ZENIT
Il mondo visto da Roma
Servizio quotidiano - 15 gennaio 2010
Santa Sede
- Benedetto XVI: la fede non si oppone alla ricerca scientifica
- Il Papa alla sinagoga di Roma: un passo avanti nel dialogo
- Portavoce vaticano: amore vero per Haiti, la risposta della Chiesa
- Calendario delle celebrazioni del Papa da febbraio ad aprile
- Incontro in Vaticano dedicato al clero delle Chiese cattoliche orientali
Uomini e donne di fede
Anno Sacerdotale
Notizie dal mondo
- La Chiesa si mobilita per gli aiuti ad Haiti
- I Vescovi statunitensi lamentano la politicizzazione della sanità
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- II edizione di Josp Fest: il cammino come riscoperta di umanità e tradizione
- I fatti di Rosarno, segno di un senso smarrito della fraternità universale
- E' uscito il primo volume dell'Enciclopedia Bioetica e Scienza Giuridica
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Santa Sede
Benedetto XVI: la fede non si oppone alla ricerca scientifica
La legge morale naturale non è solo per i cristiani, afferma
CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 15 gennaio 2010 (ZENIT.org).- La fede non si oppone alla ricerca medica, ma le offre un contesto morale, non esclusivo per i cristiani, ma accessibile a tutti attraverso la ragione.
Lo ha affermato Papa Benedetto XVI ricevendo questo venerdì in udienza i partecipanti all'Assemblea Plenaria della Congregazione per la Dottrina della Fede, in svolgimento in questi giorni a Roma.
Il Papa ha focalizzato il suo discorso sulle due questioni attualmente al centro dei lavori della Congregazione, la bioetica e l'etica medica da un lato e le sfide del dialogo ecumenico dall'altro.
Circa la prima questione, che ha occupato gran parte del suo discorso, ha sottolineato l'importanza della pubblicazione dell'Istruzione Dignitas Personae (2008) da parte di questo dicastero.
"In temi tanto delicati ed attuali, quali quelli riguardanti la procreazione e le nuove proposte terapeutiche che comportano la manipolazione dell'embrione e del patrimonio genetico umano", l'Istruzione afferma che "il valore etico della scienza biomedica si misura con il riferimento sia al rispetto incondizionato dovuto ad ogni essere umano, in tutti i momenti della sua esistenza, sia alla tutela della specificità degli atti personali che trasmettono la vita", ha osservato.
In questo senso, Benedetto XVI ha mostrato la sua opposizione alla mentalità in cui "la fede è presentata come ostacolo alla libertà e alla ricerca scientifica, perché sarebbe costituita da un insieme di pregiudizi che vizierebbero la comprensione oggettiva della realtà".
Gli insegnamenti della Chiesa su questioni bioetiche, ha sottolineato, procedono dalla legge morale naturale, che è accessibile alla ragione umana, indipendentemente dal fatto che si sia credenti.
"La legge morale naturale non è esclusivamente o prevalentemente confessionale, anche se la Rivelazione cristiana e il compimento dell'uomo nel mistero di Cristo ne illumina e sviluppa in pienezza la dottrina", ha ribadito.
"Fondata nella stessa natura umana e accessibile ad ogni creatura razionale, la legge morale naturale costituisce così la base per entrare in dialogo con tutti gli uomini che cercano la verità e, più in generale, con la società civile e secolare".
Per questo, ha aggiunto che la fede cristiana offre "un contributo veritativo anche nell'ambito etico-filosofico, non fornendo soluzioni precostituite a problemi concreti, come la ricerca e la sperimentazione biomedica, ma proponendo prospettive morali affidabili all'interno delle quali la ragione umana può ricercare e trovare valide soluzioni".
"La Chiesa, nel proporre valutazioni morali per la ricerca biomedica sulla vita umana, attinge infatti alla luce sia della ragione che della fede", ha affermato Benedetto XVI.
Sfide ecumeniche
Il Pontefice ha anche alluso alle nuove sfide in campo ecumenico poste durante il 2009 alla Congregazione, per il caso della Fraternità San Pio X e per l'incorporazione nella Chiesa di gruppi di fedeli provenienti dalla Comunione Anglicana.
In questo senso, ha sottolineato che la missione del Papa è in primo luogo quella del ministero di unità, e che questa è innanzitutto "unità di fede, sostenuta dal sacro deposito, di cui il Successore di Pietro è il primo custode e difensore".
"Il raggiungimento della comune testimonianza di fede di tutti i cristiani costituisce pertanto la priorità della Chiesa di ogni tempo, al fine di condurre tutti gli uomini all'incontro con Dio".
Per questo, ha invitato il dicastero a continuare a lavorare "perché vengano superati i problemi dottrinali che ancora permangono per il raggiungimento della piena comunione con la Chiesa da parte della Fraternità S. Pio X".
Il Papa ha anche espresso la sua soddisfazione per l'impegno della Congregazione "in favore della piena integrazione di gruppi di fedeli e di singoli, già appartenenti all'Anglicanesimo, nella vita della Chiesa Cattolica".
"La fedele adesione di questi gruppi alla verità ricevuta da Cristo e proposta dal Magistero della Chiesa non è in alcun modo contraria al movimento ecumenico, ma mostra, invece, il suo ultimo scopo che consiste nel giungere alla piena e visibile comunione dei discepoli del Signore", ha concluso.
Dal canto suo, il Cardinale William Joseph Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, ha affermato nel suo discorso di saluto al Pontefice che il dicastero è fortemente impegnato nella "promozione della fede e della morale della Chiesa", riporta "L'Osservatore Romano".
Con l'Istruzione Dignitas Personae, ha sottolineato, "si è inteso esprimere l'apprezzamento e l'incoraggiamento per il progresso delle scienze biomediche, che aprono prospettive terapeutiche finora sconosciute", ma allo stesso tempo "si è cercato di illuminare le coscienze di tutti, credenti e uomini che sono alla ricerca della verità, affinché il progresso scientifico sia veramente rispettoso di ogni persona e della dignità della procreazione umana".
Allo stesso modo, ha ricordato come siano state incoraggianti "l'attenzione e la fiducia accordateci relativamente alla importante questione di come favorire la piena integrazione di gruppi di fedeli e di singoli, già appartenenti all'anglicanesimo, nella vita della Chiesa Cattolica".
Il magistero papale, ha concluso, rappresenta per i membri del dicastero una fonte di "conforto, incoraggiamento e guida".
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Il Papa alla sinagoga di Roma: un passo avanti nel dialogo
Benedetto XVI visiterà questa domenica il tempio ebraico della capitale
ROMA, venerd, 15 gennaio 2010 (ZENIT.org).- La prima sinagoga ad essere visitata da un Papa si prepara a ricevere per la seconda volta un Pontefice, Benedetto XVI, domenica 17 gennaio.
E' la quarta volta nella storia della Chiesa che un Papa visita un tempio ebraico (la prima è stata con Giovanni Paolo II proprio alla sinagoga di Roma, nell'aprile 1986) e la terza nel pontificato di Benedetto XVI, che ha visitato anche la sinagoga di Colonia (Germania) nell'agosto 2005 e quella di Park East a New York durante il suo viaggio negli Stati Uniti nell'aprile 2008.
La visita di questa domenica è stata annunciata il 17 settembre scorso in un comunicato che il Santo Padre ha inviato a Riccardo Di Segni, Gran Rabbino di Roma. Il Papa vuole così commemorare l'inizio delle feste religiose di Yom Kippur e Sukkot.
"Mentre auspico che queste feste siano motivo di comune santa letizia, invoco dall'eterno per tutti gli ebrei copiose benedizioni a costante incoraggiamento dell'impegno profuso per promuovere la giustizia, la concordia e la pace", ha affermato il Pontefice.
Dal canto suo, il capo della sinagoga ha espresso la sua gratitudine per il messaggio, definendolo "significativo e importante".
Radici comuni
La visita avviene anche nel contesto delle celebrazioni della XXI Giornata Mondiale per l'approfondimento del dialogo tra cattolici ed ebrei, che si celebra proprio questa domenica.
La Giornata mira ad approfondire i dieci Comandamenti che uniscono le due religioni, come ha segnalato il Papa visitando la sinagoga di Colonia nel 2005.
"Il Papa accennò al patrimonio spirituale dei Dieci Comandamenti che uniscono ebrei e cristiani a riproporre l'unicità di Dio, a riproporre la sua legge iscritta nei cuori degli uomini, fatti appunto a Sua immagine e somiglianza", ha affermato monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Commissione Ecumenismo e Dialogo della Conferenza Episcopale Italiana, alla "Radio Vaticana".
L'insistenza sul dialogo interreligioso da parte di Papa Benedetto XVI non è nuova: durante un intervento del 2000, l'allora Cardinale Ratzinger sottolineava che, per i cristiani, la fede testimoniata nella Bibbia degli ebrei non è una religione diversa, ma risulta la base stessa della fede.
La Comunità ebraica romana
Domenica il Papa sarà ricevuto dal Gran Rabbino di Roma, Riccardo Di Segni, medico radiologo all'ospedale romano San Giovanni che nel 1973 ha ottenuto il titolo di Rabbino nel Collegio Rabbinico Italiano.
Il 16 gennaio 2006 Di Segni, insieme ad altre autorità della Comunità ebraica di Roma, è stato ricevuto in Vaticano da Benedetto XVI.
La Comunità ebraica romana, consolidatasi nel 70 a.C., è la più antica d'Occidente. Il quartiere ebraico si trova nel cuore di Roma.
Per monsignor Paglia, la seconda visita di un Pontefice a questa sinagoga "porta verso un passo ulteriore, una collaborazione ancora più evidente tra queste due religioni".
Il presule ha definito l'amicizia tra ebrei e cristiani "intensa" e ha detto che si tratta di "una sorta di obbligo teologico", visto che "la fraternità tra questi due popoli è parte integrante dei rispettivi credo".
