domenica 24 gennaio 2010

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ZENIT

Il mondo visto da Roma

Servizio quotidiano - 24 gennaio 2010

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La Chiesa, una "unità nella molteplicità dei carismi"
Il discorso del Papa in occasione dell'Angelus domenicale

ROMA, domenica, 24 gennaio 2010 (ZENIT.org).- La Chiesa è come “un organismo ricco e vitale, non uniforme, frutto dell’unico Spirito che conduce tutti ad unità profonda”. E' quanto ha detto all'Angelus di questa domenica Benedetto XVI nel commentare la prima Lettera ai Corinzi, proposta dall’odierna liturgia.

Alla vigilia della chiusura della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, che avrà luogo lunedì pomeriggio con la tradizionale celebrazione dei Vespri nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, il Papa ha spiegato che “è proprio in Cristo e nello Spirito che la Chiesa è una e santa, cioè un’intima comunione che trascende le capacità umane e le sostiene”.

Infatti, ha aggiunto, “la Chiesa assume le diversità senza abolirle e realizzando un insieme armonioso”.

Benedetto XVI ha quindi sottolineato l'importanza che tutti i discepoli di Cristo giungano a una unità piena e visibile.

“La comunione dei cristiani, infatti, rende più credibile ed efficace l’annuncio del Vangelo, come affermò lo stesso Gesù pregando il Padre alla vigilia della sua morte: 'Che siano una sola cosa … perché il mondo creda'”, ha ricordato.

Benedetto XVI ha quindi richiamato la figura di san Francesco di Sales, patrono dei giornalisti, di cui questa domenica ricorreva la memoria liturgica: “Si dedicò con grande frutto alla predicazione e alla formazione spirituale dei fedeli, insegnando che la chiamata alla santità è per tutti e che ciascuno – come dice san Paolo con il paragone del corpo – ha il suo posto nella Chiesa”.

Nei saluti nelle varie lingue, il Papa ha infine rivolto “l’invito alla preghiera per l’unità dei cristiani” e l’invito ad “essere generosi con i doni che Dio ci fa”, ricordando che “Dio vuole che lo serviamo nell’unità della fede”.

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Benedetto XVI: la Chiesa resterà accanto al popolo haitiano
Nei messaggi al Presidente di Haiti e al Presidente della locale Conferenza episcopale

ROMA, domenica, 24 gennaio 2010 (ZENIT.org).- La Chiesa cattolica non abbandonerà il popolo haitiano e farà tutto il possibile per contribuire alla ricostruzione. E' quanto si legge nei messaggi che Benedetto XVI ha scritto di suo pugno al Presidente di Haiti, René Préval, e al Presidente della Conferenza episcopale di questo paese, l’Arcivescovo Louis Kérebreau, per manifestare ancora una volta il proprio cordoglio per le vittime del terremoto del 12 gennaio e la propria vicinanza ai superstiti.

Nella lettera al Presidente della Repubblica di Haiti, il Papa chiede “a Dio di accogliere nella pace del suo regno tutti coloro che hanno trovato la morte nel sisma e di infondere consolazione nelle loro famiglie che, spesso, non hanno potuto dare una sepoltura degna ai loro cari scomparsi”.

Un bilancio ufficiale diffuso nei giorni scorsi dalle autorità haitiane parla di 111.499 morti e 193.891 feriti, mentre gli sfollati sarebbero tre milioni.

“Prego anche – aggiunge – affinché lo spirito di solidarietà dimori in tutti i cuori e la calma possa regnare nelle strade cosicché l'aiuto generoso che sta giungendo da tutti i Paesi rechi sollievo a tutti e le persone che oggi sono prive di ogni cosa provino il conforto di sapere che l'intera comunità internazionale si sta prendendo concretamente cura di loro”.

“Apprezzo vivamente – continua poi – l'impegno di tutti coloro che, haitiani e stranieri, a volte mettendo a rischio la propria vita, stanno facendo tutto il possibile per cercare e soccorrere i sopravvissuti e li ringrazio di tutto cuore”.

Il Pontefice assicura infine che “la Chiesa cattolica, attraverso le sue istituzioni, al di là della viva emozione suscitata, resterà accanto alle persone provate da questa disgrazia e che, conformemente alle sue forze, le aiuterà a ritrovare possibilità di un futuro aperto”.

Nel messaggio all'Arcivescovo di Cap-Haïtien e Presidente della Conferenza Episcopale di Haiti, il Papa assicura la sua “grande vicinanza spirituale” e la sua “preghiera fervente per tutte le persone coinvolte in questa catastrofe”.

“Chiedo a Dio – scrive il Santo Padre – di accogliere nella pace del suo Regno tutti coloro che hanno trovato la morte nel sisma, in particolare monsignor Serge Miot, Arcivescovo di Port-au-Prince, che ha condiviso la sorte di tanti suoi fedeli fra i quali figurano sacerdoti, persone consacrate e seminaristi”.

“In questo momento buio, invoco Nostra Signora del Perpetuo Soccorso affinché si faccia Madre di tenerezza e sappia guidare i cuori cosicché la solidarietà prevalga sull'isolamento e sul 'ciascuno per sé'”.

Il Pontefice esprime quindi apprezzamento per la “rapidissima mobilitazione della comunità internazionale, unanimemente commossa per la sorte degli haitiani” e “di tutta la Chiesa che, attraverso le sue istituzioni, non mancherà di apportare il suo aiuto ai primi soccorsi e alla ricostruzione paziente delle zone devastate”.

Successivamente il Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato vaticano, ha scritto a nome del Papa il 18 gennaio al Segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon e il 22 gennaio al Nunzio apostolico, mons. Bernardito C. Auza, per sottolineare la costante sollecitudine del Pontefice verso le popolazioni vittime del sisma e il suo sostegno a un'opera di solidarietà efficace e duratura.

In particolare nel messaggio a Ban Ki-moon il porporato ha espresso la gratitudine del Papa “per l'impegno per la prevenzione dei conflitti, il mantenimento della pace e la ricostruzione post-conflitto che le Nazioni Unite svolgono in così tante nazioni”.

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Il Papa invita i sacerdoti ad annunciare Cristo nel mondo digitale
Nel messaggio per la prossima Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali
di Jesús Colina

CITTA' DEL VATICANO, domenica, 24 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Benedetto XVI incoraggia i sacerdoti ad annunciare Cristo nel mondo digitale, assicurando loro che in questo contesto si troveranno all'inizio di una “storia nuova”.

E' la proposta contenuta nel messaggio per la prossima Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali (16 maggio 2010), presentato questo sabato alla stampa e che ha per tema “Il sacerdote e la pastorale nel mondo digitale: i nuovi media al servizio della Parola”.

Nell'Anno sacerdotale tuttora in corso, il Papa ha voluto scegliere questo argomento per mostrare come la comunicazione nel mondo digitale offra al sacerdote “nuove possibilità di esercitare il proprio servizio alla Parola e della Parola”.

