodali come documento di studio e ordine del giorno del dibattito nell'Aula del Sinodo".
Fanno parte del Consiglio Presinodale per l'Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per il Medio Oriente tredici autorità ecclesiastiche.
Si tratta dei Cardinali Nasrallah Pierre Sfeir, Patriarca d'Antiochia dei Maroniti; Ivan Dias, Prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli; Walter Kasper, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'unità dei Cristiani; Jean-Louis Tauran, Presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso; Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali.
Ci sono poi le Beatitudini Antonios Naguib, Patriarca di Alessandria dei Copti; Ignace Youssif III Younan, Patriarca di Antiochia dei Siri; Gregorios III Laham, b.s., Patriarca di Antiochia dei Greco-Melkiti; Nerses Bedros XIX Tarmouni, Patriarca di Cilicia degli Armeni; Fouad Twal, Patriarca di Gerusalemme dei Latini; monsignor Ramzi Garmou, Arcivescovo di Teheran dei Caldei, Presidente della Conferenza Episcopale Iraniana; monsignor Luigi Padovese, o.f.m. cap., Vicario Apostolico dell'Anatolia, Presidente della Conferenza Episcopale di Turchia.
Il Sinodo sul Medio Oriente convocato da Benedetto XVI avrà come tema "La Chiesa cattolica nel Medio Oriente: Comunione e testimonianza. 'La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un'anima sola' (Atti, 4, 32)".
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Il Papa eleva le isole Comore a vicariato apostolico
Il sacerdote salvatoriano Charles Mahuza Yava, primo vicario apostolico
CITTA' DEL VATICANO, lunedì, 3 maggio 2010 (ZENIT.org).- Benedetto XVI ha elevato l'amministrazione apostolica delle isole Comore – situate nell'Oceano Indiano, a sud-est dell'Africa – al rango di vicariato apostolico, con la nuova denominazione di Arcipelago delle Comore e la stessa configurazione territoriale.
Allo stesso tempo, ha nominato primo vicario apostolico delle Comore padre Charles Mahuza Yava, SDS, già superiore provinciale della Provincia Salvatoriana Africana, assegnandogli la sede titolare episcopale di Apisa Mayor.
Padre Mahuza Yava è nato nel 1960 nel territorio di Sandoa, nella Diocesi congolese di Kolwezi.
E' membro della Società del Divin Salvatore. Ha svolto il noviziato in Tanzania, ed è stato uno dei primi congolesi tra i Salvatoriani.
Ha studiato a Sandoa e poi a Kolwezi, dove ha emesso la professione perpetua nel 1991 ed è stato ordinato sacerdote nel 1993.
Dopo aver esercitato il suo ministero come vicario di una parrocchia di Ntita, nel Kapanga, ha seguito un corso speciale di Spiritualità a Parigi.
Dal 1995 al 2000 è stato Maestro dei Novizi a Kolwezi e poi a Lubumbashi. Dal 1997 al 2003 è stato vicario provinciale, dal 2003 al 2006 superiore provinciale della vice-provincia congolese.
Dal 2000 al 2003 è stato Rettore degli Scolastici, dal 2006 al 2009 superiore provinciale della Provincia Salvatoriana Africana. Dal 2010 è stato parroco della parrocchia di Moroni (Grande Comore).
Il nuovo vicariato apostolico delle Comore si estende su un'area di circa 2.033 chilometri quadrati e ha una popolazione di 800.000 abitanti, 6.000 dei quali sono cattolici.
Ha due parrocchie e 6 sacerdoti (5 salvatoriani e uno della Società delle Missioni Estere di Parigi). Conta anche sulla collaborazione di due fratelli religiosi e dodici religiose.
L’amministrazione apostolica delle isole Comore (1975) è stata di competenza dei Frati Minori Cappuccini per decenni.
Nel 1998, di fronte alla diminuzione del personale apostolico, è passata alla Società del Divin Salvatore (Salvatoriani).
Questo sabato Benedetto XVI ha anche elevato al rango di Diocesi la prelatura territoriale di Ipil (Filippine), con la stessa denominazione e configurazione territoriale, rendendola suffraganea della chiesa metropolitana di Zamboanga.
Nella stessa data il Papa ha nominato primo Vescovo di Ipil monsignor Julius S. Tonel, finora Vescovo Prelato della medesima sede.
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Notizie dal mondo
Iraq: 4 morti e 171 feriti in un attentato contro studenti cristiani
Mentre si dirigevano in autobus all'università di Mosul
L'Arcivescovo caldeo della città, monsignor Emil Shimoun Nona, ha riferito al Servizio di Informazione Religiosa della Conferenza Episcopale Italiana degli effetti di questa esplosione devastante.
Il convoglio di autobus che ogni mattina porta gli studenti universitari di Qaraqosh, una località quasi totalmente cristiana, all'università di Mosul è stato attaccato all'improvviso vicino alla città.
L'attentato è avvenuto dopo che gli autobus avevano ripreso il viaggio dopo aver superato il primo controllo di sicurezza delle forze irachene, ha spiegato padre Rayan Atto, di Erbil, al blog Bagdadhope.
Un'esplosione prima e un'autobomba parcheggiata in strada poi hanno provocato un effetto tragico al passaggio degli autobus, tre dei quali sono stati raggiunti.
Ogni vettura trasportava circa 50 studenti di età compresa tra i 18 e i 26 anni.
La scorta - due automobili davanti e un'altra dietro il convoglio - non è stata sufficiente per evitare il massacro.
Dopo l'attacco, decine di giovani, alcuni dei feriti in modo gravissimo, sono arrivati agli ospedali di Erbil. 17 persone versano ancora in condizioni critiche.
I cristiani del villaggio e dei centri vicini sono accorsi ai centri sanitari per avere notizie dei feriti e donare sangue.
"Siamo davanti ad un altro, ennesimo attacco contro i cristiani", ha dichiarato monsignor Nona. "La violenza continua senza tregua".
Secondo l'Arcivescovo, "il vuoto di potere che si è creato dopo il voto, l'assenza di un nuovo governo, le diatribe interne ai partiti non fanno altro che creare un terreno adatto alla violenza".
Dal canto suo, il vicario patriarcale caldeo di Baghdad, monsignor Shlemon Warduni, ha lamentato questo lunedì che "nessuno tra i responsabili delle Istituzioni ci ha rivolto una parola di solidarietà e di scuse".
La comunità cristiana è rimasta molto toccata dall'attentato. "Veramente non sappiamo che fare davanti a questa violenza", ha confessato monsignor Warduni.
"Siamo scioccati in quanto le vittime non erano soldati o militanti, ma solo studenti che portavano con sé i libri, le penne, i loro sogni di crescere e servire il proprio Paese", ha detto il sacerdote redentorista Bashar Warda.
