martedì 27 aprile 2010

[ZI100427] Il mondo visto da Roma

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Il mondo visto da Roma

Servizio quotidiano - 27 aprile 2010

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Pubblicato l'Annuario Statistico della Chiesa 2010
Tra il 2000 e il 2008, 121 milioni di cattolici in più nel mondo
CITTA' DEL VATICANO, martedì, 27 aprile 2010 (ZENIT.org).- In questi giorni viene presentato l'Annuario Statistico della Chiesa pubblicato dalla Libreria Editrice Vaticana, ha ricordato questo martedì la Sala Stampa della Santa Sede.

L'Ufficio Centrale di Statistica della Chiesa prepara ogni anno questo libro che informa sugli aspetti più importanti che caratterizzano le attività della Chiesa cattolica nei vari Paesi e continenti.

Tra gli aspetti raccolti in quest'ultima edizione, con dati del 2008, c'è un aumento del numero di cattolici nel mondo leggermente superiore a quello del resto della popolazione.

"A livello planetario il numero dei cattolici battezzati è passato da 1.045 milioni nel 2000 a 1.166 milioni nel 2008, con una variazione relativa di +11, 54%", segnala il comunicato.

Questa cifra presuppone una crescita di 121 milioni di cattolici in otto anni, "che evidenzia un comportamento di sostanziale stabilità della diffusione dei cattolici battezzati", aggiunge la Sala Stampa vaticana.

Il cattolicesimo cresce in modo diverso nei vari continenti. La crescita maggiore si registra in Africa, giungendo a un incremento del 33,02% tra il 2000 e il 2008.

All'estremo opposto, in Europa si manifesta una situazione praticamente stabile (1,17%), mentre in Asia il numero dei cattolici cresce del 15,61%, in Oceania dell'11,39% e in America del 10,93%.

"Si va dalla riduzione relativa dei cattolici europei che, pur aumentando in valore assoluto, vedono scendere il loro peso nel mondo, dal 26, 81% del 2000 al 24, 31% del 2008, alla correlativa acquisizione d'importanza dei cattolici africani che passano, nei due anni appena citati, dal 12, 44% al 14, 84%", indica il comunicato.

Quanto al rapporto tra i cattolici e gli abitanti in generale, in Asia ci sono 3 cattolici ogni 100 abitanti, mentre in America arrivano a 63.

I dati si riferiscono anche al numero dei Vescovi, passati dai 4.541 del 2000 ai 5.002 del 2008, con un aumento relativo leggermente superiore al 10%.

In questo senso, si è ottenuta "una migliore e più armonica distribuzione dei Vescovi nelle realtà continentali", così come "un significativo equilibrio quantitativo fra sacerdoti e Vescovi nel trascorrere del tempo".

Quanto al numero dei sacerdoti, negli ultimi nove anni è aumentato: dai 405.178 del 2000 ai 409.166 del 2008.

Secondo la loro distribuzione, il 47,1% dei sacerdoti del mondo si trova in Europa, il 30% in America, il 13,2% in Asia, l'8,7% in Africa e l'1,2% in Oceania.

Il calo del numero di sacerdoti in Europa ha fatto sì che la loro percentuale a livello mondiale sia diminuita: nel 2000 il clero del vecchio continente rappresentava il 51,5%, mentre nel 2008 era il 47,1%.

Dal gioco combinato delle variazioni demografiche e delle variazioni del numero di sacerdoti deriva un aumento del numero di cattolici per sacerdote: in tutto il mondo è passato da 2.579 per sacerdote nel 2000 a 2.849.

I diaconi permanenti costituiscono il gruppo in più forte evoluzione nel periodo tra il 2000 al 2008 (grazie alla loro crescita in America ed Europa), passando da circa 28.000 a 37.000 (una variazione relativa del 33,7%).

Aumenta anche il numero dei seminaristi: dai 115.919 del 2007 ai 117.024 del 2008. L'aumento ha avuto luogo in Africa (3,6%), Asia (4,4%) e Oceania (6,5%), mentre in Europa i candidati al sacerdozio diminuiscono (meno 4,3%).

Il nuovo volume indica che le religiose professe sono oggi 739.067, mentre nel 2000 erano 801.185 (una diminuzione del 7,8% ).

La maggior parte delle religiose si trova in Europa (40,9% ), seguita dall'America (27,5%). Il calo del numero di religiose non ha interessato l'Africa, dove nel periodo in esame sono aumentate del 21,2%, né l'Asia, dove l'aumento è stato del 16,4%.

L'Annuario 2010 è stato presentato a Benedetto XVI il 20 febbraio scorso.

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Fratel Alois regala una Bibbia in cinese a Benedetto XVI
Udienza annuale al priore della Comunità di Taizé
di Anita S. Bourdin

CITTA' DEL VATICANO, martedì, 27 aprile 2010 (ZENIT.org).- Il priore della Comunità di Taizé, fratel Alois, è stato ricevuto da Benedetto XVI in Vaticano giovedì 22 aprile e ha donato al Papa una Bibbia in cinese. Taizé ne ha distribuito un milione di copie.

Di origine tedesca anche se di nazionalità francese, fratel Alois può parlare nelle due lingue con Papa Ratzinger, che ha incontrato dopo la sua elezione e con cui ha continuato a vedersi regolarmente da allora: cinque volte nei cinque anni di pontificato.

Fratel Alois ha compiuto un viaggio di tre settimane in Cina e ha donato al Papa una copia della Bibbia che Taizé ha fatto stampare e distribuire nel Paese.

Nella sua Lettera dalla Cina, il religioso spiega: "Come segno di amicizia e di riconoscenza verso i cristiani della Cina, la nostra Comunità di Taizé, attraverso Operazione Speranza, ha fatto stampare nel 2009 un milione di Bibbie e le ha fatte distribuire in tutte le regioni del Paese".

Nell'incontro europeo che ha riunito 40.000 giovani a Bruxelles alla fine del 2008, fratel Alois aveva annunciato che, in risposta alle necessità dei cristiani in Cina, la Comunità di Taizé avrebbe stampato nel Paese un milione di Bibbie: 200.000 Bibbie complete e 800.000 Nuovi Testamenti con i Salmi.

La stampa è stata realizzata a Nanchino, e da lì i libri sono stati inviati per tappe successive in tutto il Paese durante il 2009.

Nello stesso anno, la Comunità di Taizé ha appoggiato anche il lavoro biblico della Chiesa protestante in Cina. Il sostegno continuerà nel 2010 e nel 2011.

In occasione della 25ª Giornata Mondiale della Gioventù svoltasi a Roma la Domenica delle Palme, fratel Alois ha ricordato anche il ministero di Taizé nei confronti dei giovani, sottolineando il carisma della preghiera.

"Facciamo tutto il possibile affinché i giovani scoprano una relazione personale con Dio", ha detto in quell'occasione.

Il religioso ha inoltre rimarcato l'importanza di suscitare la "corresponsabilità" dei giovani nella "comunione" della Chiesa.

La preghiera per Taizé ha anche una dimensione ecumenica per dare ai giovani cristiani un'opportunità di pregare insieme, ha detto.

In riferimento al "Pellegrinaggio della fiducia" sulla terra, il priore di Taizé ha quindi ricordato gli incontri dei giovani in Polonia (a Poznań nel dicembre 2009), nelle Filippine (a Manila nel febbraio 2010), in Vietnam e in Portogallo.

Si è poi riferito ai progetti in Cile (a Santiago dall'8 al 12 dicembre 2010) e nei Paesi Bassi (a Rotterdam dal 28 dicembre 2010 al 1° gennaio 2011).

Con incontri come quello di giovedì scorso in Vaticano, fratel Alois segue le orme del fondatore di Taizé, frère Roger, che incontrò ogni anno Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II.