Parlando degli uomini e donne del mondo digitale, il Papa chiede quindi ai sacerdoti: “Come crederanno in colui del quale non hanno sentito parlare? Come ne sentiranno parlare senza qualcuno che lo annunci? E come lo annunceranno, se non sono stati inviati?”.

L'inizio di una “storia nuova

Secondo il Vescovo di Roma, “il sacerdote viene a trovarsi come all’inizio di una 'storia nuova', perché, quanto più le moderne tecnologie creeranno relazioni sempre più intense e il mondo digitale amplierà i suoi confini, tanto più egli sarà chiamato a occuparsene pastoralmente, moltiplicando il proprio impegno, per porre i media al servizio della Parola”.

Il Papa chiede poi ai presbiteri “la capacità di essere presenti nel mondo digitale nella costante fedeltà al messaggio evangelico, per esercitare il proprio ruolo di animatori di comunità che si esprimono ormai, sempre più spesso, attraverso le tante 'voci' scaturite dal mondo digitale”.

In particolare, li invita ad “annunciare il Vangelo avvalendosi, accanto agli strumenti tradizionali, dell’apporto di quella nuova generazione di audiovisivi (foto, video, animazioni, blog, siti web), che rappresentano inedite occasioni di dialogo e utili mezzi anche per l’evangelizzazione e la catechesi”.

“Attraverso i moderni mezzi di comunicazione, il Sacerdote potrà far conoscere la vita della Chiesa e aiutare gli uomini di oggi a scoprire il volto di Cristo, coniugando l’uso opportuno e competente di tali strumenti, acquisito anche nel periodo di formazione, con una solida preparazione teologica e una spiccata spiritualità sacerdotale, alimentata dal continuo colloquio con il Signore”.

Rendere Dio attuale

Il sacerdote non è un professionista della comunicazione, avverte il Papa, tuttavia “il presbitero nell’impatto con il mondo digitale deve far trasparire il suo cuore di consacrato, per dare un’anima non solo al proprio impegno pastorale, ma anche all’ininterrotto flusso comunicativo della 'rete'”.

A questo proposito, il Pontefice propone “una pastorale che renda vivo e attuale Dio nella realtà di oggi e presenti la sapienza religiosa del passato come ricchezza cui attingere per vivere degnamente l’oggi e costruire adeguatamente il futuro”.

Da qui il suo invito ai consacrati che operano nei media a “spianare la strada a nuovi incontri, assicurando sempre la qualità del contatto umano e l’attenzione alle persone e ai loro veri bisogni spirituali; offrendo agli uomini che vivono questo nostro tempo 'digitale' i segni necessari per riconoscere il Signore”.

Il messaggio è stato presentato questo sabato alla stampa dall'Arcivescovo Claudio Maria Celli, Presidente del Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali.

Rispondendo alle domande dei giornalisti presenti, il prelato ha spiegato che con il suo messaggio il Papa non intende dire ai sacerdoti di abbandonare le parrocchie per dedicare tutto il loro tempo a Internet.

“Io credo molto alla pastorale della parrocchia – ha affermato – . Ma credo che ci possa essere una pastorale parrochiale 'digitale'. Una persona che si incontra sul virtuale deve incontrare dopo una comunità vera, che lo accoglie, e con la quale camminare”.

Come esempio, monsignor Celli ha citato quello di un parroco di Madrid, che gestisce un sito interattivo, grazie al quale è in contatto con più gente di quella che incontra in parrocchia. Ma quel contatto serve poi per un avvicinamento alla Chiesa di quelle persone.

“Credo che la questione non è solo aprire un sito. La tematica è più profonda. Nasce anzitutto dal cuore. Da un cuore innamorato, nascono le varie forme di comunicazione”, ha detto infine presule.

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Il Papa: i nuovi media, "strumento indispensabile" per la Chiesa
Nel messaggio per la prossima Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali

di Jesús Colina

CITTA' DEL VATICANO, domenica, 24 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Il messaggio che Benedetto XVI ha scritto per la prossima Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali presenta la sua visione pastorale sui nuovi media, divenuti ormai “strumento indispensabile” per l'evangelizzazione.

Sebbene il tema del documento in pieno Anno sacerdotale sia “Il sacerdote e la pastorale nel mondo digitale: i nuovi media al servizio della Parola”, come ha spiegato questo sabato l'Arcivescovo Claudio Maria Celli, Presidente del Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali, in realtà il suo contenuto è rivolto a tutta la Chiesa.

Infatti, come si è appreso dalla presentazione in “Power Point” – un fatto praticamente inedito –, realizzata dal prelato nella Sala Stampa della Santa Sede, il messaggio compie dei passi in avanti per quanto riguarda i pronunciamenti magisteriali sulle sfide poste alla Chiesa dall'era della comunicazione, nuovo segno dei tempi.

“È una valutazione positivia delle nuove tecnologie”, ha sottolineato monsignor Celli, che con la sua presentazione su un grande schermo ha permesso di enfatizzare il nuovo pensiero condiviso dal Santo Padre.

Innanzitutto, il Pontefice ha constatato che non si tratta di uno scenario futuro, ma che “i moderni mezzi di comunicazione sono entrati da tempo a far parte degli strumenti ordinari, attraverso i quali le comunità ecclesiali si esprimono”.

Nel parlare del “mondo digitale”, Benedetto XVI ha posto la stessa domanda che aveva tormentato san Paolo alle origini dell'evangelizzazione, quasi duemila anni fa: “Come crederanno in colui del quale non hanno sentito parlare? Come ne sentiranno parlare senza qualcuno che lo annunci?”.

La risposta del Papa è stato un invito a tutte le comunità cristiane a compiere un passo in avanti rispetto al passato: “Per dare risposte adeguate a queste domande all’interno dei grandi cambiamenti culturali, particolarmente avvertiti nel mondo giovanile, le vie di comunicazione aperte dalle conquiste tecnologiche sono ormai uno strumento indispensabile”.

Infatti, ha dichiarato, “il mondo digitale, ponendo a disposizione mezzi che consentono una capacità di espressione pressoché illimitata, apre notevoli prospettive ed attualizzazioni all’esortazione paolina: 'Guai a me se non annuncio il Vangelo!'”.

Per il Papa, i nuovi mezzi di comunicazione non sono qualcosa di opzionale per la Chiesa: “Con la loro diffusione, pertanto, la responsabilità dell’annuncio non solo aumenta, ma si fa più impellente e reclama un impegno più motivato ed efficace”.

Il grande pericolo

Dopo aver indicato la sfida, il Pontefice illustra quindi il grande pericolo che si corre: evangelizzare con i media non significa semplicemente fare delle cose o trasmettere messaggi attraverso queste nuove realtà.

“La diffusa multimedialità e la variegata 'tastiera di funzioni' della medesima comunicazione possono comportare il rischio di un’utilizzazione dettata principalmente dalla mera esigenza di rendersi presente, e di considerare erroneamente il web solo come uno spazio da occupare”, avverte.