"I cristiani restano nel mirino, e sono le vittime privilegiate della violenza", ha concluso.
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Pellegrinaggio dei sacerdoti polacchi a Jasna Góra
di don Mariusz Frukacz
CZESTOCHOWA, lunedì, 3 maggio 2010 (ZENIT.org).- “La Fedeltà di Cisto, la fedeltà del sacerdote” è stato il tema principale che ha guidato il pellegrinaggio dei sacerdoti polacchi al Santuario della Madonna Nera di Jasna Góra, a Czestochowa, in occasione dell’Anno sacerdotale, dal 30 aprile al 1° maggio.
Durante il pellegrinaggio si sono tenute una Veglia di preghiera nella Capella di Madonna Nera a Jasna Góra e la preghiera sacerdotale nella Cattedrale della Sacra Famiglia di Nazaret a Czestochowa con la pertecipazione di circa 50 Vescovi polacchi, tremila sacerdoti e con i Cardinali Claudio Hummes, prefetto della Congregazione per il Clero, e Stanisław Dziwisz, ex segretario di Giovanni Paolo II e attuale arcivescovo metropolita di Cracovia.
La processione con le reliquie di san Giovanni Maria Vianney, Curato d’Ars e Patrono dei sacerdoti, presieduta dai Cardinali Claudio Hummes e Stanisław Dziwisz e da monsignor Stanisław Nowak, arcivescovo metropolita di Czestochowa, è partita dalla Cattedrale della Sacra Famiglia di Nazaret a Czestochowa per giungere fino a Jasna Góra.
Durante l’omelia il Cardinale Hummes si è raccomandato ai sacerdoti polacchi affinché portino il Vangelo nei diversi luoghi della vita sociale, negli ambienti culturali e tra coloro che non hanno fede.
“Bisogna andare dalle famiglie, nei luoghi di lavoro, nelle scuole, negli ambienti universitari”, ha detto il Cardinale Hummes.
Il prefetto della Congregazione per il Clero ha poi sottolineato l’importanza della missione, dell’azione apostolica ed evangelizzatrice dei sacerdoti polacchi.
Il porporato ha quindi rilevato che “quando il sacerdote ha entusiasmo, fede e coraggio riesce a realizzare la sua missione e trova il vero senso della sua identità”.
Nel corso dell’omelia il prefetto del Dicastero vaticano ha ricordato il Servo di Dio Giovanni Paolo II, il Cardinale Stefan Wyszyński, noto come il “Primate del Millennio”, e il sacerdote martire, padre Jerzy Popiełuszko.
Per il pellegrinaggio dei sacerdoti polacchi a Jasna Góra il Santo Padre Benedetto XVI ha inviato uno speciale telegramma.
Alla fine del pellegrinaggio i sacerdoti hanno donato alla Madonna Nera di Częstochowa il “Voto dei Sacerdoti”, cioè il Libro contenente i circa 3 mila nomi dei sacerdoti uccisi nel corso della Seconda Guerra Mondiale e durante il periodo comunista, e i nomi dei missionari e dei seminaristi uccisi.
I sacerdoti hanno donato a Maria Madre di Gesù l’urna speciale con la terra raccolta dai luoghi dove sono stati uccisi e perseguitati sacerdoti polacchi.
L’ultimo pellegrinaggio nazionale dei sacerdoti a Jasna Góra si è svolto 40 anni fa, nel 1970.
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Parlare, vivere e testimoniare la fedeltà del sacerdozio
Card. Scherer: la testimonianza di vita sacerdotale suscita nuove vocazioni
SAN PAOLO, maggio 2010 (ZENIT.org).- Le cattive notizie che coinvolgono parte del clero non devono mettere a tacere la testimonianza di fedeltà al sacerdozio, considera l'Arcivescovo di San Paolo.
Secondo il Cardinale Odilo Scherer, bisogna continuare a parlare delle vocazioni sacerdotali, oltre a diffondere gli esempi positivi e le testimonianze di sacerdoti che esercitano con cura il proprio ministero.
In un articolo di questa settimana della rivista arcidiocesana "O São Paulo", il porporato ricorda che domenica scorsa è stata celebrata la 47ª Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, in cui la Chiesa "prega e chiede che non manchino autentici continuatori della missione del Buon Pastore".
Il Cardinale sottolinea che il Messaggio di Benedetto XVI per questa occasione è collegato all'Anno Sacerdotale, sul tema "La testimonianza suscita vocazioni".
"Anche se la chiamata è, al di sopra di tutto, frutto dell'azione gratuita di Dio, anch'essa è favorita dalla qualità della testimonianza personale e comunitaria di coloro che sono già sacerdoti ed esercitano il ministero sacerdotale", ha affermato monsignor Scherer.
"Quanti hanno accolto la vocazione sacerdotale perché sono stati segnati dall'esempio e dalla testimonianza di un altro sacerdote! Quanti hanno seguito l'esempio di Ignazio di Loyola, di don Bosco, di Filippo Neri, di San Giovanni della Croce...".
Il porporato spiega che Benedetto XVI, nel suo Messaggio, elenca alcuni "elementi fondamentali" che devono caratterizzare la vita sacerdotale.
Cita quindi "l'amicizia con Cristo, con il quale si impara a 'stare in compagnia di Dio'; la piena offerta della vita a Dio, che si traduce poi nella donazione completa e gioiosa ai fratelli, affidati al ministero pastorale del sacerdote; la testimonianza di sincera comunione fraterna con gli altri sacerdoti, che è la caratteristica dei discepoli di Cristo".
"Tutto ciò può risvegliare in altri giovani il desiderio di vivere in modo simile", ha affermato.
Secondo il Cardinale, "in tempi di divulgazione di scandali sui comportamente sacerdotali, potrebbe venire la tentazione di tacere, di non parlare più della vocazione sacerdotale".
"Con tante notizie negative sui presbiteri, che effetto potrebbe avere una riflessione sulla vocazione sacerdotale? Questa, però, sarebbe una logica disfattista".
"Dobbiamo continuare a parlare, a vivere e a testimoniare in modo gioioso e umile la fedeltà al sacerdozio, rendendo noti gli esempi di sacerdoti santi", ha dichiarato.
"Non dimentichiamo che la vocazione è, al di sopra di tutto, frutto della grazia di Dio; e ricordiamoci anche che nella storia della Chiesa sono stati proprio i periodi di crisi quelli più fecondi per far nascere nuove vocazioni e iniziative fruttuose per la formazione sacerdotale".
