domenica 10 gennaio 2010

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ZENIT

Il mondo visto da Roma

Servizio quotidiano - 10 gennaio 2010

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Santa Sede


Il Papa: il mondo ha bisogno di riscoprire la gioia della fede
Nel battezzare nella Cappella Sistina 14 neonati
ROMA, domenica, 10 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Il mondo “che brancola spesso nelle tenebre del dubbio”, ha bisogno di riscoprire la gioia della fede, ha detto questa domenica Benedetto XVI nel battezzare sette bamini e sette bambine nella Cappella Sistina.

E’ “un grande giorno” per questi bambini, ha detto il Papa durante una omelia interrotta a più riprese dai pianti dei neonati. “Con il Battesimo”, ha assicurato, “divenuti partecipi della morte e risurrezione del Cristo, iniziano con lui l’avventura gioiosa ed esaltante del discepolo”.

“Anche ai nostri giorni la fede è un dono da riscoprire, da coltivare e da testimoniare”, ha continuato.

Per questo motivo, il Papa, rivolgendosi ai presenti, in particolare ai padri e ai padrini di Battesimo, ha auspicato che “il Signore conceda a ciascuno di noi di vivere la bellezza e la gioia dell’essere cristiani”.

In questo modo, ha affermato, è possibile introdurre gli altri “alla pienezza dell’adesione a Cristo”.

“È del Battesimo illuminare con la luce di Cristo, aprire gli occhi al suo splendore e introdurre al mistero di Dio attraverso il lume divino della fede”.

In questa luce, ha detto, i bambini potranno “camminare per tutta la vita, aiutati dalle parole e dall’esempio dei genitori, dei padrini e delle madrine”.

“Questi – ha concluso – dovranno impegnarsi ad alimentare con le parole e la testimonianza della loro vita le fiaccole della fede dei bambini, perché possa risplendere in questo nostro mondo, che brancola spesso nelle tenebre del dubbio, e recare la luce del Vangelo che è vita e speranza”.

Successivamente, nel discorso introduttivo alla preghiera mariana dell'Angelus in piazza San Pietro, il Papa si è soffermato sul significato dell’odierna festa del Battesimo del Signore.

Un avvenimento, ha spiegato, che suggerisce bene il “senso globale delle Festività natalizie, nelle quali il tema del diventare figli di Dio grazie alla venuta del Figlio unigenito nella nostra umanità costituisce un elemento dominante”.

“Dio – ha sottolineato – è nato perché noi possiamo rinascere”.

Dal Battesimo, inoltre, deriva anche un modello di società: “quella dei fratelli”. La fraternità, ha avvertito il Papa, “non si può stabilire mediante un’ideologia, tanto meno per decreto di un qualsiasi potere costituito”.
 
“Ci si riconosce fratelli a partire dall’umile ma profonda consapevolezza del proprio essere figli dell’unico Padre celeste”, ha aggiunto.

“Come cristiani, grazie allo Spirito Santo ricevuto nel Battesimo, abbiamo in sorte il dono e l’impegno di vivere da figli di Dio e da fratelli, per essere come 'lievito' di un’umanità nuova, solidale e ricca di pace e di speranza”, ha concluso.

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Benedetto XVI difende i diritti degli immigrati
"Il problema è anzitutto umano!"

ROMA, domenica, 10 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Questa domenica Benedetto XVI è tornato a levare la sua voce in difesa dei diritti degli immigrati, vittime spesso di violenza e sfruttamento.

L'occasione è stata offerta dalla preghiera mariana dell'Angelus in piazza San Pietro, dove il Papa ha parlato della condizione dei migranti, “che cercano una vita migliore in Paesi che hanno bisogno, per diversi motivi, della loro presenza”.

Senza menzionarlo, il Papa è intervenuto in questo modo nel dibattito suscitato dalle proteste e dagli scontri verificatisi negli ultimi giorni a Rosarno, in Calabria. Secondo la questura di Reggio Calabria, delle 53 persone rimaste ferite nella guerriglia urbana scatenatasi nella località, 21 sono immigrati.

Le proteste dei numerosi africani residenti a Rosarno è stata originata dalle condizioni precarie di alloggio e dallo sfruttamento cui sono sottoposti nei lavori agricoli.

