| Riporto una testimonianza dal libro "Morti Bianche" di Samanta Di Persio disponibile sul blog a prezzo libero. "Quando ho perso il mio papà avevo 20 anni, mio fratello più piccolo 17 e il maggiore 23. Non si è mai pronti alla scomparsa di un genitore, specie quando si è giovani e soprattutto quando la persona cara viene a mancare in modo violento. Domenico Bonan, mio padre, è morto dopo nove mesi dalla scoperta di un tumore ai polmoni. A ottobre del 1999, a seguito di una tosse che gli toglieva il respiro, siamo andati da un medico pensando fosse una banale bronchite, ma scoprimmo la tragica notizia del cancro. Gli furono diagnosticati tre mesi di vita, ma se avesse accettato di fare la chemioterapia il dolore sarebbe stato meno acuto e avrebbe vissuto un po' più a lungo. La posizione del cancro fra i due polmoni non permetteva un intervento chirurgico. Riuscirono a tenerlo in vita altri sei mesi. A luglio del 2000 ci lasciò, all'età di 56 anni. ... [continua]
| | di Luigi Fatini (Voti: 14) leggi il post Faccio il poliziotto da 23 anni. Oggi è davvero difficile fare questo mestiere, una parte degli italiani ci etichetta come parassiti e fannulloni e l'altra parte come fascisti e violenti. Nel 1985 leggevo nei manifesti celebrativi della festa della Polizia di quell'anno lo slogan "insieme tra la gente". Erano passati pochi anni dalla smilitarizzazione,si stava uscendo dagli anni bui del terrorismo, ero fiero ed orgoglioso di servire lo Stato, convinto che con tale termine non s'intendeva solo l'apparato istituzionale, ma tutto il popolo italiano. Ero convinto che "insieme tra la gente" non fosse solo uno slogan ma che fosse già una realtà. Forse l'entusiasmo della mia giovane età mi faceva vedere una società che non esisteva, ma sicuramente oggi il disincantamento è enorme. Continuerò a servire lo Stato, tenendo fede al giuramento fatto, ma oggi al termine Stato assegno un significato diverso rispetto a quello di 23 anni fa... | | di T. L. Il mondo senza più armi nucleari. Un'illusione? L'era delle armi atomiche s è aperta nel 1945, con Hiroshima e Nagasaki. Avrebbe potuto iniziare due o tre anni prima. Gli scienziati nazisti erano sul punto di realizzarla e vennero ritardati dal loro odio per gli scienziati ebrei, fondamentali in quel campo, e dalle azioni di commando degli alleati. Immaginiamo, comunque, cosa avrebbe potuto succedere se Hitler avesse potuto contare sulla Bomba. Tornando alla domanda, è possibile pensare realisticamente di chiudere l'era del terrore nucleare? La gente comune, di certo assolutamente contraria alle armi atomiche, può essere convinta che è un obiettivo realistico, che prima o poi si può raggiungere? Se non ce ne convinceremo, è ovvio che non faremo nulla, perché ci si mobilita solo su obiettivi che si pensa di poter realizzare. Ora, da qualche tempo c'è un'iniziativa che punta alla totale eliminazione delle armi nucleari nel mondo. Non solo per ridurne il numero, poiché questo è già stato realizzato dagli accordi Usa-Urss del passato. Proprio per distruggerle e per impedire che possano essere fabbricate. La premessa è che, a parte Usa e Russia, ci sono già altri 6 paesi che le possiedono - Gran Bretagna, Francia, Cina, India, Pakistan e Israele - e uno, l'Iran, che sta per acquisirla. Il problema è che l'iniziativa è stata presa da persone che difficilmente possono persuadere le "masse popolari". Si tratta di Henry Kissinger e George Shultz, due ex-segretari di Stato americani, rispettivamente dei presidenti Reagan e Nixon, e da due politici americani meno conosciuti (Bill Perry e Sam Nunn). Lo hanno fatto con un articolo sul «Wall Street Journal» nel gennaio 2007, cui ne è seguito un secondo nel gennaio 2008. La cosa è seria, i quattro propongono l'eliminazione di tutte le armi nucleari e l'adozione dei trattati che ne impediscano la proliferazione. Un obiettivo che dovrebbe interessare tutti. Però le reazioni sono state scarse. Non si è innescato un dibattito, non ci sono state manifestazioni d'appoggio, non si sono scaldati i cuori. Intendiamoci, non sorprende. L'estrazione dei promotori non favorisce la mobilitazione e la condivisione dell'iniziativa a livello popolare. Infatti, le poche prese di posizione favorevoli sono venute a livello di personalità singole (ad esempio, Gorbaciov), o di istituzioni (il premier britannico Gordon Brown, il ministero della Difesa inglese). E chi mai si comprometterebbe ad appoggiare queste istituzioni? Vedo male, ad esempio, le nostre forze politiche compromettersi in questo senso. Eppure. A sorpresa il 24 luglio scorso il «Corriere della Sera» ha pubblicato un appello in appoggio all'iniziativa di Kissinger e soci con firme sorprendenti. Si tratta di Massimo D'Alema, Gianfranco Fini, Giorgio La Malfa, Arturo Parisi e Francesco Calogero. I cinque propongono che l'Italia, ma anche l'Europa, appoggino l'iniziativa. Ovviamente, l'articolo non ha per ora prodotto nulla, il dibattito non si è acceso, i cuori nemmeno. Resta la questione: l'obiettivo è