Chi sono davvero gli insorti contro Gheddafi? A distanza di oltre un mese dall'inizio della rivoluzione del 17 febbraio è ancora difficile dirlo, conferma l'accademico italo-libico Karim Mezran, direttore del Centro Studi Americani a Roma e docente alla Johns Hokpins University. "I nomi che si fanno sono sempre gli stessi - evidenzia Mezran, riferendosi ai rappresentanti più noti del Consiglio nazionale transitorio di Bengasi - degli altri si dice che non li si vuole identificare per non metterli in pericolo, ma è dubbio che esistano effettivamente. Poi vi sono i transfughi e i disertori dal regime di Gheddafi, ma figure indipendenti non mi pare che siano emerse".
Non sono monarchici né fondamentalisti islamici - Mezran si dice scettico anche sull'effettiva esistenza di una componente monarchica fra gli oppositori del Raìs ("nessuno vuole la monarchia dopo 40 anni di repubblica"), mentre sulla presenza di quella islamica il quadro è più articolato. "In Cirenaica - osserva - è presente più che in Tripolitania, che pure ha avuto una re-islamizzazione negli ultimi 6-7 anni". Ma "altra cosa è parlare di radicalizzazione violenta del movimento", anche se vi sono ancora, precisa, alcune centinaia di elementi che erano vicini ad al Qaeda, che furono sconfitti e incarcerati da Gheddafi, e di recente rilasciati. In ogni caso non vi sarebbero rischi di radicalismo, secondo Mezran, se si organizzasse un movimento di Fratelli Musulmani e venissero democraticamente coinvolti in un governo di unità nazionale: "Ben venga la partecipazione - dice - tenerli fuori sarebbe una follia".
Rivolta pilotata da Francia e Regno Unito - Di certo di islamici non ce n'erano all'inizio delle rivolte, come non vi erano spinte alla divisione tra le componenti tribali. Prima cioè che "Francia e Gran Bretagna si inserissero per pilotare il movimento, che certo non potrebbe mai farcela da solo, per sfilar via la Libia all'Italia".
No alle divisione della Libia - Ma ora il rischio peggiore che si profila all'orizzonte, avverte, è quello di una divisione del Paese tra Tripolitania e Cirenaica: cosa che favorirebbe la nascita di due dittature - rileva ancora Mezran - ognuna delle quali sostenuta dalla paura del nemico interno e bloccata nello sviluppo a causa di una comune difficoltà di accesso e utilizzo delle risorse. Il migliore degli scenari possibili, conclude lo studioso, "è che la diplomazia internazionale convinca Gheddafi a lasciare e si crei un governo pluralista di unità nazionale: un governo che deve avere base a Tripoli, e che da lì sappia avviare un dialogo, su basi paritarie, con Bengasi".
Via | Tiscali
Nessun commento:
Posta un commento