Non solo è necessario essere presenti, osserva il Papa, ma è necessario anche sapere come essere presenti “nel mondo digitale” per mostrare “che l’attenzione amorevole di Dio in Cristo per noi non è una cosa del passato e neppure una teoria erudita, ma una realtà del tutto concreta e attuale”.

In questo modo, per la prima volta nel suo magistero da Pontefice, Benedetto XVI delinea gli obiettivi della pastorale nel mondo digitale: “deve poter mostrare agli uomini del nostro tempo, e all’umanità smarrita di oggi, che 'Dio è vicino; che in Cristo tutti ci apparteniamo a vicenda'”.

Il Papa invita quindi la Chiesa a percorrere questa strada esercitando una “diaconia della cultura” nell’odierno “continente digitale”.

“Con il Vangelo nelle mani e nel cuore – spiega –, occorre ribadire che è tempo anche di continuare a preparare cammini che conducono alla Parola di Dio, senza trascurare di dedicare un’attenzione particolare a chi si trova nella condizione di ricerca, anzi procurando di tenerla desta come primo passo dell’evangelizzazione”.

Infatti, afferma, la pastorale nel mondo digitale “è chiamata a tener conto anche di quanti non credono, sono sfiduciati ed hanno nel cuore desideri di assoluto e di verità non caduche, dal momento che i nuovi mezzi consentono di entrare in contatto con credenti di ogni religione, con non credenti e persone di ogni cultura”.

La conclusione del Papa è chiara: i nuovi media sono “una grande opportunità per i credenti”.

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Benedetto XVI propone Josep Samsó come modello per sacerdoti e laici
Dopo la beatificazione di questo martire nell'arcidiocesi di Barcellona

ROMA, domenica, 24 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Questa domenica, parlando ai fedeli riunitisi in piazza San Pietro per la preghiera dell'Angelus, Benedetto XVI ha proposto il nuovo beato Josep Samsó i Elias como modello per sacerdoti e laici.

Questo sabato a Mataró, in Spagna, nella Basilica di Santa Maria, si è celebrata la liturgia di beatificazione di Josep Samsó Elias, sacerdote e martire catalano. L’Eucaristia è stata presieduta dall’Arcivescovo di Barcellona, il Cardinale Lluís Martínez Sistach, mentre a pronunciare la formula di beatificazione è stato l’Arcivescovo Angelo Amato, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi.

Al termine dell'Angelus, il Papa ha ricordato che José Samsó i Elías “da vero testimone di Cristo, morì perdonando i suoi persecutori. Per i sacerdoti, specialmente per i parroci, egli costituisce un modello di dedizione alla catechesi e alla carità verso i poveri”.

Nel rivolgersi quindi ai fedeli di lingua spagnola, il Pontefice ha poi ricordato che con il suo martirio il neo-beato ha “affidato generosamente la sua vita al Signore insieme a parole e gesti di perdono e misericordia”.

“Che in questo Anno sacerdotale – ha auspicato il Papa – il suo esempio possa servire da stimolo per i presbiteri nell'esercizio sollecito del loro ministero pastorale e incoraggiare i fedeli a dare in ogni momento una testimonianza coraggiosa e convincente della loro fede”.

Josep Samsó Elias nacque a Castellbisbal il 17 gennaio 1887. Fu alunno del collegio marista di Rubí, prima del trasferimento della famiglia a Sarrià (Barcellona).

Nel 1900 entrò nel Seminario di Barcellona, dove compì gli studi ecclesiastici che completò presso la Pontificia Università di Tarragona, ottenendo il dottorato in Teologia.

Dopo alcuni anni di servizio pastorale in diverse sedi, fu nominato nel 1923 rettore della parrocchia di Mataró, incarico che mantenne fino alla morte.

Arrestato per il fatto di essere un sacerdote il 30 luglio 1936, rimase nella prigione di Mataró per un mese, prima di essere ucciso presso il cimitero locale, il 1° settembre 1936.

Nel corso del suo ministero sacerdotale, Josep Samsó svolse un’instancabile attività religiosa, in cui emerse la sua dedizione alla catechesi.

“Il nostro novello beato martire è una gloria della Chiesa, un modello di sacerdote cattolico e un vanto di questa nobile terra catalana”, ha detto l'Arcivescovo Angelo Amato, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, presiedendo il rito di beatificazione.

“Fu ucciso – ha aggiunto, secondo quanto riportato da “L'Osservatore Romano” - non perché si fosse macchiato di delitti, ma semplicemente perché era sacerdote, perché credeva in Dio Padre Figlio e Spirito Santo, perché pregava, perché proclamava il Vangelo di Gesù, perché educava il popolo di Dio, soprattutto i giovani, alla bontà e alla verità”.

“Ai sacerdoti e ai parroci - ha sottolineato l'Arcivescovo - impegnati generosamente nel loro apostolato, il beato martire Giuseppe Samsó i Elías fa presente che al disprezzo si deve rispondere con la carità, all'ingratitudine con la misericordia, alle offese con il perdono, alla disperazione con la speranza, alla scristianizzazione della società con la propria santificazione".

"Oggi più che mai - ha continuato - i sacerdoti sono chiamati alla santità, a essere testimoni fedeli del Vangelo di verità e di carità, a essere veramente sale della terra e luce del mondo”.

Il Cardinale Lluís Martínez Sistach, presiedendo la concelebrazione eucaristica, ha invece detto che la testimonianza di Samsó “ci deve aiutare a valorizzare moltissimo la catechesi e a intensificare la preparazione di buoni catechisti desiderosi di perfezionarsi in quell'arte superiore, indispensabile ed esigente che è la catechesi, affinché favoriscano l'incontro personale con Gesù”.

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Auguri del Papa al nuovo Patriarca della Chiesa ortodossa serba
Invoca su di lui "la forza interiore per consolidare l'unità"

ROMA, domenica, 24 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Questo sabato Benedetto XVI ha inviato un telegramma di felicitazioni al nuovo Patriarca della Chiesa ortodossa serba, l’80enne Irinej, eletto questo venerdì a Belgrado, come successore del Patriarca Pavle, che si è spento il 15 novembre scorso, all’età di 95 anni.

Dal 1975 Vescovo di Nis, nella Serbia sudorientale, luogo di nascita dell’imperatore Costantino il Grande, il Patriarca serbo sarà ora Arcivescovo di Pec e metropolita di Belgrado-Karlovac, e guiderà una Chiesa che conta circa 11 milioni di serbi ortodossi residenti in Serbia, nei paesi dell'ex Yugoslavia, negli Stati Uniti, in Australia e nell'Europa occidentale.

Nel telegramma il Pontefice eleva la sua preghiera a Dio affinché conceda al nuovo Patriarca “la forza interiore per consolidare l'unità e la crescita spirituale della Chiesa ortodossa serba, nonché per costruire legami fraterni con le altre Chiese e comunità ecclesiali”.

