Jean de La Bruyère | 16 agosto 1645 10 maggio 1696 | Quiete morale |
| | | | | | | | | Jean de La Bruyère nasce a Parigi il 16 agosto 1645. Di estrazione borghese, il futuro scrittore e moralista, nel 1684, viene assunto dal Gran Condè come precettore del nipote, il duca Luigi II di Borbone-Condè, il tutto grazie a una raccomandazione del vescovo Jacques Bènigne Bossuet. La vita di La Bruyère si svolge quindi a contatto con i nobili, parca di soddisfazioni e per molti aspetti umiliante. Il contatto con l'ambiente nobiliare e mondano gli permette di accumulare materiale per la stesura de "I caratteri di Teofrasto, tradotti dal greco con i caratteri o costumi di questo secolo" (Les caractères de Thèophraste, traduits du grec, avec les caractères ou les moeurs de ce siècle). Pubblicato nel 1688, il lavoro ha un enorme successo. La parte originale, posta in appendice alla traduzione di Teofrasto, ma che è anche la più importante, consiste in massime e brevi ritratti che analizzano i vari comportamenti umani. L'opera ha anche forti contrasti: in alcuni passaggi l'autore vuole indicare personaggi famosi del tempo; La Bruyère inoltre assume una netta posizione a favore degli "anciens" nella querelle tra antichi e moderni. I "Caratteri" non hanno una precisa strutturazione, nè presentano una dottrina sistematica, ma offrono ritratti che spiccano per acuto spirito satirico e intenso respiro morale. Lo stile utilizzato nell'opera è originale, rapido e vario, fondato sull'uso di una larga gamma di strumenti espressivi e su un calcolo preciso degli effetti. Nel campo della critica letteraria La Bruyère è fautore di un dogmatismo di tipo classicista, temperato dalla consapevolezza dell'evoluzione della lingua e della letteratura. Il francese mescola l'analisi dei costumi dell'epoca con esemplificazioni storiche di stereotipi eterni e universali, e con una critica sociale e politica ardita, che apre la strada alla confutazione razionalistica delle istituzioni, ponendo la logica e l'ironia al servizio di sentimenti di giustizia e di umanità. Negli ultimi anni di vita interviene anche nella controversia tra Fènelon e Jacques Bènigne Bossuet a proposito del quietismo - dottrina mistica, che ha lo scopo di indicare la strada verso Dio e la perfezione cristiana, consistente in uno stato di quiete passiva e fiduciosa dell'anima - cominciando a stendere gli incompiuti "Dialoghi sul quietismo". Jean de La Bruyère muore a Versailles il 10 maggio 1696.
| | «Farsi un nome con un'opera perfetta non è così facile come far valere un'opera mediocre con il nome che ci si è già fatti.» | | «Gloria e merito di alcuni è scrivere bene; e di altri non scrivere affatto.» | | «Alcuni in gioventù hanno imparato un certo mestiere, per esercitarne un altro, diversissimo, tutta la vita.» | | «Accade talvolta che una donna nasconda a un uomo tutta la passione che prova per lui, mentre lui, dal canto suo, finge per lei tutta la passione che non sente.» | | «Alle donne costa poco dire ciò che non sentono; costa ancor meno agli uomini dire ciò che sentono.» | | «Amore e amicizia si escludono a vicenda.» | | «Ci sono occasioni nella vita in cui la verità e la semplicità sono il più abile maneggio.» | | «Coloro che, senza conoscerci abbastanza, pensano male di noi, non ci fanno torto; non attaccano noi, ma il fantasma creato dalla loro immaginazione.» | | «Crediamo un tale nostro zimbello: se finge di esserlo, chi lo è di più, lui o noi?» | | «Gli uomini, per lo più, adoperano la miglior parte della loro vita a rendere l'altra miserabile.» | | | il giorno 16 agosto il giorno 10 maggio |
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