"Il patrimonio spirituale ebraico cristiano è non solo un legame forte tra noi, ma è anche una energia propulsiva per l'incontro con le altre regioni e io direi anche per la promozione della cultura, in particolare quella occidentale", ha sottolineato.
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Portavoce vaticano: amore vero per Haiti, la risposta della Chiesa
Promuove un'ondata di solidarietà capace di dare speranza
CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 15 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Di fronte al dramma vissuto in questi momenti da Haiti l'azione della Chiesa deve essere un amore che si trasforma in solidarietà, ha detto il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, S.I.
Il Direttore della Sala Stampa della Santa Sede ha riflettuto sulla risposta cristiana al dolore straziante provocato dal terremoto nell'ultimo editoriale di “Octava Dies”, il rotocalco informativo prodotto dal Centro Televisivo Vaticano, da lui diretto.
“Il mondo è giustamente scosso dalla tragedia del popolo di Haiti, dalle decine di migliaia di vittime, dal numero immenso di sinistrati, dalla difficoltà di organizzare i soccorsi in una situazione di confusione generale, dal dolore straziante di un intero popolo, che già veniva annoverato fra i più poveri della Terra”, spiega il sacerdote gesuita.
“Anche la Chiesa, che vive con il suo popolo – aggiunge –, è stata direttamente e dolorosamente colpita dalla morte di tanti suoi membri, a cominciare dallo stesso arcivescovo della capitale, e dalla distruzione di tante sue attività”.
Il sacerdote ricorda poi che il Papa ha immediatamente levato la sua voce con vibranti parole di partecipazione spirituale e di appello alla solidarietà, e che alla sua se ne sono unite innumerevoli altre, da tutti i Paesi, in particolare i più vicini nel continente americano, così che possiamo sperare che anche questa volta – come già spesso in passato - la gravità della tragedia diventi occasione di una vastissima gara di solidarietà e di amore.
“E questo amore generoso e genuino è forse l’unico vero conforto, l’unica grande risposta a questo mare di dolore, come l’amore di Cristo che muore in croce è l’unica vera risposta alla sofferenza dell’uomo”, osserva padre Lombardi.
Il portavoce vaticano cita poi un sacerdote, il quale gli ha detto: “Noi haitiani siamo abituati alle catastrofi: quando non sono quelle naturali, sono quelle politiche o di altro genere, che da sempre scuotono il Paese; ma il popolo ogni volta riprende a sperare, e questa è una speranza cristiana. Per gli haitiani l’amore è più forte”.
“Tanti operatori sociali e pastorali, testimoni di solidarietà, sono già morti in questi giorni – diciamo pure 'per amore' - con gli haitiani, come la brasiliana Zilda Arns, fondatrice della meravigliosa 'pastorale dei bambini'”.
“Dobbiamo continuare ad accompagnare, attraverso la solidarietà e l’amore, il risorgere – ancora una volta – della speranza e dell’amore degli haitiani, dei poveri e dei sofferenti del mondo”, conclude padre Lombardi.
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Calendario delle celebrazioni del Papa da febbraio ad aprile
CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 15 gennaio 2010 (ZENIT.org).- E' stato pubblicato questo venerdì dalla Sala Stampa della Santa Sede il calendario delle celebrazioni che verranno presiedute da Papa Benedetto XVI da febbraio ad aprile.
Il calendario inizia martedì 2 febbraio, Festa della Presentazione del Signore e Giornata della Vita Consacrata, quando il Papa presiederà nella Basilica Vaticana alle 17.30 i Vespri con i membri degli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica.
Il 17 febbraio, Mercoledì delle Ceneri, il Pontefice parteciperà – alle 16.30 nella Basilica di Sant’Anselmo – alla Statio e alla Processione Penitenziale, per presiedere poi, alle 17.00, la Santa Messa con la benedizione e l'imposizione delle Ceneri nella Basilica di Santa Sabina.
Venerdì 19 febbraio, alle 11.00, Benedetto XVI presiederà il Concistoro per alcune Cause di Canonizzazione.
Domenica 21, I Domenica di Quaresima, presiederà alle 18.00 l'inizio degli esercizi spirituali per la Curia Romana nella Cappella Redemptoris Mater del Palazzo Apostolico. Il Papa parteciperà anche alla conclusione degli esercizi, sabato 27 febbraio, alle 9.00 nella stessa Cappella.
Marzo
Il primo appuntamento del mese di marzo sarà domenica 7, III Domenica di Quaresima, quando Benedetto XVI realizzerà una visita pastorale alla parrocchia romana di San Giovanni della Croce, presiedendo alle 9.00 la Santa Messa.
Giovedì 25 marzo, incontrerà alle 20.30 in Piazza San Pietro i giovani di Roma e del Lazio in preparazione alla Giornata Mondiale della Gioventù, che si celebra annualmente la Domenica delle Palme.
Proprio domenica 28 marzo, Domenica delle Palme e della Passione del Signore, il Papa presiederà la Messa in Piazza San Pietro alle 9.30. In questa occasione ci sarà la benedizione delle Palme.
Lunedì 29 marzo, alle 18.00 nella Basilica Vaticana, il Pontefice presiederà poi la Santa Messa nell’Anniversario della morte del Servo di Dio Giovanni Paolo II.
Aprile
Il 1° aprile, Giovedì Santo, Benedetto XVI presiederà alle 9.30 nella Basilica Vaticana la Santa Messa del Crisma, presiedendo poi nel pomeriggio – alle 17.30 nella Basilica di San Giovanni in Laterano – l'inizio del Triduo Pasquale con la Santa Messa nella Cena del Signore.
Il 2 aprile, Venerdì Santo, celebrerà la Passione del Signore nella Cappella papale della Basilica Vaticana alle 17.00. Alle 21.15 presiederà al Colosseo di Roma la tradizionale Via Crucis.
Il 3 aprile, Sabato Santo, il Papa presiederà alle 21.00 nella Basilica Vaticana la Veglia Pasquale nella notte santa. Il giorno dopo, Domenica di Pasqua, 4 aprile, celebrerà alle 10.15 la Messa in Piazza San Pietro, seguita, alle 12.00, dalla Benedizione “Urbi et Orbi” dalla Loggia centrale della Basilica Vaticana.
Il calendario termina ricordando che sabato 17 e domenica 18 aprile Benedetto XVI si recherà in viaggio apostolico a Malta.
La visita avrà luogo in seguito all'invito presentato dai Vescovi locali e dal Presidente maltese e celebrerà il 1950° anniversario del naufragio di San Paolo nell'arcipelago, che secondo la tradizione avvenne nell'anno 60 durante il suo viaggio verso Roma.
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Incontro in Vaticano dedicato al clero delle Chiese cattoliche orientali
82° Assemblea della R.O.A.C.O., dal 19 al 20 gennaio
CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 15 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Dal 19 al 20 gennaio prossimi si terrà in Vaticano l’82° sessione della R.O.A.C.O. (Riunione delle Opere in Aiuto alle Chiese Orientali), dedicata quest'anno, in occasione dell'Anno Sacerdotale, al tema del sostentamento del clero delle Chiese cattoliche orientali, particolarmente in Europa centrale ed orientale e nel Medio Oriente.
“Dopo la svolta dell’89 – si legge in una nota della Congregazione per le Chiese Orientali – , le Chiese cattoliche orientali dell’Europa centrale e orientale hanno avuto la gioia di poter ordinare numerosi giovani preti, anche sposati secondo la antica tradizione delle loro Chiese”.
“A motivo delle modeste condizioni economiche dei loro paesi e dell’assenza di strutture ecclesiastiche di autofinanziamento – continua la nota –, il sostentamento dei sacerdoti è stato in gran parte garantito dalle Chiese dell’Occidente tramite le Agenzie di aiuto, membri della R.O.A.C.O.”.
Per questo, si afferma, “dopo venti anni è venuto il momento di una valutazione in vista di una efficace progettazione per il futuro”.
Per i sacerdoti nel Medio Oriente, invece, la riflessione si concentrerà piuttosto sulla previdenza sanitaria e di anzianità. La sessione dedicherà, inoltre, una speciale attenzione alla situazione delle Chiese Cattoliche Orientali in Eritrea, Etiopia e Iraq.
Le riunioni avranno luogo nella Sala delle Conferenze del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani in Via della Conciliazione 5.
Parteciperanno i rappresentanti di circa 20 Agenzie cattoliche, provenienti da 10 Paesi occidentali. Saranno presenti il Delegato Apostolico a Gerusalemme, mons. Antonio Franco, e il Nunzio Apostolico in Sudan ed Eritrea, mons. Leo Boccardi.
La R.O.A.C.O è un organismo fondato nel 1968 dalla Congregazione per le Chiese Orientali, che raduna due volte l’anno le Agenzie impegnate nel sostegno delle Chiese cattoliche orientali in tutte le dimensioni della loro vita: culto, clero, formazione pastorale, istituzioni educative e scolastiche, assistenza socio-sanitaria.
Ne fanno parte, ad esempio, la “Catholic Near East Welfare Association” – con sede negli Stati Uniti, approvata da Pio XI nel 1928 –, la Pontificia Missione per la Palestina – nata nel 1949, anch’essa con sede negli USA – e numerose Agenzie che operano in Germania, Francia, Svizzera, Paesi Bassi e Austria.
E’ presieduta dal Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, il Cardinale Leonardo Sandri, ed ha come Vicepresidente il Segretario del Dicastero, l’Arcivescovo Cyril Vasil’, S.J., Segretario della R.O.A.C.O. è invece il rev. Leon Lemmens.
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Uomini e donne di fede
Matteo Ricci, un gigante della scienza e della fede
di Antonio Gaspari
ROMA, venerdì, 15 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Tra le tante iniziative culturali e religiose dell’anno 2010, spiccano quelle relative alla celebrazione del quarto centenario della morte (1610 – 2010) di Matteo Ricci, un padre gesuita che ha segnato la storia della cultura e della missione in Cina e che la rivista American Life ha collocato tra i 100 personaggi più influenti e importanti del secondo millennio.
