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Servizio quotidiano - 26 gennaio 2010
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Santa Sede
- Il documento pubblicato sul ruolo del Vescovo di Roma non è ufficiale
- Il Cardinale Ryłko presenta il "nuovo stile di collaborazione" tra sacerdoti e laici
- Il Governo britannico riconosce il ruolo della Chiesa contro la povertà
- Una mostra illustra l'impegno della Chiesa verso i sofferenti
- Iniziativa dell'ufficio postale vaticano per aiutare Haiti
- Teologo laico statunitense vince il premio delle Pontificie Accademie
Notizie dal mondo
- Punti di forza e sfide della Chiesa in Inghilterra
- I single possono trovare la loro famiglia nella Chiesa
- Cardinale Rodríguez Maradiaga: il narcotraffico, cancro dell'America Latina
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- I Vescovi italiani e il "sogno" di una nuova generazione di politici cattolici
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Santa Sede
Il documento pubblicato sul ruolo del Vescovo di Roma non è ufficiale
La Santa Sede: non esiste ancora una dichiarazione condivisa da cattolici e ortodossi
CITTA' DEL VATICANO, martedì, 26 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Il Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani ha lamentato la pubblicazione, da parte di un mezzo di comunicazione, del contenuto del testo su cui sta attualmente lavorando la Commissione Mista Internazionale per il Dialogo Teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa nel suo insieme.
In un breve comunicato diffuso questo martedì dalla Santa Sede, il dicastero spiega che il testo è ancora in fase di studio e quindi “non ha nessuna autorità, né ufficialità”.
Si tratta del documento presentato per lo studio della Commissione nella sua ultima riunione, svoltasi a Paphos (Cipro), e che è stato pubblicato questo lunedì dal blog http://chiesa.espresso.repubblica.it.
Il documento tratta il ruolo del Vescovo di Roma nel primo millennio cristiano e i fattori teologici e storici che circondano la questione del primato del Successore di Pietro.
“Il documento pubblicato è un testo previo, che consiste in un elenco di temi da studiare e da approfondire, finora discusso solo in minima parte dalla suddetta Commissione”, spiega la nota vaticana.
Nella riunione di Paphos, aggiunge il dicastero, “si era stabilito esplicitamente che il testo non sarebbe stato pubblicato finché non fosse stato esaminato nella sua totalità dalla Commissione”.
“Ad oggi non esiste nessun documento concordato e pertanto il testo pubblicato non ha nessuna autorità, né ufficialità”, conclude.
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Il Cardinale Ryłko presenta il "nuovo stile di collaborazione" tra sacerdoti e laici
Il Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici al V Colloquio di Roma
Il Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici è intervenuto al V Colloquio di Roma, organizzato dalla Comunità dell'Emmanuele e dall'Istituto Universitario Pierre Goursat (IUPG), in collaborazione con l'Istituto Pontificio "Redemptor Hominis", dal 25 al 27 gennaio sul tema "Sacerdoti e laici nella missione".
Il "nuovo stile" di collaborazione tra sacerdoti e laici, ha spiegato il porporato polacco, presuppone "che i presbiteri riconoscano l'identità propria dei fedeli laici e ne valorizzino effettivamente la missione nella Chiesa e nel mondo, guardandosi sia dal nutrire diffidenza nei loro confronti e dall'assumere atteggiamenti paternalistici e autoritari nel governo delle comunità parrocchiali, sia da quella falsa promozione del laicato che, non rispettandone la specificità della vocazione, rischia di tramutarsi in un alibi per il disimpegno e la rinuncia ai propri doveri pastorali verso la comunità cristiana".
Questo "nuovo stile", ha aggiunto, chiede ai laici "un vivo senso di appartenenza ecclesiale oltreché la consapevolezza della propria corresponsabilità e necessaria partecipazione alla vita e alla missione della Chiesa, scuotendosi dall'indifferenza ed evitando, tuttavia, sia un eccessivo ripiegamento sugli affari intra-ecclesiali a scapito della missione, sia la pericolosa trappola di certa mentalità ostile all'istituzione ecclesiale e contagiata dalla logica mondana della lotta per il potere, sia un corporativismo aggressivo e contestatario nei confronti del Magistero ecclesiale".
"Fattore decisivo per il risveglio missionario di tutto il popolo di Dio in un mondo dove dilagano laicismo e neopaganesimo, e dove Dio è sempre più il Grande Escluso, il 'nuovo stile' di collaborazione tra Pastori e laici inaugurato dal Concilio Vaticano II si prospetta tuttora come un traguardo importante a cui tendere insieme e spesso come una vera sfida da raccogliere", considera il Cardinale. "Ognuno deve fare la sua parte: sacerdoti e laici".
"Ai nostri giorni, suscita grande speranza nella Chiesa la stupefacente fioritura di movimenti ecclesiali e nuove comunità, anch'essa frutto del Concilio", ha spiegato, constatando che "tra gli stessi fondatori, del resto, figurano sia laici (uomini e donne) che sacerdoti, religiosi e religiose".
In questi movimenti, ha aggiunto, "prende forma così un 'noi' comunitario" che diventa "un percorso pedagogico fatto 'insieme' e nel quale ci si sente tutti coinvolti e interpellati, sacerdoti compresi".
"Per questo, i movimenti ecclesiali e le nuove comunità sono diventati vere e proprie fucine del 'nuovo stile' di collaborazione tra Pastori e laici nel servizio alla missione evangelizzatrice della Chiesa".
"Il sacerdote, per primo, deve saper cogliere e interpretare la novità di questi 'doni carismatici' porgendo l'orecchio a quello che lo Spirito dice alla Chiesa oggi (cfr Ap 2, 8). Ai movimenti non si deve guardare come a un 'problema pastorale', ma come a una grande opportunità, una preziosa risorsa di rinnovamento delle nostre comunità parrocchiali".
Associazioni e movimenti ecclesiali, ha constatato il Cardinale, "possono costituire un nucleo vitale delle parrocchie in cui operano", aspetto "particolarmente vero per le parrocchie urbane che, non di rado estese su territori molto vasti, si misurano con il rischio di un anonimato che può essere efficacemente contrastato da una microstruttura di piccole comunità cristiane che vivono la fede con intensità".
"Essi non si pongono in concorrenza con la parrocchia, né tanto meno, sono un'alternativa alla parrocchia - ha segnalato -. Rappresentano piuttosto una grande possibilità pastorale da cogliere. Perché ogni ambiente in cui si formino cristiani 'adulti', consapevoli della propria vocazione e missione, serve la causa della Chiesa e della parrocchia".
"Dai suoi ministri la Chiesa si aspetta quindi sensibilità, apertura e cordiale accoglienza di queste nuove realtà che portano nella vita di tante comunità cristiane frutti veramente benedetti di conversione, santità e missione".
"D'altro canto, il carattere essenzialmente laicale dei movimenti ecclesiali non sopprime il bisogno che essi hanno di una presenza sacerdotale. Lungi dal significare la loro clericalizzazione, tale presenza - sempre animata da sincera carità pastorale - è bensì un servizio prestato nel pieno rispetto della libertà associativa dei fedeli laici e del carisma di ciascuna realtà aggregativa".
I movimenti ecclesiali e le nuove comunità hanno dunque bisongo "del sapiente, attento e paterno accompagnamento dei Pastori. Si tratta di una missione impegnativa e molto delicata, alla quale ogni sacerdote deve prepararsi in modo adeguato, a prescindere dal fatto di una sua effettiva appartenenza all'uno o all'altro".
Il Cardinale si è detto convinto che l'Anno Sacerdotale che stiamo vivendo nella Chiesa costituisca "un'ottima opportunità data ai Pastori per mettersi all'attento ascolto di ciò che lo Spirito Santo dice alla Chiesa mediante questi doni carismatici".
"Ai cristiani stanchi e scoraggiati e a tante comunità cristiane ormai troppo autoreferenziali e ripiegate su sé stesse, i movimenti lanciano la sfida di una Chiesa coraggiosamente proiettata verso nuove frontiere di evangelizzazione", ha concluso.
"In questo nostro tempo, la Chiesa ha davvero bisogno di aprirsi a questa novità generata dallo Spirito".
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Il Governo britannico riconosce il ruolo della Chiesa contro la povertà
Dichiarazioni di Douglas Alexander, Ministro per lo Sviluppo internazionale
CITTA' DEL VATICANO, martedì, 26 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Douglas Alexander, Ministro per lo Sviluppo internazionale del Governo britannico, ha espresso apprezzamento per l'impegno messo in campo dalla Chiesa cattolica nel rispondere alla crisi causata dal terremoto ad Haiti e alla povertà globale.
L'esponente dell'Esecutivo di Gordon Brown ha annunciato a questo proposito una visita al Vaticano, cominciata questo martedì, durante la quale, secondo quanto riferito da un comunicato stampa, è previsto anche un incontro con Benedetto XVI.
Nella sua pagina web, Alexander riconosce di “essere onorato per l'invito e di volere evidenziare, durante la sua visita, il ruolo unico svolto dalla Chiesa cattolica romana all'interno dello scenario mondiale, in particolar modo a livello locale nell'ambito dei servizi sanitari ed educativi”.
“Sono immensamente onorato di essere stato invitato a un incontro con Sua Santità Papa Benedetto XVI e intendo ringraziarlo personalmente per il suo appello urgente su Haiti”, spiega.
Il rappresentante britannico auspica quindi di poter “discutere con lui sull'importanza rivestita dalla lotta alla povertà globale e sul ruolo che i gruppi religiosi possono svolgere non solo nell'ambito della sanità e dell'educazione ma anche nella loro capacità di creare consenso e mobilitare l'opinione pubblica all'interno del mondo sviluppato”.
“E' mia intenzione, inoltre, ringraziare il Santo Padre per i suoi continui pronunciamenti sul dovere morale che i paesi hanno nel mantere le promesse di aiuto per lo sviluppo estero”, aggiunge.
Il quotidiano della Santa Sede, “L'Osservatore Romano” pubblica nell'edizione italiana del 27 gennaio un articolo a firma di Douglas Alexander, nel quale il Ministro britannico afferma che “un quarto di tutta l'assistenza sanitaria nell'Africa sub-sahariana sia offerto dalla Chiesa cattolica e che le scuole cattoliche offrano quasi dodici milioni di posti, dando opportunità a molti in quel continente”.