“Bisogna ripartire dal cuore del problema! Bisogna ripartire dal significato della persona!”, ha esclamato il Papa.

“Un immigrato è un essere umano, differente per provenienza, cultura, e tradizioni, ma è una persona da rispettare e con diritti e doveri, in particolare, nell’ambito del lavoro, dove è più facile la tentazione dello sfruttamento, ma anche nell’ambito delle condizioni concrete di vita”, ha aggiunto.

“La violenza – ha sottolineato – non deve essere mai per nessuno la via per risolvere le difficoltà”.

“Il problema – ha ribadito poi – è anzitutto umano! Invito, a guardare il volto dell’altro e a scoprire che egli ha un’anima, una storia e una vita: è una persona e Dio lo ama come ama me”.

Nel frattempo, a Rosarno, si è provveduto alla demolizione di alcuni accampamenti occupati fino a due giorni fa da immigrati, mentre sono state svuotate le due ex fabbriche utilizzate dagli extracomunitari come dormitori.

Inoltre, secondo i dati diffusi dalla Questura di Reggio Calabria, 428 immigrati sono stati trasferiti al Centro di prima accoglienza di Crotone, altri 400 al Centro di prima accoglienza di Bari mentre altri 300 hanno lasciato con mezzi propri la Piana di Gioia Tauro a bordo di treni diretti a Nord.





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Il Santo Padre ricorda il dovere di impedire la violenza religiosa
Dopo gli attacchi subiti dai cristiani in tutto il mondo durante le feste natalizie

CITTA' DEL VATICANO, domenica, 10 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Al termine di queste feste natalizie caratterizzate da attentati ai danni di diverse comunità cristiane nel mondo, Benedetto XVI ha fatto appello alle istituzioni politiche e religiose a impegnarsi per far sì che questi avvenimenti non si ripetano più.

In occasione della preghiera dell'Angelus di questa domenca in piazza San Pietro, il Papa ha constatato che “la violenza verso i cristiani in alcuni Paesi ha suscitato lo sdegno di molti, anche perché si è manifestata nei giorni più sacri della tradizione cristiana”.

“Occorre che le Istituzioni sia politiche, sia religiose non vengano meno – lo ribadisco – alle proprie responsabilità”, ha aggiunto.

“Non può esserci violenza nel nome di Dio, né si può pensare di onorarlo offendendo la dignità e la libertà dei propri simili”, ha quindi concluso.

Uno degli ultimi attacchi contri i cristiani si è verificato in Egitto, in occasione della Notte di Natale ortodossa (6 gennaio), nella città di Nag Hamadi. L'attentato terroristico ha provocato la morte di sei cristiani e di una guardia di sicurezza musulmana.

In Malesia, negli ultimi giorni tre chiese protestanti e una cattolica sono state danneggiate. A scatenare la protesta dell’ala fondamentalista del Paese in maggioranza musulmano è stata la decisione presa dai giudici, il 31 dicembre scorso, di consentire anche ai cristiani l’uso della parola “Allah” in riferimento a Dio.

In Iraq, molti cristiani che vivono nel Sud si sono rifugiati nel Nord curdo in cerca di migliori condizioni di vita, anche se di fronte alle enormi difficoltà affrontate si vedono sempre più obbligati ad abbandonare il Paese.

Anche il Natale dei fedeli del Pakistan è stato caratterizzato dal terrore, tanto che la partecipazione alle celebrazioni liturgiche è scesa del 40% rispetto agli altri anni.

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Benedetto XVI: i cattolici americani siano lievito del Vangelo
Nell'udienza alla comunità e agli ex alunni del Pontificio Collegio Americano del Nord

CITTA' DEL VATICANO, domenica, 10 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Incontrandosi con i superiori, gli alunni e gli ex alunni del Pontificio Collegio Americano del Nord, Benedetto XVI ha espresso l'auspicio che questa istituzione possa continuare a formare pastori capaci di rendere i cattolici americani lievito del Vangelo nel loro Paese.