Assicura quindi “la vicinanza della Chiesa cattolica e il suo impegno per la promozione delle relazioni fraterne e del dialogo teologico, in modo che gli ostacoli che ancora impediscono la piena comunione” tra le due Chiese “possano essere superate”.

Il Papa dedica poi un ricordo al Patriarca Pavle, definendolo un “pastore zelante e stimato”, che ha lasciato “un’eredità spirituale ricca e profonda” ed “ha efficacemente guidato la Chiesa e ha mantenuto la sua unità di fronte a molte sfide”.

Infine, Benedetto XVI esprime il proprio “apprezzamento per il suo esempio di fedeltà al Signore e per i suoi tanti gesti di apertura verso la Chiesa cattolica”, invocando la benedizione di Dio sull’impegno comune delle due Chiese “così che i discepoli di Cristo possano essere nuovamente uniti nel testimoniare davanti a tutto il mondo il suo amore salvifico”.

Nato nel 1930 nel villaggio di Vidova, presso Cacak (Serbia Occidentale) Irinej - al secolo Miroslav Gavrilovic - è il 45.mo successore di San Sava.

Dopo la maturità ha frequentato il seminario di Prizren, in Kosovo, per frequentare successivamente la Facoltà di Teologia a Belgrado.

Nel 1959 ha ricevuto l’ordinazione monastica nel Monastero di Rakovica, nei pressi di Belgrado. Nello stesso anno ha iniziato ad insegnare nel seminario di Belgrado ed è divenuto sacerdote.

Successivamente ha compiuto studi di specializzazione presso l’Università di Atene e nel 1969 viene nominato direttore della scuola monastica del monastero di Ostrog in Montenegro. Quindi ha assunto la nomia di rettore del seminario di Prizren.

Nel 1975 è stato eletto Vescovo diocesano di Nis, nella Serbia sudorientale.

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La riconciliazione rimane una sfida per la Chiesa in Africa
Seconda riunione del Consiglio Speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi
ROMA, domenica, 24 gennaio 2010 (ZENIT.org).- “La riconciliazione continua ad essere una sfida per la Chiesa in Africa”: è quanto si legge nel comunicato della seconda riunione del Consiglio Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, tenutosi in questi giorni in Vaticano.

La Chiesa, afferma la nota, deve essere “riconciliata in se stessa per diventare credibile nella sua predicazione e nella sua azione sociale”.

A introdurre i lavori è stato il Segretario generale del Sinodo dei Vescovi, mons. Nikola Eterović, il quale si è soffermato su alcuni temi rilevanti per la vita della Chiesa in Africa, dalla pace alla giustizia, dalla salvaguardia della creazione alla desertificazione delle aree coltivabili.

Nel corso degli incontri si è sottolineato che la teologia non va trasformata in politica, “portando piuttosto la teologia direttamente nel ministero pastorale concreto”.

Nel dialogo interreligioso, si legge ancora nel comunicato, i presenti all’assise “hanno affermato che si sta cercando di stabilire vincoli di intesa e collaborazione, soprattutto con l’islam, che è la religione più diffusa nel Continent”.

L'auspicio emerso è che “i gruppi fondamentalisti siano sempre più sconfessati ed emarginati dai rappresentanti ufficiali dell’islam”.

Il Consiglio si è quindi impegnato nello studio delle Proposizioni della II Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi (4-25 ottobre 2009), in vista di uno “schema ragionato” che possa servire da base per la composizione dell’Esortazione Apostolica Postsinodale che spetterà al Santo Padre.

“In ogni caso – sostiene la nota – il testo finale dovrà mantenere un giusto equilibrio tra una prospettiva teologico-spirituale e un adeguamento alla realtà pastorale e sociale”.

La prossima riunione del Consiglio si terrà il 27 e 28 aprile prossimi.

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Benedetto XVI scrive ai bambini del Centro Aiuto Vita-ingauno di Albenga

ROMA, domenica, 24 gennaio 2010 (ZENIT.org).- “Vi benedico”. Con queste parole Benedetto XVI ha scritto, dal Vaticano, ai bambini del Centro Aiuto Vita-ingauno di Albenga che, prima di Natale, si erano rivolti a lui con una lettera personale.

“Infatti i bambini avevano voluto scrivere e disegnare un biglietto di auguri natalizio per il Santo Padre, corredandolo di tanti disegni sulla sacra famiglia”. Così Ginetta Perrone, vicepresidente del Centro Aiuto Vita-ingauno, commenta la lettera che Benedetto XVI ha indirizzato personalmente ai bambini nati da famiglie in difficoltà, seguite dalle volontarie del Cav-i.

“Il Papa – spiega Ginetta Perrone, leggendo il testo della lettera giunta dalla Segreteria di Stato –, che in occasione del Santo Natale aveva ricevuto  dai bambini letterine e i disegni inviati, 'per dimostrare a Sua Santità affetto e devozione e farGli giungere fervidi auguri', si rivolge proprio ai bambini e alle bambine del Centro Aiuto Vita-ingauno di Albenga e ringrazia per il pensiero gentile”.

“Benedetto XVI – prosegue la missiva – auspica che la contemplazione del Santo Bambino di Betlemme, nato per noi dalla Vergine Maria, accresca il desiderio di diventare testimoni della sua pace e del suo amore”.

Il Santo Padre, infine, coglie l’occasione per “affidare i bambini alla materna protezione della Vergine Maria e imparte a ciascuno la Benedizione Apostolica, estendendola alle mamme e alle volontarie del Centro Aiuto Vita ingauno”.

“I bambini del Cav-i erano ansiosi di sapere se il Papa avesse ricevuto i loro disegni sulla sacra famiglia - conclude Perrone -. La prossima settimana distribuiremo ad ogni bambino una copia di questa missiva, perché ciascuno di loro sappia che il Papa prega per loro e soprattutto li benedice”.

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Il futuro del dialogo ebraico-cristiano nella visita del Papa alla Sinagoga
Il portavoce vaticano: una collaborazione fondata sul rispetto del creato e del decalogo

CITTA' DEL VATICANO, domenica, 24 gennaio 2010 (ZENIT.org).- La visita di Benedetto XVI alla grande Sinagoga di Roma, del 17 gennaio scorso, ha gettato le fondamenta per un ulteriore sviluppo delle relazioni tra ebrei e cristiani, sostiene il portavoce vaticano.

Padre Federico Lombardi, S.I., Direttore della Sala Stampa vaticana, ha infatti definito “memorabile” questo incontro che è servito a rilanciare il dialogo sulla base del rispetto del creato e dei dieci Comandamenti.

Nel suo editoriale per l'ultimo numero di “Octava Dies”, il rotocalco informativo del Centro Televisivo Vaticano, il sacerdote gesuita ha detto che la presenza del Vescovo di Roma nel Tempio Maggiore di Roma è stato “un passo ulteriore in quel cammino 'irrevocabile' di dialogo, fraternità e amicizia, fra gli ebrei e la Chiesa avviato dal Concilio Vaticano II”.

