Per le donne con problemi al cuore migliori risultati nei programmi da cui gli uomini sono esclusi
MILANO - Alcuni istituti stanno rilanciando l'idea delle classi separate per maschi e femmine; un esperimento condotto a Tampa, in Florida, sostiene che il sistema funziona anche nei corsi che vengono seguiti dopo un attacco cardiaco per riprendersi e cambiare stile di vita. «In questi momenti si pensa giustamente alle condizioni del cuore» spiega Carlo Schweiger, che per 15 anni ha diretto il reparto di cardiologia riabilitativa dell'ospedale Passirana di Rho, in provincia di Milano, «ma troppo spesso si trascura l'umore. Invece spesso i pazienti, proprio quando il peggio sembra passato, cadono in uno stato di depressione che può condizionare anche la guarigione». Le donne sembrano più esposte a questo rischio, oltre che meno propense a partecipare ai programmi di riabilitazione.
LO STUDIO - «Abbiamo preso in considerazione 225 donne con malattie delle coronarie per le quali occorreva un cambiamento radicale: smettere di fumare, mangiare meglio, muoversi di più» spiega Theresa Beckie, docente alla facoltà di infermieristica della University of South Florida. «Un gruppo ha seguito un normale programma di rieducazione della durata di tre mesi; l'altro ne ha seguito uno arricchito di colloqui personali per rinforzare la motivazione a cambiare vita e in più ha partecipato a un protocollo di attività fisica dal quale erano esclusi gli uomini». Trovarsi tra sole donne ha funzionato: la depressione, misurata in punti su un'apposita scala, la Center for Epidemiological Studies Depression Scale, è migliorata molto di più. Nelle partecipanti al programma tradizionale il punteggio medio è passato da 16,5 a 14,3; in quello al femminile da 17,3 a 11.
IL COMMENTO - Forse, più del fatto di fare ginnastica da sole, sul risultato finale ha influito il fatto che nel programma sperimentale c'era un approccio più graduale al cambiamento. «Le scelte destinate a modificare lo stile di vita» commenta Schweiger «devono essere maturate in un'alleanza tra medico e paziente che rispetti un percorso progressivo, e questo in entrambi i sessi». La questione, piuttosto, è che perfino nella riabilitazione cardiovascolare le donne sono discriminate: «Ricevono meno cure e vengono inviate meno spesso degli uomini a questi programmi di riabilitazione» sostiene l'esperto. «Probabilmente perché c'è anche da parte loro di tornare il prima possibile alle loro mansioni familiari». Neppure davanti all'infarto siamo arrivati alle pari opportunità
Roberta Villawww.corriere.it
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