Nella lotta alla poverta, scrive ancora, “la Santa Sede si trova in una posizione unica”.
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Una mostra illustra l'impegno della Chiesa verso i sofferenti
In occasione della XVIII Giornata Mondiale del Malato
ROMA, martedì, 26 gennaio 2010 (ZENIT.org).- In vista della XVIII Giornata Mondiale del Malato, che si celebrerà l'11 febbraio, verrà inaugurata il 9 febbraio nell'atrio dell'Aula Paolo VI del Vaticano la mostra “La Chiesa al servizio dell’amore per i sofferenti”, che ospiterà 28 quadri del pittore Francesco Guadagnuolo.
L’esposizione farà parte del nutrito calendario di celebrazioni messo a punto dal Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari (per la Pastorale della Salute) per il 25° anniversario della propria istituzione e per la Giornata Mondiale, tra il 9 e l'11 febbraio.
Il soggetto principale dei quadri esposti, realizzati in larga parte con tecniche miste, è il Servo di Dio Papa Giovanni Paolo II e il suo rapporto con la sofferenza.
“La mostra di pittura – ha spiegato monsignor José L. Redrado, O.H, Segretario del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari – è destinata a costituire un corollario artistico-culturale alle celebrazioni religiose in programma per il XXV del Dicastero”.
Le tre giornate di celebrazioni hanno come motivo conduttore il titolo del Messaggio di Papa Benedetto XVI per la Giornata, “La Chiesa al servizio dell'amore per i sofferenti”.
“È nello stesso spirito che è stato organizzato anche il Concerto di musica classica che sarà tenuto il pomeriggio del 10 febbraio nell’Aula Paolo VI”, ha sottolineato monsignor Redrado.
Con Claudia Koll come presentatrice, si esibiranno il duo pianistico composto dal tedesco Rolf-Peter Wille e dalla taiwanese Lina Yeh, così come la JuniorOrchestra del Conservatorio Santa Cecilia di Roma.
Tra gli eventi più importanti delle celebrazioni per i due anniversari, figura il Simposio Internazionale in programma martedì 9 e mercoledì 10 febbraio nell'Aula Nuova del Sinodo, incentrato sulla Lettera Apostolica “Salvifici Doloris” e sul Motu Proprio “Dolentium Hominum”, con cui il Servo di Dio Papa Giovanni Paolo II istituì il Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari.
La mattina dell’11 febbraio sono previsti l’arrivo in Vaticano delle reliquie di Santa Bernadette Soubirous e la Messa Solenne presieduta dal Papa. Dopo le celebrazioni avranno luogo una processione lungo Via della Conciliazione e una preghiera con la Statua della Madonna di Lourdes organizzata dell’UNITALSI, che si concluderà in Piazza San Pietro. Il Pontefice si affaccerà per salutare i malati e i loro accompagnatori.
Hanno confermato la propria partecipazione alle celebrazioni, oltre a numerosi Cardinali e Vescovi, anche Margaret Chan, Direttore Generale dell’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS), il Ministro italiano della Salute, il professor Ferruccio Fazio, il Sindaco di Roma Gianni Alemanno e il dottor Carl Anderson, Cavaliere Supremo dei Cavalieri di Colombo.
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Iniziativa dell'ufficio postale vaticano per aiutare Haiti
CITTA' DEL VATICANO, martedì, 26 gennaio 2010 (ZENIT.org).- L'Ufficio Filatelico e Numismatico vaticano ha reso nota oggi la prossima tiratura di un francobollo speciale il cui ricavato andrà alla popolazione di Haiti, vittima del recente terremoto che ha devastato il Paese.
Si tratta di un francobollo dedicato al 1500° anniversario del Santuario di Nostra Signora delle Grazie, più noto come Santuario della Mentorella.
Il santuario è situato a Capranica Prenestina, in provincia di Roma, e risale all'epoca di Costantino il Grande, rappresentando il primo santuario mariano in Italia. Il monastero è stato fondato da San Benedetto da Norcia poco più di un secolo dopo.
La Madonna della Mentorella era molto amata da Papa Giovanni Paolo II, così come è cara a Benedetto XVI, che ha visitato il santuario nell'ottobre 2005.
L'iniziativa consiste nella ristampa del francobollo, che un valore di 0,65 € per ogni unità e verrà venduto a 0,85 €, anche se il valore di invio continuerà ad essere lo stesso. In totale, la tiratura sarà di 900.000 unità.
I 0,20 € di valore di ristampa per ogni francobollo verranno destinati totalmente ad aiutare le vittime del terremoto. Il Governatorato dello Stato della Città del Vaticano stima che, se verrà venduta tutta la serie, si potrebbero raccogliere circa 150.000 euro.
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Teologo laico statunitense vince il premio delle Pontificie Accademie
Padre di quattro figli, ha scritto una tesi sull'"Analogia in S. Tommaso"
Nell'incontro con i giornalisti, l'Arcivescovo Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura e del Coordinamento fra Accademie Pontificie, ha presentato l'udieza speciale che Benedetto XVI offrirà a queste istituzioni (il 28 gennaio) e la seduta pubblica delle Pontificie Accademie (27 gennaio).
Mortensen, docente presso il Wyoming Catholic College, sposato e padre di quattro figli, si è laureato alla Pontificia Università della Santa Croce di Roma nel 2006 ed è stato premiato per la sua tesi sull'"Analogia in S. Tommaso".
Dal 2002 al 2007 è stato Assistant Professor presso l'International Theological Institute, un istituto di diritto pontificio di Gaming (Austria), insegnando Logica, Filosofia naturale, Metafisica, Teologia fondamentale e Teologia trinitaria.
Il Consiglio di Coordinamento fra Accademie Pontificie è stato creato da Giovanni Paolo II nel 1995 ed è costituito dai presidenti delle seguenti Pontificie Accademie: Accademia di San Tommaso d'Aquino; Accademia di Teologia; Accademia dell'Immacolata; Accademia Mariana Internazionale; Accademia di Belle Arti e Lettere dei Virtuosi al Pantheon; Accademia Romana di Archeologia; Accademia "Cultorum Martyrum".
Una volta all'anno, il Consiglio di Coordinamento organizza una Seduta Pubblica congiunta delle Accademie Pontificie su un tema di attualità. La Seduta Pubblica 2010, la quattordicesima, è stata organizzata dalla Pontificia Accademia di San Tommaso d'Aquino e dalla Pontificia Accademia di Teologia sul tema "La formazione teologica del presbitero".
Nel corso della seduta sarà assegnato a Mortensen il Premio delle Pontificie Accademie, che il Santo Padre attribuisce a giovani studiosi, artisti o istituzioni che si siano distinti nella promozione dell'umanesimo cristiano.
Monsignor Ravasi ha spiegato che "il Pontificio Consiglio della Cultura di sua natura vorrebbe sempre di più far sì che la sua attività si possa appoggiare a tante istituzioni, che sono parallele, che alcune volte sono come dei corollari, o anche a tante istituzioni laiche".
"Stiamo, infatti, avendo rapporti con molte fondazioni di alto livello nel campo della ricerca scientifica, un po' in tutto il mondo, in modo tale da poter avere un respiro che sia il più possibile universale e che sia il più possibile variegato nella ricchezza e nella complessità che ormai il termine cultura raccoglie in sé, non più esauribile nell'interno di quella dimensione quasi da 'turris eburnea', da torre d'avorio, asettica, in cui ci sono soltanto gli intellettuali alti".
"Ormai, la cultura, come ben sappiamo, ha una serie di iridescenze, di sfumature, di volti, che passano attraverso tante dimensioni in passato neppure sospettabili. Pensiamo soltanto a quando abbiamo fatto l'incontro con gli artisti e abbiamo cominciato ad introdurre i fotografi, la fotografia, la scenografia e, anzi, una famosa casa di moda si è lamentata con me perché non abbiamo introdotto anche la moda... Speriamo che anche l'Accademia della moda in futuro possa avere un dialogo con noi", ha concluso.
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Notizie dal mondo
Punti di forza e sfide della Chiesa in Inghilterra
I Vescovi inglesi a Roma per la visita "ad limina apostolorum"
di Carmen Elena Villa
CITTA' DEL VATICANO, martedì, 26 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Il fenomeno delle migrazioni, il dialogo interreligioso e l'accettazione di migliaia di ex anglicani nella Chiesa cattolica sono alcune delle sfide che affronta attualmente la Chiesa in Inghilterra.
I Vescovi del Paese sono giunti questo lunedì a Roma per la loro visita “ad limina apostolorum”, che i presuli di tutto il mondo realizzano ogni cinque anni per presentare al Santo Padre e ai capi dei vari dicasteri un bilancio della situazione della Chiesa e i futuri progetti pastorali.
Una florida minoranza
I cattolici in Inghilterra rappresentano il 18% della popolazione totale. Dopo lo scisma anglicano avvenuto nel 1534 e vari secoli di indebolimento della Chiesa nel Paese, è arrivata una nuova primavera per la fede cattolica con l'influenza del Cardinale John Henry Newmann, che verrà beatificato quest'anno.
Anche la crescente immigrazione irlandese ha influito sulla crescita del cattolicesimo inglese. Oggi l'Inghilterra ha 22 Diocesi tra cui cinque Arcidiocesi metropolitane, alle quali si aggiunge anche un Ordinariato militare. Le Diocesi sono state ristabilite nel XIX secolo, mentre quelle create prima del 1534 sono diventate anglicane.
La Chiesa in Inghilterra affronta oggi varie sfide. In base a un sondaggio realizzato dal St. John's College pubblicato il 29 giugno 2009, solo il 10 % degli intervistati ha detto di conoscere i principali personaggi della Bibbia e di comprenderne la rilevanza.
Il 60%, ad esempio, non conosceva la parabola del Buon Samaritano né figure come Abramo e Giuseppe.
Come evangelizzare una società che ignora sempre di più il sacro? La sfida, dice il Cardinale Cormac Murphy-O’Connor, è essere “comunità di comunità”, cioè piccoli gruppi di credenti che agiscono all'interno della società.