Nell'udienza in occasione dei 150 anni dalla fondazione del Pontificio Collegio Americano del Nord, voluto da Pio IX nel 1859, il Santo Padre si è complimentato con il Collegio che è riuscito in questo tempo a rimanere “fedele alla sua visione fondante”, ovvero “formare lodevoli predicatori del Vangelo e ministri dei sacramenti, devoti al Successore di Pietro ed impegnati nella costruzione della Chiesa negli Stati Uniti”.

Il Pontificio Collegio Americano del Nord ospita seminaristi e presbiteri statunitensi che si recano a Roma per approfondire gli studi. Di questa istituzione fa parte la Casa Santa Maria dell'Umiltà, una casa sacerdotale di studio, dove risiedono coloro che frequentano corsi di specializzazione post-laurea presso le università pontificie o che seguono la sessione primaverile dell'aggiornamento della formazione teologica.

L’incontro, ha sottolineato il Papa, ha offerto anche l’opportunità “di riaffermare l’affezione filiale alla Chiesa di Roma, per ricordare il lavoro apostolico compiuto da numerosi alunni e per impegnarsi nuovamente negli alti ideali della santità, della fedeltà e dello zelo pastorale”.

Benedetto XVI ha quindi ricordato il suo viaggio apostolico compiuto negli Stati Uniti nell’aprile 2008 ed ha richiamato le parole pronunciate allora, quando disse che “la Chiesa in America è chiamata a coltivare 'una “cultura” intellettuale che sia genuinamente cattolica,  fiduciosa  nell'armonia profonda tra fede e ragione e preparata a portare la ricchezza della visione della fede a contatto con le questioni urgenti che riguardano il futuro della società americana'”.

Nel secolo e mezzo trascorso dalla sua fondazione, ha continua il Papa, il Collegio ha offerto ai suoi studenti “un'esperienza eccezionale dell'universalità della Chiesa, dell'ampiezza della sua tradizione intellettuale e spirituale e dell'urgenza del suo mandato di portare la verità salvifica di Cristo agli uomini e alle donne di ogni tempo e luogo”.

Per questo, il Pontefice si è detto infine convinto che “il Collegio continuerà a formare pastori saggi e generosi in grado di trasmettere la fede cattolica nella sua integrità, portando la misericordia infinita di Cristo ai deboli e agli smarriti e permettendo ai cattolici d'America di essere un lievito del Vangelo nella vita sociale, politica e culturale della loro nazione”.

Dal canto suo, il Rettore del Pontificio Collegio Americano del Nord, mons. James Checchio, ha ricordato che nel corso di 150 anni di storia sono stati oltre cinquemila studenti immatricolati e richimando il motto dell’istituto, “Firmum est Cor Meum”, ha ribadito l’impegno di essere “sacerdoti saldi nella sequela di Cristo”.



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Visita del Papa in ospedale al Cardinale Etchegaray
Il porporato caduto in seguito a un incidente nella notte di Natale
ROMA, domenica, 10 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Nella sera di sabato scorso Benedetto XVI si è recato al Policlinico Gemelli per rendere visita al Cardinale Roger Etchegaray, che si trova qui degente in seguito alla frattura riportata nell’incidente all’inizio della celebrazione della notte di Natale e alla successiva operazione chirurgica.

“La visita ha avuto luogo intorno alle ore 19 ed è durata circa mezzora. Essa è stata caratterizzata da un colloquio molto cordiale fra il Papa e il Cardinale in lingua francese”, spiega in un comunicato padre Federico Lombardi S.I., Direttore della Sala Stampa vaticana.

“Il Papa – si legge nella nota – ha espresso il suo interessamento e la sua vicinanza spirituale, e ha potuto rendersi conto di persona del decorso favorevole della degenza e della riabilitazione postoperatoria del Cardinale Etchegaray, le cui condizioni cliniche sono ottime”.

“Mentre durante il colloquio i due interlocutori erano seduti, alla fine il Cardinale ha accompagnato il Papa alla porta camminando”.

“La dimissione dal Policlinico del Cardinale Etchegaray si può quindi prevedere verso la metà della settimana prossima. Il Santo Padre uscendo ha anche salutato alcuni degenti”, spiega padre Lombardi.

Il Cardinale è stato operato il 27 dicembre di artroprotesi totale dell’anca.