In particolare, ha evidenziato i punti toccati dal Papa nel suo discurso in riferimento “al futuro più che al passato”.

Il Santo Padre, ha ricordato il portavoce vaticano, ha spiegato che “il mondo è  creato da Dio ed affidato alla cura dell’uomo; le Dieci Parole – il Decalogo – sono luce per distinguere il bene dal male, il varo dal falso, il giusto dall’ingiusto, coerentemente con i dettami della coscienza retta di ogni persona umana”.

“Parole antichissime, ma attualissime insieme”, ha sottolineato padre Lombardi. “Un uomo creato da Dio è un uomo che deve essere responsabile davanti a Dio della sua creazione; un uomo che è aiutato a riconoscere la differenza fra il bene e il male può trovare la strada anche nella confusione di un pluralismo che tende  a perdere ogni punto di riferimento”.

“I saggi dell’ebraismo lo sanno molto bene ed hanno certamente gioito sentendo un richiamo così limpido a una base comune solidissima”, ha assicurato il gesuita.

“Continueremo a parlare anche del passato e ad affrontare le difficoltà sulla via di una comprensione reciproca sempre migliore; ma ciò che abbiamo in comune all’origine è immenso e stabile come i cieli, e il compito comune per il servizio della creazione e della famiglia umana ci deve perciò vedere concordi”, ha infine concluso.

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Analisi


Natale di violenza per molti cristiani
Preoccupano le ostilità in alcuni Paesi islamici

di padre John Flynn, LC

ROMA, domenica, 24 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Il Natale è stato tutt'altro che pacifico per i cristiani copti ortodossi d'Egitto. Sei giovani copti sono stati uccisi mentre uscivano dalla Messa di mezzanotte la mattina del 7 gennaio, che secondo il calendaio copto corrisponde al giorno di Natale.

Inoltre, una guardia musulmana è morta e nove persone sono state ferite da alcuni spari provenienti da una vettura al di fuori della Chiesa della Vergine Maria nel paese di Nag Hammadi, secondo quanto riportato da Associated Press il 7 gennaio.

In seguito alle uccisioni vi sono stati scontri tra la polizia e le folle di copti manifestanti. Altre proteste si sono verificate il 13 gennaio, quando circa 2.000 cristiani copti ortodossi si sono radunati fuori della Cattedrale di Abbasiya, la più grande chiesa egiziana, come riferito da Reuters il 13 gennaio.

Secondo il servizio, tre sospetti si sono costituiti dopo la sparatoria. Inoltre, le autorità di sicurezza hanno arrestato altri 16 musulmani e 13 cristiani in seguito agli scontri di Nag Hammadi.

In base alle notizie diffuse il 9 gennaio, l'arcivescovo Youhannes Zakaria, il vescovo cattolico copto di Luxor, ha detto all'agenzia stampa Fides che le condizioni di sicurezza erano migliorate, ma ha anche fatto appello alle preghiere dei cristiani di tutto il mondo.

“Vi è stato anche un incontro positivo che si è svolto tra leader religiosi cristiani e musulmani in cui essi hanno riaffermato il loro impegno universale per la pace e la riconciliazione”, ha detto a Fides.

L'arcivescovo Zakaria ha spiegato che nel paese, i cristiani e i musulmani generalmente vivono insieme in pace, ma che esiste una minoranza estremista che sta cercando di incrinare questa pacifica convivenza.

Restrizioni

I cristiani rappresentano circa il 10% della popolazione egiziana - formata in prevalenza da musulmani - di circa 78 milioni e affrontano notevoli difficoltà nella libera pratica della loro fede.

Una questione spinosa è quella delle conversioni. Il 10 dicembre, la Reuters ha riferito del caso di Ayman Raafa, un egiziano nato cristiano, che all'età di nove mesi è diventato automaticamente musulmano in seguito alla conversione del padre all'Islam.

Adesso Raafa ha 23 anni e ha fatto ricorso per ottenere il riconoscimento ufficiale della sua appartenenza alla religione cristiana. Egli fa parte di un gruppo di 40 uomini che hanno fatto ricorso perché sulla loro carta di identità sia riportata la loro fede cristiana.

La Reuters ha riportato le parole del loro legale, Peter El-Naggar, secondo cui i figli dei convertiti dall'Islam normalmente non ottengono una nuova carta d'identità. Per contro, se qualcuno si converte all'Islam, i suoi documenti vengono aggiornati nell'arco di 24 ore, ha affermato.

La libertà di espressione è un altro problema. Lo scorso 9 novembre, Compass Direct News ha riferito di un cristiano copto in Egitto, autore di un sito blog, che è stato in prigione per più di un anno senza alcuna imputazione.

Hani Nazeer, il 28 enne di Qena, in Egitto, che lavora come operatore sociale in un liceo, è autore del blog “Carz El Hob”. Le difficoltà con le autorità per Nazeer sono cominciate quando alcuni giovani hanno visitato il suo blog e cliccato su un link che li ha condotti ad una copia di “Azazil's Goat in Mecca”, un romanzo scritto con lo pseudonimo di Father Utah. Il libro è una risposta al romanzo di Yusuf Zidane intitolato “Azazil”, che secondo Compass News Direct ha una visione critica del Cristianesimo.

Nazeer è stato messo in prigione insieme ai criminali condannati, senza neanche un'imputazione. Egli ha anche affermato che le autorità penitenziarie gli hanno fatto pressione perché si convertisse all'Islam.

Allah

Un altro Paese in cui i cristiani subiscono pressioni dall'Islam è la Malesia. A pochi giorni dal Natale sono nate delle tensioni sull'uso dell'appellativo “Allah” per identificare Dio nei testi cristiani.

La questione è stata oggetto di contrasti per diverso tempo, come riferito dalla'Australia Network News il 17 dicembre.

Nel 2007, la Chiesa cattolica ha avviato un'azione legale per conto del Catholic Herald, un settimanale distribuito tra gli 850.000 cattolici della Malesia. Il ricorso è dovuto alla posizione del Governo malese secondo cui l'appellativo può essere utilizzato esclusivamente dai musulmani.

Il contenzioso si è poi concluso a Capodanno quando l'Alta Corte della Malesia ha sentenziato che ai cattolici debba essere consentito di usare il termine Allah. Il verdetto, di fatto, afferma il diritto costituzionale del settimanale ecclesiastico Herald di riferisi a Gesù Cristo come il figlio di Allah, ha osservato il Wall Street Journal nel suo servizio del 4 gennaio.

L'articolo ha anche sottolineato che l'appellativo Allah è da secoli utilizzato dai cristiani della Malesia. Peraltro esso è d'uso comune tra tutti i cristiani dei Paesi arabi.

Padre Lawrence Andrew, redattore dell'Herald, secondo il Wall Street Journal, ha detto che non esiste nella lingua malese un altro termine appropriato per indicare Dio.