Pur essendo una minoranza, il cattolicesimo gode di riconoscimento per la sua forte connotazione etica in una società fortemente secolarizzata, che si concretizza in azioni come quelle della Caritas, che aiuta i Paesi del Terzo Mondo.
La Chiesa ha anche una forte presenza nel campo educativo, con più di 2.000 scuole di alta qualità, anche se negli ultimi tempi alcune sono state accusate dai mezzi di comunicazione di “discriminare” chi non appartiene a questa religione.
Come nella maggior parte delle società sviluppate, il cattolicesimo in Inghilterra affronta il tramonto della dimensione religiosa e della presenza nel tessuto sociale. Come ha rivelato il Cardinale Murphy-O’Connor in un articolo pubblicato dal Daily Telegraph il 6 dicembre 2008, “la secolarizzazione ha portato a una società ostile al cristianesimo e in cui la fede religiosa in generale è vista come un'eccentricità privata”.
Ad ogni modo, monsignor Vincent Nichols, presidente della Conferenza Episcopale di Inghilterra e Galles, ha dichiarato che “la fede religiosa ci aiuta a vivere in questa incertezza, perché ci dà un'apertura al trascendente e la piena coscienza del fatto che non possiamo conoscere o controllare tutto”.
Dall'altro lato, l'istruzione è uno degli ambiti in cui la presenza della Chiesa in Inghilterra si fa più significativa: le scuole sono molto apprezzate dalle famiglie non cattoliche per l'insegnamento dei valori etici e l'istruzione integrale.
Sono collegi in cui si vive la diversità dal punto di vista sia etnico che sociale: “le statistiche dimostrano anche che le iniziative assunte nelle scuole cattoliche contribuiscono positivamente a uan corretta visione della coesione generale”, ha aggiunto monsignor Nichols.
Diversità di culture
Negli ultimi anni, l'Inghilterra è diventata un Paese sempre più multiculturale per le crescenti migrazioni provenienti dall'America Latina, dalle Filippine e dall'Unione Europea. Ciò fa sì che la vita di fede sia sempre più forte nelle grandi città che nelle zone rurali.
“La maggior parte delle parrocchie”, dice monsignor Nichols in alcune dichiarazioni raccolte dalla “Radio Vaticana”, “è riuscita a costruire una sostanziale unità favorita da una fede comune in Cristo e da un'identità condivisa nella Chiesa cattolica”.
I cattolici immigrati, aggiunge, “portano nuova vita e vigore al nostro cattolicesimo inglese”.
Ad ogni modo, questo fenomeno presenta anche difficoltà per quanti sono attaccati a certi riti liturgici tipici del proprio Paese, “ma nella maggior parte dei casi la situazione è gestita abbastanza bene e stiamo trovando un equilibrio tra l’integrazione in un’unica comunità liturgica e il riconoscimento del profondo bisogno spirituale dei fedeli di esprimere la fede nella loro lingua madre”.
Islam in crescita
Non sono solo i cattolici ad essere aumentati con il fenomeno migratorio in Inghilterra. Anche i musulmani, infatti, sono sempre di più.
Monsignor Nichols afferma che la questione è delicata per la percezione, non di rado distorta, che ha l'opinione pubblica dell'islam, identificato con le sue frange più radicali.
“Credo che la comunità islamica di questo Paese abbia lavorato duramente per dare spazio alle voci più moderate, che sono la maggioranza, e penso sia importante aiutare in questo compito”, ha dichiarato il presule.
Monsignor Nichols segnala anche che il dialogo con le comunità islamiche è spesso limitato dalla mancanza di un'autorità che le guidi.
La Conferenza Episcopale ha visto quindi la necessità di lavorare a un documento sul dialogo interreligioso, che verrà pubblicato presto e “darà guida e incoraggiamento alle comunità cattoliche inglesi, perché si impegnino positivamente e in modo intelligente a tutti i livelli nel dialogo interreligioso”.
Anglicani
In vari momenti della storia, sia i cattolici che gli anglicani si sono impegnati a superare le divisioni lasciate dallo scisma: nelle parrocchie in genere cattolici e anglicani lavorano insieme per far fronte a problemi come la povertà, l'asilo e l'esclusione sociale.
Nel 1994, ad ogni modo, questo dialogo si è visto ostacolato quando la Chiesa anglicana ha concesso l'ordinazione sacerdotale alle donne, e poi, nel 2008, con la concessione dell'ordinazione episcopale femminile. Anche l'ordinazione di un Vescovo apertamente omosessuale nel 2003 ha reso difficile l'avvicinamento.
I due credo stanno vivendo ora una nuova fase di contatto con l'approvazione della Costituzione Apostolica Anglicanorum Coetibus, che accetta l'accoglienza di sacerdoti e Vescovi anglicani e apre una nuova via nella relazione con la Chiesa.
Su questo tema, monsignor Nichols ha affermato che la Chiesa in Inghilterra si trova in un fase “di assestamento e di riflessione nella preghiera”.
“L'Arcivescovo anglicano di Canterbury ed io abbiamo detto che questo passo della Santa Sede porterà alla fine di un periodo di incertezze”, ha concluso il presule. “Ritengo che sia stato un contributo positivo a un dialogo più vasto tra la Chiesa cattolica e la Comunione anglicana nel suo insieme che avrà riflessi anche in questo Paese”.
[Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]
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I single possono trovare la loro famiglia nella Chiesa
Un programma propone un nuovo tipo di formazione vocazionale
di Genevieve Pollock
ST. CHARLES, martedì, 26 gennaio 2010 (ZENIT.org).- I programmi cattolici per i single sono molto importanti e perfino “fondamentali”, afferma David Sloan, e per questo ha dato vita a vari progetti - come Singles Serving Orphans - per far fronte a questa necessità nella Chiesa.
Oltre all'organizzazione senza scopo di lucro Singles Serving Orphans, che come ha detto a ZENIT è il mezzo “più efficace che sia stato scoperto per assistere i single”, Sloan ha aiutato a fondare le National Catholic Singles Conferences (Conferenze nazionali dei single cattolici), le Catholic Thrive conferences e i God of Desire seminars.
L'umanità, ha spiegato, si trova attualmente in un “momento critico”, “perché la gente non si sposa e non ha figli”.
Per questo, ha detto, c'è molto bisogno di “assistere le uniche persone che possono contrarre matrimonio – i single”.
“Non è bene per un uomo o una donna essere solo/a. Gli esseri umani non sono stati creati per sopravvivere al di fuori delle strutture familiari”.
“Dio è famiglia, la Chiesa è famiglia, tutta la vita è la vita della famiglia. Fuori dalla famiglia ci sono solo morte e inferno”.
In questo senso, ha detto, i single devono “essere sottratti dall'isolamento della vita moderna e posti all'interno della vita familiare della Chiesa”.
Impoverimento
“Non c'è povertà più grande di quella di vivere fuori dalla vita familiare e dall'amore della famiglia”, ha affermato Sloan.
Questa “passione personale di assistere i più bisognosi” lo ha portato a cercare forme di servire i single nella Chiesa.
La Chiesa, osserva, ha bisogno di programmi che “affrontino i problemi specifici della vita del single”, che sono diversi dai temi trattati nella maggior parte dei programmi pastorali per giovani adulti.
Insieme ad Ellen Speltz ha fondato i viaggi missionari Singles Serving Orphans nel febbraio 2008, con 22 missionari che si sono riuniti a Imuris (Messico) nell'orfanotrofio Casa de Elizabeth.
Dopo quel primo viaggio sono tornati 11 volte, dedicandosi al restauro della struttura, a cucinare e a fare le pulizie per i 75 bambini ospiti, pregando e giocando con loro, anche con “guerre di pistole ad acqua”.
“I single e gli orfani sono un vero accoppiamento fatto in cielo”, ha detto Sloan.
“In fondo - ha affermato -, la necessità fondamentale dei single è quella di immergersi nella vita familiare della Chiesa”.
Famiglia
La Speltz, l'altra fondatrice del programma e fondatrice della sua organizzazione gemella, la Youth Support Inc., ha spiegato a ZENIT che in queste riunioni di missione “i single di Stati Uniti e Canada iniziano essendo compagni di lavoro, poi diventano amici e infine famiglia”.
“Visto che pregano insieme, lavorano insieme, mangiano insieme e servono insieme gli orfani condividono un legame comune, perché permettono a Dio di utilizzarli per fare una differenza tangibile e che cambia la vita dei suoi figli”, ha aggiunto.
“E' emozionante, è un dono poter essere testimoni dell'impatto su ogni persona in modo così rapido e profondo”.
Il programma stabilisce l'obiettivo di portare i single “dall'isolamento della vita moderna a una vita piena nella famiglia di Dio”. Sul sito web si afferma che “servire i bambini di Dio è la via più diretta per forgiare questo legame familiare”.
Nella Settimana Santa, i missionari andranno a servire gli orfani in Giamaica.
“Questi viaggi sono anche dei ritiri spirituali, che combinano le virtù della carità e della castità, secondo la testimonianza di vita e gli insegnamenti di Madre Teresa e Giovanni Paolo II”.
Un articolo sul sito spiega che “la carità è la grazia di Dio che ci permette di dare ciò che abbiamo, la castità è la libertà che ci permette di dare ciò che siamo”.
Vocazione
“Le vocazioni, i matrimoni, le famiglie non possono provenire da individui isolati – ha dichiarato Sloan a ZENIT –. Questi beni necessari possono derivare solo da single che vivono in modo fruttuoso nella famiglia della Chiesa”.
“C'è una forma di vocazione che impegna in modo così completo che una persona rinuncia totalmente alla possibilità di essere in un altro modo – questo è il dono totale di sé”, nonostante lo “stato civile”, ha detto.
“L'obiettivo principale della vita del single, o di 'stato non confessato', è raggiungere il tipo di vera libertà che permette a una persona di fare un dono così vero, autentico e totale”, ha continuato. “Questo è un aspetto profondo, bello e sublime della vita del single che deve essere compreso e apprezzato meglio”.