[Traduzione dal portoghese di Roberta Sciamplicotti]
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"Spetta alle autorità tutelare il matrimonio mediante le leggi"
Messaggio dei Vescovi argentini al termine della loro Assemblea Plenaria
di Nieves San Martín
BUENOS AIRES, lunedì, 3 maggio 2010 (ZENIT.org).- Al termine della sua 99ma Assemblea Plenaria, alla fine del mese di aprile, la Conferenza Episcopale Argentina ha reso pubblico un comunicato indirizzato “al popolo di Dio e a tutti gli uomini e le donne di buona volontà”, in cui si concentra sulla famiglia affermando che “spetta alle autorità pubbliche tutelare il matrimonio tra uomo e donna mediante le leggi”.
I presuli argentini ricordano che Dio ha stabilito con l'uomo un dialogo di salvezza e che “la Chiesa è chiamata a estendere questo dialogo alla convivenza umana”. “La chiarezza del dialogo richiede un discernimento per riconoscere la verità, sulla quale noi pastori non possiamo tacere”. Ciò, ovviamente, “non presuppone disprezzo né discriminazione”, precisano.
Allo stesso modo, affermano che l'immagine di Dio si riflette “non solo nella persona individuale, ma si proietta nella complementarietà e nella reciprocità dell'uomo e della donna, nella comune dignità e nell'unità indissolubile dei due, chiamata da sempre matrimonio”.
In questo senso, segnalano che “il matrimonio è la forma di vita in cui si realizza una comunione singolare delle persone, e questa concede senso pienamente umano all'esercizio della funzione sessuale. Alla natura stessa del matrimonio appartengono le qualità menzionate di distinzione, complementarietà e reciprocità dei sessi, e l'ammirevole ricchezza della sua fecondità”.
Il matrimonio, segnalano, “non è un'unione qualsiasi tra le persone; ha caratteristiche proprie e irrinunciabili, che ne fanno la base della famiglia e della società. Così è stato riconosciuto nelle grandi culture del mondo. Così riconoscono i trattati internazionali assunti nella nostra Costituzione Nazionale. Così ha sempre inteso il nostro popolo”.
Per questo, “spetta alle autorità pubbliche tutelare il matrimonio tra l'uomo e la donna con la protezione delle leggi, per assicurare e favorire la sua funzione insostituibile e il suo contributo al bene comune della società”.
Secondo i Vescovi, “se si concedesse un riconoscimento legale all'unione tra persone dello stesso sesso, o venisse messa su un piano giuridico analogo a quello del matrimonio e della famiglia, lo Stato agirebbe erroneamente ed entrerebbe in contraddizione con i propri doveri, alterando i principi della legge naturale e dell'ordinamento pubblico della società argentina”.
I presuli hanno spiegato che “l'unione di persone dello stesso sesso manca degli elementi biologici e antropologici propri del matrimonio e della famiglia. E' assente da essa la dimensione coniugale e l'apertura alla trasmissione della vita. Il matrimonio e la famiglia su di esso fondata, invece, sono la casa delle nuove generazioni umane. Fin dal loro concepimento, i bambini hanno il diritto inalienabile di svilupparsi nel grembo materno, di nascere e crescere nell'ambito naturale del matrimonio. Nella vita familiare e in relazione al padre e alla madre, i bambini scoprono la propria identità e raggiungono l'autonomia personale”.
I Vescovi osservano che “constatare una differenza reale non è discriminare. La natura non discrimina quando ci fa uomo o donna. Il nostro Codice Civile non discrimina quando richiede il requisito di essere uomo o donna per contrarre matrimonio; riconosce solo una realtà naturale. Le situazioni giuridiche di interesse reciproco tra persone dello stesso sesso possono essere sufficientemente tutelate dal diritto comune. Sarebbe quindi una discriminazione ingiusta contro il matrimonio e la famiglia concedere al fatto privato dell'unione tra persone dello stesso sesso uno status di diritto pubblico”.
Per questo, i presuli fanno appello “alla coscienza dei nostri legislatori perché, decidendo su una questione così grave, tengano conto di queste verità fondamentali, per il bene della Patria e delle sue generazioni future”.
[Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]
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Italia
Viaggio nel cuore della Compagnia di Gesù
Iniziative culturali dei gesuiti di Roma per i 470 anni di fondazione dell'Ordine
di Chiara Santomiero
ROMA, lunedì, 3 maggio 2010 (ZENIT.org).- “Inattese connessioni: viaggio nel cuore della Compagnia” è il titolo del programma culturale proposto dai gesuiti di Roma in occasione del 470° della fondazione della Compagnia di Gesù e il IV centenario della morte di Matteo Ricci.
Il programma delle attività è stato presentato nel corso di una conferenza stampa tenutasi il 3 maggio presso il complesso del Gesù, nel centro storico della capitale.
Proprio questo complesso con le sue ricchezze artistiche e spirituali, insieme alle varie attività che lo animano, sarà aperto nei giorni dal 4 al 16 maggio, con diverse modalità, alla visita di turisti e pellegrini.
“Il complesso del Gesù – ha affermato padre Flavio E. Bottaro, coordinatore dell’ufficio comunicazione della Provincia d'Italia - può essere considerato il cuore delle attività dei gesuiti a Roma, intreccio di ‘inattese connessioni’ tra i diversi volti della Compagnia: dal servizio ai rifugiati, all'accompagnamento spirituale, dalle iniziative culturali ai gruppi giovanili e missionari”.
“L’intento dell’iniziativa – ha aggiunto padre Vincenzo D’Adamo, coordinatore dell’evento e cappellano dell’Università La Sapienza di Roma – che ha coinvolto il mondo della cultura, dell’Università e della pastorale cittadina, è anche quello di rigenerare ad extra le connessioni con le realtà ecclesiali e sociali della città. Il programma proposto vuole rivolgere non solo uno sguardo sull’attualità e sulla storia della Compagnia a Roma, ma anche esprimere il desiderio di mettere in atto un servizio sempre migliore nella Chiesa e nella società”.
Il programma di iniziative, che si protrarrà fino al 16 maggio, si apre domani (4 maggio), nella chiesa di sant'Ignazio, con una conferenza del cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, sul tema “La Compagnia di Gesù: una storia aperta”.
Il suo segretario personale, il gesuita canadese padre Michael Czerney, S.I., già coordinatore dell’African Jesuit Aids Network (Ajan), ha anticipato a grandi linee i contenuti dell'intervento di domani.
“I missionari gesuiti – ha affermato Czerney - hanno portato dall’Europa e dal Nord America, in Cina come in Africa, tanti doni adattandoli alle situazioni e alla cultura locali”. Al tempo di Ricci si trattava di una “inculturazione cosiddetta ‘alta’ ovvero della trasmissione della cultura umanistica italiana ed europea mirata a ‘condurre’ l’intelletto dell’uomo confuciano alla verità e all’etica cristiana, riuscendo a trovare la base morale naturale comune”.