Il 3 gennaio padre Lombardi ha confermato che il Segretario personale del Santo Padre, monsignor Georg Gaenswein, ha compiuto in forma riservata una visita a Susanna Maiolo, la giovane con disturbi psichici che ha provocato la caudta del Pontefice nell'incidente in cui è rimasto coinvolto il Cardinale Etchegaray.

In quell'occasione monsignor Gaenswein ha manifestato “l’interessamento del Santo Padre per la sua situazione”.

Il portavoce vaticano ha spiegato che in merito “all’iter avviato dalla magistratura dello Stato della Città del Vaticano, esso seguirà il suo corso fino al suo espletamento”.

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Passi avanti nei negoziati tra Santa Sede e Israele
Si cerca un "accordo globale" sulle questioni fiscali e legali

CITTA' DEL VATICANO, domenica, 10 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Si è conclusa con un bilanico positivo l'ultima riunione della Commissione Bilaterale Permanente di Lavoro tra la Santa Sede e lo Stato di Israele, tenutasi il 7 gennaio scorso.

L'incontro, secondo quanto si legge in un comunicato congiunto, è servito a continuare il lavoro “su un Accordo in conformità all'Articolo 10 §2 del 'Fundamental Agreement' del 1993”, che ha permesso il riconoscimento diplomatico di Israele da parte della Santa Sede.

“I colloqui sono stati utili e si sono svolti in un'atmosfera di cordialità. Sono stati enunciati alcuni temi importanti per i prossimi incontri”, aggiunge la nota.

L’articolo 10 §2 dell’Accordo Fondamentale obbliga le due parti a negoziare un “accordo globale” sullo statuto fiscale della Chiesa in Israele, su questioni riguardanti le proprietà ecclesiastiche e su altri aspetti di natura “economica”.

Questi negoziati, secondo quanto stabilito sin dall'inizio, tengono in considerazione la quasi bimillenaria presenza della Chiesa in Terra Santa.

Secondo il comunicato, il prossimo incontro della Commissione Bilaterale avrà luogo il 10 febbraio nella sede del Ministero degli Affari Esteri Israeliano. La riunione plenaria della Commissione avrà luogo invece il 27 maggio 2010, in Vaticano.

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Il Papa invita i non credenti a cercare la verità senza pregiudizi
L'editoriale di padre Federico Lombardi per "Octava Dies"

ROMA, domenica, 10 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Cercare la verità senza pregiudizi, con una ragione aperta e nello stesso tempo umile. E' questo l’invito che Benedetto XVI ha lanciato più volte ai non credenti e che ha ribadito anche nella Solennità dell’Epifania prendendo spunto dalla ricerca dei Magi.

Padre Federico Lombardi S.I., Direttore della Sala Stampa della Santa Sede, ha compiuto questa riflessione nell'ultimo numero del rotocalco informativo “Octava Dies”, prodotto dal Centro Televisivo Vaticano.

“Avrebbero potuto dire: 'Facciamo da soli, non abbiamo bisogno di nessuno, evitando, secondo la nostra mentalità odierna, ogni “contaminazione” fra la scienza e la Parola di Dio' – ha detto il sacerdote gesuita richiamando le parole del Papa nel giorno dell'Epifania –, invece i Magi perseguono una ricerca di ampio orizzonte, senza pregiudizi, nella prospettiva di un sapere che non si ritiene autosufficiente, consapevole della complessità del mondo e dei diversi significati che lo attraversano”.

Così li ha presentati il Papa come “persone intelligenti e ricercatrici, ma umili e aperte, e quindi anche coraggiose, perché – osserva finemente il Papa – ci vuole coraggio autentico per credere a ciò che è veramente grande, più grande di quanto ci si poteva umanamente aspettare”.

“Il tema del rapporto fecondo e fiducioso fra ragione e fede, dell’apertura della ragione alla fede è un tema antico del pensiero cristiano, ma tornato di grande attualità e richiamato spesso con vigore penetrante dal Papa, tanto da diventare una delle caratteristiche del suo magistero”, ha aggiunto.

Una caratteristica, ha proseguito, che dobbiamo fare nostra e tradurre “con entusiasmo nell’impegno culturale di oggi, in dialogo fiducioso con i cercatori della verità spiritualmente liberi”.