Fin dai primi mesi del suo nuovo ministero, accompagnato da altri fratelli, fratel Alois ha fatto visita ad altri responsabili cristiani: il Patriarca ecumenico Bartolomeo I di Costantinopoli, i membri del Consiglio Ecumenico delle Chiese riuniti a Porto Alegre (Brasile), il defunto Patriarca ortodosso russo Alessio II e l'Arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams.

"Con queste visite, vorrei mostrare che io e i miei fratelli cerchiamo appassionatamente la comunione tra i cristiani", ha spiegato.

"A Taizé vorremmo contribuire a dare una visibilità maggiore alla comunione che, in Cristo, esiste già tra tutti i battezzati".



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Anno Sacerdotale


Sacerdoti di oggi offriranno testimonianza e arte il 9 giugno in Vaticano
In un atto organizzato da Focolari e Schönstatt per la chiusura dell'Anno Sacerdotale
ROMA, martedì, 27 aprile 2010 (ZENIT.org).- I sacerdoti dei movimenti dei Focolari e di Schönstatt, in collaborazione con il Rinnovamento Carismatico Cattolico Internazionale e con altre associazioni ecclesiali, hanno organizzato un atto con testimonianze e apporti artistici sul sacerdozio nell'attualità, nel contesto delle celebrazioni conclusive dell'Anno Sacerdotale.

L'incontro, intitolato Sacerdoti oggi, riunirà, il pomeriggio del 9 giugno nell'Aula Paolo VI del Vaticano, sacerdoti - e anche alcuni religiosi, religiose e laici - di oltre 70 nazionalità e dei cinque continenti.

Il prefetto della Congregazione per il Clero, il Cardinale Cláudio Hummes, presiederà i Vespri con cui si concluderà il pomeriggio.

Il Cardinale Francisco Javier Errázuriz, Arcivescovo di Santiago del Cile ed ex presidente del Consiglio Episcopale Latinoamericano (CELAM), offrirà una testimonianza teologica.

Tra le persone che interverranno ci sono un sacerdote dell'Irlanda che spiegherà la sua esperienza personale sulla fedeltà alla chiamata di Dio, i sopravvissuti a un assalto al seminario minore di Buta (Burundi) e un sacerdote proveniente dalla Germania che ha superato il problema dell'alcolismo con l'aiuto della sua comunità.

Altri apporti parleranno dell'esperienza della malattia, della vita affettiva e del celibato vissuti in un contesto di fraternità.

Si affronterà poi la pastorale nell'ambiente multiculturale e plurireligioso di oggi e, dal Brasile, giungerà la testimonianza di una vasta azione di evangelizzazione insieme ai laici nel sud del Paese.

La parte artistica sarà affidata all'International Multiartistic Performing Group Gen Verde, insieme a sacerdoti di varie parti del mondo, ha reso noto a ZENIT il servizio di informazione dei Focolari.

Le coreografie saranno realizzate dai seminaristi del Centro internazionale di spiritualità di comunione Vinea mea, di Loppiano (Firenze).

Il programma è diviso in tre momenti che affrontano tre aspetti diversi dell'identità dei sacerdoti oggi: "Uomini di Dio", "Fratelli tra i fratelli" e "Profeti di un mondo nuovo".

Ciascuna di queste parti verrà introdotta da un pensiero di Benedetto XVI (in video). Nella parte conclusiva, verranno proposti alcuni pensieri di Chiara Lubich, fondatrice dei Focolari, e di padre José Kentenich, fondatore di Schönstatt.

Nel pomeriggio, alcuni momenti verranno dedicati al dialogo dei partecipanti, in piccoli gruppi, sui temi sviluppati.

L'atto "Sacerdoti oggi" "intende porgere una risposta, soprattutto con il linguaggio delle testimonianze e dell'arte, alle gravi sfide poste ai sacerdoti oggi dalla Chiesa e dalla società", spiegano gli organizzatori.

Si potrà seguire in diretta attraverso i satelliti del Centro Televisivo Vaticano, su Telepace e altre reti televisive, e anche su Internet.

I sacerdoti dei Focolari e di Schönstatt hanno preparato anche altre iniziative, tra cui una rappresentazione teatrale dedicata al Curato d'Ars nell'Aula Magna della Pontificia Università Lateranense di Roma il 6 maggio.

Il Rinnovamento Carismatico Cattolico propone ai sacerdoti una giornata di ritiro nella Basilica Lateranense l'8 giugno.

La cittadella internazionale dei Focolari a Loppiano offre invece ai presbiteri un programma speciale nei giorni precedenti e successivi agli atti conclusivi dell'Anno Sacerdotale.

Il movimento di Schönstatt invita poi i sacerdoti a un momento di festa il pomeriggio dell'11 giugno, dopo la Messa di chiusura dell'Anno Sacerdotale presieduta dal Papa, nel Santuario di Belmonte (Roma-Casalotti).

Programma ufficiale

Le celebrazioni conclusive dell'Anno Sacerdotale avranno luogo dal 9 all'11 giugno a Roma. Il programma ufficiale condurrà i sacerdoti alla Basilica di San Paolo fuori le Mura il 9, sul tema "Conversione e Missione".

Dopo aver invocato lo Spirito Santo, l'Arcivescovo di Colonia, il Cardinale Joachim Meisner, pronuncerà un intervento, seguito dall'adorazione eucaristica con la possibilità di confessarsi e da una Messa presieduta dal Cardinale Hummes.

Il giorno dopo, i sacerdoti si concentreranno nella Basilica di Santa Maria Maggiore per un programma simile a quello del giorno precedente, sul tema "Cenacolo: invocazione dello Spirito Santo con Maria, in comunione fraterna".

Quel giorno il conferenziere sarà l'Arcivescovo di Québec, il Cardinale Marc Ouellet, e presiederà la Messa il Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato vaticano.

Al tramonto, i sacerdoti celebreranno un incontro in Piazza San Pietro in Vaticano con una veglia con testimonianze e momenti di musica, un dialogo con Benedetto XVI, adorazione e benedizione eucaristica.

L'11 giugno, solennità del Sacro Cuore di Gesù, avrà per tema "Con Pietro, in comunione ecclesiale".

La Basilica di San Pietro accoglierà la chiusura ufficiale dell'Anno Sacerdotale, con una Messa presieduta dal Papa.

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L'esperienza di essere nominato Vescovo nell'Anno Sacerdotale
Monsignor Marcelo Cuenca, nuovo Vescovo di Alto Valle del Río Negro

di Carmen Elena Villa

GENERAL ROCA, martedì, 27 aprile 2010 (ZENIT.org).- Nell'estremo sud dell'America Latina c'è la Diocesi di Alto Valle del Río Negro, con sede nella città di General Roca, dove si trova anche la Cattedrale della Madonna del Carmen. Questa Diocesi, che copre la zona della Patagonia argentina, ha un nuovo Vescovo, monsignor Marcelo Cuenca, 55 anni, che ha assunto il governo pastorale della Diocesi domenica 11 aprile, quando la Chiesa celebrava la festa della Divina Misericordia.

Papa Benedetto XVI lo ha nominato Vescovo il 10 febbraio scorso. Monsignor Cuenca ha ricevuto l'ordinazione episcopale nella solennità dell'Annunciazione-Incarnazione.

Il nuovo Vescovo, nato a Córdoba (Argentina), è laureato in Ingegneria civile presso l'Università nazionale della sua città natale.

Nel 1977 è entrato nel Seminario Maggiore di Nostra Signora di Loreto a Córdoba. E' stato ordinato sacerdote l'8 dicembre 1983. A Córdoba ha lavorato in varie parrocchie, nella Diocesi e nel Seminario Maggiore.

ZENIT lo ha intervistato perché parlasse della sua nuova missione episcopale e della sua esperienza in questi 27 anni di sacerdozio.

Che cosa significa per lei essere stato nominato Vescovo nell'Anno Sacerdotale?