Nella giornata di giovedì 14 gennaio oltre cento Ambasciatori presso la Santa Sede, hanno visitato la grande rassegna “Ai Crinali della Storia. Padre Matteo Ricci (1552-1610) fra Roma e Pechino”, curata dal prof. Antonio Paolucci e allestita in Vaticano nelle sale del Braccio di Carlomagno.
Un successo particolare sta avendo un libro ed un film dal titolo “Matteo Ricci. Un gesuita nel regno del drago”, curati da Gjon Kolndrekaj e pubblicati dalla Rai – Eri.
Nella dedica che apre il libro, il regista italiano di origine kossovara, Gjon Kolndrekaj, ha scritto: “Quest’opera è dedicata a tutti quei missionari che nel silenzio annunciano la verità, operando per il Bene Comune nelle diverse culture e civiltà”.
Ripercorrere la storia di Matteo Ricci è come vivere un fantastica avventura.
Nato a Macerata il 6 ottobre dei 1552 da nobile e importante famiglia, Matteo venne formato come letterato e religioso dalla scuola dei Gesuiti.
Alla sua formazione umanistica si aggiunse la solida componente matematica, astronomica, cartografica e scientifica, grazie agli insegnamenti di padre Cristoforo Clavio.
Affascinato dall’Oriente, Matteo appena ordinato sacerdote salpò per la missione in Cina nel 1582. Dopo anni di studio della lingua, dei costumi e della cultura cinese, il giovane gesuita godette della stima e della fiducia della classe colta cinese, al punto che venne introdotto alla Corte Imperiale di Wanli.
Matteo Ricci era colto e carismatico, stupì la corte imperiale con la sua bontà d’animo, con la sua scienza e con la sua fede.
Dimostrò ai cinesi che la terra era tonda, disegnò la mappa del mondo allora conosciuta, costruì orologi meccanici, tradusse per la prima volta opere occidentali in cinese.
Tradusse in lingua mandarina molti trattati fondamentali per la scienza occidentale come i primi sei libri degli “Elementi di Euclide” e il “Manuale di Epitteto”.
Nel 1584 scrisse un breve catechismo, il primo libro stampato da stranieri in Cina.
A queste date è riconducibile anche la sua composizione del grande Mappamondo in lingua cinese, la cui sesta edizione fu voluta dall'Imperatore stesso nel 1608.
Nel Mappamondo sono raffigurati i continenti e le isole fino ad allora scoperte riportando, in linea con la tradizione cinese, le annotazioni delle notizie storiche accanto alle principali località.
Matteo Ricci inoltre, compose e pubblicò, il primo lavoro sinologico della storia: un piccolo dizionario portoghese-cinese.
Nel 1595 scrisse il “Trattato sull'amicizia”; nel 1607 tradusse e stampò i “Dieci paradossi”; nel 1603 fu stampato lo scritto “Genuina nozione di Dio” con cui padre Ricci dimostrò l'esistenza di Dio, spiegò l'immortalità dell'anima e confutò il monismo panteistico e la metempsicosi, allora molto diffuse tra i colti cinesi.
Importanti anche gli scritti composti per gli occidentali come le sue “Lettere” e la sua relazione “Della entrata della Compagnia di Gesù”.
La sua opera era così impressionate che l'Imperatore, gli concesse il permesso di fondare una chiesa (sostenuta a spese dell'erario) e, ammettendolo spesso a Corte, lo introdusse nella cerchia dei mandarini, i più importanti funzionari imperiali.
Quando morì nel 1610, la comunità cristiana cinese da lui fondata, contava 500 convertiti di cui 400 solo a Pechino. Tra questi spiccavano figure di primo piano della vita sociale, culturale e politica cinese, nonché alcuni parenti dell'Imperatore.
Il prof. Zhang Xiping docente di lingua cinese e letteratura cristiana presso l’Università di Pechino e membro dell’Accademia delle Scienze sociali della Cina, ha raccontato che “l’opinione di Ricci venne apprezzata dagli studiosi cinesi, tanto che fino all’inizio della dinastia dei Qing, il cattolicesimo si divulgò liberamente in tutta la Cina, furono costruite più di sessanta chiese e più di duecento missionari evangelizzarono in Cina”.
Padre Matteo Ricci ricevette il più alto riconoscimento per uno straniero, cioè il privilegio imperiale di un terreno di sepoltura nella capitale in quella che oggi è la School of Beijing Municipal Committee.
La tomba del gesuita maceratese si trova oggi all'interno del Cimitero di Zhalan, presso il Collegio Amministrativo di Pechino (Beijing Administrative College), situato nei pressi del Tempio delle Cinque Pagode, alla periferia nord-ovest della città.
Mons. Claudio Giuliodori, Vescovo di Macerata e Presidente della Commissione Episcopale per la cultura e le comunicazioni sociali della Conferenza Episcopale Italiana, nell’introduzione al docufilm di Kolndrekaj ha scritto: “padre Matteo Ricci è un gigante della cultura e della fede. Dotato di straordinarie doti intellettuali si è dimostrato un vero genio dell’inculturazione attraverso cui ha saputo aprire la strada al dialogo tra Oriente e Occidente e all’evangelizzazione della Cina”.
Nello stesso libricino padre Federico Lombardi, S.J., Direttore della Sala Stampa della Santa Sede, ha sottolineato che “quando l’11 maggio 1610 Matteo Ricci morì a Pechino, la comunità cristiana in Cina era ben stabilita e la fama di Ricci era grande anche alla corte imperiale, tanto che l’imperatore, su richiesta dei confratelli del nostro missionario concesse un luogo per la sua sepoltura. Non si era mai verificato prima di allora che uno straniero venisse seppellito nel territorio cinese e questo sta a dimostrare quanto Ricci fosse stimato e onorato”.
“Conobbi la figura di Matteo Ricci nel 1976, in occasione di un mio viaggio a Pechino, con il mio maestro Joris Evans – ha raccontato a ZENIT Gjon Kolndrekaj –. Da allora decisi di dedicarmi alla figura di questo grande missionario italiano che i cinesi chiamavano Li Madou”.
“Dopo aver dedicato anni della mia carriera all’approfondimento delle tematiche relative alle tre religioni monoteiste – ha continuato l’autore del libro e del film – dedicarmi alla figura di Ricci, missionario cattolico e scienziato italiano, che entrò in relazione con la filosofia e il pensiero orientale, era una cosa che mi affascinava”.
“Spero che questo lavoro – ha concluso Gjon - contribuisca a far conoscere la figura e le opere di Matteo Ricci non solo agli addetti ai lavori, ma anche e soprattutto ai più”.
La storia di Matteo Ricci ha colpito anche l’immaginazione dei Pontefici.
Papa Giovanni Paolo II ha detto di lui: "padre Matteo Ricci era giustamente convinto che la fede in Cristo non solo non avrebbe portato alcun danno alla cultura cinese, ma l'avrebbe arricchita e perfezionata ... la figura e l'opera di padre Ricci appaiono assumere oggi una grande attualità per il popolo cinese, proteso come è in un processo di modernizzazione e di progresso".
Ed ancora: “padre Matteo Ricci comprese e apprezzò pienamente la cultura cinese fin dagli inizi, e il suo esempio dovrebbe servire di ispirazione a molti.
Benedetto XVI, nella lettera inviata il 6 maggio del 2009 a monsignor Claudio Giuliodori ha scritto: “Matteo Ricci dotato di profonda fede e di straordinario ingegno culturale e scientifico dedicò lunghi anni della sua esistenza a tessere un proficuo dialogo tra Occidente e Oriente conducendo contemporaneamente una incisiva azione di radicamento del Vangelo nella cultura del grande Popolo della Cina”.
“Il suo esempio – ha aggiunto il Pontefice tedesco - resta anche oggi come modello di proficuo incontro tra la civiltà europea e quella cinese”.
“Matteo Ricci – ha concluso - è stato un obbediente ministro della Chiesa e intrepido ed intelligente messaggero del vangelo di Cristo”.
Molto attiva nelle celebrazioni per il quarto centenario della morte (1610 – 2010) è la diocesi di Macerata, con la pubblicazione di un'agenda e di un calendario, con un'opera teatrale, la proiezione del docufilm di Kolndrekaj, un convegno internazionale per marzo e altre decine di incontri.
[Per ulteriori informazioni: www.diocesimacerata.it/ricci/index.php]
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Anno Sacerdotale
L'Arcivescovo Piacenza: l'amore, "essenza" di Dio e dell'uomo
Interviene al ritiro spirituale annuale del Movimento dei Focolari
ROMA, venerdì, 15 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Intervenendo all'annuale ritiro spirituale per i sacerdoti e i diaconi amici del Movimento dei Focolari, in svolgimento dal 12 al 15 gennaio presso il Centro Mariapoli di Castel Gandolfo (Roma), l'Arcivescovo Mauro Piacenza, segretario della Congregazione per il Clero, ha ricordato a tutti i presenti che l'amore è “l'essenza stessa di Dio”.
Nella sua prolusione, sul tema “Ars amoris - via Revelationis” e riportata da “L'Osservatore Romano”, il presule ha sottolineato che se l'amore è l'essenza divina, visto che l'uomo è creato a immagine e somiglianza di Dio è anche “l'essenza stessa dell'uomo”.
“Se Dio e l'uomo non sono 'consustanziali', e l'uomo diviene partecipe della vita divina solo per grazia, tuttavia l'amore, partecipato da Dio all'uomo, diviene il reale spazio di dialogo, il luogo nel quale, più di ogni altro, è possibile riconoscere la verità sia di Dio sia dell'uomo”.
Dio, ha spiegato l'Arcivescovo, sa che l'amore “è il linguaggio che l'uomo comprende meglio”.