In seguito alla sentenza sono subito esplose le proteste, tanto che l'Alta Corte ha sospeso il procedimento d'appello, secondo quanto riferito dall'Agence France Presse il 6 gennaio.

Sempre secondo l'articolo, padre Andrew ha poi parlato di una campagna di intimidazione, che comprende anche gli attacchi da parte di hacker contro il sito Internet del settimanale. “Siamo convinti che queste azioni sono architettate per creare un clima di paura e di insicurezza nazionale al fine di fare pressione sulla Corte per rovesciarne la decisione”, ha detto in una dichiarazione.

Attacchi contro la Chiesa

Nei giorni successivi alla decisione della Corte si è verificata una serie di attacchi contro le chiese cristiane in Malesia. La Chiesa protestante Metro Tabernacle Church, localizzata in un sobborgo della capitale Kuala Lumpur, è stata distrutta in un incendio, secondo quanto riferito da Associated Press il 7 gennaio.

Altre due chiese sono state oggetto di violenze, ha riferito lo stesso giorno la Reuters. Bombe incendiare sono state gettate contro la chiesa cattolica dell'Assunzione e contro la chiesa protestante Life Chapel, nel distretto limitrofo di Petaling Jay. Fortunatamente entrambi gli ordigni non sono esplosi.

A questo hanno fatto seguito attacchi incendiari contro una scuola conventuale e una chiesa ancglicana nella città di Taiping, secondo il Washington Post del 9 gennaio.

“Siamo allarmati dalla escalation di violenza e invitiamo le autorità a prendere sul serio quanto sta avvenendo”, ha detto alla Reuters il reverendo Hermen Shastri, segretario generale del Consiglio delle Chiese in Malesia.

Poco dopo, altre bombe incendiarie sono state scagliate contro due chiese e un'altra chiesa è stata imbrattata con pittura nera, secondo un servizio di Associated Press del 10 gennaio.

“I cristiani stanno pregando e non rispondono alle provocazioni”, ha dichiarato l'arcivescovo di Kuala Lumpur a Fides il 9 gennaio. L'arcivescovo Murphy Pakiam ha detto: “Vogliamo essere una comunità che vive nel dialogo e che diffonda la pace in tutta la nazione”.

L'11 gennaio Fides ha riportato la dichiarazione della Conferenza episcopale della Malesia: “Noi dobbiamo agire in armonia e cercare la necessaria collaborazione del Governo e delle alte autorità religiose, al fine di restaurare un contesto di pace per la società malese”.

Ciò nonostante gli attacchi sono proseguiti. Il 14 gennaio, Associated Press ha riferito di atti vandalici che hanno imbrattato di pittura rossa la chiesa di Santa Elisabetta nello Stato meridionale di Johor. Si è trattato della decima chiesa oggetto di attacchi o atti vandalici nell'ondata di violenza successiva alla sentenza della corte. Inoltre, sono stati saccheggiati gli uffici della società legale, che difende i cristiani nella loro rivendicazione all'uso del termine Allah.

No alla violenza

Il Papa Benedetto XVI, nell'Angelus del 10 gennaio, ha condannato l'uso della violenza. Pur non menzionando specificamente i Paesi, ha detto di essere preoccupato delle violenze contro i migranti e contro i cristiani.

Qualche giorno prima vi erano stati violenti contrasti tra la popolazione locale e gli immigrati africani nella città calabrese di Rosarno.

“La violenza non deve essere mai per nessuno la via per risolvere le difficoltà”, ha ammonito il Pontefice.

“Il problema è anzitutto umano! Invito, a guardare il volto dell’altro e a scoprire che egli ha un’anima, una storia e una vita e che Dio lo ama come ama me”, ha concluso il Papa.

Parole che purtroppo restano inascoltate in troppi Paesi del mondo.

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Italia


Il Card. Bagnasco ai media: non dimenticate "i valori dell'anima"
Durante la Messa per la Festa di san Francesco di Sales, patrono dei giornalisti

ROMA, domenica, 24 gennaio 2010 (ZENIT.org).- I media devono sempre ricordare il loro ruolo edificante e non dimenticare “i valori dell’anima”. Lo ha detto questa domenica il Cardinale Angelo Bagnasco nella Messa per la Festa di san Francesco di Sales, patrono dei giornalisti e della stampa cattolica, presieduta al Teatro delle Vittorie di Roma, in presenza del personale della Rai.

In questa occasione l'Arcivescovo metropolita di Genova e Presidente della Conferenza Episcopale Italiana CEI) si è interrogato su cosa devono fare i media per rimanere fedeli alla loro missione in un mondo come quello odierno, dove rapidi sono i mutamenti e innumerevoli le potenzialità.

“Credo che non dobbiamo mai perdere il gusto e la passione di costruire – ha detto –. Costruire che cosa? La 'casa'! Sappiamo che l’uomo non può vivere senza una casa, un luogo dove stare fa bene all’anima e rigenera le energie per vivere”.

“Qui sta un punto essenziale: ogni uomo vive inesorabilmente la sua vita, l’unica che ha, come una partita senza rivincita. E nessuno vuole perdere, né deve volerlo! Ma perché questa vocazione originaria sia aiutata serve una casa”.

“E la vera, più radicale casa – ha sottolineato – non è tanto quella di pietre ma quella fatta dagli uomini: il loro modo di guardarsi, di concepire il mondo, di pensare la vita e la morte, la gioia e la sofferenza, il lavoro e la società”.

“In una parola, non sono le cose che si hanno e che si conoscono che costruiscono la casa ma il senso, la loro comprensione, il giudizio di valore”, ha poi aggiunto.

Tuttavia, oltre alla casa, “l’uomo ha bisogno della 'strada', vale a dire di conoscere ciò che accade oltre di lui e che gli interessa e lo riguarda perché si riconosce dentro ad una storia più grande che è quella del mondo”.

“Per questo la strada deve entrare nella sua casa – quasi diventare ambiente – ma non in modo selvaggio, sebbene il più possibile rispettoso, cercando con responsabilità di scegliere e di coniugare, tra ciò che è notiziabile, quanto è più necessario, utile, buono”.

“Allora la casa non sarà ridotta a mercato, e la strada dell’informazione potrà umilmente gioire di partecipare alla costruzione di una dimora più umana”, ha commentato.

Il porporato ha poi invitato gli operatori della comunicazione a non dimenticare “i valori dell’anima”: “né la casa né la strada possono riempire il cuore e soddisfare la vita. Lo spirito umano è irriducibile alla dimensione del mondo: trascende se stesso e l’orizzonte sensibile, è attratto dalla totalità”.

“Ricordiamo: senza la strada la casa dell’uomo è una prigione, senza il Cielo diventa soffocante”, ha esclamato.

Come lo stesso Papa non si stanca mai di ripetere, ha continuato, “i media possono incupire, ma possono anche illuminare; possono indurire, ma anche sciogliere; possono distruggere – e ne abbiamo frequenti esempi! – ma possono anche edificare”.

Inoltre, non bisogna mai dimenticare “il cuore del Cristianesimo”, che è “la gioia”.