“Nell’anno trascorso vi sono state occasioni scientifiche importanti, come l’anniversario darwiniano e l’Anno dell’astronomia, ma anche tutti i grandi temi toccati dall’enciclica recente sono campo di sfida per una ragione aperta alle esigenze dell’etica e agli interrogativi del senso dello sviluppo umano”, ha aggiunto.

“I Magi tornano con gioia nel loro paese – ha concluso padre Lombardi –. Dobbiamo cercare la verità con gusto, senza aver timore di guardare in alto per ritrovare infine i punti di riferimento adeguati della straordinaria avventura dell’uomo nel mondo”.

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Analisi


Violazioni della libertà religiosa in Turchia
Il 2009, un anno difficile per i cristiani

 

di padre John Flynn, LC

ROMA, domenica, 10 gennaio 2010 (ZENIT.org).- È stato un altro anno difficile per i cristiani in Turchia, che si è chiuso così come si era aperto. Nel mese di dicembre, tre musulmani sono entrati nella chiesa siro-ortodossa di Meryem Ana a Diyarbakir, minacciando di morte il sacerdote Yusuf Akbulut, secondo quanto riferito il15 dicembre da Compass Direct News, un’agenzia stampa specializzata in materia di persecuzioni religiose.

Al sacerdote hanno detto che se il campanile non fosse stato distrutto entro una settimana l’avrebbero ucciso. L’azione sembra essere stata compiuta come forma di ritorsione per il referendum svizzero che aveva sancito il divieto di costruire nuovi minareti per le moschee.

Secondo il servizio, Meryem Ana ha più di 250 anni ed è una delle poche chiese che servono la comunità siriaca in Turchia.

I siriaci sono una minoranza etnica e religiosa in Turchia e sono stati uno dei primi gruppi ad accettare il Cristianesimo, secondo Compass Direct News.

L’anno era iniziato male, con una controversia sulla proprietà terriera di uno dei monasteri cristiani più antichi al mondo, secondo quanto riferito dalla Reuters il 21 gennaio 2009. Il monastero siriaco Mor Gabriel, del V secolo, si trova a Midyat, un villaggio non distante dal confine con la Siria.

“Questa è la nostra terra. L’abbiamo abitata per più di 1.600 anni”, ha dichiarato Kuryakos Ergun, responsabile della Fondazione Mor Gabriel, secondo la Reuters.

I problemi sono sorti quando, nel 2008, i funzionari del Governo turco hanno ridefinito i confini intorno a Mor Gabriel e ai paesi circostanti, nell’ambito di un aggiornamento del catasto dei terreni.

Secondo i monaci, i nuovi confini sottraggono ampi appezzamenti di terra che il monastero ha posseduto da secoli. Inoltre, una parte del terreno del monastero è stato qualificato parco nazionale.

In fuga

Secondo la Reuters, quando Atatürk ha fondato la Turchia, dopo la Prima guerra mondiale, nel Paese vivevano 250.000 siriaci. Oggi ammontano invece a 20.000, poiché molti hanno abbandonato il Paese per fuggire dalle persecuzioni.

Il Wall Street Journal ha pubblicato, il 7 marzo, un lungo articolo sulla questione della proprietà del monastero. L’articolo sottolinea che la controversia emerge in un momento critico per la posizione della Turchia nel negoziato per la sua adesione all’Unione europea.

Il Vescovo del monastero, Timotheus Samuel Aktas presiede su una comunità in continua diminuzione, composta di soli 3 monaci e 14 suore. Nella zona vivono circa 3.000 siriaci.

Il monastero, fondato nel 397, ha una grande importanza simbolica, spiega l’articolo, essendo considerato dai siriaci come una sorta di “seconda Gerusalemme”.

La battaglia prosegue nei tribunali e, configurando un altro collegamento con la Svizzera, il Consiglio federale elvetico ha recentemente adottato una mozione a sostegno del monastero in Turchia.

Secondo un servizio della Assyrian International News Agency, apparso l’8 dicembre, la mozione afferma: “Il Consiglio federale è impegnato ad intervenire con il Governo turco in modo da assicurare che la proprietà dei monasteri siriaci nel sud-est della Turchia continui ad essere salvaguardata e che i diritti delle minoranze assire siano rispettati secondo i criteri di Copenhagen”.