Monsignor Marcelo Cuenca: Essere stato nominato Vescovo dal Santo Padre nella Chiesa è una grazia, che rende piena la vocazione sacerdotale donata: "Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato" (Geremia 1, 5), attraverso la storia con cui il Signore ha voluto guidare la mia vita. Il fatto che nell'Anno Sacerdotale mi venga donata la pienezza del sacerdozio è un dono particolare che fa sì che l'esempio del Curato d'Ars, e associato a questo quello di padre Brochero nella nostra patria, sia un modo di rispondere al dono sovrabbondante che mi viene dato.

Ci può raccontare brevemente come ha scoperto la sua vocazione?

Monsignor Marcelo Cuenca: Ho vissuto in una famiglia cristiana, con ferme convinzioni e pratica abituale della fede. Da bambino e adolescente ho partecipato a gruppi parrocchiali dell'Azione Cattolica, come giovane universitario ho vissuto un ricco impegno e la formazione nella fede e a livello specificatamente professionale. Maturando la presenza e la risposta della vita cristiana, mi è stata data la possibilità di vivere più esclusivamente per il Signore. Guidato nella direzione spirituale, ho terminato la carriera universitaria e sono entrato nel Seminario Maggiore.

Lei è ingegnere civile. La sua carriera ha avuto qualcosa a che vedere con il discernimento della sua vocazione al sacerdozio?

Monsignor Marcelo Cuenca: La vocazione non ha avuto nulla a che vedere con l'ingegneria, ma nelle vie di Dio questa ha sicuramente occupato un posto, e non di poco conto. Per questo, per quanto riguarda il modo di pensare, il ragionamento che richiede principi, la necessità di andare al nucleo, all'essenziale, come operare e guidare la vita e la formazione di una comunità, l'aspetto professionale e questa formazione fisico-matematica hanno contato. E' un altro motivo per cui ringrazio Dio e sono più dipendente dalla sua Volontà.

Che caratteristiche ha la Diocesi di Alto Valle del Río Negro?

Monsignor Marcelo Cuenca: Come le Chiese particolari della Patagonia, ha grande estensione e pochi abitanti. C'è una lunga storia, ma l'evangelizzazione è recente. L'Alto Valle ha due dipartimenti della Provincia di Río Negro, totalmente distinti: in uno c'è più della metà della popolazione della Provincia, nell'altro meno di 4.000 persone in quasi 25.000 chilometri quadrati. Ho assunto il governo pastorale della Diocesi da pochi giorni, e spero di conoscerla molto meglio.

Come valuta la sua esperienza nella Diocesi di Córdoba? Quali apporti che le ha dato le possono essere utili ora nella sua missione episcopale?

Monsignor Marcelo Cuenca: Non è solo esperienza, ma una vita donata e sviluppata nella prima Chiesa particolare del territorio argentino. Non smetterò mai di ringraziare per quanto ho ricevuto e ho appreso, per ciò che Dio e le persone mi hanno permesso di vivere, essere e fare. Ringrazio in particolare il Cardinale Primatesta, che mi ha ordinato sacerdote e mi ha modellato in esperienze di grande necessità, come compiti diocesani di responsabilità, servizi di risposta urgente e processi pazienti di accompagnamento delle persone.

Per questo, in un ampio spettro di attività realizzate, posso dire che il Signore mi ha formato per vivere oggi questo nuovo ufficio, essere successore degli apostoli per questa parte del Popolo di Dio in comunione con il Santo Padre, sapendo che ore difficili ci insegnano a confidare in modo ancor più assoluto in colui che ci salva.

Quali sono le principali sfide pastorali della Diocesi di Alto Valle del Río Negro?

Monsignor Marcelo Cuenca: Come riporto nel mio stemma episcopale, credo che la grande sfida che il Signore ci propone sia quella di condurre, guidare, accompagnare le persone all'incontro con il Signore Gesù e alla donazione a Lui, raggiungendo con la luce dello Spirito Santo la vita accanto al Padre. Così si dà dignità alla persona e alla convivenza tra le persone in un Paese ricco ma sempre bisognoso di conversione. In questo cammino, con la luce del Signore, bisogna conoscere e guidare tutti alla santità.


[Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]

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Notizie dal mondo


Risposta dell'Ufficio Cattolico dell'Infanzia ai casi di pedofilia
"Nessuna istituzione dedita ai bambini è al riparo da queste situazioni"
GINEVRA, martedì, 27 aprile 2010 (ZENIT.org).- "Di fronte agli atti di pedofilia, sviluppiamo una cultura di rispetto per la dignità e i diritti del bambino", esorta un comunicato dell'Ufficio Internazionale Cattolico dell'Infanzia (BICE, dalle iniziali in francese).

"La dignità e i diritti del bambino" sono al centro della missione di questo organismo, che condanna "ogni forma di abuso sessuale sui bambini, ovunque si commetta e chiunque ne sia l'autore".

La BICE si dice "costernata" per le rivelazioni sugli abusi di bambini da parte di sacerdoti della Chiesa cattolica.

"Queste violazioni devono essere portate davanti alla Giustizia - indica il comunicato -. La colpevolezza, una volta dimostrata, non può restare impunita".

Riconoscere che la persona che ha subito abusi è una vittima rappresenta per l'organizzazione un primo passo nel processo della sua riabilitazione.

Ad ogni modo, l'entità insiste sul lavoro di prevenzione e di mobilitazione delle comunità e delle istituzioni per difendere i bambini da questi atti.

In questo senso, apprezza "la pubblicazione, da parte della Santa Sede, di linee direttrici che richiedono, tra le altre cose, il ricorso sistematico alla Giustizia civile nei casi di abuso o di violenza sessuale".

"Nessuna istituzione dedita ai bambini è purtroppo al riparo da queste situazioni", ricorda la BICE nel suo comunicato, pubblicato sulla prima pagina della sua web.

Per questo, continua, si è dotata da molti anni di un codice di condotta che prevede in questi casi di ricorrere alla Giustizia. Al momento di entrare nell'organizzazione, il personale e tutti i responsabili devono aderire a questa regolamentazione, e devono poi rispettarla.

"Si tratta di promuovere comportamenti e di creare un ambiente per prevenire questi atti", aggiunge.

Conformemente alla sua vocazione internazionale, la BICE invita anche a lavorare "all'applicazione della Convenzione delle Nazioni Unite relativa ai diritti del bambino, e soprattutto all'applicazione dei suoi articoli 19 e 34, che ordinano agli Stati di difendere i bambini da tutte le forme di sfruttamento e violenza sessuale".

Secondo la BICE, presente in 66 Paesi di quattro continenti, le recenti rivelazioni che "scuotono le coscienze" non devono portare a dimenticare "l'immenso lavoro a favore dell'infanzia svolto in tutto il mondo da istituzioni cattoliche e cattolici impegnati, chierici e laici".

L'ente conclude quindi il suo comunicato chiedendo il contributo di tutti perché emerga progressivamente nella Chiesa e nella società "una vera cultura di rispetto per la dignità e i diritti del bambino".

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Un'introduzione al transumanesimo
Cercando di fabbricare un altro tipo di persona
di E. Christian Brugger*

WASHINGTON D.C., martedì, 27 aprile 2010 (ZENIT.org).- Le idee del giovane movimento internazionale noto come "transumanesimo" stanno iniziando a caratterizzare il pensiero di un numero sempre maggiore di medici e bioeticisti. Credo che nostri lettori potrebbero trarre profitto da una breve introduzione a queste idee.