Oggi, dato che “le società camminano e le culture hanno a che fare con la storia”, l’inculturazione si gioca “sul terreno dell’incontro nella vita quotidiana, umile, nascosta di coloro che hanno sì una domanda di senso religioso, ma che non riconoscono più quella comune base morale naturale che li rende aperti all’accoglienza della novità cristiana”.
Sempre domani, dopo la conferenza seguirà un Concerto in onore di Padre Matteo Ricci, nel IV Centenario della sua morte: “Il tesoro nascosto di Matteo Ricci. Esercizio Spirituale Concertato” a cura di Flavio Colusso con musiche di Palestrina e Da Victoria.
Nei due fine settimana, dell'8-9 e del 15-16 maggio prossimi, sarà possibile conoscere, attraverso visite guidate gratuite condotte dai Gesuiti residenti e dai loro collaboratori, ambienti, apostolati, opere culturali, attività formative e sociali della Compagnia.
Le visite guidate riguardano la chiesa del Gesù e un itinerario attraverso le case dei Gesuiti che comprende le “Camere di S. Ignazio”, “Il collegio internazionale” e la “Residenza” (questo itinerario richiede una prenotazione obbligatoria al numero 060608, tutti i giorni dalle 9.00 alle 21.00).
L’itinerario include anche gli ambienti del Centro Astalli, il servizio italiano dei gesuiti per rifugiati e richiedenti asilo, dove si svolge un'attività di prima assistenza per quanti fuggono da guerre e persecuzioni.
“Nel 2009 - ha spiegato nel corso della conferenza stampa padre Giovanni La Manna, direttore del Centro - abbiamo incontrato pressappoco 19 mila rifugiati e ogni giorno distribuiamo circa 420 pasti, anche grazie a 350 volontari che collaborano con le nostre attività”.
“Considero un privilegio per la Compagnia – ha aggiunto La Manna - il servizio ai rifugiati, voluto nel 1980 da padre Arrupe e che ancora oggi rappresenta un'intuizione profetica. Tutta l’attività spirituale e culturale che si svolge nel complesso del Gesù affonda le sue radici e si nutre dal contatto con i poveri e gli ultimi che arrivano al Centro Astalli”.
Sabato 15 maggio la Chiesa del Gesù aderisce alla manifestazione "La notte dei musei" con una tavola rotonda, alle ore 22.00, su vari aspetti della storia della Compagnia, cui seguirà un concerto alle ore 23.00.
Domenica 16 maggio, infine, alle ore 11.00, nella chiesa del Gesù, è prevista una solenne concelebrazione eucaristica presieduta da monsignor Mariano Crociata, segretario generale della Conferenza episcopale italiana.
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L'inviolabilità della vita umana
Corso promosso dal Movimento per la Vita di Marsala
di Vittore Saladino
ROMA, lunedì, 3 maggio 2010 (ZENIT.org).- «Cos’è la vita? Stiamo parlando di un concetto omnicomprensivo che contraddistingue ogni esser umano, in qualunque fase del suo divenire, il cui ultimo atto si conclude con la morte. Al di fuori di questo evento tutto il resto è vita, egualmente degna di essere vissuta nel rispetto di un diritto non neutrale, piuttosto attento al mondo dei valori».
Sono queste le parole, rivolte giovedì 19 aprile ai partecipanti al 3° incontro del Corso di sensibilizzazione “L'inviolabilità della vita umana” promosso dal Movimento per la Vita di Marsala, con cui ha dato inizio la relazione la dottoressa Silvio Bosio, dottore di ricerca in Bioetica all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma.
Durante l’incontro la dottoressa Bosio ha illustrato il lungo, complicato e non ancora completo processo attraverso il quale siamo giunti all’attuale sistema politeistico di valori (libertà, uguaglianza, responsabilità e giustizia sociale), mostrandoci che pur se la storia del diritto a vivere ha lontanissimi precedenti istituzionali che possiamo far risalire sino ai tempi dell’antica Mesopotamia (codice di Hammurabi del 1750 a.C., nel quale l’omicidio era punito col massimo della pena), bisogna attendere l’attuale epoca moderna per l’affermazione positiva delle pretese fondamentali dell’uomo, in chiave sociale. Il discorso vale soprattutto per il diritto alla vita che riceve una più ampia e puntuale attenzione solo nei recenti documenti internazionali.
Purtroppo però l’attuale ordinamento risulta ancora troppo neutrale e relativista, incapace di assumere una decisione morale oggettiva e soprattutto di segnalare l’ambito dei soggetti da proteggere. E un diritto debole, pur se ecumenico, si risolve in un meccanismo meramente tecnico e procedurale, sicuramente distante dai giudizi di valore e dunque dai principi sanciti nella moderna dottrina dei diritti umani.
Vi è da chiedersi – ha poi continuato la Bosio – se di fronte alle grandi trasformazioni della medicina e della biologia che coinvolgono sia la nascita che la morte umana, il valore della vita sia sempre un diritto fondamentale e inviolabile per tutti. Ma per rispondere a questa domanda sino in fondo, bisogna porsi con umiltà un’altra domanda ancora: quando i diritti umani diventano fondamentali? Poiché è opportuno ricordare infatti che né la Dichiarazione Universale all’art. 3 né tanto meno il patto internazionale del ’66, stabiliscono qual è il momento di inizio della tutela alla vita.
Rispetto all’interesse e al bene dell’essere umano e alla sua dignità, nemmeno gli interessi della società e della scienza possono porsi in una posizione di superiorità. Così recita la Convenzione di Oviedo sui diritti umani e la biomedicina del 4 aprile 1997.
Ora come intendiamo gestire l’innegabile dignità di una nuova vita in corsa verso il suo futuro: affidandoci ad un uso razionale e coerente dello strumento giuridico o alle nostre preferenze personali? In quest’ultimo caso, dovremmo ammettere che un figlio non voluto o programmato, sia un appendice del nostro desiderio, senza una sua precisa identità e con una dignità minore. Forse basterebbe la sufficienza del dubbio per sostenere che quella embrionale corrisponda ad una vera e propria esistenza personale?
L’errore metodologico di fondo – ha fatto capire la dottoressa Bosio – consiste nell’affrontare impropriamente la questione ontologica dell’embrione sotto la prospettiva della potenzialità, perdendo di vista la grande lezione di “Aristotele” il quale invece insegnava che “ciò che è in atto è anche in potenza […] così l’embrione è già uomo in atto”.
La Bosio ha quindi concluso il suo intervento evocando il parere del Consiglio Nazionale di Bioetica del 2003 secondo cui gli embrioni “sono vite umane a pieno titolo” per i quali “esiste il dovere morale di sempre rispettarli e sempre proteggerli nel loro diritto alla vita”. In questa prospettiva, si realizzerebbe appieno la funzione antropologica del diritto che è ricerca della verità nella giustizia, a difesa dei più deboli.