I criteri di Copenhagen consistono in una serie di principi che i Paesi candidati all’adesione all’Unione europea, come lo è attualmente la Turchia, devono rispettare. Tra questi vi è anche il rispetto dei diritti umani e la tutela delle minoranze.

Accuse

Altri momenti di intolleranza hanno contrassegnato la vita dei cristiani in Turchia nel corso degli ultimi 12 mesi. Il 16 ottobre, Compass Direct News ha riferito dei processi a due cristiani, accusati di aver offeso l’Islam.

L’avvocato difensore, Haydar Polat, ha definito il processo una farsa, riferendosi al fatto che nelle udienze, tre dei testimoni dell’accusa avevano ammesso di non conoscere neanche i due cristiani imputati.

Hakan Tastan e Turan Topal erano stati arrestati nell’ottobre del 2006 con l’accusa di aver reso vilipendio all’identità turca e all’Islam, mentre parlavano della propria fede con tre giovani a Silviri, una città a circa un’ora di distanza di auto da Istanbul. Ora, se condannati, rischiano fino a due anni di reclusione.

La questione non è ancora conclusa, poiché la corte ha convocato nuovamente, per il 28 gennaio prossimo, tre testimoni dell’accusa che non si erano presentati in udienza precedentemente.

Il 4 dicembre scorso, Compass Direct News ha poi riferito di un sondaggio dal quale risulta che più di metà della popolazione turca afferma di essere contraria a permettere agli appartenenti ad altre religioni di tenere riunioni o pubblicare materiale che illustrino i principi della loro fede.

Inoltre, secondo il sondaggio, quasi il 40% della popolazione della Turchia afferma di avere una visione “molto negativa” o “negativa” dei cristiani.

Il sondaggio, svolto nel 2008, faceva parte di uno studio commissionato dall’International Social Survey Program, un’organizzazione accademica composta di 45 nazioni, che effettua sondaggi e ricerche su questioni sociali e politiche.

Una panoramica

Forum 18, un’organizzazione norvegese che si occupa di diritti umani, ha pubblicato il 27 novembre un servizio sulla libertà religiosa in Turchia. L’organizzazione trae il suo nome dall’articolo 18 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo che sancisce il diritto alla libertà di pensiero, coscienza e religione.

Lo studio ha, in definitiva, concluso che: “nel Paese continuano a verificarsi gravi violazioni degli standard internazionali sui diritti umani in materia di libertà di religione o di credo”.

La Turchia non riconosce alle comunità religiose i loro diritti ad esistere in qualità di comunità indipendenti con pieno status legale, tra cui per esempio il diritto ad avere propri luoghi di culto e una tutela giuridica che le comunità religiose normalmente hanno nei Paesi in cui vige lo Stato di diritto, secondo Forum 18.

Inoltre, lo studio rileva che i cristiani sono stati vittime di una serie di violenti attacchi e uccisioni negli ultimi anni.

Il Governo – spiega lo studio – è ancora legato al “secolarismo” di Mustafa Kemal Atatürk. Tale visione non solo implica un controllo da parte dello Stato sull’Islam, ma anche una serie di restrizioni sull’esercizio della libertà di religione o di credo nei confronti dei non musulmani e dei musulmani che non rientrano sotto il controllo statale.

Le diverse comunità residenti in Turchia, come i musulmani aleviti, i cattolici, i greci ortodossi, i protestanti e i siriaci ortodossi, non hanno potuto registrare progressi significativi nella risoluzione dei problemi concernenti le loro proprietà, aggiunge lo studio.

D’altra parte, persino le comunità religiose riconosciute non possono essere proprietarie dei propri luoghi di culto.

Inoltre, prosegue lo studio, è praticamente impossibile trovare persone di estrazione non musulmana tra i vertici della pubblica amministrazione e del tutto impossibile tra i ranghi elevati dell’apparato militare.

Intolleranze

Forum 18 elenca poi una serie di attacchi letali inferti ai cristiani negli ultimi anni: padre Andrea Santoro, il sacerdote cattolico ucciso nel 2006; i due protestanti di etnia turca, Necati Aydin e Ugur Yuksel, e il tedesco Tilmann Geske, uccisi a Malatya nel 2007. Poi, nel luglio 2009 l’uomo d’affari cattolico tedesco, Gregor Kerkeling, ucciso da un giovane squilibrato mentre passeggiava con la fidanzata turca, a motivo della sua cristianità.