Il transumanesimo è in realtà un insieme di idee sviluppatosi in risposta al rapido progresso della biotecnologia negli ultimi vent'anni (cioè la tecnologia è capace e aspira alla manipolazione delle condizioni fisiche, mentali ed emotive degli esseri umani). La medicina convenzionale tradizionalmente ha avuto il proposito di superare i problemi che affliggono la condizione umana; prescriveva salassi, cauterizzazioni, amputazioni, somministrazione di medicinali, operazioni e trasferimenti in luoghi dal clima più secco, tutto per favorire la salute e lottare contro le malattie o le degenerazioni, cioè il proposito era curare (era quindi fondamentalmente terapeutica).

La tecnologia sta ora compiendo possibili interventi che, oltre a una finalità terapeutica, sono destinati al rafforzamento delle capacità salutari umane. C'è un graduale ma costante ampliamento negli ideali medici, dalla semplice cura a cura e miglioramento. Siamo tutti familiarizzati con le "sostanze che migliorano il rendimento" nello sport professionale. La biotecnologia, ad ogni modo, promette di creare possibili forme di miglioramento che vanno ben al di là dell'aumento dei muscoli.

La terapia genica di linea germinale, ad esempio, ha fin dai suoi inizi l'obiettivo di modificare geneticamente le "cellule germinali" umane (cioè lo sperma e gli ovuli) per introdurre caratteristiche auspicabili a livello intellettuale, fisico ed emotivo ed escludere quelle indesiderabili.

Visto che le modifiche si fanno alle cellule nella linea "germinale", i tratti sono ereditari e si trasmettono alle generazioni successive. Medicinali per migliorare le funzioni mentali, come il Ritalin e l'Adderall, sono sempre più utilizzati da persone sane per migliorare le capacità cognitive. Uno studio ha dimostrato che circa il 7% degli studenti universitari degli Stati Uniti ha usato stimolanti a scopo di miglioramento [1]. Questa percentuale sembra essere in aumento.

La ricerca sta progredendo rapidamente in tecnologie avanzate tali come l'interfaccia diretta cervello-computer (BCI), gli impianti di micromeccanica, le nanotecnologie, le protesi retinali, neuromuscolari e corticali e i cosiddetti "chip della telepatia". Anche se è certo che ciascuna di queste tecnologie può svolgere un ruolo nella trasformazione della vita dei pazienti con handicap perché possano comunicare meglio, vedere, camminare, muovere le estremità e riprendersi da malattie degenerative, il transumanesimo le vede come possibili strumenti per la trasformazione della natura umana. La versione 2002 della Dichiarazione Transumanista stabilisce: "L'umanità cambierà radicalmente nel futuro attraverso la tecnologia. Prevediamo la possibilità di ridisegnare la condizione umana, includendo parametri tali come l'inevitabilità dell'invecchiamento, le limitazioni degli intelletti umani e artificiali, la psicologia non scelta, la sofferenza e il nostro confinamento al pianeta Terra" [2].

La sua proposta più radicale è il superamento della morte. Anche se l'obiettivo sembra fantasioso, ci sono scienziati e filosofi influenti impegnati in questo contesto. Lo scienziato e inventore transumanista Ray Kurzweil sostiene che durante la maggior parte della storia umana la morte è stata tollerata perché non c'era nulla che si potesse fare al riguardo. Si avvicina però rapidamente il momento in cui saremo capaci di isolare i geni e le proteine che provocano la degenerazione delle nostre cellule e di riprogrammarle. L'assunzione dell'inevitabilità della morte non è più credibile e deve essere ritirata [3]. Michael West, presidente di una delle maggiori imprese di biotecnologia degli Stati Uniti, l'Advanced Cell Technology, è d'accordo. Ritiene che "l'amore e la compassione per il nostro prossimo in ultima istanza ci porteranno alla conclusione che dobbiamo fare tutto il possibile per evitare l'invecchiamento e la morte" [4].

Anche se credo che la maggior parte delle persone nel mondo occidentale non condivida ancora le idee più radicali del transumanesimo, l'adozione della preoccupazione per l'autonomia umana che soggiace alla filosofia transumanista è praticamente universale nella medicina secolare e nella bioetica di oggi. I testamenti che consacrano il diritto delle persone di rifiutare le cure per prolungare la vita per praticamente qualsiasi motivo, anche se non si sta morendo, stanno diventando una cosa di routine negli ospedali e nei formulari del consenso informato. L'Oregon, lo Stato di Washington e il Montana hanno legalizzato il suicidio medicalmente assistito invocando come elemento retorico l'argomentazione per cui si garantisce il diritto all'autonomia di una persona di esercitare la libera determinazione non solo sulla sua vita, ma anche sulla sua morte. Se l'autonomia viene estesa a queste cose, allora garantirà sicuramente la libertà di migliorare le mie capacità.

Temo però che l'unico aspetto che attualmente previene l'affermazione su larga scala dell'imperativo transumanista sia un fattore di "ripugnanza emotiva", che, possiamo esserne certi, diminuirà gradualmente in virtù dell'istanza dolce e inesorabile dell'opinione laica. Quando questo accadrà, la nostra razionalità, isolata da questo concetto di autonomia estrema, si troverà indifesa di fronte all'imperativo tecnologico, che dice: se possiamo disegnare il nostro figlio perfetto [5], se possiamo essere più intelligenti, più forti e più belli [6], se possiamo prolungare indefinitamente la vita umana [7], allora dobbiamo farlo. Se gli embrioni sono sacrificati attraverso il processo di sperimentazione per perfezionare questa tecnologia, o se si introducono disuguaglianze a beneficio di alcuni e a detrimento di altri, questi sono i costi del progresso!

L'istruzione del Vaticano del 2008 sulla bioetica, Dignitas Personae, parlando dell'uso della biotecnologia per introdurre alterazioni con il presunto obiettivo di migliorare e rafforzare il patrimonio genetico, mette in guardia contro la "mentalità eugenetica" promossa da questa manipolazione. Una simile mentalità stigmatizzerà le caratteristiche ereditarie delle imperfezioni generando pregiudizi contro le persone che le possiedono e privilegiando invece quanti posseggono qualità presuntamente auspicabili.

L'istruzione termina dicendo: "Si deve rilevare infine che nel tentativo di creare un nuovo tipo di uomo si ravvisa una dimensione ideologica, secondo cui l'uomo pretende di sostituirsi al Creatore" (n. 27).

Lo sforzo compiuto nel manipolare la natura umana in questo modo "finirebbe, prima o poi, per nuocere al bene comune".

Note:

[1] Cfr. H. Greely, B. Sahakian, M. Gazzaniga, et al., Towards responsible use of cognitive-enhancing drugs by the healthy, Nature 456 (dicembre 2008), 702-705.

[2] Dal sito web di Humanity+: http://humanityplus.org/learn/philosophy/transhumanist-declaration/transhumanism-declaration-2002. La World Transhumanist Association (WTA), attualmente la principale organizzazione di riferimento del transumanesimo nel mondo, è stata fondata nel 1998. Per motivi di immagine, di recente ha cambiato il proprio nome in Humanity+.

[3] Cfr. l'intervista a Kurzweil su http://hplusmagazine.com/articles/multimedia/videos/immortalists-short-film-jason-silva

[4] Ibid.

[5] Cfr. i rapporti su questo effetto del famoso bioeticista di Oxford Julian Savulescu, citato in Peter Snow, Woe, Superman?, Oxford Today: The University Magazine, vol. 22, no. 1 (Michaelmas 2009), 14; cfr. anche le spaventose (e influenti) teorie di Savulescu sulla "beneficenza procreativa" in Procreative Beneficence: Why We Should Select the Best Children, Bioethics, vol. 15, punti 5-6 (ottobre 2001), 413-26.

[6] Cfr. la massima utopica di Humanity+, Healthier, Smarter, Happier ("Più sani, più intelligenti, più felici"), su http://humanityplus.org

[7] Cfr. gli obiettivi della nuova organizzazione Coalition to Extend Life su https://www.coalitiontoextendlife.org/products.php

* * *

* E. Christian Brugger è Decano di Etica presso la Culture of Life Foundation e professore associato di Teologia Morale al Seminario Teologico St. John Vianney di Denver, Colorado (USA). Ha conseguito il dottorato in Filosofia a Oxford nel 2000.