“Per questa ragione, Dio non è Amore soltanto nella Sua Essenza, ma l'Amore è anche il metodo della rivelazione divina: l'ars amoris è così via revelationis, in una straordinaria gratuità, che, misteriosamente ed efficacemente, sempre precede la nostra capacità di amare”.
San Giovanni Maria Vianney
“L'amore, e con esso l'unità, che ne è uno dei riverberi più visibili, appartengono al cuore del messaggio evangelico ed alla storia ed alla vita della Chiesa stessa”, ha proseguito il presule, ricordando che San Giovanni Maria Vianney ne è “un testimone qualificato”, “avendone colto l'essenza, prima e soprattutto, per via intuitiva”.
L'amore, infatti, “non si studia sui libri, ma si vede nella vita; esso non si apprende con corsi specialistici, ma vivendo con chi ama e sa amare”.
A questo proposito, l'Arcivescovo Piacenza ha ricordato che le migliaia di persone che andavano in pellegrinaggio ad Ars, quando veniva chiesto loro il perché di quel viaggio, rispondevano: “Andiamo a vedere Dio in un uomo”.
Secondo il presule, la ragione fondamentale per la quale il Papa ha indicato San Giovanni Maria Vianney patrono dei sacerdoti è proprio il fatto che era “esperto nell'arte di amare e quindi nell'arte di 'far vedere l'Amore', cioè comunicare Dio”.
“L'eroismo del santo curato, le lunghe ore trascorse nel confessionale, il trasporto, l'austerità e la solennità con cui celebrava la santa messa e sostava in estasi davanti al tabernacolo, la pietà con cui si rivolgeva alla Beata Vergine Maria e ai santi, altro non erano se non evidenti segni, da tutti riconoscibili, di questo straordinario amore di Dio e per Dio, reso costantemente visibile”.
L'esempio del Santo Curato d'Ars deve servire da sprone a tutti i presbiteri, chiamati a “rendere visibile l'Amore di Dio”: “non un generico sentimento d'amore, ma l'Amore reso visibile in Gesù di Nazareth, Signore e Cristo, l'Amore che si è fatto inchiodare alla Croce per noi e per i nostri peccati, l'Amore di Gesù abbandonato”.
Mandato missionario
Dopo aver riconosciuto che i membri del Movimento dei Focolari sono chiamati “a vivere questa radicalità d'amore, che diviene immediatamente radicale unità nella Chiesa e con i vostri Vescovi”, l'Arcivescovo ha voluto lasciare loro “un vero e proprio mandato missionario”.
“Siate fedeli testimoni dell'amore e dell'unità nelle vostre Diocesi, nei presbitéri di appartenenza, gareggiate nello stimare i vostri confratelli e nella fedele obbedienza alla Chiesa”, ha chiesto.
“Possiamo e dobbiamo davvero lasciare che l'amore e l'Ars amoris, 'rivoluzionino' la nostra esistenza, dell'unica rivoluzione che davvero cambia i cuori ed il mondo, da oltre 2000 anni: il Cristianesimo”, ha concluso.
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Notizie dal mondo
La Chiesa si mobilita per gli aiuti ad Haiti
MADRID, venerdì, 15 gennaio 2010 (ZENIT.org).- La Chiesa cattolica si è mobilitata per aiutare le vittime del terremoto di Haiti in risposta all'appello lanciato da Benedetto XVI affinché i cattolici siano generosi con il Paese caraibico.
Dopo il suo appello internazionale, il Papa ha assicurato che la Chiesa si attiverà "immediatamente" attraverso le sue istituzioni caritative per aiutare la popolazione haitiana.
La nota informativa del Vaticano segnala che, "come in passato per altre tragedie di questo tipo, i cattolici sono già presenti con la loro assistenza concreta. Diverse agenzie cattoliche sono all'opera e inviano personale".
Il Pontificio Consiglio "Cor Unum" è in contatto diretto con il Catholic Relief Services, l'agenzia umanitaria dei Vescovi degli Stati Uniti, che si incaricherà di coordinare gli aiuti.
Il Papa ha chiesto generosità con Haiti e i Vescovi italiani hanno risposto annunciando la donazione di due milioni di euro per le prime emergenze, il doppio di quanto promesso dal Governo italiano.
La Conferenza Episcopale Spagnola ha esortato i cattolici ad essere solidali, mentre la Caritas e le ONG cattoliche si sono unite allo sforzo di raccolta fondi attraverso vari conti bancari a livello nazionale e diocesano. Caritas Spagna ha già spedito una prima tranche di 175.000 euro per sostenere le operazioni d'emergenza di Caritas Haiti, e ha inviato nell'isola un gruppo di sette esperti della sua rete internazionale per partecipare sul luogo alle operazioni di risposta alla catastrofe.
Negli Stati Uniti, dove vivono migliaia di cattolici di origine haitiana, il 24 gennaio si celebrerà una colletta nazionale per l'America Latina che verrà dedicata in buona parte ad Haiti, ma anche sabato e domenica ci saranno ulteriori collette speciali, su richiesta del Cardinale Francis George, presidente dei Vescovi nordamericani, che hanno già promesso cinque milioni di dollari (3,44 milioni di euro).
La Chiesa nella Repubblica Dominicana offre preghiere e una colletta in tutte le parrocchie del Paese. Il Cardinale Nicolás López, Arcivescovo di Santo Domingo, chiede aiuto "alle Nazioni sorelle dell'America e di altri continenti".
Il presidente di Caritas Internationalis, il Cardinale Óscar Rodríguez Maradiaga, ha auspicato dal canto suo che "nascano finalmente le soluzioni e gli impegni necessari per alleviare la miseria degli haitiani e la povertà strutturale di questa Nazione".
La zona colpita interessa quattro Diocesi (Port-au-Prince, Jacmel, Gonaives e Jeremie), con sei milioni di abitanti. Prima del terremoto c'erano 150 parrocchie, con quattro milioni di cattolici, 450 sacerdoti e più di 600 suore.
L'associazione caritativa internazionale Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS) ha lanciato una campagna di aiuti d'emergenza, abilitando un conto allo scopo.
Nonostante le difficoltà per stabilire comunicazioni con il Paese caraibico, padre Maurizio, uscito illeso dal terremoto che ha devastato Port-au-Prince, ha dato voce attraverso ACS alle immagini che scorrono durante i telegiornali da martedì: "Perfino le case più forti della città sono state parzialmente o totalmente distrutte. Una nube rosa copre la città come conseguenza del crollo degli edifici. Tutte le case della collina sono crollate. La gente grida e piange per le strade. Davanti a un disastro simile possiamo solo piangere. Nei quartieri periferici della città la situazione è anche più grave".
La responsabile di Progetti di ACS ha espresso l'impegno dell'istituzione con Haiti nella situazione d'emergenza attuale e in futuro: "Grazie alla generosità dei nostri benefattori, siamo preparati ad apportare il nostro aiuto alla Chiesa e alle sue strutture nella lunga via del recupero", che vari organismi hanno stimato potrebbe prolungarsi per alcuni decenni.
Il direttore dell'ufficio di Aiuto alla Chiesa che Soffre in Inghilterra, Neville Kyrke-Smith, ha indicato che "negli ultimi 50 anni il popolo haitiano ha sperimentato le conseguenze di una politica agitata, della violenza e delle catastrofi naturali. Ora il terremoto sembra il colpo finale per uno dei Paesi più poveri del mondo".
Manos Unidas ha aperto un conto d'emergenza i cui fondi verranno destinati all'acquisto di prodotti di prima necessità, e poi all'opera di ricostruzione del Paese.
"La città è desolata, la gente gira per le strade e ci sono molti morti. Non sappiamo dove siano i nostri compagni", ha spiegato il gesuita spagnolo Ramiro Pampols, membro della ONG Entreculturas.
Questa organizzazione sta coordinando la sua azione d'emergenza con il Jesuit Refugee Service e Fe y Alegría. Le due entità si sono già mobilitate per dare una prima risposta al dramma. I centri della Compagnia di Gesù nella Repubblica Dominicana hanno inoltre organizzato una rete di aiuti per le vittime del sisma.
"Ancora una volta Haiti ha subito una tragedia", ha riferito sconsolato il superiore regionale della Compagnia di Gesù ad Haiti, Kawas François, che ha descritto come trascorrono i primi giorni dopo il sisma in un Paese che già prima viveva nella miseria: "Tutti sono in stato di shock. Le comunicazioni sono interrotte e stiamo affrontando serie difficoltà per aiutare i nostri vicini".
Il Jesuit Refugee Service nella Repubblica Dominicana ha formato due commissioni, una di emergenza umanitaria per raccogliere tutte le donazioni di cibo e medicinali, l'altra, insieme a istituzioni statali, per realizzare un piano d'emergenza per l'accoglienza di possibili flussi migratori provenienti da Haiti.
Il Jesuit Refugee Service dell'America Latina e del Caribe sta esortando affinché in ogni Paese della regione latinoamericana in cui si trovano opere della Compagnia di Gesù si intraprendano iniziative di solidarietà nei confronti del popolo haitiano.
[Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]
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I Vescovi statunitensi lamentano la politicizzazione della sanità
Si opporranno alle leggi che permettono il finanziamento pubblico dell'aborto
WASHINGTON, venerdì, 15 gennaio 2010 (ZENIT.org).- I Vescovi degli Stati Uniti affermano che la riforma del sistema sanitario dovrebbe essere una priorità nazionale, ma lamentano allo stesso tempo la politicizzazione di questo processo e dichiarano di opporsi alla legislazione che prevede un finanziamento pubblico per l'aborto.
Kathy Saile, direttore dell'Ufficio di Sviluppo Sociale nazionale, lo afferma in una dichiarazione video diffusa dalla pagina web ufficiale della Conferenza Episcopale USA (USCCB). Si tratta della prima posizione pubblica della Conferenza sulla questione da quando il Senato ha approvato la sua versione della riforma legale sanitaria, il 24 dicembre scorso.