Tra le cause di questa intolleranza, secondo lo studio, vi è la regolare disinformazione e diffamazione a danno dei cristiani, sia nei discorsi pubblici, che nei media. Anche l’intolleranza è attivamente promossa nell’ambito dei programmi scolastici.

Il rapporto conclude affermando che i gravi problemi concernenti la mancanza di libertà religiosa in Turchia pongono seri dubbi sul reale impegno del Paese ad assicurare i diritti umani universali per tutti.

Certamente la Turchia non è la sola a porre restrizioni sulla libertà religiosa. Il 16 dicembre scorso il Pew Research Center's Forum on Religion and Public Life ha pubblicato uno studio dal titolo: “Global Restrictions on Religion”.

Secondo questo studio, 64 nazioni – circa un terzo dei Paesi del mondo – presentano livelli alti o molto alti di restrizioni sulla religione. Inoltre, poiché alcuni dei Paesi più restrittivi sono molto popolosi, il dato che emerge è che quasi il 70% dei 6,8 miliardi di persone vivono in Paesi con forti restrizioni sulla religione, con conseguenze soprattutto per le minoranze religiose. Un fatto su cui riflettere e pregare, dopo la celebrazione della nascita del Bambino Gesù.



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Bioetica


Dura lotta per la famiglia e la vita nel mondo

di Benedetta Cortese*

ROMA, domenica, 10 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Non c’è tregua nella lotta per la famiglia e la vita nel mondo ed anche l’ultimo periodo del 2009 è stato caratterizzato da molti tenaci tentativi di operare soprattutto tramite la legislazione contro famiglia e vita e da altrettanto tenaci sforzi di mobilitazione a loro protezione.

Cattive notizie dagli Stati Uniti. L’attenzione generale era rivolta alla votazione del Senato americano sulla Legge di riforma sanitaria del Presidente Obama, soprattutto per l’emendamento Harry Reid contenente un compromesso sui finanziamenti all’aborto. La votazione sull’emendamento è stata effettuata il 21 dicembre con l’approvazione, mentre il 24 dicembre, alla vigilia di Natale, l’intera legge è stata approvata. I vescovi degli Stati Uniti si erano opposti al “Compromesso Reid”, che permette al governo federale di finanziare i piani di assicurazione privata che coprono le spese di aborto.

Tendenze contrastanti in Messico. Il 18 dicembre 2009 il Congresso dello Stato messicano del Chiapas ha approvato la modifica dell’articolo 4 della Costituzione in cui si protegge il diritto alla vita dal concepimento alla morte naturale, con esclusione quindi di aborto ed eutanasia. Sono così diventati 18 gli Stati messicani ad aver approvato la blindatura del diritto alla vita: Veracruz, Querétaro, Baja California, Chihuahua, Campeche, Colima, Puebla, Durango, Jalisco, Nayarit, Quintana Roo, Guanajuato, Yucatán, Sonora, Morelos, San Luis Potosí y Oaxaca.

Sempre in Messico, però, il 21 dicembre 2009 l’Assemblea legislativa del Distretto federale di Città del Messico (a maggioranza di sinistra) ha approvato una nuova legge sulle unioni matrimoniali civili tra omosessuali. Costoro potranno godere della comunione dei beni per ottenere crediti bancari, ottenere benefici dall’assistenza sociale e anche adottare bambini. Il Cardinale Rivera, arcivescovo di Città del Messico, ha detto che "non esiste alcun fondamento razionale od etico per assimilare o stabilire analogie, nemmeno lontane, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia".

Il 17 dicembre 2009 la Corte suprema irlandese ha emesso una sentenza che qualcuno ha definito storica. In fedeltà alla propria Costituzione e in contrasto con la Convenzione europea sui diritti dell’uomo ha stabilito i diritti del genitore biologico anche se si tratta di un donatore di sperma. La decisione annulla una precedente sentenza di una corte di livello inferiore la quale, richiamandosi all’articolo 8 della Convenzione europea, aveva negato ad un genitore donatore di seme l’accesso al figlio e la sua custodia. La Corte irlandese ha affermato che una “coppia di fatto” non è una famiglia. La sentenza è doppiamente importante: essa ribadisce il carattere biologico della famiglia e il primato delle Costituzioni nazionali rispetto alla Convenzione europea.