sacrosanto, i compagni di strada, almeno per ora, piuttosto improbabili. Ma non varrebbe la pena che le forze pacifiste, troppo spesso schierate in passato solo per combattere i nemici di sempre, Usa e Israele, si mobilitassero per fare proprio questo obiettivo e aprire un fronte mondiale per la totale eliminazione delle armi nucleari? Proviamo a pensarci. Un abbraccio fraterno di R. R. L'8 agosto 2008 sono iniziate le Olimpiadi in Cina, un avvenimento pieno di contenuti simbolici, sia di tipo sportivo che di tipo politico, oltre ad essere un grosso affare commerciale. Secondo il significato attribuito ai giochi nell'antichità, avrebbe dovuto essere anche un periodo di tregua e di pace e di fratellanza per il mondo, un sogno utopistico mai concretizzato sia in passato e neppure oggi, tenuto in alcun conto. Il conflitto sanguinoso scoppiato in Ossezia, contemporaneamente all'apertura dei giochi, ne è la prova non contestabile. Tutto questo rientra nella farsa che si gioca sulla pelle della gente, enfatizzando in modo scandaloso dei principi ai quali, proprio chi li enfatizza, non da il minimo peso. Per attenuare questa cocente delusione è allora salutare cercare di separare le varie componenti di questo evento, per individuare le motivazioni nascoste e ragionando autonomamente, per spuntare le armi utili per il lavaggio del nostro cervello. Dal punto di vista sportivo almeno tre sono le speranze legate all'evento. La prima è il duro lavoro svolto da centinaia di atleti, che per quattro anni con sacrifici notevoli hanno coltivato il sogno di poter partecipare e vincere. In questo caso la festa dello sport è la festa del merito, alla luce del sole, ove vince il migliore, un esempio di come dovrebbe essere affrontata la vita da parte di tutti, un esempio che valorizza l'umano orgoglio di essere consapevoli di aver fatto qualche cosa di notevole. Un esempio che oggi sarebbe più che mai da seguire, proprio perché il merito ,specie in Italia, è spesso considerato non un pregio ma un difetto. La seconda speranza è quella che il risveglio dell'orgoglio nazionale per i successi degli atleti possa infondere fiducia nei cittadini e li stimoli ad affrontare con maggiore forza le difficoltà di ogni giorno, insomma se loro vincono, abbiamo vinto tutti. La terza speranza è quella commerciale degli organizzatori, che viaggiando sulla testa di tutti, punta ad ottenere il massimo profitto economico per il solo fatto che influisce sulle scelte di centinaia di milioni di consumatori. E' dunque anche una festa per il consumismo, per la moda, per l'effimero e per i bilanci delle imprese. Se invece i giochi li vogliamo esaminare dal punto di vista politico, anche se molti ipocriti si scandalizzano dell'abbinamento, colpisce il fasto crescente associato ad ogni olimpiade che , non essendo a costo zero, ha certamente più il sapore di un massiccio investimento, che l'altruistico desiderio di festeggiare l'evento. Ci si illude di mettere in difficoltà questo colosso agitando le bandiere dei diritti umani, senza tener conto che di questi diritti umani non solo la Cina se ne infischia, ma che proprio coloro che li manifestano in ogni paese dovrebbero esaminare a casa propria se questi diritti umani sono tenuti in conto. E poi, altro che diritti umani, quando si tratta di fare affari, anche il diavolo è una persona rispettabile. Ma sperare che la Cina li applichi, come viene auspicato, non solo è una illusione da poeti, ma dimostra di non aver capito nulla della politica che oggi viene portata avanti da questo paese. I diritti umani, impongono di rispettare la democrazia, cioè un metodo che valorizza l'individuo come elemento singolo e non la massa . Ma il potere cinese ha la sua forza non nel singolo ma nella massa, e questa massa deve essere ubbidiente e mai e poi mai deve agire individualmente. Questa filosofia non è né originale nè scandalosa perché è applicata da sempre nelle guerre, ove il singolo conta zero, e la vittoria è legata all'obbedienza di tutti ad un solo capo , anche se questo spesso è un folle. Ma non è scandalosa nemmeno in tempo di pace perché tutti sappiamo che i nostri partiti di massa si basano sul rispetto di una ideologia, accettata senza discussioni da tutti e, anche oggi, se qualcuno invoca la democrazia nella struttura di un partito, il minimo che riceve è una risata in faccia. E questa filosofia non è scandalosa nemmeno da un punto di vista pratico perché, gestire una nazione rispettando scrupolosamente la democrazia, è molto più faticoso e costoso e impegna duramente le persone intelligenti, piuttosto che governare in modo autoritario, spesso considerando il paese una azienda personale ove la democrazia è una parola oscena. D'altra parte in casa nostra abbiamo solo una difficoltà di scelta tra coloro di ogni colore politico, che sono riusciti a conquistare una poltrona come difensori della democrazia e poi, una volta sulla poltrona, hanno governato da despoti. | | | | |
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