Sul sito di God's Family si offrono varie risorse per i single cattolici, come una Guida per la pastorale con i single, dodici principi sul corteggiamento e sul fidanzamento e una “Licenza matrimoniale senza data”.
“Anche se i single nella nostra cultura stanno soffrendo l'impoverimento più grave che si possa immaginare, bisogna segnalare che non ne sono responsabili”, ha precisato. “I single che ci circondano non sono gli unici ad aver spezzato al cultura”.
“Come questa sia stata rotta è un altro discorso, ma la chiave è che i single moderni stanno cercando di sopravvivere in una cultura che in gran parte ha lasciato indietro la vita familiare”.
“La maggior parte dei single che conosciamo si sarebbe sposata e avrebbe una famiglia se la cultura fosse più sana. Non dobbiamo giudicare o diffamare”.
“E' certo, come molti hanno segnalato, che i single possano – e molti lo fanno – realizzare il dono straordinario di sé nel servizio a Cristo e alla sua Chiesa”.
Per ulteriori informazioni: www.SinglesServingOrphans.org
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Cardinale Rodríguez Maradiaga: il narcotraffico, cancro dell'America Latina
Chiede una strategia che vada al di là dell'uso della forza
ACAPULCO, martedì, 26 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Nel corso di una conferenza stampa svoltasi venerdì al termine del Primo Congresso Nazionale Messicano di Sacerdoti celebrato ad Acapulco, l'Arcivescovo di Tegucigalpa (Honduras), Óscar Rodríguez Maradiaga, ha segnalato la necessità di combattere frontalmente il problema della droga con una strategia congiunta che vada al di là del mero uso della forza.
Il Cardinale Rodríguez Maradiaga ha spiegato che il narcotraffico è il cancro dell'America Latina e che il suo sviluppo ha provocato gravi danni ai Paesi interessati.
I “narcoaffari”, ha constatato, hanno creato un'economia sotterranea per riciclare il denaro sporco proveniente da questa attività, il che implica non solo riciclaggio di denaro, ma anche corruzione morale. In questo modo, ha indicato, si sta alterando la gerarchia di valori e si crea confusione tra i bambini e i giovani.
Durante il congresso il porporato, che è anche presidente di Caritas Internationalis, ha proposto l'adozione di bambini orfani di Haiti e di seminaristi rimasti senza centri di formazione (cfr. ZENIT, 22 gennaio 2010) e ha detto che la legalizzazione degli stupefacenti non è la soluzione per porre fine al flagello della droga.
Si è verificato che nei Paesi in cui ne è stato autorizzato il consumo non c'è stata una risposta positiva, al contrario, “è aumentato considerevolmente il numero delle persone coinvolte”, ha affermato.
“Il risultato è che si stroncano i giovani e muoiono. Bisogna combattere con tutte le forze possibili e non cedere a questo flagello”.
L'Arcivescovo di Tegucigalpa ha riconosciuto che il clima di violenza che si vive in tutto il mondo ha costretto la società a rimanere in silenzio visto che qualsiasi tentativo di denuncia è preceduto da una serie di minacce. Egli stesso, ha rivelato, è stato vittima di intimidazioni per questo motivo.
“Al giorno d'oggi denunciare queste cose è mettersi in pericolo, ma è nostro dovere perché questo flagello può distruggere interi Stati quando mina e inizia a comprare dirigenti, poliziotti, eserciti”, ha aggiunto.
Sacerdoti e politica
Alla conferenza stampa sono intervenuti anche due presuli messicani: il Vescovo di Orizaba, Marcelino Hernández, e l'Arcivescovo di Acapulco, Felipe Aguirre Franco.
Nel suo intervento, monsignor Hernández ha parlato della proposta di un partito politico messicano di sanzionare i ministri di culto che intervengono su questioni politiche, e ha segnalato che i sacerdoti non possono intervenire nella politica partitica perché non è permesso né dalla legislazione né dalla Chiesa.
“Se qualche sacerdote lo fa sta disobbedendo alla Chiesa – ha dichiarato –. Il nostro dovere è difendere la verità, la giustizia, il bene comune. Il sacerdote deve essere profeta del suo popolo, del suo tempo, ma non lotta con la bandiera di un partito; non è la nostra missione”.
L'ospite dell'Incontro Nazionale di Sacerdoti, l'Arcivescovo di Acapulco, si è dal canto suo pronunciato per la promozione di una libertà religiosa integratrice.
“Siamo cittadini, per questo non vogliamo essere esclusi né esigiamo privilegi, non vogliamo canonicati o prebende, ma chiediamo come cittadini di essere coerenti con la fede che professiamo, chiediamo la libertà religiosa indispensabile per compiere la missione che Cristo ci ha affidato”.
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Italia
L'Azione cattolica auspica "una nuova stagione della politica"
La Presidenza nazionale commenta le parole del Cardinale Bagnasco
Secondo l'AC, “è molto più di un sogno: è impegno da condividere, monito da seguire perché la politica, come ricordava Papa Paolo VI, è un’esigente forma di carità”.
“Accogliamo, dunque, come Presidenza nazionale dell’Azione cattolica italiana, l’invito del Presidente della CEI ai 'cattolici impegnati in politica ad essere sempre coerenti con la fede che include ed eleva ogni istanza e valore veramente umani'”.
“Accogliamo altresì l’auspicio che questa stagione della vita del Paese contribuisca 'a far sorgere una generazione nuova di italiani e di cattolici che, pur nel travaglio della cultura odierna e attrezzandosi a stare sensatamente dentro ad essa, sentono la cosa pubblica come importante e alta, in quanto capace di segnare il destino di tutti, e per essa sono disposti a dare il meglio dei loro pensieri, dei loro progetti, dei loro giorni. Italiani e credenti che avvertono la responsabilità davanti a Dio come decisiva per l’agire politico'”.
“L’Azione cattolica italiana – continua la nota –, da sempre impegnata nella formazione dei ragazzi, dei giovani e degli adulti, si sente interpellata dalle parole del cardinale Bagnasco e condivide l’urgenza di costruire attorno ai valori fondamentali un impegno comune di quanti sono consapevoli che un futuro migliore è possibile, in cui l’altro sia visto e considerato sempre e innanzitutto come persona, in cui l’ambiente sia dono da custodire e consegnare ai nostri figli, in cui la vita sia un diritto da proteggere e da promuovere, in cui la famiglia sia sempre più considerata cellula fondamentale della società e sia tutelata e aiutata, in cui il lavoro sia un diritto di tutti, in cui l’accoglienza sia un moto del cuore personale e comunitario”.
“L’Azione cattolica è stata, ed è tuttora, ricca di vocazioni al servizio civile e politico. Tante persone formatesi nelle fila dell’associazione hanno assunto e assumono impegni ai più svariati livelli istituzionali”.
“Tale importante e generoso contributo, alla luce delle parole del cardinale Bagnasco, sia sempre più caratterizzato da gratuità ed evangelica inquietudine. Ai tanti già impegnati in politica l’Ac vuole essere sinceramente vicina, come stimolo e fermento”.
“Allo stesso modo, l’AC vuole prendere concretamente in consegna l’invito del cardinale Bagnasco sostenendo nuove vocazioni al servizio politico, attraverso una più intensa e feconda mediazione della Dottrina sociale della Chiesa”.
“A tutti coloro che vivono una passione sociale, l’Ac può offrire la luminosa testimonianza di grandi uomini di fede, come Vittorio Bachelet, del quale tra pochi giorni ricorre il trentennale dalla morte”.
“I temi della vita, della giustizia, della legalità, dell’integrazione, della famiglia e del lavoro, del bene comune devono vedere i cattolici impegnati in una nuova stagione di presenza culturale e di impegno, guidati dalle parole del Concilio Vaticano II e dalla Dottrina sociale della Chiesa”, conclude infine il comunicato.
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Maria illumina anche i direttori delle radio
Corso di formazione mariologica per i direttori di Radio Maria
ROMA, martedì, 26 gennaio 2010 (ZENIT.org).- E’ stato presentato, lunedì 25 gennaio, presso la Pontificia Università Antonianum di Roma il corso di formazione in “Mariologia e Comunicazione” per i direttori di Radio Maria.
Il corso organizzato dalla World Family of Radio Maria si svolgerà in collaborazione con la Pontificia Accademia Mariana Internationalis (PAMI) e vedrà la partecipazione di docenti della Pontificia Università S. Tommaso D'Aquino, della Università Europea di Roma e della scuola di giornalismo della LUMSA (Libera Università degli Studi Maria SS. Assunta di Roma).
All’apertura dei lavori Emanuele Ferrario, presidente della World Family of Radio Maria, ha raccontato come da una prima Radio Maria in Italia, oggi le Radio Maria sono diventate 58 e sono presenti in 55 paesi di tutti i continenti.
La World Family of Radio Maria è una organizzazione non governativa (ONG) che nasce giuridicamente nel 1998 e che ha come socio fondatore l'Associazione italiana Radio Maria. Attualmente è composta da quaranta Associazioni nazionali membri associati, presenti in altrettanti paesi e sparse nei vari continenti, di cui ben undici in Africa.
Tra le finalità istituzionali di World Family c’è la volontà di perseguire con metodo e continuità un’azione esclusivamente educativa e formativa nella promozione dei mezzi di comunicazione e radiodiffusione, principalmente nei paesi in via di sviluppo; favorire la crescita sociale e culturale dei paesi in cui opera, attraverso la promozione dei loro valori sociali, culturali e religiosi, per il miglioramento della convivenza e la valorizzazione delle risorse umane, con l'ausilio di trasmissioni radiofoniche e divulgazione di eventi locali specifici; promuovere la diffusione di un messaggio evangelico di gioia e speranza con un'attenzione particolare per i malati ed i poveri, secondo l'insegnamento del magistero della Chiesa cattolica.
Inoltre la World Family garantisce la formazione del personale, esclusivamente locale, per la sua partecipazione attiva a tutte le fasi di progettazione, realizzazione e gestione; promuove la formazione professionale, specialmente nell'ambito delle comunicazioni con la supervisione delle istituzioni locali competenti; organizza l’aiuto finanziario e la fornitura di materiali per la realizzazione di progetti completi nell’ambito dei mezzi di comunicazione, specialmente nei paesi in via di sviluppo.