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Interviste
L'inquietudine di Agostino in mostra a Roma
Per il Santo, "si conosce solo ciò che si ama"
di Mariaelena Finessi
ROMA, lunedì, 3 maggio 2010 (ZENIT.org).- Volumi pregiati ed edizioni antiche delle opere di Sant'Agostino saranno esposti a Roma, dal 4 al 15 maggio, presso la Biblioteca Angelica della Chiesa di Sant'Agostino.
Presentata per la prima volta nel 2009 al Meeting per l'Amicizia fra i popoli, la mostra itinerante "Sant'Agostino. Si conosce solo ciò che si ama” ha inzio con le immagini della visita del Santo Padre a Pavia - dove dall'VIII secolo riposa il corpo del Santo - e prosegue con una serie di pannelli in cui si leggono brani tratti dalle Confessioni del vescovo di Ippona. All'interno di questo cammino, l'esposizione ricrea anche fisicamente alcuni luoghi significativi della vita di Agostino, fra i quali il battistero di Milano dove venne battezzato da Ambrogio.
Voluta dal Comune e dalla Provincia di Pavia, la mostra fa ora tappa nella capitale e per le manifestazioni legate alla "Notte dei Musei", sabato 15 maggio resterà aperta fino alle 2 del mattino.
Docente di Teologia patristica al seminario di Bergamo e di Introduzione alla Teologia presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano - dove è stato chiamato personalmente da don Luigi Giussani -, don Giuseppe Bolis è il curatore del progetto e in questa intervista ne racconta la genesi.
Don Bolis, come nasce la mostra?
Bolis: Agostino è l'Oceano Atlantico e l'Oceano Pacifico insieme, per cui non è stato semplice scegliere il tema dell'esposizione. Ad ogni modo è collegata al primo evento in cui è stata presentata a Rimini, e che aveva come titolo "La conoscenza è sempre un avvenimento". Il percorso espositivo ha infatti inizio con un breve brano di Agostino, tratto dai Soliloquia e che costituisce il vero testo sorgente del progetto. Parlando a se stesso, in fondo il Santo si chiede: «Ma tu, cosa vuoi conoscere?». E la risposta è: «Voglio conoscere Dio et animam». Un'espressione, quest'ultima, che io traduco con "Dio e l'io".
Qual è il criterio adottato nella scelta del materiale espositivo?
Bolis: Tutta la mostra si snoda – con metodo narrativo piuttosto che teologico - attraverso la storia umana di Agostino. Una storia che è divisa in tre tappe, o conversioni come le chiama Papa Benedetto XVI. La prima è segnata dal battesimo: nel lasso di tempo vissuto fino a quel momento, Agostino cerca di conoscere se stesso e Dio stando attento a tutto ciò che gli accade, anche quando i fatti sono assolutamente misteriosi e duri, come nel caso della morte di un giovane amico.
La seconda fase - caratterizzata dalla frase «con voi sono cristiano, per voi sono vescovo» - vede Agostino nella veste di pastore mentre si trova ad affrontare scismi, diatribe e lotte intestine alla Chiesa. Una situazione per descrivere la quale ricorre ad un'immagine del Vangelo: fino a quando saremo al mondo, nel campo di Dio ci sarà sempre il grano buono e la zizzannia e la divisione si farà solo alla fine. Tutto il tempo mondano è dato invece alla Chiesa per camminare.
L'ultima sezione della mostra corrisponde all'ultima conversione, cioè agli ultimi giorni della vita del Santo, quando si ritrova sul letto di morte a piangere e a pregare i salmi penitenziali che si fa scrivere sui muri. In altri termini, per Agostino anche il male diventa occasione di conoscenza, di sé e di Dio.
Santo dalla vita tormentata, è forse quel suo "cuore inquieto" che ancora avvicina Agostino a così tanti uomini.
Bolis: Agostino scopre l'inquietudine vivendo, come tutti noi ma per lui l'inquietudine non è un'emozione. Non è nemmeno una sorta di angoscia. Piuttosto, il cor inquietum di Agostino è ciò che il grande teologo Hans Urs von Balthasar – prendendo a prestito un termine dalla Fisica - traduce con "squilibrato" intendendo dire che c'è una "differenza di potenziale" tra il desiderio del cuore dell'uomo (suscitato dall'incontro con la realtà e con le persone, ad esempio, come nell'innamoramento) e la sua incapacità ultima di dare una risposta esaustiva a quel desiderio perché, pur godendo dei rapporti umani, avverte sempre la mancanza di qualcosa.
Tuttavia per Agostino questa inquietudine non è un fatto negativo, una malattia da cui guarire o una tappa da superare: permane invece nella vita di ciascuno, specie nei credenti. Di fatti, l'inquietudine di Agostino non finisce il giorno del suo battesimo ma anzi l'incontro cristiano acuisce questa sproporzione strutturale che è nel cuore. Nel suo, come in quello di ciascun uomo.
Nel 2007, Benedetto XVI - a cui lei dedica la mostra - si è recato in pellegrinaggio a Pavia per pregare sulla tomba di Agostino, confermando il forte legame che lo unisce alla figura e al magistero del vescovo d’Ippona.
Bolis: Scorgo il legame che il Papa ha con Agostino anche nelle ultime vicende degli attacchi alla Chiesa - "sporcizia" l'ha chiamata Ratzinger - e che il Santo Padre, proprio come il vescovo di Ippona, vive come un'opportunità di conoscenza di sé, come bisogno, e di Dio come misericordia. Non a caso al pranzo del suo compleanno, Benedetto XVI ha confidato ai cardinali di non sentirsi solo e di essere sereno.
Per informazioni sulla mostra ad ingresso libero, e per le visite guidate:
tel. 06.68408039 - 06.68408048 (ore 9-14)
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Tiziana Rocca, supermamma
Parla la più famosa "pierre" italiana, autrice di un libro di consigli per le giovani mamme
di Renzo Allegri
ROMA, lunedì, 3 maggio 2010 (ZENIT.org).- Il mondo dello spettacolo e della pubblicità è, in genere, piuttosto svagato riguardo ai valori educativi e in particolare a quelli religiosi. Ma guai ad emettere giudizi generalizzati. Anche in quel mondo si trovano persone eccezionali e ammirevoli.
Tiziana Rocca, quarantenne, napoletana di nascita, romana di adozione, madre di tre bambini, moglie del regista e attore Giulio Base, è il numero uno delle Pubbliche Relazioni in Italia, donna famosa, ma anche donna e mamma straordinaria. Aziende, attori, cantanti, politici, industriali, manager, campioni dello sport si affidano a lei per farsi conoscere al grande pubblico e per far conoscere la loro attività. E Tiziana, da quasi vent’anni a capo di una propria efficientissima organizzazione, crea eventi, prepara feste, convegni, conferenze stampa, spot pubblicitari, con una abilità impareggiabile, ottenendo sempre grossi risultati e per questo i media l’hanno incoronata con il titolo di “Regina delle Pierre”.