[Per contattarlo, scrivere a bioethics@zenit.org. Il messaggio deve includere le iniziali del nome e la città o il Paese].

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Anche ferita, la Chiesa rimane un richiamo indispensabile alla moralità
Un Arcivescovo sottolinea la sua presenza indispensabile nella vita della società

di Alexandre Ribeiro

BELO HORIZONTE, martedì, 27 aprile 2010 (ZENIT.org).- L'Arcivescovo di Belo Horizonte (Brasile), monsignor Walmor Oliveira de Azevedo, ha affermato che la Chiesa, anche se ferita, “è un richiamo indispensabile alla moralità”.

In un articolo inviato a ZENIT, monsignor Azevedo ricorda l'insegnamento dell'apostolo Paolo per cui la Chiesa è un corpo. “Paolo sottolinea che ogni membro è diverso e importante. La sua condizione, se ferita, echeggia in tutta la sua estensione, in ragione dell'insostituibile articolazione tra le membra di questo stesso corpo”.

“Quando Papa Benedetto XVI parla di una Chiesa ferita, in questo primo decennio del terzo millennio, sta riconoscendo che ci sono membra ferite, con ripercussioni su tutto il corpo che è la Chiesa”, afferma l'Arcivescovo.

A suo avviso, “ le piaghe che colpiscono il corpo che è la Chiesa si configurano in molti modi. Ogni rottura dell'unità, ingiustizia, disputa, sfruttamento, mancanza di rispetto e irriverenza che ferisce la nobiltà della dignità umana compone la lista che può fare della Chiesa un corpo ferito”.

“La pedofilia, crimine orribile, condotta abominevole, è una ferita che interessa tutto il corpo. Si aggrava quando membri servitori consacrati di questo corpo sono strumenti di questi avvenimenti nefasti”.

Per l'Arcivescovo di Belo Horizonte, “questo primo decennio della vita della Chiesa nel terzo millennio, preconizzato come quello della mistica e della spiritualità, sfida la Chiesa cattolica a tornare ancor di più alle sue fonti”.

“La Chiesa cattolica ha delle fonti e queste sono ritratte in memorie ricche, consegnate in esperienze, monumenti, servizi, tradizione immateriale, cultura generata nei valori evangelici”.

“La Chiesa – anche se ferita in questi o quei membri, e anche dalle ingiunzioni della storia di ogni tempo, con i suoi cambiamenti – contabilizza esperienze, servizi, persone, molti sacerdoti, alimentando e garantendo la sua presenza indispensabile nella vita della società, un tesoro inestimabile”, ha affermato monsignor Azevedo.

Se il suo corpo è ferito, prosegue il presule, “ha nel suo cuore l'amore di Dio rivelato nel suo Maestro e Signore, Gesù Cristo, che garantisce un'incontestabile carattere morale, credibilità e forza propria per rinascere e portare avanti la sua missione”.

“Anche ferita, la Chiesa è un memoriale di referenze e moralità, indispensabile per la vita di popoli e culture”, conclude il presule.

[Traduzione dal portoghese di Roberta Sciamplicotti]

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Italia


Una cultura della vita per rispettare la dignità di bambini e donne
Riflessioni sul caso del bambino di 22 settimane abortito a Rossano

di Antonio Gaspari


ROMA, martedì, 27 aprile 2010 (ZENIT.org).- Sgomento, indignazione, compassione, pietà, questi i sentimenti scatenati dalla scoperta di un bambino di 22 settimane di gestazione sopravvissuto all’aborto e poi morto.

Il fatto è accaduto sabato 24 aprile a Cosenza, quando una donna si è recata all’ospedale di Rosarno per sottoporsi a un intervento per l'interruzione di gravidanza a causa di una malformazione del nascituro.

Il cappellano dell’ospedale che era andato a pregare nella stanza dove era stato riposto il corpicino si è però reso conto che il bambino era ancora vivo. La direzione sanitaria ha disposto l’immediato trasferimento del neonato nell’ospedale di Cosenza, ma il piccolo che pesava circa 300 grammi, con sole 22 settimane di gestazione e con la presenza di una malformazione, non ce l’ha fatta.

Su questa vicenda, ripresa da tutti i mass media, L’Osservatore Romano ha pubblicato un articolo di Carlo Bellieni titolato “Per la dignità del bimbo e della donna”.

Il neonatologo Bellieni ha scritto che “l’aborto contrasta la dignità del bimbo, la mancata totale informazione e la sbrigatività contrastano la dignità della donna”.

Se “proviamo a mettere al centro del discorso la dignità di entrambi, - ha sostenuto il dottore membro della Pontificia Accademia per la Vita – vedremo come sarà inconcepibile lasciare la donna sola, alle prese con l’angoscia di un freddo foglio col nome della malattia del figlio”.

In merito a come si è svolta la vicenda  il dott. Bellieni ha concluso affermando che “il bimbo se è rianimabile deve avere una chance (ma in base alla 194 non dovrebbe accadere che si abortisca un bimbo che può vivere); se non è rianimabile perché è troppo piccolo, deve comunque avere un ambiente caldo e dignitoso, una compagnia umana, un nome e una degna sepoltura proprio come qualunque altra persona in fin di vita, perché alla violenza non si aggiunga l’oltraggio”.

Carlo Casini, Presidente del Movimento per la Vita, si è augurato che “almeno, al neonato di Cosenza sia attribuita la dignità di essere registrato all'anagrafe come bambino nato”.

Secondo il presidente del MpV, “è doveroso porre la domanda: il piccolo era davvero malformato? Di quale malformazione più o meno grave si trattava? Sarebbe stata curabile grazie agli straordinari progressi della medicina prenatale e perinatale? Credo che se vi sarà l'autopsia, come è auspicabile, a questi quesiti sia data risposta”.

Per Casini bisogna porre la domanda più inquietante: “che cosa è stato fatto affinché la mamma non si trovasse sola nel dramma della sua gravidanza? E' stata informata che vi sono famiglie che sarebbero state disposte ad accogliere il suo bambino, anche se malformato? Il Movimento per la vita consoce alcune di queste famiglie, e conosce anche una certa superficialità nel diagnosticare presunte malformazioni e nell'escludere la possibilità di terapie”.

Il prof. Lucio Romano, Copresidente di Scienza & Vita, ha sottolineato che “nessuno si è preso cura né si è fatto carico del neonato appena abortito a Rossano, come anche la legge impone”.

Ed ha aggiunto: “quanto accaduto è l’ennesima conseguenza della costante banalizzazione dell’aborto ridotto sempre più frequentemente a mera procedura routinaria. Il neonato abortito alla 22esima settimana di gravidanza aveva reali possibilità di sopravvivenza, come hanno dimostrato gli stessi fatti e come supportato dalla letteratura specialistica in materia”.

“L’indifferenza dell’abbandono, che la vicenda pone all’attenzione di tutti noi - ha concluso il Copresidente di Scienza & Vita - è la testimonianza della progressiva deriva antropologica che stiamo vivendo. Solo una più convinta e incisiva cultura per la vita può costituire un argine nei confronti di una pratica clinica spesso poco orientata alla tutela del più piccolo e del più debole”.

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La crisi finanziaria riflette il fallimento dell'homo oeconomicus
Si è concluso il 60° Congresso Nazionale della FUCI

ROMA, martedì, 27 aprile 2010 (ZENIT.org).- Alla base dell'attuale crisi economica vi è una crisi etica e culturale ma anche il fallimento di una antropologia, che richiede per essere superata un investimento nella persona, nella sua relazionalità e nell'impegno educativo.