Padre Vincenzo e Battaglia O.F.M e padre Stefano Cecchin O.F.M., rispettivamente Presidente e Segretario della PAMI (http://www.accademiamariana.org) hanno illustrato il corso di mariologia sottolineando come quello della formazione sia uno dei compiti specifici dell’Accademia.
Nata su iniziativa di padre Carlo Balić (1899-1977), titolare della cattedra di mariologia, al fine di preparazione del primo centenario del dogma dell’Immacolata, l’Accademia divenne Pontificia l’8 dicembre 1959, quando il Sommo Pontefice Giovanni XXIII, promulgò il motu proprio ‘Maiora in dies’.
Nel 1995 al PAMI, come a tutte le Pontificie Accademie, fu richiesta una revisione dei propri Statuti in vista di un aggiornamento e di un rinnovamento delle stesse attività e dei rapporti con la Santa Sede.
Con i nuovi Statuti, approvati da Giovanni Paolo II l’8 gennaio 1996, la PAMI è membro del Pontificio Consiglio della Cultura ed ha il compito di organizzare i Congressi mariani a livello internazionale.
Il Presidente e il Segretario sono diventati di nomina pontificia e dal 13 giugno 1998, rinnovando la Convenzione che la aggrega alla Pontificia Università Antonianum, la PAMI ha istituito la cattedra di studi mariologici “Beato Giovanni Duns Scoto” all’interno della Facoltà di Teologia.
Inoltre la PAMI ha iniziato il progetto di un coordinamento dei docenti di mariologia.
Padre Marco Salvati dell’Angelicum ha illustrato l’aspetto salvifico e teologico del corso di mariologia, mentre i professori Angelo Paoluzi e Luigi Re della scuola di giornalismo della Lumsa hanno illustrato il modulo di teorie e tecniche del giornalismo radiofonico e stampato.
In merito al modulo sulla direzione editoriale, Antonio Gaspari dell’Università Europea di Roma, ha indicato le tre sfide del giornalismo cattolico: la prima riguardante il metodo di discernimento per cercare e trovare la verità; la seconda relativa alla scoperta e diffusione della buona notizia, rifiutando la logica cinica e utilitarista del “bad news is good news”; e la terza nel superare l’ipocrita e deviante condizionamento del “politically correct” a favore di una ricerca di verità, giustizia e bellezza.
In merito alla formazione mariana con orientamento mediatico ha parlato padre Francisco Palacios, coordinatore di tutti i direttori delle Radio Maria nel mondo.
Padre Francisco ha sottolineato che la mariologia sarà l’anima del corso di formazione, anche perchè “si combina con una linea fondamentale del nostro servizio di evangelizzazione fatta attraverso la radiofonia”.
In questo senso padre Francisco ha precisato che compito del corso è quello di “combinare lo spirito missionario mariano con la professionalità giornalistica in modo che Radio Maria guidi gli ascoltatori di ogni parte del mondo a leggere la realtà e rispondere alle domande di fede”.
“Intendiamo presentare la Buona Novella del Vangelo – ha affermato il coordinatore dei direttori - perchè possa cambiare in meglio la vita e la cultura delle persone”.
“Attraverso la radio – ha aggiunto – i direttori devono esprimere la visione mariana della persona, della comunità e del mondo, costruendo un cammino che porta all’incontro con Dio. Vogliamo arrivare a tutto il mondo, e per questo abbiamo bisogno d’un fuoco veramente vivace e continuo. Siamo, o vogliamo essere, discepoli de Maria e attraverso la Vergine intendiamo portare la storia della salvezza nei tempi moderni”.
“Il nostro compito – ha concluso padre Francisco – non è solo quello di fare radio trasmettendo dei bei messaggi, noi intendiamo produrre un cambio nel pensiero degli ascoltatori, vogliamo cercare e testimoniare la verità che è Gesù Cristo. In un certo senso Radio Maria indica una linea di pensiero coerente con i valori del Vangelo; e in definitiva cerca di comunicare Cristo oggi”.
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Segnalazioni
I Vescovi italiani e il "sogno" di una nuova generazione di politici cattolici
Studiano la prolusione del Cardinale Angelo Bagnasco
ROMA, martedì, 26 gennaio 2010 (ZENIT.org).- I Vescovi italiani hanno analizzato questo martedì il “sogno” di una nuova generazione di politici cattolici, in riferimento a quanto affermato nella sua prolusione di lunedì dal loro Presidente, il Cardinale Angelo Bagnasco, che ha presentato alcune delle caratteristiche che dovrebbero contraddistinguerli.
L'argomento ha offerto lo spunto per uno scambio di opinioni nei lavori della seconda giornata dell'incontro dei 23 membri del Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), che rimarranno riuniti a Roma fino a mercoledì, secondo quanto riferito in un comunicato da monsignor Domenico Pompili, portavoce della CEI.
“Circa il ‘sogno’ di una nuova generazione di politici cattolici che è aspirazione condivisa e necessaria, si è auspicato di suscitare una cittadinanza responsabile che sappia farsi carico dei difficili processi di integrazione sociale ed economica, così come dei temi della vita e della famiglia oggi particolarmente messi a rischio da una ricorrente deviazione antropologica”, spiega il portavoce.
“L’intervento del Cardinale Bagnasco ha offerto in effetti un giro d’orizzonte e insieme una prospettiva unificante dell’attuale stagione ecclesiale e sociale”, aggiunge monsignor Pompili.
“La questione di Dio – è stato rimarcato da più parti - suscita sempre un’attenzione e una nostalgia diffuse, costituendo per la Chiesa una sfida a continuare ad essere 'casa tra la gente'”.
Per questo motivo si è scelto il tema dell’educazione come tema portante della prossima Assemblea generale di maggio, una “strada concreta in cui declinare la proposta cristiana nei prossimi anni”.
“A questo proposito – aggiunge il portavoce – si è ribadito che non basta enunciare principi o valori, ma occorre permettere che se ne faccia esperienza personale, superando ogni astrattismo e ogni separazione tra la fede e la vita”.
Infine, la nota conclude rivelando che “una parola di gratitudine è stata espressa da molti nei riguardi dei sacerdoti che vivono in prima persona i segni del trapasso epocale in corso, auspicando per essi che l’Anno sacerdotale in corso aiuti ciascuno a riscoprire i fondamentali della propria esperienza di vita cristiana”.
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"I Venerdì di Propaganda": Nennolina e le sue letterine
Il 29 gennaio presso la Libreria Internazionale Paolo VI a Roma
ROMA, martedì, 26 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Venerdì 29 gennaio, alle ore 17.30, presso la Libreria Internazionale Paolo VI in via di Propaganda n. 4, a Roma, verrà presentato il libro “Carissimo Dio Padre. Antonietta Meo-Nennolina e le sue letterine” (Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, 2009, pp. 216) di Maria Rosaria Del Genio.
L’incontro con l’autrice sarà guidato come al solito dalla dott.ssa Neria De Giovanni.
Il volume propone la biografia di Antonietta Meo, detta familiarmente Nennolina, attraverso le sue lettere e altri scritti, tutti riportati nell’Appendice alla fine del volume in versione integrale, oltre ai ricordi della madre, del padre, della sorella e delle persone a lei vicine.
Di lei fin dal 1941 la Gioventù Femminile promosse la causa di beatificazione per espresso volere di Armida Barelli, allora Presidente nazionale, ed ancora oggi l'Azione Cattolica Italiana ne è promotore.
Papa Benedetto XVI l’ha dichiarata Venerabile il 17 dicembre 2007.
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Interviste
Agostino: un grande amore per una donna misteriosa
Uno studioso rivela alcuni aspetti inediti della sua vita
ROMA, martedì, 26 gennaio 2010 (ZENIT.org).- La vita di Sant'Agostino in tv, in due puntate. Una produzione della Lux Vide, con Alessandro Preziosi, Monica Guerritore, Franco Nero, Andrea Giordana, Serena Rossi, diretti dal regista canadese Christiane Duguay.
La fiction è piaciuta molto a Benedetto XVI, che l'ha vista in anteprima il 2 settembre scorso. "E' un viaggio spirituale per scoprire che la Verità è più forte di ogni sconvolgimento umano", ha detto il Papa.
Nato a Tagaste, nell'attuale Algeria, nel 354 e morto a Ippona nel 430, Sant'Agostino è uno dei più grandi personaggi della storia del Cristianesimo. Da tutti gli studiosi, anche dai non credenti, è ritenuto filosofo, teologo, mistico, scrittore, oratore e polemista sommo, il cui pensiero ha superato le barriere del tempo e conserva una incredibile e straordinaria attualità.
La "fiction", che già nel nome racchiude il significato di un "racconto libero", non strettamente storico, aiuta molto a capire chi fosse questo straordinario personaggio. Ma per avere dettagli sicuri su di lui,e approfondirne la conoscenza vera, abbiamo parlato con uno dei massimi esperti dell'opera e della vita di Sant'Agostino, padre Vittorino Grossi, religioso agostiniano, appartenente quindi all'ordine fondato da Sant'Agostino.
Teologo e scrittore, direttore della rivista di studi patristici "Augustinianum", membro del Pontificio comitato di Scienze storiche, professore di Patrologia e Patristica alla Pontificia Università Lateranense e all'Istituto Patristico Augustinianum, Vittorino Grossi ha praticamente dedicato la vita al Santo di Ippona e in questa intervista rivela alcuni particolari storici dell'esistenza di Agostino, che si possono definire inediti perché difficilmente presenti nelle biografie ufficiali.
"Nel filmato - dice padre Vittorino -, si racconta che Agostino, quando era giovane, ebbe un figlio da una schiava etiope che per un certo periodo fu la sua concubina e che poi egli abbandonò per la carriera ecclesiastica. Questa storia, così riferita da quasi tutti i biografi, non corrisponde al vero. Agostino ebbe, in gioventù, un figlio ma non da una schiava. La ragazza di cui si innamorò era 'molto speciale'. Per suo amore Agostino cambiò profondamente la propria condotta. Purtroppo, quel grande amore non potè mai sfociare in un matrimonio regolare".
Perché?