Nei giorni precedenti alla votazione finale al Senato, i Vescovi avevano inviato numerose lettere ai senatori leader esprimendo preoccupazione perché la legislazione era “carente” e aveva bisogno di “modifiche essenziali”.
Il Cardinale Daniel DiNardo, Arcivescovo di Galveston-Houston e presidente del Comitato per le Attività Pro-vita della USCCB, ha osservato che la riforma proposta era carente nel “rispetto della vita e delle coscienze individuali; nell'accessibilità per i poveri e nell'accesso alla tanto necessaria assistenza sanitaria di base per gli immigrati”.
Il problema principale, ha dichiarato, è che la legge “autorizza esplicitamente per la prima volta nella storia l'utilizzo di fondi federali per sovvenzionare piani sanitari che coprono l'aborto volontario”.
Priorità nazionale
“I Vescovi statunitensi chiedono da molto tempo un'autentica riforma sanitaria”, afferma la Saile. “La cura della salute è un diritto umano, e la riforma sanitaria è un imperativo morale e una priorità nazionale”.
“I Vescovi credono che la legislazione sanitaria debba considerare come priorità i poveri e i vulnerabili, il che include le famiglie a basso reddito, gli immigrati, i malati e i concepiti. E la legislazione dovrebbe difendere la coscienza delle persone”.
La portavoce osserva che i Vescovi statunitensi sono “preoccupati” per lo sviluppo del processo di riforma, ma riconosce che sia il progetto del Senato che quello della Camera dei Rappresentanti hanno elementi che “porteranno molto bene”.
“Si coinvolgono milioni di persone che attualmente non hanno un'assicurazione”, sottolinea. “Si aiutano le famiglie a basso reddito e con grandi costi sanitari, ci sono sovvenzioni particolari per aiutare le donne in gravidanza e i loro bambini non ancora nati”.
“Tuttavia – lamenta –, questa riforma è stata tristemente politicizzata con sforzi per ampliare il finanzamento dell'aborto”.
La portavoce dell'USBBC afferma che i Vescovi non cercano di “imporre un'agenda”, ma semplicemente di “mantenere la tradizione politica di non concedere fondi federali all'borto”.
“Se il Congresso revocherà questa politica nella legge finale, i Vescovi non avranno altra scelta che opporsi alla legislazione”, ha constatato.
“I Vescovi esprimono la propria disponibilità ad aiutare i nostri leader nazionali a migliorare questa legge, il che presuppone l'inserimento del criterio morale di difendere le vite, non di distruggerle”, aggiunge la Saile. “Con una riforma di assistenza sanitaria così necessaria, sarebbe una tragedia terribile perdere questa opportunità”.
Campagna
Insieme alla dichiarazione, i presuli statunitensi hanno avviato una campagna nelle parrocchie per inviatare i cattolici di tutto il Paese ad esercitare pressioni per una riforma sanitaria conforme alla morale.
La campagna consiste in preghiere, inserimenti di annunci sulla stampa e annunci nelle omelie, così come nella creazione di una pagina web dalla quale si possono esortare i legislatori inviando loro un messaggio di posta elettronica.
Il messaggio è semplice: “Fermate il finanziamento dell'aborto nella riforma sanitaria! Difendete la coscienza. Assicurate una copertura sanitaria accessibile. Permettete agli immigrati di acquisire un'assicurazione sanitaria privata”.
“Come difensori, da molto tempo, della riforma sanitaria, i Vescovi cattolici degli Stati Uniti continuano a proporre la questione morale relativa al fatto che una vera riforma dell'assistenza sanitaria deve difendere la vita, la dignità, la coscienza e la salute di tutti, soprattutto dei poveri e dei vulnerabili”, aggiunge l'annuncio.
“La riforma sanitaria non deve far avanzare l'agenda pro-aborto nel nostro Paese”, aggiunge. La Conferenza spiega che il disegno di legge approvato dal Senato costringe gli utenti dei piani sanitari a pagare gli aborti.
Il disegno di legge della Camera respinge l'utilizzo di fondi federali per gli aborti, ma entrambe le proposte di legge mancano di “un'adeguata protezione della coscienza dei professionisti sanitari, di programmi o imprese”.
Questa è l'ultima opportunità per introdurre revisioni, mentre i due disegni di legge si combinano in uno solo. La votazione sul progetto finale è attesa per questo mese.
L'annuncio dichiara che se certe modifiche non verranno realizzate “bisognerà opporsi al disegno di legge finale”.
I Vescovi esortano dunque i cattolici a levare la propria voce per esercitare pressioni sulle riforme, e se le modifiche morali non verranno realizzate a chiedere ai legislatori di respingere il disegno di legge.
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Testimonianze
Egitto: nuova strage degli innocenti a Nag Hammadi
di mons. Joannes Zakaria*
LUXOR, venerdì, 15 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Mai come in questi giorni ho sentito vicino l’abbraccio della Chiesa, attraverso la preghiera, la solidarietà e la spirituale partecipazione ai dolori dei miei fratelli copti, colpiti e uccisi dai fondamentalisti musulmani nella notte del S. Natale.
Questo abbraccio è un sostegno necessario per continuare a testimoniare il Vangelo dell’amore e del perdono nella nostra terra, che è stata benedetta dalla presenza degli antichi Patriarchi e Profeti, e che ospitò la Sacra Famiglia quando fuggì da Betlemme perseguitata.
Putroppo la nostra comunità copta è continuamente colpita e ferita. Ricordo infatti che nella notte della scorsa Pasqua, nel villaggio di Hagaza, 25 chilometri a nord di Luxor, i fondamentalisti islamici uccisero tre copti, uno cattolico e due ortodossi. Furono assassinati per strada, mentre camminavano per raggiungere la Chiesa copto cattolica per la S. Messa.
Purtroppo devo riconoscere che c’è un piano del terrorismo di matrice islamica che punta a trasformare la gioia delle nostre feste cristiane in giorni di lutto e tristezza. Le sette persone uccise a Nag Hammadi erano due bambini, due giovani, una signora e un anziano. Ma oltre a questi vanno ricordati anche le nove persone ferite, fra le quali 2 in modo molto grave.
Sono vittime della comunità copta ortodossa, intimamente legate alle famiglie copte cattoliche da legami di parentela. Le due comunità copte, quella cattolica e quella ortodossa, infatti, sono molto vicine e spesso si celebrano matrimoni “misti” tra giovani ortodossi e cattolici, per cui la ferita che colpisce l’una, inevitabilmente segna anche l’altra.
Dopo la strage di Natale, ci siamo riuniti tutti a pregare per i defunti l’8 gennaio, una giornata molto particolare nella quale la Chiesa Copta, secondo il suo calendario liturgico, ricorda i bambini martiri di Betlemme, la strage degli innocenti voluta da Erode per sbarazzarsi di Gesù bambino, e la Chiesa Cattolica celebra la memoria del martirio di S. Stefano.
E’ stato impressionante partecipare a questo momento in cui tutti cristiani di Luxor, ortodossi, cattolici e protostanti, ci siano riuniti nella cattedrale ortodossa per pregare per il riposo eterno dei nostri morti, veri martiri del nostro tempo, e per partecipare e condividere il dolore delle loro famiglie.
Ero personalmente presente con una moltitudine di preti, suore e fedeli cattolici. La mia riflessione in tale circostanza è stata incentrata sulla riflessione sul massacro dei bambini di Betlemme: dopo la nascita di Gesù, Maria e Giuseppe e il loro piccolo figlio hanno trovato rifugio e pace in Egitto, mentre in Betlemme c’era pianto e lamento.
Oggi tocca a noi sacrificare la nostra vita per Gesù e partecipare al dolore delle mamme di Betlemme. I nostri antenati, nei primi secoli cristiani, durante le persecuzioni, hanno offerto il loro sangue e la loro vita a Cristo. Le fonti dicono che erano numerosissimi e moltissimi, al punto che i copti si chiamano figli dei martiri e la Chiesa Copta chiama il suo calendario liturgico “era dei martiri”, che comincia con il primo anno dell’impero di Diocleziano, che uccise molti cristiani in Egitto.
Oggi, tocca a noi testimoniare la nostra fede nell’amore evangelico con il perdono degli altri e offrire la nostra preghiera per il loro bene, affinché ritrovino la vera via della pace. Non possiamo dimenticare che oggi nel mondo non siamo i soli a soffrire, ma in molti Paesi i cristiani sono perseguitati e discriminati, in Iraq, in Pakistan, in Afganistan, in Malesia, in Sudan…
Questo chiama tutti, ovunque nel mondo, a un’incessante preghiera che domandi insistentemente a Dio il dono della pace.
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*Mons. Joannes Zakaria è Vescovo di Luxor dei Copti Cattolici (Egitto)
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Italia
II edizione di Josp Fest: il cammino come riscoperta di umanità e tradizione
"Non nascondermi il tuo volto", il tema del Festival sui viaggi di fede
di Chiara Santomiero
ROMA, venerdì, 15 gennaio 2010 (ZENIT.org).- E’ iniziata con un minuto di silenzio per le vittime del terremoto di Haiti la conferenza stampa che ha dato ufficialmente il via, giovedì presso la Nuova Fiera di Roma, alla II edizione di Josp Fest, contrazione di Journeys of the Spirit Festival, cioè rassegna degli itinerari della spiritualità.
La rassegna a carattere internazionale, che ha il tema “Non nascondermi il tuo volto”, da un versetto del Salmo 26, è promossa dall’Opera Romana Pellegrinaggi (Orp) con il patrocinio del Ministero del turismo italiano e durerà fino a domenica 17 gennaio.
“Josp Fest – ha affermato p. Caesar Atuire, amministratore delegato Orp – vuole proporre i valori dello Spirito come cammino per riscoprire umanità e tradizione”. Al centro degli itinerari offerti, infatti, ha aggiunto mons. Liberio Andreatta, vice presidente Orp “c’è sempre l’uomo e servizi in conformità ai bisogni della persona attraverso proposte che valorizzino l’arte, la tradizione e la spiritualità di un territorio”.