Donna di mondo, sempre alla ribalta, in tv, sui giornali, ma donna ricca di valori, di convinzioni radicate, di autentica fede religiosa. Una cattolica praticante, che la domenica va a messa con marito e figli e tutti i giorni, mattina e sera, recita, con la famiglia, le preghiere. Lo confessa candidamente e serenamente lei stessa in un magnifico libro che si intitola “Mamma dalla A alla T”, pubblicato, qualche tempo fa, in Italia dal “Messaggero” di Padova, e, ora, uscito negli Stati Uniti.
Un libo dedicato alle mamme, che ha anche un sottotitolo: “Manuale di sopravvivenza per le donne di oggi”. Frase che fa venire in mente quelle guide, tra il serio e il faceto, che servono per soddisfare curiosità superficiali. Ma, appena si inizia la lettura, ecco la sorpresa: ci si trova di fronte a un testo che affascina proprio per la qualità dei valori che propone e per la sincerità e l’entusiasmo con cui li propone. Solo una donna profondamente convinta del ruolo di madre può scrivere in quel modo. "Avere dei figli e una famiglia", afferma Tiziana Rocca "è quanto di più bello esista, qualcosa di unico, in grado di arricchire la propria esistenza come niente altro al mondo".
Dinamica, infaticabile lavoratrice, ha una preparazione professionale solida, ricca di lunga esperienza e di traguardi invidiabili conseguiti sul campo. Ha scritto vari libri riguardanti la sua professione, tiene corsi di perfezionamento, è una donna di quelle che contano molto nel mondo del business e dello spettacolo, ma afferma con decisione che le più grandi soddisfazioni le ha dagli affetti familiari e dal suo impegno nel sociale, in difesa delle persone meno fortunate. Ed è orgogliosa di essere stata nominata dallo Stato Pontificio “Domina Ordinis Santci Gregori Magni” e di aver ricevuto dall’ONU il titolo di “The United Nations High Commissioner for Refugees”.
"Anche questo libro mi sta dando grandi soddisfazioni", dice. "L’ho scritto con il cuore, e di getto. L’ho dedicato a tutte le donne che come me sono anche mamme. In Italia ha venduto bene e mi auguro che succeda anche negli Stati Uniti, e questo perché, essendo un libro al di fuori della mia professione, ho devoluto tutti i diritti d’autore in beneficenza, al progetto della Caritas Antoniana per le mamme africane".
Libro che si legge d’un fiato, e che apre una sorprendente finestra sulla vita privata di questa donna e sulla sua famiglia. E sta qui, la sorpresa. Si è portati a pensare che Tiziana Rocca, impegnata a costruire successi, carriere, conquiste economiche per le grandi aziende e per i vip, abituata a vivere tra i protagonisti del mondo dello spettacolo, della televisione, dei ricevimenti, dei party, abbia una mentalità e uno stile di vita consoni con quel mondo, in genere egoista, cinico, frivolo, attento all’apparire, al successo, ai soldi. Invece, no. Ogni pagina del libro è traboccante di saggezza, di un modo di vivere semplice, misurato, naturale, tutto volto a creare una famiglia armoniosa, unita, allegra, affiatata, ricca dei valori culturali e religiosi, perché convinta che solo questo tipo di famiglia possa aiutare a costruire una società migliore.
E non si tratta di un libro “teorico”, costruito a tavolino. E’ un libro pratico, dove l’autrice racconta le proprie esperienze, si confessa con candore e semplicità e il libro diventa così una specie di diario, un reality in famiglia, animato da personaggi veri, che non “recitano”, ma “vivono”. Pagina dopo pagina, veniamo a conoscere i componenti della famiglia di Tiziana: Cristiana, 12 anni, Vittorio, che ne ha 7 e Valerio, 6. Entrano in scena, di tanto in tanto, anche il marito, Giulio, il nonno, Claudio, le baby sitter.
Ogni argomento, suggerito da una lettera dall’alfabeto, viene annunciato brevemente e poi illustrato con esempi sperimentati di persona. L’autrice “racconta” come si è comportata nelle specifiche situazioni che intende illustrare, spiega “perché” ha scelto quel comportamento, “come” è riuscita a trasmetterlo ai bambini e quali risultati ha ottenuto.
I temi affrontati, le situazioni descritte, i consigli e i suggerimenti si ispirano a una qualità di esistenza sana e impegnata. Gli ideali che l’autrice si propone e che consiglia, sono quelli che nobilitano le persone e la società, valori umanissimi, aperti al confronto, all’accoglienza del diverso, rispettosi dell’altro, pronti ad aiutare chi è meno fortunato.
Perché il libro si intitola “Mamma dalla A alla T”, e non dalla “A alla Z”?
Tiziana Rocca: Non volevo peccare di presunzione. Sono consapevole che, anche con il massimo impegno, nel lavoro di mamma non si arriva mai alla perfezione, non si finisce mai di imparare. Così, idealmente, mi sono fermata alla “T”, e non alla “Z”.
Tra i valori positivi da trasmettere ai figli, quale ritiene più importante?
Tiziana Rocca: Tutti i valori sono importanti. Metto al primo posto il sentimento religioso, perché da esso, vissuto bene, con vera a maturata convinzione, traggono linfa tutti gli altri. Credo sia importante insegnare ai bambini a pregare già quando sono ancora molto piccoli. I miei figli sono abituati a dire la preghiera prima di mangiare e prima di andare a dormire. Alla domenica mio marito ed io andiamo a Messa portando con noi i bambini. L’esempio è fondamentale. La fede è un qualche cosa che ha un valore unico. Noi genitori cerchiamo di segnare una strada, di dare un esempio, ma abbiamo e avremo sempre massimo rispetto per le scelte dei figli, anche se diverse dalla nostre.
Qual è, secondo lei, il comportamento che i figli fin da piccoli devono evitare?
Tiziana Rocca: L’egoismo. Mortifica e umilia la natura umana. E’ la radice dei vizi. Mio marito ed io stiamo molto attenti a richiamare l’attenzione dei nostri figli sulle persone bisognose, invitandoli a donare loro una monetina o una parola di conforto. Nel nostro bilancio familiare è compresa anche l’adozione a distanza di una bambina indiana che di tanto in tanto ci invia letterine e foto. E’ un modo per dare ai nostri bambini un esempio di solidarietà e responsabilizzarli su quello che hanno.
Secondo certe statistiche, nella vita moderna è la televisione il vero educatore dei bambini, in quanto essi passano più ore davanti al piccolo schermo che con i genitori. Che ne pensa?