Ecco il giallo, il mistero, l'arcano che i biografi non sono mai riusciti a chiarire. Comunque, facendo ricerche meticolose, utilizzando tutti gli accenni che Agostino fa, nei suoi scritti, su questa sua vicenda personale, si arriva a ricostruire una storia che è molto affascinante: romantica, bella, anche se con un finale, da un punto di vista umano, un po' triste.
Ce la può raccontare?
Agostino ebbe una giovinezza traviata. Lui stesso riferisce, nel suo libro autobiografico "le Confessioni", che per un certo periodo fu un libertino scatenato: amava le feste, i piaceri, la bella vita, le donne, il sesso, le prostitute, il gioco, le compagnie dissolute. E questo suo comportamento era una specie di ribellione dovuta anche al fatto che non poteva realizzare i propri sogni.
Apparteneva a una famiglia di modeste condizioni economiche. Suo padre, Patrizio, consigliere municipale, era addetto alla riscossione delle tasse, ma Tagaste era un piccolo centro e quel lavoro rendeva poco. La madre, Monica, cristiana e donna molto pia, infatti, dopo la morte, fu proclamata santa, diede al figlio piccolo una educazione religiosa, che Agostino, nell'adolescenza, dimenticò completamente.
Primogenito di tre fratelli, era un ragazzo intelligentissimo. A scuola era sempre tra i migliori. Amava soprattutto la letteratura, in particolare i poeti. Conosceva a memoria Virgilio e recitando brani dell'Eneide si commuoveva fino alle lacrime. Sognava di poter andare a Cartagine, per continuare gli studi e diventare un famoso retore, cioè un letterato. Ma la famiglia non aveva i mezzi economici necessari. Così, finite le scuole locali, il ragazzo si sentiva frustrato. Si dice che, ogni giorno, salisse su una collinetta e stesse ore a guardare nella direzione di Cartagine sognando. E fu in quel periodo che, per tristezza e disperazione, si abbandonò a tutti i vizi: era ribelle, litigioso, giocava d'azzardo, rubava, molestava le ragazze, perfino le amiche di sua madre. Era lo scandalo di Tagaste e sua madre piangeva addolorata.
Un amico di famiglia, Romaniano, un uomo molto ricco, stimava Agostino e cercò di toglierlo da quello stato, offrendogli di fare da precettore ai propri figli. "Accetto ma solo se mi paghi un anno di lavoro in anticipo", disse Agostino. Romaniano accettò. Agostino intascò i soldi e sparì. Fuggì di casa, se ne andò a Cartagine e con i soldi di Romaniano si iscrisse a quella che era l'Università del tempo.
Cambiò vita?
Non subito. Cartagine era una città corrotta, piena di divertimenti di ogni genere. Agostino si sentiva a proprio agio. Era estroverso, bello, affascinante, colto, scriveva poesie, divenne subito il "re" delle feste e l'idolo delle donne. Ma poi incontrò quella misteriosa ragazza e tutto cambiò.
Cosa si sa di quella ragazza?
Poco. Non si conosce neppure il nome, ma non era una schiava. Come Agostino stesso racconta, la incontrò in una comunità cristiana, e questo dettaglio è molto importante per capire chi fosse. Alle riunioni delle comunità cristiane di allora, le donne partecipavano solo accompagnate dei genitori o dai mariti e nessuno poteva intrattenersi con loro. Vi erano però anche tre "ordini" femminili tenuti in grande considerazione nella struttura sociale e liturgica della chiesa primitiva: le "Vedove", le "Diaconesse" e le "Vergini consacrate". Le Vedove e le Diaconesse erano in genere donne di una certa età. Le "Vergini consacrate", invece, potevano essere anche molto giovani e sceglievano di dedicare la loro vita a Cristo attraverso una cerimonia di consacrazione. Erano le migliori ragazze delle comunità, ricche di qualità umane e intellettuali.
Tutto fa pensare che Agostino si sia innamorato di una di quelle fanciulle e che con il suo irresistibile fascino l'abbia sedotta. La ragazza rimase incinta e andò a convivere con l'innamorato, creando un grave scandalo. Ma quel loro amore, che era profondo e grande, provocò un cambiamento drastico nella vita di Agostino. Fu, per lui, la salvezza, l'inizio di quella che poi divenne la sua conversione. Ma, come ho già detto, non potè essere legalizzato con il matrimonio. C'erano allora delle leggi ecclesiastiche che, dopo l'editto di Costantino del 312 e sotto Giustiniano, erano state recepite anche nel Codice civile. Una di quelle leggi riguardava le "Vergini consacrate". Queste non potevano mai abbandonare il loro stato e quindi non avrebbero mai potuto sposarsi legalmente.
Come vissero Agostino e la sua compagna?
Da concubini. Il "concubinato" era uno stato civilmente "tollerato" in quel tempo. Finiti gli studi, Agostino tornò a Tagaste, con la compagna e il figlio, al quale aveva dato il nome di Adeodato, che significa "dono di Dio". A Tegaste voleva aprire una scuola ma non aveva mezzi. La famiglia non gli diede alcun aiuto. La madre considerava Agostino un "sacrilego" perchè conviveva con una "vergine consacrata" e non volle neppure ospitarlo in casa. Fu ancora Romaniano a venirgli in aiuto. Gli fece un generoso prestito e con quei soldi Agostino aprì una sua scuola. Ma a Tagaste non si trovò bene. Gli allievi non lo pagavano.
Tornò, quindi, a Cartagine, e aprì una nuova scuola. Ma anche a Cartagine non ebbe fortuna. Emigrò a Roma. Nel frattempo continuava a studiare. Era assetato di verità. Per cercarla, aderì via via a tutte le varie ideologie e correnti filosofico-religiose del tempo: dal materialismo passò allo stoicismo, al movimento dei platonici, al pelagianesimo e infine al manicheismo. Furono i manichei a capire quanto intelligente e bravo fosse quel giovane. Erano molto influenti nella politica e decisero di valorizzarlo. Attraverso Simmaco, prefetto di Roma, sostennero la candidatura di Agostino alla cattedra di Retorica di Milano, posto di grande prestigio perché Milano era diventata la sede ufficiale dell'Impero, e la candidatura fu accettata. Nel 384, quando aveva solo 30 anni, Agostino fu nominato "Retore imperiale", e si trasferì a Milano con la famiglia.
Vescovo di Milano era Sant'Ambrogio. Agostino lo stimava molto e cominciò ad andare alle sue prediche per "ragioni estetiche", come scrisse lui stesso, cioè perché Ambrogio era uomo colto e raffinato. Ma in quelle prediche trovò la Verità che inseguiva da anni. Dio si rivelò a lui e il cuore di Agostino ne fu infiammato. Si iscrisse nell'elenco dei catecumeni e si preparò al battesimo che avrebbe ricevuto la notte del Sabato santo del 387, impartito da Sant'Ambrogio, ma sorse subito un grave impedimento.
La Chiesa imponeva ai catecumeni di mettere ordine nella loro vita prima di ricevere il battesimo. Chi aveva l'amante, doveva lasciarla. Chi conviveva, doveva sposarsi. Agostino, quindi, avrebbe dovuto sposarsi, ma non lo fece. Alcuni biografi affermano che egli, quando decise di ricevere il battesimo, mandò via la sua compagna, tenendo invece con sé il figlio Adeodato, che aveva 15 anni. E' una versione non documentata, e che io ritengo non vera. Agostino, era molto innamorato della sua compagna. Per lei aveva cambiato vita. Nelle "Confessioni" racconta che in quindici anni non l'aveva mai tradita e questo dimostra il suo grande amore e quindi non l'avrebbe mai abbandonata in quel modo. Allora, al tempo del battesimo, Agostino non pensava assolutamente di intraprendere la carriera ecclesiastica, e non c'erano ragioni plausibili perché non dovesse sposare la mamma di suo figlio.
Io penso che Agostino non sposò la propria compagna perché "non poteva farlo". E non poteva farlo perché la legge non gli permetteva di sposare una "Vergine consacrata". Avrebbe dovuto mandarla via. Ma si sentiva morire per il dolore al solo pensiero. E fu lei, la donna a risolvere la questione, sacrificando se stessa. Se ne tornò a Roma, lasciando ad Agostino anche il figlio. Una separazione dolorosissima, come dimostra il fatto che Agostino non dimenticò mai quella sua compagna. Sua madre, Monica, cercò invano di consolarlo, presentandogli varie donne, con ottima posizione, perché potesse rifarsi una vita. Ma rifiutò sempre. Egli era una grande autorità a Milano e le migliori famiglie desideravano imparentarsi con lui. Ma Agostino era sempre innamorato della madre di suo figlio e rifiutò tutte le proposte.
Cosa fece dopo il Battesimo?
Rinunciò all'incarico di Retore imperiale perché non si trovava bene in quell'ambiente. Decise di tornare a Tagaste e dedicarsi allo studio, alla preghiera, insieme a sua madre e ai suoi amici. Lasciò Milano e raggiunse Civitavecchia per imbarcarsi verso l'Africa. Ma a Civitavecchia Monica prese la malaria e morì. Agostino allora si trasferì a Roma, dove si fermò per otto mesi. Era attratto dalle comunità monacali che si stavano diffondendo. A Roma ce n'erano diverse e volle conoscerle. Erano comunità di persone che desideravano vivere come i primi cristiani.
Nel 388 tornò a Tagaste, vendette i pochi beni che aveva, distribuì il ricavato ai poveri e si ritirò con pochi amici alla periferia del paese. Il suo nuovo ideale di vita era quello del nascondimento, della preghiera e dello studio insieme agli amici che condividevano le sue idee. Ma Agostino era molto noto a Tagaste. Tutti ammiravano la sua gentilezza, la sua bontà, la sua sapienza e ogni giorno c'erano persone che andavano a trovarlo per chiedergli consigli, favori, aiuti e lui non riusciva a dire di no a nessuno.