“Dio non è geloso delle sue creature – ha detto il Cardinale Bagnasco –, e non nega la vita: al contrario, la fede è amica dell’uomo, della sua libertà, della ragione, dell’amore. Essa insegna la via della gioia”.

“Proprio per questo il Vangelo, nella sua interezza, è un’affascinante avventura e indica una misura alta”, ha quindi concluso.

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In linea il sito per "Testimoni Digitali"
Sul convegno che prepara la Chiesa in Italia
ROMA, domenica, 24 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Da questa domenica, 24 gennaio, giorno in cui si celebra la festa di San Francesco di Sales, è in linea il sito internet del convegno nazionale “Testimoni Digitali. Volti e linguaggi nell’era crossmediale” (www.testimonidigitali.it) della Chiesa in Italia.

Il convegno è promosso dalla Commissione episcopale per la comunicazione e la cultura ed organizzato dall'Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali e dal Servizio nazionale per il progetto culturale della Conferenza episcopale italiana (Cei).

Nel sito sono disponibili informazioni circa la modalità di iscrizione al convegno e di partecipazione all'udienza con Benedetto XVI del 24 aprile 2010.

Nel sito è possibile visualizzare il programma, i contenuti audio e video e gli approfondimenti sulle tematiche del convegno che si terrà a Roma dal 22 al 24 aprile 2010.

Nell’area “mediacenter” sono disponibili i servizi giornalistici e gli approfondimenti di Avvenire, Tv2000, Radio InBlu e i lanci dell’Agenzia Sir.

Il sito internet è sviluppato dall’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali e dal Servizio informatico della Cei.

Il sito utilizza le opportunità offerte dai social network ed è suddiviso in diverse aree e sezioni multimediali, compresa la pagina web dell’ufficio stampa dalla quale sarà possibile effettuare l’accreditamento on line per i giornalisti e gli operatori delle comunicazioni sociali.

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Tutto Libri


La Basilica di Santa Maria Maggiore e la "via pulchritudinis"
La bellezza della fede di Maria spiegata in un libro

di Antonio Gaspari

ROMA, domenica, 24 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Il pellegrinaggio verso la fede in Dio ha una via privilegiata che è quello della bellezza. E chi potrebbe guidare questo pellegrinaggio, meglio conosciuto come “via pulchritudinis”, se non Maria, “la tota pulchra” icona della bellezza?

Per documentare e spiegare una tappa della “via pulchritudinis” attraverso la fede in Maria, la San Giorgio Editrice, presenterà il prossimo 28 gennaio alle ore 18,00 all'Ambasciata di Spagna presso la Santa Sede (Piazza di Spagna,57), il volume: “Basilica di Santa Maria Maggiore, fede e spazio sacro”.

La presentazione si aprirà con i saluti del Cardinale Bernard Francis Law, Arciprete della Basilica di Santa Maria Maggiore, di Francisco Vasquaez Y Vasquez, Ambasciatore di Spagna presso la Santa Sede e del sindaco di Roma Gianni Alemanno.

Seguiranno gli interventi del Cardinale Giovanni Lajolo, Presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, di Gianni Letta, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, di Maria Teresa Verda Scajola, storica dell’Arte, e di Maurizio Galletti, Soprintendente ai Beni Architettonici del Lazio.

Concluderà monsignor Bronislaw Morawiec, Canonico Camerlengo di Santa Maria Maggiore. L’incontro sarà moderato da Albina Francesca Masconi, amministratore delegato della San Giorgio Editrice.

Santa Maria Maggiore è la prima basilica romana non voluta da un imperatore, o dal suo entourage politico o familiare, ma da un Papa, Sisto III (432-440).

In una Roma che nel V secolo aveva ancora una grande popolazione pagana, Papa Sisto III fece edificare la Basilica con moduli di derivazione classica e ancora oggi Santa Maria Maggiore è quella che maggiormente conserva la prospettiva semplice e lineare della primitiva costruzione paleocristiana, nonostante le alterazioni e le trasfigurazioni subite nei secoli.

Il luogo dove è costruita è fortemente simbolico, perchè è quello che la stessa Vergine avrebbe indicato a Papa Liberio (352-366).

Molto importante anche l’anno di inizio dei lavori della Basilica che è il 432, esattamente un anno dopo il Concilio di Efeso, svoltosi nel 431.

Fu infatti al Concilio di Efeso che venne discussa e riconosciuta in maniera manifesta Maria come Madre di Dio, perché genitrice dell’unica persona divina di Gesù. Un riconoscimento che mise fine un freno alle eresie che non credevano al Cristo come figlio di Dio.

Nell’introduzione al volume, il Cardinale Bernard Francis Law rileva che l'opera “oltre alla dimensione storica ed artistica” approfondisce anche “la dimensione religiosa della Basilica: la vita liturgica, ecclesiale e la pietà mariana vissuta dai cristiani nel primo tempio dedicato alla Santa Madre di Dio nel mondo occidentale”.

E questo è per i credenti “un valido contributo per una migliore conoscenza ed un esemplare confronto con la fede e la filiale devozione mariana di tante generazioni cristiane”.

“E per quelli che sono in ricerca o non sono credenti, ma sensibili alle più alte espressioni dello spirito umano, - ha aggiunto il porporato - possa essere un invito, magari per la 'via pulchritudinis', per il fascino della bellezza, ad aprirsi a Dio per incontrare in Lui la sorgente prima ed ultima della bellezza”.

“Di quella bellezza che è riflessa sul volto di suo Figlio Gesù e di sua Madre, la 'tota pulchra' Maria”, conclude il Cardinale Law.

L’editrice San Giorgio ha fatto sapere a ZENIT che attraverso questa prestigiosa pubblicazione “si intende mostrare la grandezza della Basilica di Santa Maria Maggiore, proponendo, pagina dopo pagina, la bellezza artistica, la fede, l’arte, la storia e la spiritualità”.

Il cuore della pubblicazione è il percorso spirituale e Editore ha voluto fornire una chiave di lettura diversa, offrendo l’opportunità di vivere realmente l’interno di questo spazio sacro.

“Come in un pellegrinaggio il lettore, passo dopo passo, ambiente dopo ambiente, opera dopo opera, segue un cammino di fede e di conoscenza del divino e del bello”.

La prima parte del volume è dedicata al rapporto tra fede e spazio sacro con al centro il culto della Vergine.

L’ultima parte del libro riguarda la storia della Basilica, ripercorrendo le tappe fondamentali della sua evoluzione: dalle origini alle trasformazioni che si sono susseguite nell’arco dei secoli.

Nel complesso la Basilica papale viene descritta come testimonianza della fede cristiana e come archetipo dell’architettura religiosa.