Sono queste alcune delle proposte emerse dal 60° Congresso Nazionale FUCI, svoltosi a Piacenza sul tema “Un'economia per l'uomo. Quali sfide per il futuro?” e che si è concluso domenica 25 aprile con una celebrazione eucaristica presieduta dal Vescovo di Piacenza-Bobbio, mons. Gianni Ambrosio.

Durante la quattro giorni di incontri, che ha visto arrivare nella città emiliana oltre 200 studenti universitari provenienti da tutta Italia, sono stati molti i relatori di rilievo che hanno preso la parola, tra cui l'ex ministro dell'Economia Tommaso Padoa Schioppa e il presidente dello IOR, Ettore Gotti Tedeschi.

Dopo la sessione inaugurale sulle cause e le prospettive della crisi economica, i laboratori di approfondimento sul tema degli stili di vita e la tavola rotonda di venerdì pomeriggio, l'Assemblea Federale, tenutasi sabato e domenica nella Cappella Ducale di Palazzo Farnese, ha steso e approvato le Tesi Congressuali.

Nel documento si afferma che dietro la bolla finanziaria vi è stato “uno sviluppo eccessivamente basato sul debito” svincolato dall’economia reale e da qualsiasi forma di disciplina etica.

“La responsabilità degli attori economici – continuano le Tesi Congressuali – ha lasciato spazio alla speculazione, al guadagno facile, all’arricchimento fraudolento, spesso mascherati da un’efficienza 'di comodo' del mercato”.

“Dietro alla crisi economica, dunque, si leggono i segni di una crisi etica e culturale, che riguarda le dinamiche profonde della nostra società”.

“Ciò che doveva essere uno strumento – la proprietà, la ricchezza, la finanza – è divenuto principio e fine degli sforzi, misura unica e indiscussa delle azioni – si legge di seguito –. Ecco l’homo oeconomicus, che ha fame solo di denaro e mira solo alla massimizzazione del proprio personale profitto”.

“Ma dietro la brama di accumulare e di possedere non sta forse un vuoto di relazioni autentiche, la mancanza di una condivisione gioiosa, la paura di un futuro incerto?”, si domandano i giovani della FUCI.

Ecco che occorre “tornare ad interrogarsi sulla legittima aspettativa di felicità di chi vive nell’uno come nell’altro, significa porre la questione della qualità del nostro vivere, del rispetto che nelle nostre attività, nei nostri investimenti e nei nostri consumi abbiamo di noi stessi e degli altri”.

“Bisogna pertanto ripensare l’economia, le sue regole, i suoi limiti, i suoi strumenti. Ripartire dalla persona deve essere la parola d’ordine”, affermano.

Ma “persona è innanzi tutto relazionalità: ripartire da essa, quindi, significa superare l’isolamento individualistico e aprire la possibilità di un incontro autentico con gli altri, con il creato e con la Trascendenza”.

Le imprese, invece, vanno “incoraggiate ad allargare lo sguardo e a passare da una 'responsabilità limitata' ad una 'responsabilità sociale', dove al centro ci siano anche gli interessi e i bisogni dei lavoratori”.

“Un’economia di mercato innervata dei concetti di dono e di gratuità può trasformarsi nel tempo in una dirompente realtà – si osserva nel documento –. Un’economia di mercato pluralistica e regolata, al servizio dell’uomo e della sua dignità, è pertanto indispensabile per uscire dall’attuale situazione di crisi”.

Inoltre, “va superata la dicotomia tra individuo e Stato: bisogna piuttosto puntare sui corpi intermedi della società civile, su tutto ciò che si trova nel mezzo tra l’isolamento del singolo ed il conformismo della massa, e che può aggregare le persone in vista del bene comune”.

“La finanza etica, il consumo critico, le energie a basso impatto ambientale, il software libero rappresentano alcuni scenari di un possibile impegno personale e comunitario”, suggeriscono.

Occorre, inoltre, “un nuovo slancio nel compito educativo, essendo la formazione di una coscienza critica il presupposto fondante di ogni opzione etica”.

Ma soprattutto, “è necessario che l’eticità del cittadino e la giustizia delle istituzioni siano complementari”, per questo i giovani ha chiesto “alla politica a tutti i livelli – locale, nazionale e sovranazionale – di creare una cornice in cui tali scelte siano effettivamente realizzabili”.

“Se ogni uomo – concludono poi – è pronto a rivedere le proprie scelte di vita alla luce della fraternità e del bene comune, della sobrietà e della condivisione, possiamo costruire un futuro più umano”.

Nell'occasione, è stata approvata all'unanimità dall'Assemblea Federale una dichiarazione che esprime tutto il disappunto nei confronti del decreto del 31 marzo scorso con cui “vengono soppresse le tariffe agevolate postali per tutta l’editoria libraria, quotidiana e periodica”, auspicando “che il Governo ritiri il Decreto, o che trovi forme opportune per venire incontro alle esigenze dei soggetti coinvolti”.

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Caso Claps: a Elisa serve solo il risarcimento della verità
Documento del Coordinamento del laicato cattolico di Potenza

ROMA, martedì, 27 aprile 2010 (ZENIT.org).- “Elisa nostra sorella”: è intitolato così il documento pubblicato dal Coordinamento del laicato cattolico di Potenza a proposito della vicenda di Elisa Claps, la studentessa di 16 anni scomparsa nel 1993 e trovata uccisa nel sottotetto della canonica della chiesa della Santissima Trinità di Potenza lo scorso 17 marzo.

Il documento è stato fatto proprio dai vescovi della Basilicata che hanno espresso la loro vicinanza alla famiglia della ragazza e a mons. Agostino Superbo, arcivescovo di Potenza e vice presidente della Conferenza episcopale italiana (Cei).

“Accostandoci ad essa con pudore e discrezione – affermano i sottoscrittori -, chiediamo il ripristino di un maggiore senso del rigore e della responsabilità, per non alimentare un clima di pregiudizi e dubbi, a volte vergognosi, che non rendono giustizia della tradizionale mitezza e pietà dei potentini”.

Stretti intorno alla famiglia di Elisa “tormentata da un continuo stillicidio di insinuazioni ingenerose e improvvide prese di posizione”, i firmatari intendono “rendere onore alla sua memoria ricordando Elisa come una di noi: una Giovanissima di Azione Cattolica nel gruppo della Cattedrale, impegnata nel Volontariato per le Missioni presso la Parrocchia di S. Anna e nel Movimento dei Testimoni del Risorto”.

Proprio “nel rispetto della sua partecipazione ai nostri gruppi ecclesiali non possiamo tacere intorno al discredito indiscriminato nei confronti istituzioni educative della Chiesa, che rischia di scoraggiare tanti giovani, lasciandoli vivere solo in superficie, vittime della noia, a volte della droga o dell’alcol, troppo spesso del conformismo”.

“Noi crediamo – prosegue il documento - che proprio il suo orientamento a Cristo via, verità e vita abbia sostenuto Elisa fino all’ultimo momento, nell’impari lotta contro il male, e che con il suo silenzioso sacrificio, invisibile fino a solo pochi giorni fa, abbia vissuto a suo modo una sicura di testimonianza di fede”.

In virtù di questo e in risposta alle voci che da più parti si sono levate dopo il ritrovamento “il luogo che ha visto l’epilogo tragico della sua breve vita - o che almeno ne ha conservato i resti mortali - non può essere considerato solo come un terribile luogo di morte, luogo ‘maledetto’ secondo una visione magica, paganeggiante e superstiziosa che pensavamo ormai superata”.

Quel luogo “come il Calvario e la Croce di Cristo scandalo per i Giudei e follia per i pagani non porta solo le tracce di un assassino violento e vigliacco, ma anche la memoria incancellabile di una vittima innocente”.

“La riduzione ad uso profano della chiesa – afferma il documento -, sia pure per fini umanitari, non potrebbe risarcire in alcun modo la perdita di Elisa”.