Tiziana Rocca: E’ purtroppo un dato di fatto, ma deleterio. Come tutti i mezzi di conoscenza e di informazione moderni, la televisione è molto importate, se usata bene. Io sono convinta che i bambini devono soprattutto parlare molto con i genitori. Il dialogo è il mezzo principale per una buona educazione. In famiglia, noi lo teniamo al primo posto. A volte, le giornate volano e per dialogare cerchiamo di adottare degli escamotage come spegnere la televisione quando siamo insieme e cercare di raccontarci come si è vissuto durante la giornata.
Tutti i bambini sono affascinati dai videogame: come giudica questi passatempi?
Tiziana Rocca: Il gioco è molto importante perché sviluppa l’intelletto e aiuta a crescere. Ma deve essere un gioco costruttivo. I videogame non lo sono. In casa nostra non sono mai entrati. E’ chiaro che dai loro amici, i miei figli giocano e quando tornano a casa li chiedono. Ma Giulio ed io spieghiamo loro che noi desideriamo che i nostri figli vivano una vita “reale” e non “virtuale”. Per cui, se si vuole fare una partita a tennis, a calcio, andare a cavallo, possiamo organizzarci per farlo veramente, all’aria aperta, e non nel video della Tv.
I suoi bambini ascoltano?
Tiziana Rocca: Se i genitori hanno acquistato la fiducia e la stima dei loro figli, i bambini ascoltano certamente. Riflettono, dialogano, presentano delle obiezioni, e alla fine assimilano l’insegnamento. Ma è importante dare loro l’esempio. Molti genitori pensano che per educare i figli sia sufficiente mandarli a scuola. Non è assolutamente vero. La scuola è certamente importantissima nell’educazione, ma la famiglia e l’insegnamento che si dà in famiglia lo sono molto di più.
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Spiritualità
Pregare fa bene alla salute
di padre Piero Gheddo*
ROMA, lunedì, 3 maggio 2010 (ZENIT.org).- Pregare fa bene alla salute. Non è un dogma, ma semplicemente un’esperienza mia e credo di molti altri. Da pochi giorni è iniziato il mese di maggio, nella tradizione cattolica dedicato alla Madonna. Fin dai nostri primi anni tutti noi credenti siamo imbevuti della devozione a Maria, la nostra fede in Cristo è strettamente congiunta alla devozione mariana, Cristo richiama Maria e Maria ci rimanda a Cristo.
Uno dei più bei ricordi che ho conservato dei cinque anni trascorsi nel Seminario diocesano di Moncrivello (Vercelli) per il ginnasio (1940-1945) è l’appuntamento serale alla Grotta di Lourdes al fondo del grande orto e cortile. Dopo la cena e la ricreazione, si andava tutti assieme alla Grotta dove dicevamo “le preghiere della buona notte” a Maria. Con breve fervorino mariano e canto finale nell’ora del tramonto e nel silenzio e pace della campagna, col frinire dei grilli in sottofondo, che invitava alla riflessione e alla commozione pregando e pensando alla Mamma del Cielo.
Erano anni di guerra e il seminario sorgeva a poche decine di chilometri da Torino: a volte di sera e di notte andavamo in terrazza a vedere i lampi e tuoni dei bombardamenti e a pregare per quei poveri torinesi che morivano sotto le bombe; e poi eravamo in zona di guerriglia partigiana fra le risaie vercellesi e le colline del Canavese. Sentivamo racconti di violenze, vendette, fucilazioni, torture, agguati, perquisizioni notturne, di giorno e di notte passavano in seminario gruppetti di partigiani o di militi fascisti che suscitavano in noi ragazzini un senso di paura e di pietà. Anni di scarso e a volte disgustoso cibo (le amarissime rape bianche bollite coltivate nell’orto, che dovevamo mangiare!). E poi, alla sera, il rifugio della preghiera fra le braccia della Mamma, che ci mandava a letto sereni e pacificati con la vita.
Dobbiamo riprendere le devozioni del mese di maggio: il Rosario e il “fioretto” quotidiani, cioè la mortificazione che ci si impone per controllare la nostra volontà e sensibilità e orientarle a Dio. “Bisogna mortificarsi nelle cose lecite – diceva mio padre Giovanni – per poter resistere alle cose illecite”. L’amore e la devozione a Maria devono crescere perché, come diceva Paolo VI in un discorso del 1971, “occorre introdurre il ricordo di Maria, il suo pensiero, la sua immagine, il suo sguardo profondo nella cella della religiosità personale, della pietà segreta e intima dello spirito”.
In altre parole, non basta una devozione formale, il mese di maggio può portare ciascuno di noi ad amare Maria con cuore sincero e filiale, in modo che diventi davvero il nostro rifugio nell’ora della tentazione, della stanchezza, della depressione, della sofferenza e sostenga la nostra volontà nella scelta del meglio, nella costanza dell’impegno, nella capacità del sacrificio. E’ un’esperienza molto concreta che ciascuno può fare, impegnandosi nel mese di maggio a dare un po’ del nostro tempo e della nostra preghiera a Maria.
Perché il Rosario? Per tanti motivi, ma per me è la preghiera più facile e immediata, più meditativa e affettiva, che mi permette in ogni momento della mia giornata di elevarmi a Maria e a Cristo e praticare quella “preghiera continua” che è indispensabile per giungere a sentire vivamente la presenza di Dio in noi. Questo sentimento fa bene alla salute, perché relativizza le cose materiali, ci fa vivere, pur immersi nel mondo e nelle fatiche quotidiane, in una dolce unione con Dio che ci mantiene sereni in tutte le vicende della vita.
Ogni tanto, qua o là, si legge di un ritorno al devozionalismo, si critica il Papa perché, così dicono alcuni, vuole tornare al passato e far risorgere pratiche tradizionali considerate alienanti. Così il Rosario è spesso bollato per devozionalismo o conservatorismo. Ma nessun santo ha praticato un cristianesimo senza devozioni, né la Chiesa ha mai insegnato questo. Il Rosario non è certo essenziale alla fede, ma si manifesta ancor oggi come uno strumento importante per portare i fedeli a vivere la fede. Diceva Giovanni XXIII, che del Rosario era devotissimo: “Il Rosario è un esercizio avvincente, insostituibile di preghiera”.
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*Padre Piero Gheddo (www.gheddopiero.it), già direttore di Mondo e Missione e di Italia Missionaria, è stato tra i fondatori della Emi (1955), di Mani Tese (1973) e Asia News (1986). Da Missionario ha viaggiato nelle missioni di ogni continente scrivendo oltre 80 libri. Ha diretto a Roma l'Ufficio storico del Pime e postulatore di cause di canonizzazione. Oggi risiede a Milano.