Il pellegrinaggio “non è un prodotto ma un’esperienza da vivere insieme”. Nel commentare i dati secondo i quali il turismo religioso muove in media 330 milioni di viaggiatori ogni anno, Andreatta ha posto una domanda all’uditorio: “come mai, in un momento di crisi economica il turismo in generale registra una flessione mentre il cosiddetto turismo religioso è in crescita?”.
“Se è vero – ha affermato il vice presidente Orp - che nei momenti di crisi le famiglie tagliano i beni superflui conservando solo quelli essenziali, ciò è segno che il pellegrinaggio è ritenuto essenziale per lo spirito come il latte e il pane per il corpo”.
“In un clima di generalizzato relativismo – ha concluso Andreatta – le persone sono in cerca di risposte forti che diano senso alla vita”.
Al Josp Fest, ospitato in 4 padiglioni della Nuova Fiera di Roma, sono presenti 300 espositori internazionali che, affermano gli organizzatori “rappresentano tutte le possibili destinazioni per chi è interessato ai viaggi dello Spirito”. Sono inoltre in programma 42 seminari, convegni, presentazioni e tavole rotonde, 9 conferenze stampa e 34 eventi di musica, teatro e danza.
Un incontro svoltosi nella mattinata di giovedì tra Opera romana pellegrinaggi e alcune rilevanti aziende del settore turistico ha fatto il punto sui cambiamenti avvenuti negli ultimi anni in questo ambito.
E’ stato evidenziato un vero e proprio “cambio di paradigma”. Se, infatti, in passato il turismo veniva vissuto “con finalità di svago e le esperienze di viaggio consistevano essenzialmente in momenti di riposo ed opportunità per rompere la routine”, oggi, in un contesto di globalizzazione “emerge la mancanza di un paradigma dominante e condiviso relativamente all’esperienza di viaggio”.
Sono però evidenti alcuni dati. Innanzitutto la distinzione tra “turista” e “viaggiatore”: solo parzialmente interessato alla conoscenza, il primo è tradizionalmente in cerca di sicurezza e comodità. Il viaggiatore, invece, attribuisce particolare importanza alla “esperienza” rappresentata dal viaggio ed è “sempre più informato, esigente e selettivo rispetto a prezzo, assistenza tecnica ed organizzativa”.
Le statistiche affermano che circa il 30% dei turisti stimati a livello mondiale (approssimativamente un miliardo) intraprende un viaggio per motivi di tipo culturale e religioso. A questo si coniuga la ricerca di “semplicità e autenticità nelle esperienze di viaggio”, così come la richiesta agli operatori di “trasparenza, rispetto e alti standard qualitativi di servizio” per cui “low cost”, costi bassi, non equivalgono a “low services”, servizi di bassa qualità.
Poiché “le percezioni degli operatori sulle priorità e sulle potenziali criticità appaiono spesso differenti rispetto a quelle dei viaggiatori”, è importante, hanno concluso i partecipanti all’incontro, che gli operatori stessi “definiscano le proprie azioni ponendosi nella giusta prospettiva” che è quella della “persona al centro delle attenzioni”.
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I fatti di Rosarno, segno di un senso smarrito della fraternità universale
Il commento dell'Azione cattolica italiana
ROMA, venerdì, 15 gennaio 2010 (ZENIT.org).- L’eco dei drammatici avvenimenti accaduti a Rosarno continua a interrogare i cittadini italiani e in particolar modo il mondo cattolico che nelle ragioni dell’accoglienza dello straniero e del povero coglie un valore evangelico.
“I tristi fatti di Rosarno – afferma una nota diffusa giovedì dalla Presidenza nazionale del Movimento ecclesiale di impegno culturale (Meic), che fa parte dell'Azione cattolica italiana - scuotono le nostre coscienze di cristiani e cittadini preoccupati del bene del nostro Paese”.
“Si avverte chiaro il pericolo – prosegue la nota - che possa essere progressivamente, e quasi insensibilmente, smarrito il senso della fraternità universale che è parte integrante del patrimonio civile italiano, fecondato dal messaggio cristiano”.
Per il Meic “si deve denunciare con forza il rischio che i complessi problemi legati ai flussi migratori e al lavoro nero vengano affrontati con la logica dell’emergenza. Tali questioni, infatti, sono gravi e permanenti. Esigono da ciascuno la consapevolezza che ogni essere umano è protagonista nella condivisione e trasmissione di valori fondamentali per la crescita umana e cristiana”.
Le questioni legate all’immigrazione “esigono altresì una politica di lungo periodo, nutrita da una cultura dell’accoglienza conscia delle difficoltà insite nel fenomeno migratorio, che sappia governare i processi economici e sociali con leggi e prassi amministrative attente a generare dinamiche di integrazione quotidiane”. Occorre pertanto rifuggire, conclude la Presidenza del Meic, “dalla tentazione di scatenare micidiali spirali di paura e risposte soltanto securitarie”.
“Di una speranza efficace, concreta, - ha sottolineato Franco Miano, presidente dell’Azione cattolica italiana (Ac), rivolgendosi ai soci di Ac all’inizio dell’anno - abbiamo bisogno noi e hanno bisogno i nostri fratelli. L’ultimo anno, caratterizzato dalla crisi economica, ha infatti prodotto nuove forme di povertà, non solo economiche ma anche morali, che hanno di fatto minato la speranza e prodotto tristezza, disperazione, disillusione”.
Rinnovare la speranza significa, per Miano, “sognare una pace vera, un’autentica fratellanza della famiglia umana, e adoperarsi per essa. Innanzitutto dentro di noi diciamo sinceramente 'basta' con la spirale di violenza che mortifica l’uomo”. La violenza della guerre geograficamente più lontane “ma anche quelle a cui assistiamo quotidianamente; dalla violenza mafiosa a quella che ogni giorno si palesa nell’arroganza e nel sopruso, nell’illegalità e nelle varie forme di disprezzo dell’altro”.
Rinnovare la speranza significa anche “rinnovare, come Ac, l’invito a deporre le armi dello scontro politico in favore di un dialogo che sia costruttivo e sinceramente rivolto al bene comune. Che non si faccia più retorica delle 'emergenze' di questo paese, dall’occupazione alla tutela dei poveri, dal dialogo con le nuove generazioni al tema dell’inclusione sociale, dalla salvaguardia della vita a quelle di tutte le forme del creato”.
“A cominciare da ciascuno di noi – ha invitato il presidente dell’Ac -, rinnoviamo l’impegno a favore di una convivenza civile e rispettosa dell’uomo, soprattutto verso quanti vivono storie di emigrazione, emarginazione e solitudine. Facciamo nostre le storie altrui ed impegniamoci per favorirne i diritti e doveri di cittadinanza”.
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E' uscito il primo volume dell'Enciclopedia Bioetica e Scienza Giuridica
di Angela Maria Cosentino
ROMA, venerdì, 15 gennaio 2010 (ZENIT.org).- “Bioetica e Scienza Giuridica” è il primo di dodici volumi, pubblicato per la ESI (Edizioni Scientifiche Italiane). Il codirettore dell’opera, monsignor Elio Sgreccia, ha precisato che l’iniziativa è nata da un’esigenza concreta. Le questioni bioetiche, infatti, in quasi tutte le nazioni arrivano progressivamente in Parlamento e si traducono in leggi. Esigono, perciò, un’adeguata formazione a livello biomedico, etico e giuridico.
Il primo volume comprende solo la lettera A, secondo un lemmario definito da una direzione che fa capo ai professori Elio Sgreccia (Presidente emerito della Pontificia Accademia per la vita, già Direttore dell’Istituto di Bioetica, Università Cattolica del Sacro Cuore) e Antonio Tarantino (docente di Filosofia del diritto, Università di Lecce).
Il comitato scientifico dell’opera raggruppa studiosi provenienti dalle Università di Roma (Università Cattolica del Sacro Cuore, Lumsa e Sapienza), Lecce, ed europee.
Il coordinamento organizzativo e redazionale è stato duplice: uno a Roma (con l’Istituto di Bioetica, per la direzione del prof. Ignacio Carrasco) e uno a Lecce (con la direzione del prof. Antonio Tarantino, per le voci relative al diritto), coordinamento che ha avuto un ruolo importante anche per la raccolta dei fondi europei a sostegno della pubblicazione .
Le voci si declinano sotto il profilo medico, etico, giuridico e si confrontano con il diritto romano e con i diritti positivi odierni, comparando diverse legislazioni.
L’opera non è un manuale a dizionario, ma rappresenta uno sforzo che esprime una linea di tendenza relativa a due saperi vicini: l’etica e il diritto, ambiti che in questi anni hanno lavorato insieme e i cui risultati si devono presentare ai legislatori e a tutti coloro che operano nel mondo politico, dai professori universitari ai presidenti delle associazioni che si interfacciano con le istituzioni.
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Parola e vita
Il segno di Cana: la vita è abbondanza
II domenica del Tempo Ordinario, 17 gennaio 2010
di padre Angelo del Favero*
ROMA, venerdì, 15 gennaio 2010 (ZENIT.org).-“Il terzo giorno vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino la madre di Gesù gli disse: 'Non hanno più vino'. E Gesù le rispose: 'Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora'. Sua madre disse ai servitori: 'Qualunque cosa vi dica, fatela' (…). Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: 'Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora'. Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui. Dopo questo fatto scese a Cafarnao, insieme a sua madre, ai suoi fratelli e ai suoi discepoli. Là rimasero pochi giorni” (Gv 2,1-12).
“Per amore di Sion non tacerò, per amore di Gerusalemme non mi concederò riposo, finchè non sorga come aurora la sua giustizia e la sua salvezza non risplenda come lampada. Allora le genti vedranno la tua giustizia, tutti i re la tua gloria; sarai chiamata con un nome nuovo che la bocca del Signore indicherà. Sarai una magnifica corona nella mano del Signore, un diadema regale e nella palma del tuo Dio. Nessuno ti chiamerà più Abbandonata, né la tua terra sarà più detta Devastata, ma sarai chiamata mia Gioia e la tua terra Sposata, perché il Signore troverà in te la sua delizia e la tua terra avrà uno sposo. Sì, come un giovane sposa una vergine, così ti sposeranno i tuoi figli; come gioisce lo sposo per la sposa, così il tuo Dio gioirà per te” (Is 62,1-5).