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Bioetica


La cura dei prematuri

di Carlo Bellieni*

ROMA, domenica, 24 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Negli ultimi anni si è assistito in tutto il mondo ad una vera e propria epidemia di nascite premature. All’incirca si è avuto un incremento del 20% negli ultimi venti anni, che non è poco, ma tantissimo. La prematurità è un fattore di rischio per la vita e per la salute: certo, tanti sono sani, ma anche è vero che tanti muoiono. Ne nascono 13 milioni all’anno nel mondo e un milione muore. Negli USA si spendono ogni anno circa 26 mila milioni di dollari per la cura dei prematuri.

La prematurità è stranamente in aumento, perché la medicina fa passi da gigante e le possibilità di copertura sanitaria sono sempre migliori. Perché aumenta allora, tanto da dover far creare nuovi reparti o da far trasportare d’urgenza i piccoli da un ospedale all’altro alla ricerca di posti liberi?

La storica associazione March of Dimes che si occupa proprio di prematuri, identifica tre cause: l’aumento della età materna, le nascite gemellari aumentate in seguito ai trattamenti per la fertilità e le nascite moderatamente premature, spesso associate all’aumento di tasso di tagli cesarei.

L’età materna media è in costante aumento nei Paesi occidentali, per una serie di cause tra cui la necessità di rimandar la maternità per finire gli studi e trovare lavoro, e per un fenomeno culturale che mette figli e famiglia in secondo piano rispetto a quella che viene pubblicizzata come “vita vera”, che sarebbe quella legata al divertimento e all’assenza di legami. Ma questo fenomeno non è senza conseguenze. Infatti con l’aumentare dell’età materna i figli arrivano meno facilmente, fino a punte bassissime dopo i 40 anni, età spesso pubblicizzata su certi giornali fino ad una banalizzazione dell’idea che si possa far figli a qualunque età.

D’altronde i trattamenti per la fertilità spesso inducono il concepimento e la gravidanza con molti gemelli che inevitabilmente nasceranno prematuri. Il problema forse risiede nel fatto che tanto si parla sui media di come non-fare figli o di come correre ai ripari, e tanto poco si parla di come invece evitare di restare sterili. E’ una forma di pudore inverso: pagine e pagine sugli anticoncezionali e silenzio sull’importanza di avere figli e averli al momento giusto.

E’ terribile che di questa epidemia non si parli: comporta grosse spese agli Stati e grossi rischi per la salute pubblica. Ma evidentemente per parlarne in Italia come in USA o in Francia, si dovrebbe infrangere il tabù politicamente corretto di parlare dell’importanza della famiglia e dei figli sin dai banchi di scuola, e questo non è popolare in una certa cultura.


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* Il dottor Carlo Bellieni è Dirigente del Dipartimento Terapia Intensiva Neonatale del Policlinico Universitario "Le Scotte" di Siena e membro della Pontificia Accademia Pro Vita.

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Angelus


Benedetto XVI: la comunione dei cristiani rende più credibile l'annuncio
Discorso introduttivo alla preghiera dell'Angelus

CITTA' DEL VATICANO, domenica, 24 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo il discorso che Benedetto XVI ha pronunciato questa domenica in occasione della preghiera mariana dell'Angelus, recitata insieme ai fedeli e ai pellegrini presenti in piazza San Pietro.

 



* * *

Cari fratelli e sorelle!

Tra le letture bibliche dell’odierna liturgia vi è il celebre testo della Prima Lettera ai Corinzi in cui san Paolo paragona la Chiesa al corpo umano. Così scrive l’Apostolo: "Come il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo. Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito" (1 Cor 12,12-13). La Chiesa è concepita come il corpo, di cui Cristo è il capo, e forma con Lui un tutt’uno. Tuttavia ciò che all’Apostolo preme comunicare è l’idea dell’unità nella molteplicità dei carismi, che sono i doni dello Spirito Santo. Grazie ad essi, la Chiesa si presenta come un organismo ricco e vitale, non uniforme, frutto dell’unico Spirito che conduce tutti ad unità profonda, assumendo le diversità senza abolirle e realizzando un insieme armonioso. Essa prolunga nella storia la presenza del Signore risorto, in particolare mediante i Sacramenti, la Parola di Dio, i carismi e i ministeri distribuiti nella comunità. Perciò, è proprio in Cristo e nello Spirito che la Chiesa è una e santa, cioè un’intima comunione che trascende le capacità umane e le sostiene.

Mi piace sottolineare questo aspetto mentre stiamo vivendo la "Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani", che si concluderà domani, festa della Conversione di San Paolo. Secondo la tradizione, nel pomeriggio celebrerò i Vespri nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, con la partecipazione dei Rappresentanti delle altre Chiese e Comunità ecclesiali presenti a Roma. Invocheremo da Dio il dono della piena unità di tutti i discepoli di Cristo e, in particolare, secondo il tema di quest’anno, rinnoveremo l’impegno di essere insieme testimoni del Signore crocifisso e risorto (cfr Lc 24,48). La comunione dei cristiani, infatti, rende più credibile ed efficace l’annuncio del Vangelo, come affermò lo stesso Gesù pregando il Padre alla vigilia della sua morte: "Che siano una sola cosa … perché il mondo creda" (Gv 17,21).

Infine, cari amici, desidero ricordare la figura di san Francesco di Sales, la cui memoria liturgica ricorre il 24 gennaio. Nato in Savoia nel 1567, egli studiò il diritto a Padova e a Parigi e, chiamato dal Signore, divenne sacerdote. Si dedicò con grande frutto alla predicazione e alla formazione spirituale dei fedeli, insegnando che la chiamata alla santità è per tutti e che ciascuno – come dice san Paolo con il paragone del corpo – ha il suo posto nella Chiesa. San Francesco di Sales è patrono dei giornalisti e della stampa cattolica. Alla sua spirituale assistenza affido il Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, che firmo ogni anno in questa occasione e che ieri è stato presentato in Vaticano.

La Vergine Maria, Madre della Chiesa, ci ottenga di progredire sempre nella comunione, per trasmettere la bellezza di essere una cosa sola nell’unità del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.

[Il Papa ha poi salutato i pellegrini in diverse lingue. In Italiano ha detto:]

Ieri, a Barcellona, è stato proclamato Beato José Samsó i Elías, sacerdote e martire catalano, ucciso durante la guerra civile. Da vero testimone di Cristo, morì perdonando i suoi persecutori. Per i sacerdoti, specialmente per i parroci, egli costituisce un modello di dedizione alla catechesi e alla carità verso i poveri.

Infine saluto con affetto i pellegrini di lingua italiana, in particolare i ragazzi della Diocesi di Milano, che a Pentecoste faranno la professione di fede, e quelli della parrocchia di San Romano in Roma, che si preparano alla Cresima; come pure i fedeli di Avellino, Gubbio e Cecchina, e il gruppo della Banca di Piacenza. Rivolgo uno speciale saluto alle famiglie del Movimento dell’Amore Familiare e a quanti questa notte hanno vegliato nella chiesa di San Gregorio VII pregando per soluzioni giuste e pacifiche dei problemi dell’immigrazione. A tutti auguro una buona domenica.

[© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana]

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