Al contrario “questo luogo di culto ha bisogno di essere rafforzato per continuare ad esprimere la sua funzione religiosa e spirituale”. Infatti, oggi, dopo Elisa, “è già luogo della memoria, simbolo della sofferenza e del martirio degli innocenti, proprio come altre chiese dove anche di recente sono stati consumati delitti ugualmente atroci, perfino sull’altare, e che proprio in memoria delle vittime sono divenute mete di pellegrinaggio”.

“Il risarcimento di cui Elisa ha bisogno – sottolineano i sottoscrittori - è solo quello della verità, della giustizia e del rispetto degli ideali ai quali ha creduto sino alla fine”.

Solidarietà viene espressa dai rappresentanti del laicato potentino “al nostro vescovo, a don Agostino, voce esigente e profetica per la città e per l’intera regione, della cui lealtà e collaborazione nella ricerca della verità non abbiamo alcun motivo di dubitare”.

“Nella sua azione pastorale e nel suo magistero – prosegue il documento -, noi tutti ci riconosciamo, come anche nei suoi richiami, sin dal suo arrivo a Potenza, ad una idea di giustizia che sollecita trasparenza, in ogni ambito della vita sociale”.

“Il Signore, che ha già accolto Elisa tra le sue braccia – concludono i firmatari -, conforti la sua famiglia donandole la pace nella verità, illumini le coscienze e le intelligenze di quanti si stanno adoperando per ristabilire la giustizia ed inquieti e converta il cuore di chi ha provocato tanto tormento con la sua violenza, i suoi silenzi e le sue omissioni”.

Il documento è stato sottoscritto dai rappresentanti cittadini di Azione Cattolica, Acli, Amasi, Advm, Aler, Alleanza Cattolica, Cammino Neocatecumenale, Cooperatori salesiani, Centro Italiano Femminile, Cristiano-sociali, Comunione e Liberazione, Clumb, Fraternità Charles de Foucauld, Gruppo di Volontariato Solidarietà, Legione di Maria, Masci, MGM, Movimento dei Focolari, Movimento Via dell’Amore, OFS, Ufficio di Pastorale Giovanile, Rinnovamento nello Spirito, Stella del Mattino, Testimoni del Risorto, Ucal, Ucid, Ucsi.

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Angeli, volti dell'invisibile
In mostra a Illegio, in Friuli, 70 opere sugli spiriti celesti

di don Marcello Stanzione*


ROMA, martedì, 27 aprile 2010 (ZENIT.org).- L’onorevole Gianni Letta, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, ha inaugurato il 24 aprile ad Illegio, in Friuli, la mostra “Angeli. Volti dell’invisibile”. In quel paesino di appena 300 abitanti in provincia di Udine nella casa delle esposizioni si potranno ammirare fino al 3 ottobre 2010 ben 70 opere sugli spiriti celesti e fra questi molti capolavori provenienti dai maggiori musei europei.

Letta ha affermato all’inaugurazione: “In un momento così difficile, questi angeli sono un invito alla serenità, un richiamo alla responsabilità, un’esortazione all’armonia, quindi torno a Roma confortato con le visioni evangeliche che spero ispirino anche i luoghi romani”. Il sottosegretario ha poi sottolineato: “Gli angeli sono dappertutto, anche nei palazzi della politica. Ognuno di noi ha un angelo. E’ vero, ci sono anche i demoni tentatori. Ma poi gli angeli vincono”.

Nel XIV secolo, Jean Tauler, nel suo Sermone sui santi angeli, si chiedeva: “Io non so molto in quali termini si possa e si debba parlare di questi puri spiriti poiché essi non hanno né mani, né piedi, né volto, né forma, né materia; ora, lo spirito ed il pensiero non possono cogliere un essere che non ha nulla di tutto ciò; come allora si potrebbe parlare di ciò che sono?”. E concludeva: “E’ perché noi parliamo dell’azione degli angeli su di noi e non della loro natura”.

Nell’Occidente cristiano, la via designata da questa proposizione di Tauler è segnata, nel corso dei secoli, dalla nascita di una vera devozione. A partire dalla seconda metà del XVI secolo, la liturgia, l’iconografia, i manuali di pietà, i concili ed i decreti pontifici mostrano lo stato crescente per ques’angelo “deputato” alla custodia di ogni fedele ed alla sua salvezza.

E’ nel secolo della Riforma, in effetti, che conosce la sua più larga diffusione l’idea secondo la quale ogni fedele è provvisto di un angelo custode personale, anonimo e benevolente, che lo protegge contro le tentazioni e ben altri pericoli ancora. Questo “proprio angelo”, “santo angelo” o “buon angelo” appartiene a quella categoria della pietà cattolica che va comunemente sotto il nome di nuove devozioni, o particolari, che comprende lo stesso titolo del Rosario, del culto a san Giuseppe o alle Anime del Purgatorio, per citare solo alcuni esempi.

Preghiere monastiche agli angeli in generale sono attestate fin dai secoli IX-X e la tradizione benedettina ha accordato un posto scelto a questa venerazione nell’idea che i monaci tendono ad accostarsi, con la preghiera, alla condizione degli angeli. In effetti, alcuni regolari portano il titolo di “Fratelli degli Angeli”. Sono i Cappuccini, presso i quali, il nome religioso comporta frequentemente un riferimento angelico. Bernard Dompier ha così classificato, in frequenza decrescente, i nomi Arcangelo, Gabriele, Angelo, Michelangelo, Michele, Serafino. Si sono anche riportate delle corrispondenze tra talune religiose del XIII secolo ed il coro dei Serafini, queste donne votate e chiuse presentano frequentemente, pare, delle affinità con quelle che, in mezzo alle celesti creature, sono ritenute essere le più vicine a Dio e tutte “brucianti d’amore”.

E’ vero che l’episodio del Serafino che trapassa e consuma contemporaneamente san Bonaventura costituisce a questo riguardo un illustre precedente. Opere di religiosi letterati, le prime preghiere all’angelo custode personale insistono sulla salvezza dell’anima e la lotta contro le tentazioni diaboliche.


Angelo che non smetto d’implorare, custodiscimi con la tua sollecitudine

Per non perire con l’uno o l’altro dei miei peccati.

Il tuo intervento mi liberi da una terribile tortura,

Affinché io possa diventar degno della compagnia degli angeli

(Composizione medievale attribuita a Reginaldo de Faye o di Canterbury).

Si ha anche traccia di un O Angele custos meus, datante dell’inizio del XIV secolo, lungo atto di contrizione versificato col quale l’autore, Guglielmo di Digulleville, si accusa per la sua ingratitudine verso il proprio angelo custode e sollecita la sua protezione nell’ora della morte. Nella stessa epoca, Corrado d’Amburgo redige un De proprio angelo. Andrea Wilmart ha anch’egli riunito diverse di queste preghiere Ad privatum angelus, Ad proprium angelus, Ad angelus custodem, od ancora Ad angelus cui homo deputatus est, preghiere in latino redatte da monaci, di cui le più antiche datano verisimilmente del IX secolo allorché nessuna preghiera in lingua popolare sembra anteriore al XIV secolo.

Buon Angelo, che sei deputato per custodirmi contro gli assalti e gli inganni del mondo, della carne e degli spiriti cattivi […] sii presente nel giorno della mia morte, per aiutarmi in sì grande bisogno, affinché io possa ben morire.

Sull’esempio dei loro omologhi redatti in latino, questi testi, generalmente stabiliti in prima persona, insistono sulla salute dell’individuo – l’istante del Giudizio è fondamentale – ed evocano le tentazioni che il buon angelo, l’angelo “commesso” deve permettere di evitare.