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Documenti
Benedetto XVI: la speranza cristiana non viene meno di fronte alla morte
Omelia ai funerali del Cardinale Paul Augustin Mayer
* * *
Venerati Fratelli,
illustri Signori e Signore,
cari fratelli e sorelle!
Anche per il nostro amato Fratello Cardinale Paul Augustin Mayer è giunta l'ora di partire da questo mondo. Egli era nato, quasi un secolo fa, nella mia stessa terra, precisamente ad Altötting, dove sorge il celebre Santuario mariano a cui sono legati tanti affetti e ricordi di noi bavaresi. Così è il destino dell'esistenza umana: fiorisce dalla terra - in un punto preciso del mondo - ed è chiamata al Cielo, alla patria da cui misteriosamente proviene. "Desiderat anima mea ad te, Deus" (Sal 41/42,2). In questo verbo "desiderat" c'è tutto l'uomo, il suo essere carne e spirito, terra e cielo. E' il mistero originario dell'immagine di Dio nell'uomo. Il giovane Paul - che poi da monaco di chiamerà Augustin Mayer - studiò questo tema negli scritti di Clemente Alessandrino, per il dottorato in teologia. E' il mistero della vita eterna, deposto in noi come un seme fin dal Battesimo, e che chiede di essere accolto lungo il viaggio della nostra vita, fino al giorno in cui riconsegniamo lo spirito a Dio Padre.
"Pater, in manus tuas commendo spiritum meum" (Lc 23,46). Le ultime parole di Gesù sulla croce ci guidano nella preghiera e nella meditazione, mentre siamo raccolti attorno all'altare per dare l'estremo saluto al nostro compianto Fratello. Ogni nostra celebrazione esequiale si colloca sotto il segno della speranza: nell'ultimo respiro di Gesù sulla croce (cfr Lc 23,46; Gv 19,30), Dio si è donato interamente all'umanità, colmando il vuoto aperto dal peccato e ristabilendo la vittoria della vita sulla morte. Per questo, ogni uomo che muore nel Signore partecipa per la fede a questo atto di amore infinito, in qualche modo rende lo spirito insieme con Cristo, nella sicura speranza che la mano del Padre lo risusciterà dai morti e lo introdurrà nel Regno della vita.
"La speranza poi non delude - afferma l'apostolo Paolo scrivendo ai cristiani di Roma -, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato" (Rm 5,5). La grande e indefettibile speranza, fondata sulla solida roccia dell'amore di Dio, ci assicura che la vita di coloro che muoiono in Cristo "non è tolta, ma trasformata"; e che "mentre si distrugge la dimora di questo esilio terreno, viene preparata un'abitazione eterna nel cielo" (Prefazio dei Defunti I). In un'epoca come la nostra, nella quale la paura della morte getta molte persone nella disperazione e nella ricerca di consolazioni illusorie, il cristiano si distingue per il fatto che pone la sua sicurezza in Dio, in un Amore così grande da poter rinnovare il mondo intero. "Ecco, io faccio nuove tutte le cose" (Ap 21,5), dichiara - verso la fine del Libro dell'Apocalisse - Colui che siede sul trono. La visione della nuova Gerusalemme esprime il realizzarsi del desiderio più profondo dell'umanità: quello di vivere insieme nella pace, senza più la minaccia della morte, ma godendo della piena comunione con Dio e tra di noi. La Chiesa e, in particolare, la comunità monastica, costituiscono una prefigurazione sulla terra di questa meta finale. E' un anticipo imperfetto, segnato dai limiti e dai peccati, e dunque bisognoso sempre di conversione e purificazione; e, tuttavia, nella comunità eucaristica si pregusta la vittoria dell'amore di Cristo su ciò che divide e mortifica. "Congregavit nos in unum Christi amor" - "L'amore di Cristo ci ha raccolti nell'unità": questo è il motto episcopale del nostro venerato Fratello che ci ha lasciato. Come figlio di san Benedetto, egli ha sperimentato la promessa del Signore: "Chi sarà vincitore erediterà questi beni; / io sarò suo Dio ed egli sarà mio figlio" (Ap 21,7).
Formatosi alla scuola dei Padri Benedettini dell'Abbazia di San Michele a Metten, nel 1931 emise la professione monastica. Per tutta la sua esistenza, egli ha cercato di realizzare quanto san Benedetto dice nella Regola: "Nulla si anteponga all'amore di Cristo". Dopo gli studi a Salisburgo e a Roma, intraprese una lunga e apprezzata attività di insegnamento nel Pontificio Ateneo Sant'Anselmo, dove divenne Rettore nel 1949 ricoprendo questa carica per 17 anni. Proprio in quel periodo venne fondato il Pontificio Istituto Liturgico, che è diventato un punto di riferimento fondamentale per la preparazione dei formatori nel campo della Liturgia. Eletto, dopo il Concilio, Abate della sua amata Abbazia di Metten, ha ricoperto tale incarico per 5 anni, ma già nel 1972 il Servo di Dio Papa Paolo VI lo nominò Segretario della Congregazione per i Religiosi e gli Istituti Secolari e volle personalmente consacrarlo Vescovo il 13 febbraio 1972.
Durante gli anni di servizio in questo Dicastero, promosse la progressiva attuazione delle disposizioni del Concilio Vaticano II riguardo alle famiglie religiose. In questo particolare ambito, nella sua qualità di religioso, ebbe modo di dimostrare una spiccata sensibilità ecclesiale e umana. Nel 1984 il Venerabile Giovanni Paolo II gli affidò l'incarico di Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, creandolo poi Cardinale nel Concistoro del 25 maggio 1985 e assegnandogli il Titolo di sant'Anselmo all'Aventino. In seguito, lo nominò primo Presidente della Pontificia Commissione "Ecclesia Dei"; ed anche in questo nuovo e delicato incarico il Cardinale Mayer si confermò zelante e fedele servitore, cercando di applicare il contenuto del suo motto: "L'amore di Cristo ci ha raccolti nell'unità".
Cari Fratelli, la nostra vita è in ogni istante nelle mani del Signore, soprattutto nel momento della morte. Per questo, con la confidente invocazione di Gesù sulla croce: "Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito", vogliamo accompagnare il nostro Fratello Paul Augustin, mentre compie il suo passaggio da questo mondo al Padre. In questo momento il mio pensiero non può non andare al Santuario della Madre delle grazie di Altötting. Spiritualmente rivolti a quel luogo di pellegrinaggio, affidiamo alla Vergine Santa la nostra preghiera di suffragio per il compianto Cardinale Mayer. Egli nacque presso quel Santuario, ha conformato la sua vita a Cristo secondo la Regola benedettina, ed è morto all'ombra di questa Basilica Vaticana. La Madonna, san Pietro e san Benedetto accompagnino questo fedele discepolo del Signore nel suo Regno di luce e di pace. Amen.
[© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana]
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