In questo modo la sua vita di studio e di preghiera veniva continuamente disturbata e allora decise di lasciare Tagaste. Trasferì la sua dimora in una cittadina vicina al mar Mediterraneo, Ippona, nei pressi dell'attuale Annaba. Ma la fama lo aveva preceduto. Un giorno entrò nella chiesa di Ippona mentre era in corso una riunione. Il vescovo, Valerio, ormai anziano, stava esponendo ai fedeli la necessità di avere un sacerdote che lo aiutasse. I fedeli, vedendo Agostino, cominciarono a fare con entusiasmo il suo nome, egli si scherniva, perché mai aveva pensato di diventare sacerdote. Ma, allora, la voce del popolo era voce di Dio, "vox populi vox Dei", e il vescovo lo chiamò e gli disse che quella era la volontà di Dio e non poteva rifiutarla. Così Agostino venne ordinato sacerdote.
Che la scelta fosse stata ottima, lo si capì subito. Agostino organizzò una tale attività religiosa che a Ippona e nelle zone circostanti ci fu un rifiorire straordinario di fede, di opere, di studi. Tutti accorrevano alle prediche di Agostino. I sacerdoti e anche i vescovi andavo per avere consigli. Ippona, grazie ad Agostino, divenne un punto di riferimento per tutte le chiese d'Africa. Il vescovo Valerio, temendo che Agostino fosse inviato ad altre sede, lo consacrò vescovo nominandolo suo successore. La consacrazione avvenne intorno al 396 e Agostino così non si mosse più da Ippona.
Agostino morì nel 430, il suo episcopato quindi durò molto.
Durò 34 anni. Un tempo lungo e intensissimo di attività. Agostino si dedicò a questa sua nuova missione anima e corpo. Fu un pastore premuroso, attento alle necessità dei suoi fedeli, in particolare i poveri, gli umili, gli ammalati. Curò molto la predicazione, anche se gli costava sacrifici grandi perché aveva problemi di polmoni e parlare era un tormento. Spesso andava a predicare anche in altre località e fu pure a Cartagine. Insieme alla predicazione curò molto lo scrivere. Dove non poteva arrivare con la parola, voleva arrivare con i suoi scritti. A Ippona aveva realizzato uno straordinario Laboratorio. Con lui lavoravano diverse persone che prendevano nota di tutto quello che usciva dalla bocca di Agostino: conversazioni, dispute, dialoghi, prediche e poi lo ordinavano in una forma compiuta. Agostino rielaborava il tutto preparando libri e trattati. Altri scrivani facevano copie che venivano inviate alle chiese, ai vescovi, e anche a persone che chiedevano aiuti e consigli. Agostino contribuiva alla produzione di libri, con elaborati che scriveva direttamente. Soffriva di insonnia, ma non si lamentava perché in quel modo poteva trascorrere gran parte delle notti a scrivere. La produzione letteraria lasciata da Agostino è semplicemente immensa e ancora oggi è fonte straordinaria di "sapienza" teologica, mistica, filosofica per studiosi di ogni genere, compresi i Papi.
Quando morì?
Nella notte tra il 28 e il 29 agosto del 430. Aveva 76 anni. Fu colpito da febbri e, dopo breve malattia, se ne andò in Cielo. Il suo corpo fu sepolto a Ippona. In seguito, venne trasferito in Sardegna e poi a Pavia, dove ancora si trova nella Chiesa di San Pietro in Ciel d'oro.
Dalla lettura dei suoi libri e dalle testimonianze di chi lo conobbe, si riesce ad avere una descrizione di com'era fisicamente Sant'Agostino?
Si, ci sono cenni e dati che ci permettono di farcene un'immagine abbastanza attendibile. Non doveva essere molto alto. Un episodio riferito dallo stesso Agostino, induce a questa conclusione. Tutti i romani erano di statura medio-bassa. Quando nelle catacombe si trova qualche scheletro di persona alta, significa che non era romano. Una signora romana aveva un figlio che doveva essere consacrato diacono e per quella circostanza gli aveva comperato un bel vestito nuovo. Ma il giovane morì e la signora regalò il vestito ad Agostino, che la ringraziò del dono, ma le disse che "non poteva metterlo perché era troppo grande per lui". Da questo dettaglio si ricava che Agostino doveva essere più piccolo di un normale romano del tempo. Sarà stato alto un metro e 60 centimetri circa. Apparteneva alla popolazione della costa mediterranea e aveva quindi i caratteri somatici degli attuali algerini: carnagione scura, capelli neri.
E da un punto di vista del temperamento, come era?
Era un tipo affabile, gentile, cordiale, bisognoso di affetto. Desiderava essere sempre attorniato da amici, anche da anziano, e soffriva dovendo allontanarsi da loro. Lui stesso dice di sé: "Io sono di animo gentile". Risultava simpatico, e tutti volevano stare con lui. Possedeva una nobiltà d'animo innata. Da giovane, quando frequentava compagnie poco raccomandabili, non scese mai a comportamenti volgari, rozzi, violenti. Voleva essere sempre "elegante e fine". Era un parlatore raffinato. Incantava con i suoi discorsi.
Agostino è vissuto 1600 anni fa, ma sembra un uomo del nostro tempo. Conobbe tutte le difficoltà che assillano le persone di oggi. Prima di incontrare Dio e vivere per Lui, fu vittima di passioni sfrenate. Cercava la verità, ma attraverso strade che erano lontane da quella fede cristiana che da bambino aveva appreso dalla madre. E ad un certo momento divenne addirittura un nemico della religione cristiana che giudicava falsa. Poi si convertì diventando per il resto della sua vita un innamoratissimo seguace di Gesù e un appassionato divulgatore del Vangelo.
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"Su temi come l'aborto abbiamo qualcosa da dire"
Intervista al Cardinale di Barcellona, Lluís Martínez Sistach
di Carmen de la Llave
BARCELLONA, martedì, 26 gennaio 2010 (ZENIT.org).- La nuova legge sull'aborto non ridurrà il numero di interruzioni di gravidanza ma anzi lo aumenterà. E' quanto ha affermato in questa intervista a ZENIT il Cardinale Lluís Martínez Sistach, Arcivescovo di Barcellona, il quale ha proposto di migliorare gli aiuti alle donne incinte.
“La vita umana del più piccolo – ha detto – ha bisogno di tutto da parte della madre e della società”.
Il Cardinale ha inoltre aggiunto che quando vengono eliminati i segni religiosi, come la croce, dalle scuole e dalle istituzioni “perdiamo la nostra identità, e senza identità non sappiamo chi siamo, da dove veniamo e dove andiamo”.
Come interpreta le posizioni contrarie alla presenza della croce nelle scuole?
Cardinale Martínez Sistach: Vuol dire non capire correttamente il significato della croce, che ha un significato religioso perché Gesù è morto in croce e per questo la croce è diventata un segno di accoglienza, di fraternità e d'amore per amici e nemici. Gesù, mentre veniva crocifisso, ha perdonato quanti lo inchiodavano. Questo segno religioso non dovrebbe offendere.
Allo stesso tempo, ha anche un significato culturale, visto che è alle radici cristiane dell'Europa e concretamente del nostro Paese. Se eliminiamo i segni religiosi, come la croce, dalle scuole e dalle istituzioni sociali perdiamo la nostra identità, e senza identità, in un mondo globalizzato, non sappiamo chi siamo, da dove veniamo e dove andiamo.
Se questa legge verrà approvata anche in Catalogna come pensa che reagirà la società civile?
Cardinale Martínez Sistach: In Catalogna abbiamo la fama di agire con giudizio, anche se a volte siamo presi dall'impulso. Dobbiamo chiederci quale Paese vogliamo costruire, anche su questioni come questa. Dobbiamo pensare che ci troviamo in uno Stato non confessionale o laico, ma non laicista, perché, anche se lo Stato è laico, la società è formata da persone, gruppi e istituzioni, molti dei quali sono religiosi.
La riforma della legge sull'aborto è uno dei temi che preoccupano maggiormente la Chiesa. Quali conseguenze prevede che avrà sul futuro che stiamo creando?
Cardinale Martínez Sistach: L'aborto è sempre un male, perché impedisce che un essere umano concepito e non nato possa nascere. E' in gioco la questione del rispetto e della valorizzazione della vita umana del più piccolo e innocente, che non può parlare e ha bisogno di tutto da parte della madre e della società.
Pensa che un dibattito sociale sarà capace di far arretrare questa legge?
Cardinale Martínez Sistach: Su temi importanti come questo è fondamentale che ci sia un ampio dibattito sociale perché si possano ascoltare le ragioni della società, delle istituzioni sociali, culturali e religiose. Abbiamo tutti qualcosa da dire.
La nuova legge sull'aborto ridurrà il numero degli aborti annuali?
Cardinale Martínez Sistach: Questa legge ha ampliato quella già esistente e considera l'aborto un diritto di libera realizzazione durante le prime 14 settimane. Non ridurrà il numero degli aborti, ma lo aumenterà. Bisognerebbe offrire alla donna incinta tutto l'aiuto di cui ha bisogno perché non si veda spinta ad abortire.
In Estremadura, l'Istituto per la Donna dell'Estremadura e il Consiglio della Gioventù stanno realizzando una campagna di educazione sessuale dal titolo “Il Piacere è nelle tue mani”. Crede che il Governo abbia l'autorità per educare i giovani su questi temi?
Cardinale Martínez Sistach: La responsabilità primaria in questo campo spetta ai genitori. Sono loro che hanno il diritto inalienabile di garantire ai propri figli un'autentica e solida formazione affettiva e sessuale.
L'anno appena terminato è stato fortemente caratterizzato dalla crisi economica. Come vive questo fatto l'Arcidiocesi di Barcellona?
Cardinale Martínez Sistach: La crisi economica ha gravi conseguenze per molte persone e molte famiglie. Circa 4 milioni di persone senza impiego non ricevono il sussidio di disoccupazione. Ci sono moltissime famiglie in cui nessun membro ha un lavoro. Le gravi conseguenze della crisi fanno sì che questa sia una questione di Stato, di Paese, e ciò richiede che i partiti politici, i sindacati, i datori di lavoro e le istituzioni lavorino insieme per trovare una soluzione alla crisi economica.
Il 2010 sarà un anno di importanti celebrazioni per la Diocesi di Barcellona. Come procedono i preparativi?
