MILANO - Un giudice donna di Manchester ha deciso di non sbattere in cella un transessuale, accusato di aver scaricato materiale pedopornografico sul suo computer, perché convinta che il carcere sarebbe stata un'esperienza troppo dura per la ventenne Laura Voyce, nata Luke. Dopo essere stata riconosciuta colpevole di ben 14 capi d'imputazione, fra cui l'acusa di aver scaricato illegalmente materiale sessuale classificato di grado 4 (ovvero, il secondo peggiore come livello di gravità), la ragazza avrebbe, infatti, dovuto scontare nove mesi di galera, ma la sua delicata condizione (biologicamente, è ancora un uomo, anche se legalmente è già considerata donna, vista la richiesta di cambio sesso) ha spinto il giudice Lesley Newton ad optare per la scarcerazione (con pena sospesa per un anno, 100 ore di lavori socialmente utili e l'iscrizione nel "Sex Offenders' Register" per cinque anni) per evitarle di finire in una prigione maschile, dove avrebbe vissuto un autentico inferno.
«Prendo queste accuse molto seriamente – ha spiegato il giudice – perché ci troviamo di fronte a bambini veri, vittime di abusi mostrati a tutti. Onestamente, meriteresti di andare in prigione, ma non me la sento di mandarti perché penso che il carcere sarebbe un'esperienza terribile e non so come potresti essere al sicuro in un ambiente del genere, pur con le migliori intenzioni di coloro che gestiscono tali strutture». Il materiale pedopornografico che ha incastrato la Voyce (che oggi è fidanzata e prossima al matrimonio e abita nel Merseyside) venne scoperto nel 2008, quando lei viveva ancora a Withington, vicino Manchester, durante una perquisizione nel suo computer nell'ambito di un'altra inchiesta. All'epoca, Laura-Luke si difese sostenendo che quelle immagini le servivano per scendere a patti con la sua infanzia travagliata. La stessa tesi sostenuta anche dal suo legale durante il dibattimento in aula. «La mia cliente ha sofferto per tutta la gioventù di insicurezze sessuali legate alla sua condizione - ha spiegato l'avvocata Kay Driver - che l'hanno portata ad isolarsi e ad essere vittima di episodi di bullismo, oltre che a sviluppare una mancanza di rispetto per il proprio corpo tale da spingerla a farsi usare dagli altri. Eppure ha mantenuto la sua innocenza, pur sapendo bene i danni causati da questi reati. Ecco perché mandarla in una prigione maschile la renderebbe estremamente vulnerabile».
E se il ministro della Giustizia ha appoggiato la sentenza del giudice Newton («le decisioni sulla destinazione dei prigionieri transessuali sono prese dopo attenta valutazione dei rischi e solo alla luce di circostanze particolari», ha detto il suo portavoce al Daily Mail, le associazioni che difendono i bambini vittime di abusi hanno, invece, reagito con rabbia. «Questa sentenza è completamente assurda – ha detto Michelle Elliott, fondatrice di Kidscape – perché sottintende un messaggio del tutto sbagliato, ovvero che i sentimenti di un transessuale sono più importanti delle emozioni vissute dai bambini che hanno subìto i terribili abusi visti nelle immagini. La Voyce sarebbe dovuta andare in prigione, perché non esistono "circostanze particolari" nei casi di abusi su minori». «Sembra quasi che il giudice abbia messo la sensibilità di un condannato al di sopra della preoccupazione per le vittime di questi vili comportamenti – le fa eco sul Daily Express Peter Saunders, amministratore delegato della National Association for People Abused in Childhood – e per questo motivo noi siamo assolutamente esterrefatti di fronte a tale sentenza, che dà un messaggio totalmente sbagliato. Il fatto che l'accusato fosse un transessuale non avrebbe dovuto avere alcuna incidenza sulla decisione della corte, stante la gravità del crimine commesso».
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