La presenza di Gesù alle nozze di Cana è collocata dall’evangelista Giovanni al settimo giorno dalla comparsa (Gv 1,19-28) sulla scena del Battista, “l’amico dello sposo”(Gv 3,29). E’ così stabilita una settimana particolare che rimanda al primo capitolo del libro della Genesi: il racconto della creazione del mondo che Dio fece in sei giorni, dopo dei quali, creata infine la prima coppia umana, “nel settimo giorno cessò da ogni suo lavoro” (Gen 2,2).
Il significato della partecipazione del Signore alla festa di nozze è spiegato assai bene in una catechesi di Giovanni Paolo II:“Il contesto di un banchetto di nozze, scelto da Gesù per il suo primo miracolo, rimanda al simbolismo matrimoniale, frequente nell’Antico Testamento per indicare l’Alleanza tra Dio e il suo popolo e nel Nuovo Testamento per significare l’unione di Cristo con la Chiesa. La presenza di Gesù a Cana manifesta inoltre il progetto salvifico di Dio riguardo al matrimonio. In tale prospettiva, la carenza di vino può essere interpretata come allusiva rispetto alla mancanza d’amore, che purtroppo non raramente minaccia l’unione sponsale. Maria chiede a Gesù di intervenire in favore di tutti gli sposi, che solo un amore fondato in Dio può liberare dai pericoli dell’infedeltà, dell’incomprensione e delle divisioni. La grazia del Sacramento offre agli sposi questa forza superiore d’amore, che può corroborare l’impegno della fedeltà anche nelle circostanze difficili” (Giovanni Paolo II, Udienza generale del 5/03/1997).
In effetti l’esaudimento di Gesù alla richiesta di sua madre è superiore ad ogni necessità, ma è proprio in questo eccesso che va riconosciuto il primo e fondamentale “segno” della sua “gloria”.
Ascoltiamone l’interpretazione dalla sapienza di Benedetto XVI: “Il Signore offrì agli ospiti delle nozze di Cana circa seicento litri di gustoso vino. Anche considerando che le nozze orientali duravano un’intera settimana e che tutto il clan familiare degli sposi partecipava alla festa, resta tuttavia il fatto che si tratta di un’abbondanza incomprensibile. L’abbondanza, la profusione è il segno di Dio nella sua creazione; Egli sciala, crea l’intero universo per dare un posto all’uomo. Egli da la vita con un’abbondanza incomprensibile. A Cana il grande dono lascia presagire la natura inesauribile dell’amore di Dio, parla di un amore che proviene dall’eternità, che è incommensurabile e quindi salvifico. Il miracolo del vino ci aiuta così a capire cosa significa ricevere nella fede, attraverso Cristo, lo Spirito Santo, cioè, una nuova grandezza, una nuova elezione e una nuova abbondanza di vita” (da “Il segno di Cana”, in Communio 205).
E’ il caso qui di collegare il Vangelo di Cana con la famosa affermazione di Ireneo: “L’uomo vivente è gloria di Dio”, per riconoscere nella persona di Gesù la verità e il fondamento della dignità infinita di ogni uomo, dato che il Padre “in lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati nella carità, predestinandoci ad essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo” (Ef 1,4-5). Non dimentichiamo che sia l’affermazione di Ireneo (che anzitutto va riferita all’uomo Gesù, che a Cana manifesta la gloria di essere Dio), sia la rivelazione di Paolo (che ne è spiegazione dal nostro versante), sono vere a partire dal momento della creazione dell’uomo vivente, cioè il concepimento nel grembo materno.
Ecco allora che la carenza di vino, chiaramente allusiva alla mancanza d’amore nel matrimonio, ne evoca immediatamente le conseguenze a carico della famiglia. Senza dimenticare la tragedia infinita del rifiuto omicida della vita non nata, attuato mediante l’aborto chimico e chirurgico, né quella dell’uccisione di un numero incalcolabile di figli con la fecondazione artificiale, ascoltiamo questi dati sociologici: “In Europa, mentre i matrimoni calano sensibilmente ogni anno, i divorzi crescono: ormai sono più di un milione all’anno e raggiungono la metà dei matrimoni celebrati annualmente. Negli ultimi dieci anni sono stati 10,3 milioni e hanno coinvolto oltre 17 milioni di bambini. I figli dei divorziati nella percentuale dell’85% sono affidati alla madre e molti di essi, intorno al 25%, perdono dopo circa due anni il contatto con il padre. Gli studi psicologici mettono in evidenza che l’assenza del padre durante l’infanzia e l’adolescenza dei figli li espone a vari rischi: narcisismo, per cui manca il senso del limite e si vuole tutto e subito; depressione, ansia e scarsa autostima; passività e mancanza di progettualità, dipendenza dal parere degli altri, da TV e internet, dai consumi, dall’alcool e dalla droga; senso di impotenza, rabbia, aggressività, violenza” (Card. E. Antonelli, Presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia: relazione tenuta a Bruxelles, il 9/12/2009, in occasione dell’incontro dei Presidenti delle Associazioni Familiari Cattoliche Europee).
Nonostante questo quadro oscuro, il Vangelo di Cana, con la presenza vigile di Maria, ci muove a fare totalmente nostra la speranza di Giovanni Paolo II, consapevoli che anche oggi Maria ha bisogno di “servitori” del “vino buono”, rappresentati anzitutto dalle stesse famiglie cristiane, chiamate concretamente a farsi “prossimo” di ogni famiglia in difficoltà (cfr Lc 10,25-37).
Ognuna di tali famiglie missionarie è chiamata ad essere soggetto di evangelizzazione, come richiesto esplicitamente dal cardinale Antonelli a Bruxelles: “In senso proprio e credibile, evangelizza non la famiglia semplicemente rispettabile, non la famiglia praticante e tuttavia allineata con i modi di pensare e agire secolarizzati; ma la famiglia che vive una spiritualità cristocentrica, biblica, eucaristica, trinitaria, ecclesiale, laicale, cioè incarnata nelle realtà terrene, nelle molteplici relazioni e attività di ogni giorno; la famiglia che vive l’amore come dono e comunione, quale partecipazione all’alleanza nuziale di Cristo con la Chiesa, quale riflesso della comunione trinitaria delle persone divine e anticipo della festa nuziale nell’eternità”. Icona e fonte perfetta di una simile spiritualità è il Vangelo della nozze di Cana.
Anche dal profeta Isaia, oggi, giunge tale messaggio di speranza: “Nessuno ti chiamerà più Abbandonata, né la tua terra sarà più detta Devastata, ma sarai chiamata mia Gioia e la tua terra Sposata” (Is 62,4). I nomi propri “Abbandonata” e “Devastata” si riferiscono a Gerusalemme, città personificata, sposa infedele che si è meritata l’esperienza riparatrice e purificatrice dell’esilio a Babilonia; mentre “Sposata” è segno del radicale cambiamento portato dall’intervento di Dio, Sposo fedele.
Possiamo riconoscere nella Città santa violata la figura della famiglia di oggi, semidistrutta dalla perdita della fede, dall’edonismo e dal laicismo. Ma noi crediamo che in forza stessa dell’incarnazione del Verbo in una famiglia umana, alla mensa di ogni famiglia è presente, anche se non riconosciuto, il Signore Gesù suo Salvatore.
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* Padre Angelo del Favero, cardiologo, nel 1978 ha co-fondato uno dei primi Centri di Aiuto alla Vita nei pressi del Duomo di Trento. E' diventato carmelitano nel 1987. E' stato ordinato sacerdote nel 1991 ed è stato Consigliere spirituale nel santuario di Tombetta, vicino a Verona. Attualmente si dedica alla spiritualità della vita nel convento Carmelitano di Bolzano, presso la parrocchia Madonna del Carmine.
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Con più giovani e famiglie l'Africa uscirà dal sottosviluppo?
di padre Piero Gheddo*
ROMA, venerdì, 15 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Secondo la stima dell’organismo dell’ONU Unpfa (United Nations Population Fund) alla fine del 2009 è nato il miliardesimo africano, cioè l’Africa ha raggiunto un miliardo di abitanti. In genere si dice e si scrive che ha circa 900 milioni di abitanti (il “Calendario Atlante De Agostini 2009” dice 929 milioni) e invece sono un miliardo, quasi il doppio dell’Europa comunitaria (circa 600 milioni).
Il miliardo di africani cresce di 24 milioni all’anno e possono raddoppiare entro il 2050, raggiungendo i due miliardi. L'Africa è il continente con il più alto tasso di natalità del mondo, i bambini e gli adolescenti con meno di 15 anni sono 400 milioni, il 40% del totale.
In Italia i nostri minorenni con meno di 15 anni sono il 17% dei 60 milioni di italiani, circa 10 milioni! Africa continente dei giovani, Italia (ed Europa) paese e continente degli anziani.
Queste moltitudini di giovani africani hanno diritto ad avere l'istruzione, un impiego gratificante e un'adeguata assistenza sanitaria: le condizioni sociali ed economiche del mondo globalizzato saranno in grado di soddisfare le loro crescenti aspettative?