Così, ben prima della sua iscrizione ufficiale nel santorale liturgico, l’angelo personale aveva già profondamente segnato la spiritualità del monachesimo medievale, ciò nondimeno occorre attendere il XVI secolo affinché un giorno specifico sia dedicato ai santi angeli custodi nell’anno liturgico. In Francia, è nel breviario della diocesi di Rodez che appare, per la prima volta, la festa del “proprio Angelo” di ogni fedele, istituitavi dal vescovo.

Ispirandosi senza dubbio al modello iberico – forse ebbe conoscenza della Summa di Eiximenis in materia -, François d’Estaing, prima di accedere al soglio episcopale, aveva fatto comporre un ufficio dell’Angelo custode dal francescano Jean Colombi. Nel 1518, una bolla del papa Leone X lo autorizza a celebrare questa festa nella sua diocesi, al 1° marzo. Tuttavia non è che nel 1526 che la nuova festa è realmente introdotta, ossia nell’anno stesso in cui si completa la costruzione del campanile della cattedrale, dedicato alla Vergine. Questa festa, stabilita sotto l’episcopato di François d’Estaing, si inscrive dunque nel ritocco del calendario liturgico della diocesi e la sua approvazione pontificia è completata dalla concessione di indulgenze, nel 1531, chiaramente dopo la morte del prelato.

La festa, dapprima fissata ad inizio marzo, conobbe una certa diffusione: nel 1453, Pietro Favre, allora in Renania, e che aveva per abitudine di trascrivere meticolosamente il contenuto dell’ufficio quotidiano, annota di aver celebrato, il 1° marzo, la festa degli Angeli custodi.

Nell’Impero austriaco, una festa degli angeli custodi è istituita da Pio V, nel 1608, su richiesta di Ferdinando II, ed è fissata il primo giorno libero dopo quella di san Michele. Nel 1667, Clemente IX stabilisce la festa alla prima domenica di settembre e la dota di una ottava. Nel 1670, ossia quasi un secolo dopo la fine del concilio di Trento, papa Clemente X riconosce ufficialmente questo culto e lo estende a tutta la Chiesa, fissando la sua data al 2 ottobre ed elevandola al rango di festa doppia.

Approvata dalla Santa Sede ed estesa a tutta la Chiesa, la festa conobbe anche una manifesta graduazione sulla scala della solennità che differenzia i differenti gradi di celebrazione. In ciò, i santi angeli custodi obbediscono ad un movimento più generale della liturgia del santorale, che vuole che il numero delle feste doppie vada moltiplicandosi a partire dal XVII secolo.

Come numerose devozioni, la liturgia dell’angelo custode personale è emersa da autorità politiche o religiose locali, prima di essere finalmente ratificata da Roma. La devozione, fin là circoscritta in una città, un impero, un convento, un proprio diocesano, si è propagata sotto l’impulso di uniformità della Riforma cattolica, ma anche attraverso il rimorchio di tutta una “letteratura di popolarizzazione teologica e spirituale”.

A questo riguardo, i membri della Compagnia di Gesù si sono resi illustri con un grande numero di pubblicazioni: Alberini, Trattato dell’Angelo Custode (1612); Drexel, Horologium tutelarium angelis (1622); Suarez, De Angelis (1630); P. de Barry, La devozione agli angeli (1641), ecc. In maniera generale, la devozione all’angelo custode ha singolarmente beneficato dell’organizzazione apostolica messa a punto dalla Compagnia che, fin dai suoi collegi, irradia in mezzo alle congregazioni mariane, dei ritiri e delle missioni. E le approvazioni episcopali sono andate succedendosi, non trovando decisamente nulla da ridire su queste opere di devozione ai santi angeli, rigorosamente conformi al dogma cattolico.

Fluttuante è stato il giorno della settimana consacrato ai santi angeli, anche se il martedì sembra essersi finalmente imposto. E’ vero che i sacramentari accordarono molto presto agli angeli una messa votiva settimanale: Alcuino assegnò così al martedì la messa votiva agli angeli. In un manoscritto del XI secolo, il Rossianum, è viceversa il mercoledì che è designato per questa celebrazione.

Bisogna dire che questo taglio ha soprattutto il merito di testimoniare l’importanza crescente dei santi angeli, essendo i giorni della settimana consacrati a devozioni maggiori (Il lunedì allo Spirito Santo, il giovedì al Santissimo Sacramento, il Sabato alla Vergine, ecc.). Eppure Claude Savart, quando analizza il posto delle devozioni particolari nella produzione francese dei libri religiosi dopo il 1861, non approfondisce che sei temi: la Passione, il Santissimo Sacramento, il Sacro Cuore, la Vergine Maria, san Giuseppe, più una categoria designata semplicemente col termine “altri santi”, essendo la devozione agli angeli trattata in modo sussidiario ed unicamente evocata. Ciò nonostante, nella seconda metà del XIX secolo, una serie di concili provinciali riafferma l’importanza dei santi angeli, conformemente agli insegnamenti del catechismo del concilio di Trento, dal concilio di Reims, che si tiene nel 1853, fino al concilio di Baltimora, nel 1866.

Parallelamente a questi concili locali che s’impegnano nel promuovere una devozione che essi stimano senza dubbio sconosciuta, la liturgia si vede rinforzata con dei decreti emanati direttamente della Santa Sede. Così nel 1883, sotto il pontificato di Leone XIII e quassi due secoli dopo la sua istituzione, la festa annuale fissata al 2 ottobre è innalzata al rango di doppia maggiore dalla Sacra Congregazione e, nel 1893, essa occupa il rango di festa primaria.

Questa tipologia delle feste è rivelatrice del cresciuto interesse portato alla devozione, estesa alla Chiesa universale dopo il concilio di Trento e che raggiunge ciò che si potrebbe chiamare il suo apogeo liturgico nella seconda metà del XIX secolo. Questo slancio è d’altronde caratteristico di numerose “nuove” devozioni di cui fanno parte le diverse manifestazioni della pietà mariana.

“Abbassando il costo delle immagini, dei libretti di pietà e delle statue, la rivoluzione industriale permette una diffusione rapida delle nuove devozioni”, suggerisce Gerardo Cholvy, proponendo una spiegazione strutturale a questa propagazione. Comunque sia, tutti i santi angeli godono d’una importanza crescente sulla scala degli onori, significata da un formalismo liturgico manifesto. In conclusione una cosa è certa. Gli angeli sono in assoluto i soggetti più raffigurati dalle arti.

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* Don Marcello Stanzione è il Presidente dell'Associazione Milizia di San Michele Arcangelo.

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Segnalazioni


Primo incontro della serie "Rileggere il Concilio Vaticano II"
Il 28 aprile, a Roma, presso la sede della Conferenza dei Rettori

ROMA, martedì, 27 aprile 2010 (ZENIT.org).- Il 28 aprile prossimo, dalle 16.30 alle 18.30, si svolgerà a Roma presso la sede della Conferenza dei Rettori (piazza Rondanini 48, primo piano) il primo incontro di una serie di riflessioni sul tema “Rileggere il Concilio Vaticano II”.

L'iniziativa è promossa dalla Fondazione Rubbettino nell’ambito del ciclo di attività denominato “Leggere il Novecento”.

All'evento interverranno: il Cardinale Georges Cottier, Teologo emerito della Casa Pontificia; il prof. Giacono Marramao, docente ordinario di Filosofia politica e di Filosofia teoretica presso l’Università di Roma Tre; e il prof. Andrea Riccardi, docente ordinario di Storia contemporanea
presso l’Università di Roma Tre.

Scopo di questo primo incontro è dare un inquadramento filosofico-teoretico del Concilio Vaticano II, concentrandosi in particolare sugli aspetti legati al concetto di persona umana e sull’apertura della Chiesa al mondo.

I prossimi incontri sul tema “Rileggere il Concilio Vaticano II” riguarderanno l’aspetto storico del Concilio, con un approfondimento particolare alle prospettive legate al dialogo interreligioso e all’ecumenismo.

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