In tenda sotto la pioggia davanti Buckingham Palace migliaia di fan attendono da giorni il matrimonio
Una follia. Come se un'imprevedibile falla nella catena del buonsenso avesse trasformato Londra in una surreale favola interattiva del terzo millennio. Non è la vigilia del matrimonio del secolo, è il circo transnazionale del delirio umano, uno strabordante distillato di regressioni infantili, di sogni irrealizzabili consegnati alla vita degli altri. C'è dentro il meglio e il peggio di tutto. Un esercito di persone collassate in un primitivo abisso emotivo. Carovane di uomini, donne e bambini planate nel cuore della Gran Bretagna in cerca di un evidentemente inutile, e proprio per questo impagabile, momento di felicità. E' straordinario. E fa impressione. Come se inseguire un principe e una principessa spendendo la propria pensione per un volo dall'Australia o da Copacabana, accamparsi per notti davanti all'Abbazia di Westminster vestiti da Union Jack, o gridare a settant'anni al passaggio di indistinguibili Rolls Royce fosse giustificato, normale, persino dovuto. «Io amo quei ragazzi», recita un cartello legato alle inferriate di Green Park. Ed è nella parola «ragazzi» il senso preciso dell'evento: uno spaventoso bisogno di ossigeno e di rinnovamento. Una globale vacanza dei cervelli in mezzo a bandierine, parate militari, negozi tappezzati di fotografie di William e Kate e dolci decorati con la croce di San Giorgio. Spaventoso o divertente? E' una questione di gusti. Ma il matrimonio tra la commoner Kate Middleton, che assumerà il pomposissimo titolo di Sua Altezza Reale, e il principe William Mountbatten-Windsor, da stamattina presumibilmente Duca di Cambridge, è la polvere di Peter Pan piovuta sulla testa di un intero pianeta. Oggi due miliardi di persone, esattamente alle undici, saranno davanti alla tv. E due milioni di fans si spalmeranno sulle strade di Londra. Seicentomila turisti in più rispetto al 29 aprile di un anno fa. Non basterà un temporale a rovinare il programma. Ottomila i giornalisti accreditati, 56 le teste coronate, 1.900 gli invitati, 5.000 i poliziotti, 35 i cani capaci di fiutare esplosivi.
Solo incidentalmente il mondo reale incrocia questo gigantesco gioco di società. A meno di ventiquattro ore dalla cerimonia, mentre al Mandarin Hotel (dove ceneranno con la regina Elisabetta) il principe Alberto di Monaco e Charlene Wittostock prendono possesso delle prestigiose stanze assieme a Filippo di Spagna e alla consorte Letizia, alla sofisticata Rania di Giordania e all'impresentabile re dello Swaziland, Mswati Terzo, la diplomazia di Palazzo ritira l'invito all'ambasciatore siriano. Tecnicamente il matrimonio è una questione privata, inevitabilmente è anche un affare di Stato. Il ministro degli esteri William Hague chiarisce che la presenza a Westminster di Sami Khiyami sarebbe «inaccettabile». Una frettolosa foglia di fico. Lui no, l'Iran e la Corea del Nord sì. Mancano anche Blair e Brown. «La Corona si schiera», gridano nervosi i laburisti. Ma al di là degli stucchevoli balletti diplomatici, la commedia umana va in scena nelle strade, mentre gli sposi fanno sapere che «l'affetto popolare» li ha travolti. La cavalleria reale passa in mezzo al mare di tende montate sui marciapiedi e nei parchi pieni di tulipani neri, primule e anemoni. Divise lucide, pennacchi corti, meno eleganti di quelli dei corazzieri del Quirinale. Un film.
Johanna Mcquillis è arrivata dall'Ontario e da due notti dorme davanti a Buckingham Palace, lungo il Mall. «C'ero anche trent'anni fa. Ma questa volta non andrà a finire come con Carlo e Diana. William proteggerà la sua principessa. Stavolta ci sarà il lieto fine». Il marito si versa una tazza di caffè calcandosi in testa il berretto di lana e sognando una notte addomesticata e complice. Sono previsti otto gradi. Di fianco a loro una famiglia di San Diego e una signora australiana che dormirà appoggiata alle transenne. Hanno fatto amicizia in questa strana catena della solidarietà. Sulla tenda azzurra le foto di Lady D. «Oggi sarebbe felice, orgogliosa di questo suo figlio che le somiglia». Consensi unanimi. Fotografie alle bandiere. Tranci di pizza e grida. Dall'altra parte della strada la folla si agita. La polizia stringe i ranghi. Camilla Parker Bowles entra a Clarence House avvolta in uno scialle bianco. Ci voleva anche Crudelia Demon in questo racconto. E' ovvio che è lei la cattiva. Va a salutare William che mercoledì, con i calzini spaiati della sua squadra del cuore, l'Aston Villa, ha giocato a pallone con gli amici a Battersea Park e passa il suo ultimo giorno da scapolo assieme al fratello Harry. Una straordinaria ordinarietà. La pancia della città si gonfia. Anche Cameron si confonde tra la folla. «E' un gran giorno per il Paese». Ci siamo quasi. Whitehall e i prati davanti a Westminster si riempiono di figuranti in attesa del momento magico in questa imperdibile Woodstock dell'infanzia. Dai mamma, raccontami un'altra favola.
con lastampa.it
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