Cardinale Martínez Sistach: Il 23 gennaio abbiamo celebrato la beatificazione del dottor Josep Samsó Elias, che è stato rettore della Basilica di Santa María di Mataró ed è morto, come martire di Cristo, il 1° settembre 1936. E' stato un parroco e un catechista eccellente ed è morto perdonando chi lo uccideva, come Gesù ha perdonato coloro che lo hanno inchiodato sulla croce.
In primavera, a Dio piacendo, vivremo a Barcellona la beatificazione di padre Josep Tous Soler, cappuccino che, in occasione delle disposizioni civili del XIX secolo contrarie alla vita religiosa, ha vissuto da sacerdote esercitando il ministero per molti anni nella nostra città e ha fondato la Congregazione delle Cappuccine della Madre del Divin Pastore.
Quest'anno, con l'aiuto di Dio, copriremo anche le navate del tempio della Sagrada Familia per poter dedicare lo spazio al culto e alla pastorale. Il 3, il 4 e il 5 ottobre la nostra città sarà la capitale mondiale del dialogo interreligioso e della preghiera per la pace, con la celebrazione, per la seconda volta a Barcellona, dell'Incontro Internazionale di dialogo e preghiera per la pace promosso dalla Comunità di Sant'Egidio.
[Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]
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Internet al servizio della e-vangelizzazione (parte I)
di don Natale Scarpitta*
ROMA, martedì, 26 gennaio 2010 (ZENIT.org).- In questi ultimi anni la Chiesa sta approfondendo con sempre più interesse l’importanza di internet come strumento di ausilio nella cura pastorale dei fedeli. Mentre alcuni anni fa nel mondo ecclesiale un tentativo di evangelizzare mediante la Rete era ritenuto inefficace, oggi si sta prendendo viva coscienza delle grandi possibilità che internet offre alle dinamiche proprie della vita della Chiesa come evangelizzazione, missione e catechesi.
Il web si configura oggi come un universo culturale in continua ed irrefrenabile espansione, dalle elevate potenzialità comunicative, dalla massima apertura sociale e dalla frequentazione sempre più crescente. Essendo medium di comunicazione globale, area di confluenza multiculturale e multietnica che accoglie ogni espressione dell’esperienza umana (dall’informativa all’economica, dalla commerciale alla religiosa), internet esercita influssi incisivi sui modi di pensare e sui comportamenti, sia personali che collettivi.
Nell’osservare un simile scenario culturale, l’urgenza di evangelizzare lo smisurato “continente virtuale” – per usare l’espressione di Papa Benedetto XVI - si fa sempre più pressante. La Chiesa comprende chiaramente che oggi operare pastoralmente in questo ambito è non solo opportuno, ma rappresenta un dovere “impellente”.
Proseguendo così la bimillenaria opera apostolica dell’annuncio della fede anche nell’era digitale, la Chiesa esplora le capacità religiose della Rete ed attentamente ne valuta il profilo umano, sociale ed ecclesiale. Le potenzialità comunicative, infatti, incentivano e stimolano l’impegno dell’intera comunità cristiana ad un’evangelizzazione più proficua, efficace ed al passo con i tempi.
Proponiamo allora alcune riflessioni legate alla “e-vangelizzazione”, la nuova forma di evangelizzazione che utilizza internet come moderno “pulpito virtuale”, offrendo anche delle considerazioni e degli spunti per una riflessione più acuta sul rapporto che lega comunicazione, cultura ed evangelizzazione.
Chiesa in Internet: presenza necessaria e qualificata
L’incidenza informativa e formativa, individuale e sociale, esistenziale e culturale dei new media, impone alla Chiesa il dovere di partecipare attivamente allo sviluppo tecnologico apportando il suo contributo affinché tale progresso sia accompagnato da una crescita umana e spirituale. In questo scenario comunicativo, la presenza della Chiesa si rende doverosa.
Da diversi anni l’intera Chiesa Cattolica ha deciso non solo di varcare timidamente questa soglia culturale, ma di abitare questa realtà comunicativa con un impegno tanto fattivo quanto coraggioso, investendo energie spirituali e culturali per far risuonare il messaggio evangelico anche da questi moderni aeropaghi telematici.
Ma la semplice promozione, pura ed integrale, della Verità salvifica non basta per essere accolta. Il pur profondo spessore dei contenuti trasmessi non è sufficiente per rimanere impresso in coloro a cui viene proposto. La loro trasmissione può risultare infeconda se non mediata in codici linguistici adeguati. Nella cultura moderna, in cui l’immagine sembra aver il sopravvento sul contenuto, anche l’annuncio deve inculturarsi, conformandosi ai canoni della comunicazione massmediale, senza eludere la piena adesione al depositum fidei trasmesso lungo i secoli.
Per vivere l’esperienza missionaria su Internet bisogna essere interpreti dei nuovi linguaggi calandosi nella filosofia che sottende alla Rete, rispettando quelle dinamiche che sono proprie della comunicazione telematica. Infatti, il messaggio che tale comunicazione veicola non è semplicemente informativo. Quel messaggio, nell’era multimediale, porta con sé un carico di stimolazioni che sollecitano l’intera globalità delle nostre percezioni sensoriali.
L’impiego di queste tecniche comunicative garantisce professionalità alla trasmissione del messaggio e, in molti casi, ne assicura anche l’efficacia mediatica in chi ne fruisce. Tale professionalità offre alla Chiesa l’opportunità di una visibilità maggiore e qualificata nello spazio virtuale a favore di una comunicazione che sviluppi un’efficace azione pastorale telematica. Un uso qualificato del Web, potrebbe fare di Internet addirittura un nuovo ambito della pastorale ordinaria in cui investire risorse tecniche, economiche ed umane.
E-vangelizzazione: cos’è?
L’evangelizzazione è il compito essenziale, il dovere fondamentale e prioritario affidato dal Signore ad ogni fedele. Per continuare a diffondere il messaggio di salvezza cristiano nel mondo di oggi, la Chiesa ha intrapreso un sentiero tanto arduo quanto affascinante: valorizzare le potenzialità e cogliere le opportunità che Internet offre al servizio della nuova evangelizzazione, quella che comunemente viene chiamata “e-vangelizzazione”.
Ma di cosa si tratta? Innanzitutto, l’e-vangelizzazione non è e-commerce né e-business: il Vangelo non è un prodotto d’acquisto, né l’offerta di servizi religiosi commerciabili on-line.
E-vangelizzazione, in senso pieno, non equivale neanche ad informazione religiosa: tale richiesta è assolta da agenzie di stampa, anche cattoliche, che si limitano a garantire un servizio di comunicazione di notizie, avvenimenti ed attività che riguardano il mondo religioso in generale ed ecclesiale in particolare.
E-vangelizzazione non è neanche quella trasmissione del Vangelo secondo una logica meramente informativa: il Vangelo non è una semplice opinione tra le tante!
E-vangelizzazione è piuttosto tensione ed azione missionaria nello sfondo culturale virtuale, attraverso l’annuncio di una proposta esistenziale e spirituale da abbracciare. È la capacità di sapere offrire input per una riflessione individuale, per l’inizio di un cammino spirituale personale. È, quindi, comunicazione/partecipazione del messaggio salvifico ad una “assemblea virtuale” che può raggiungere anche dimensioni sconfinate.
Che tipo di E-vangelizzazione?
Siamo perciò persuasi che il Web sia un prezioso strumento di annuncio immediato ed universale del messaggio evangelico. Internet costituisce un laboratorio della fede in cui viene sperimentata ed alimentata la ricerca di risposte ad una sete religiosa e spirituale sempre più in crescita nello spazio virtuale. La Rete, infatti, permette di operare almeno tre fondamentali modalità di processi comunicativi della fede utili e coinvolgenti. La prima consiste nell’azione di “pre-evangelizzazione”: l’utente può essere introdotto ad un’iniziale alfabetizzazione attraverso l’incontro con la fede cristiana; può investigare sui più svariati argomenti connessi alla fede. Nella riservatezza dell’anonimato virtuale, l’utente può imbattersi in situazioni che gli scatenano perplessità, dubbio, ansia di approfondimento. Nel Web può così soddisfare la propria sete trovando risposta alle sue domande, un senso da dare alle sue azioni, un ideale da perseguire nella vita reale.
Successivamente, per cercare una riscontro e confronto “incarnato” può rivolgersi ad un sacerdote, ad un credente, magari avvicinandosi alla parrocchia. Tale modalità assume maggiore importanza se ci riferiamo ai cosiddetti “lontani”, coloro che, pur battezzati, per molteplici ragioni hanno ormai smesso di frequentare la Chiesa. Per costoro Internet può risultare un potente mezzo per una rinnovata adesione al messaggio evangelico e, successivamente, può favorire il loro re-inserimento in un contesto ecclesiale.
La seconda opportunità è quella di utilizzare Internet quale validissima risorsa di consultazione e approfondimento per quegli utenti che, già formati, intendono maggiormente comprendere le verità di fede e i principi cristiani. Sono numerose le opportunità di trovare banchedati, istituzionali o personali, che dispongono di materiale atto allo studio e alla riflessione. Si pensi ad esempio al sito del Vaticano che presenta un accesso piuttosto diretto allo stesso Magistero dei Pontefici.
A queste due modalità che delineano un approccio piuttosto recettivo/passivo dell’utente, si possono aggiungere altre forme di comunicazione evangelica più dinamica, quelle interattive. Ci riferiamo al fenomeno di cristiani che interagiscono con altri utenti (credenti e non) attraverso email, instant messenger, chat, newsgroup, mailinglist, social network ecc. Usato in tal senso, Internet costituisce anche un momento di incontro, riflessione, discussione e confronto sulla fede e sulle realtà ad essa ricondotte (vocazione, sacramenti, carità, etica, impegno sociale). Attraverso questa interazione è favorito un uso più missionario del mezzo e perciò maggiormente stimolante, coinvolgente ed impegnativo.
[Mercoledì verrà pubblicata la seconda parte dell'articolo]
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*Don Natale Scarpitta è un prete dell’arcidiocesi di Salerno-Campagna-Acerno, appassionato di informatica e impegnato fattivamente in progetti di pastorale attraverso i nuovi mezzi di comunicazione.
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