Nel mondo globalizzato questo sarà tra i principali problemi sociali dei prossimi decenni. I giovani africani sono un potenziale enorme di crescita dell’intera umanità, ma oggi rimangono in buona parte nell’ignoranza e nella povertà e domani saranno una bomba demografica pronta ad esplodere
Spesso si dice e si scrive che l’Africa è povera perchè sovraffollata. Menzogna colossale. Il continente africano ha 31 abitanti per chilometro quadrato, l’Europa comunitaria 61, il Giappone 343. Europa e Giappone non hanno quasi nulla delle immense risorse dell’Africa. Riccardo Cascioli e Antonio Gaspari nel volume “Le bugie degli ambientalisti” (ed. Piemme), scrivono che "dei 21 paesi più poveri del mondo solo 7 hanno una densità superiore ai 100 abitanti per kmq. Tra i 5 paesi africani più colpiti dalla fame (Etiopia, Sudan, Somalia, Mozambico e Liberia) il più popolato ha una densità di 41,8 abitanti per kmq".
L’India, con più d’un miliardo di abitanti, è estesa poco più di Sudan ed Etiopia sommate assieme con soli 120 milioni di aitanti. Eppure Sudan ed Etiopia soffrono la fame, l’India esporta cibo anche in Africa e da vent’anni è in pieno sviluppo economico, con un indice di crescita del Pil del 6-8% l’anno.
Ci sono i poveri e gli affamati anche in India, ma per insufficiente distribuzione della ricchezza, non per mancanza di produzione di cibo. L’Africa produce poco cibo. I paesi a sud del Sahara importano circa il 30% del cibo di base che consumano (riso, grano, mais).
Noi, ricchi e privilegiati del mondo non vogliamo ammettere che la povertà del’Africa dipende anzitutto e soprattutto, prima di qualsiasi altra causa (e ce ne sono molte altre), dalla scarsezza o mancanza di istruzione.
Non è possibile che si sviluppi un continente con il 50% di analfabeti, oltre a circa il 25-30% di “analfabeti di ritorno”, cioè quelli che hanno frequentato qualche classe delle elementari, ma poi non sanno leggere né scrivere perché non hanno mai avuto la possibilità di esercitarsi.
Di scuola e di istruzione-educazione, per aiutare l’Africa giovane, si parla e si scrive troppo poco perché chiama in causa i nostri paesi ricchi e cristiani, che dovrebbero correre in aiuto ai fratelli e sorelle africani.
Invece in Occidente diminuiscono le vocazioni missionarie, i volontari e gli organismi di volontariato internazionale. E’ un segno evidente, fra tanti altri, della crisi di umanità e di vita cristiana del nostro popolo.
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* Padre Piero Gheddo, già direttore di “Mondo e Missione” e di Italia Missionaria, è il fondatore di AsiaNews. Da Missionario ha viaggiato nelle missioni di ogni continente. Dal 1994 è direttore dell’Ufficio storico del Pime e postulatore di varie cause di canonizzazione. Insegna nel seminario pre-teologico del Pime a Roma. E’ autore di oltre 70 libri. L’ultimo pubblicato è un libro intervista condotto da Roberto Beretta dal titolo “Ho tanta fiducia” (Editrice San Paolo).
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Discorso del Papa alla plenaria della Congregazione per la Dottrina della Fede
CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 15 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il discorso pronunciato da Benedetto XVI nel ricevere questo venerdì in udienza i partecipanti all’assemblea plenaria della Congregazione per la Dottrina della Fede.
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Signori Cardinali,
Venerati Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio,
Carissimi fedeli collaboratori,
è per me motivo di grande gioia incontrarvi in occasione della Sessione Plenaria e manifestarvi i sentimenti di profonda riconoscenza e di cordiale apprezzamento per il lavoro che svolgete al servizio del Successore di Pietro nel suo ministero di confermare i fratelli nella fede (cfr Lc 22, 32).
Ringrazio il Signor Cardinale William Joseph Levada per il suo indirizzo di saluto, nel quale ha richiamato le tematiche che impegnano attualmente la Congregazione, nonché le nuove responsabilità che il Motu Proprio "Ecclesiae Unitatem" le ha affidato, unendo in modo stretto al Dicastero la Pontificia Commissione Ecclesia Dei.
Vorrei ora brevemente soffermarmi su alcuni aspetti che Ella, Signor Cardinale, ha esposto.
Anzitutto, desidero sottolineare come la Vostra Congregazione partecipi del ministero di unità, che è affidato, in special modo, al Romano Pontefice, mediante il suo impegno per la fedeltà dottrinale. L’unità è infatti primariamente unità di fede, sostenuta dal sacro deposito, di cui il Successore di Pietro è il primo custode e difensore. Confermare i fratelli nella fede, tenendoli uniti nella confessione del Cristo crocifisso e risorto costituisce per colui che siede sulla Cattedra di Pietro il primo e fondamentale compito conferitogli da Gesù. È un inderogabile servizio dal quale dipende l’efficacia dell’azione evangelizzatrice della Chiesa fino alla fine dei secoli.
Il Vescovo di Roma, della cui potestas docendi partecipa la Vostra Congregazione, è tenuto costantemente a proclamare: "Dominus Iesus" - "Gesù è il Signore". La potestas docendi, infatti, comporta l’obbedienza alla fede, affinché la Verità che è Cristo continui a risplendere nella sua grandezza e a risuonare per tutti gli uomini nella sua integrità e purezza, così che vi sia un unico gregge, radunato attorno all’unico Pastore.
Il raggiungimento della comune testimonianza di fede di tutti i cristiani costituisce pertanto la priorità della Chiesa di ogni tempo, al fine di condurre tutti gli uomini all’incontro con Dio. In questo spirito confido in particolare nell’impegno del Dicastero perché vengano superati i problemi dottrinali che ancora permangono per il raggiungimento della piena comunione con la Chiesa da parte della Fraternità S. Pio X.
Desidero inoltre rallegrarmi per l’impegno in favore della piena integrazione di gruppi di fedeli e di singoli, già appartenenti all’Anglicanesimo, nella vita della Chiesa Cattolica, secondo quanto stabilito nella Costituzione Apostolica Anglicanorum coetibus. La fedele adesione di questi gruppi alla verità ricevuta da Cristo e proposta dal Magistero della Chiesa non è in alcun modo contraria al movimento ecumenico, ma mostra, invece, il suo ultimo scopo che consiste nel giungere alla piena e visibile comunione dei discepoli del Signore.
Nel prezioso servizio che rendete al Vicario di Cristo, mi preme ricordare anche come la Congregazione per la Dottrina della Fede nel settembre 2008 ha pubblicato l’Istruzione Dignitas personae su alcune questioni di bioetica. Dopo l'Enciclica Evangelium vitae del Servo di Dio Giovanni Paolo II nel marzo 1995, questo documento dottrinale, centrato sul tema della dignità della persona, creata in Cristo e per Cristo, rappresenta un nuovo punto fermo nell’annuncio del Vangelo, in piena continuità con l’Istruzione Donum vitae, pubblicata da codesto Dicastero nel febbraio 1987.
In temi tanto delicati ed attuali, quali quelli riguardanti la procreazione e le nuove proposte terapeutiche che comportano la manipolazione dell’embrione e del patrimonio genetico umano, l’Istruzione ha ricordato che "il valore etico della scienza biomedica si misura con il riferimento sia al rispetto incondizionato dovuto ad ogni essere umano, in tutti i momenti della sua esistenza, sia alla tutela della specificità degli atti personali che trasmettono la vita" (Istr. Dignitas personae, n. 10). In tal modo il Magistero della Chiesa intende offrire il proprio contributo alla formazione della coscienza non solo dei credenti, ma di quanti cercano la verità e intendono dare ascolto ad argomentazioni che vengono dalla fede ma anche dalla stessa ragione. La Chiesa, nel proporre valutazioni morali per la ricerca biomedica sulla vita umana, attinge infatti alla luce sia della ragione che della fede (cfr Ibid., n. 3), in quanto è sua convinzione che "ciò che è umano non solamente è accolto e rispettato dalla fede, ma da essa è anche purificato, innalzato e perfezionato" (Ibid., n. 7).
In questo contesto viene altresì data una risposta alla mentalità diffusa, secondo cui la fede è presentata come ostacolo alla libertà e alla ricerca scientifica, perché sarebbe costituita da un insieme di pregiudizi che vizierebbero la comprensione oggettiva della realtà. Di fronte a tale atteggiamento, che tende a sostituire la verità con il consenso, fragile e facilmente manipolabile, la fede cristiana offre invece un contributo veritativo anche nell’ambito etico-filosofico, non fornendo soluzioni precostituite a problemi concreti, come la ricerca e la sperimentazione biomedica, ma proponendo prospettive morali affidabili all’interno delle quali la ragione umana può ricercare e trovare valide soluzioni.
Vi sono, infatti, determinati contenuti della rivelazione cristiana che gettano luce sulle problematiche bioetiche: il valore della vita umana, la dimensione relazionale e sociale della persona, la connessione tra l’aspetto unitivo e quello procreativo della sessualità, la centralità della famiglia fondata sul matrimonio di un uomo e di una donna. Questi contenuti, iscritti nel cuore dell’uomo, sono comprensibili anche razionalmente come elementi della legge morale naturale e possono riscuotere accoglienza anche da coloro che non si riconoscono nella fede cristiana.
La legge morale naturale non è esclusivamente o prevalentemente confessionale, anche se la Rivelazione cristiana e il compimento dell’uomo nel mistero di Cristo ne illumina e sviluppa in pienezza la dottrina. Come afferma il Catechismo della Chiesa Cattolica, essa "indica le norme prime ed essenziali che regolano la vita morale" (n. 1955). Fondata nella stessa natura umana e accessibile ad ogni creatura razionale, la legge morale naturale costituisce così la base per entrare in dialogo con tutti gli uomini che cercano la verità e, più in generale, con la società civile e secolare. Questa legge, iscritta nel cuore di ogni uomo, tocca uno dei nodi essenziali della stessa riflessione sul diritto e interpella ugualmente la coscienza e la responsabilità dei legislatori.
Nell’incoraggiarvi a proseguire nel Vostro impegnativo e importante servizio, desidero esprimervi anche in questa circostanza la mia spirituale vicinanza, impartendo di cuore a voi tutti, in pegno di affetto e di gratitudine, la Benedizione Apostolica.
[© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana]
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