Il 16 dicembre 2009 il governo portoghese ha approvato un disegno di legge che prevede il riconoscimento pubblico del matrimonio tra omosessuali, quantunque senza possibilità di adozione. Il disegno passa ora al dibattito parlamentare. La Conferenza dei vescovi ha dichiarato che una simile legge avrebbe “gravi conseguenze”, perché “la famiglia viene danneggiata quando si prendono decisioni che alterano la sua struttura fondamentale”.

L’opinione pubblica cattolica spagnola si sta mobilitando contro la volontà del governo di insegnare nelle scuole la propria visione della sessualità. La legge spagnola sull’aborto – “Ley de Salud Sexual y Reproductiva y de Interrupción Voluntaria del Embarazo” – contiene anche direttive educative e il governo ha messo a punto un piano per imporre la propria visione della sessualità: moduli di istruzione obbligatoria a tutti i livelli scolastici svolta da “esperti”. Lo scopo dichiarato è “diminuire le gravidanze non desiderate e le malattie trasmesse sessualmente”, ma quello finale è di imporre una visione materialistica della sessualità e della persona umana.

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*Benedetta Cortese fa parte dell’Osservatorio internazionale “Cardinale Van Thuân” sulla dottrina sociale della Chiesa.

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Forum


Il messaggio per la pace conferma la Caritas in veritate

di mons. Giampaolo Crepaldi

TRIESTE, domenica, 10 gennaio 2010 (ZENIT.org).- L’edizione 2010 del tradizionale Messaggio del papa per la Giornata mondiale della pace, reso noto dal cardinale Martino, era fortemente atteso.

Nei paesi dell’Europa centro settentrionale e specialmente in Germania la sua enciclica Caritas in veritate è stata oggetto di severe critiche proprio sulla questione dell’ambiente e in particolare dei cambiamenti climatici.

Era quindi logico che si attendesse questo Messaggio per la Giornata mondiale della pace di quest’anno, dedicato appunto al tema “Se vuoi coltivare la pace custodisci il creato”.

Benedetto XVI non ha disatteso l’appuntamento, ribadendo però il proprio insegnamento e, quindi, scontentando probabilmente ancora una volta tutti coloro che tendono a caricare i temi ideologici di eccessive forzature ideologiche.

Il punto centrale del Messaggio è a mio parere un passaggio del paragrafo 13 dove il Papa dice che “una corretta concezione del rapporto dell’uomo con l’ambiente non porta ad assolutizzare la natura né a ritenerla più importante della stessa persona”.

La Chiesa – continua – esprime perplessità “dinanzi ad una concezione dell’ambiente ispirata all’ecocentrismo e al biocentrismo”, perché elimina la differenza tra l’uomo e gli altri esseri, “favorendo una visione egualitaristica della dignità di tutti gli esseri viventi.

Si dà adito, così, ad un nuovo panteismo con accenti neopagani che fanno derivare dalla sola natura, intesa in senso puramente naturalistico, la salvezza per l’uomo”.

Secondo la Chiesa all’uomo va confermato “il ruolo di custode e amministratore”, ruolo di cui non deve abusare ma a cui non deve nemmeno abdicare: “Infatti, anche la posizione contraria di assolutizzazione della tecnica e del potere umano, finisce per essere un grave attentato non solo alla natura, ma anche alla stessa dignità umana”.

Benedetto XVI non nega che le questioni ambientali abbiano un impatto sulla povertà, né che richiedano profondi ripensamenti del modello di sviluppo, né che comportino la presa in esame di una maggiore sobrietà, ma ripropone la convinzione che se non c’è un ripensamento dell’umanità su se stessa e se non si torna a leggere nella natura un discorso su di noi (il “creato”, appunto e non solo un mucchio di pietre) non si riuscirà ad acquisire una nuova responsabilità morale prima ancora che politica.

Sia chi disprezza la natura materiale, sia chi la rispetta più dell’uomo come se fosse in se stessa qualcosa di divino, in fondo non ne legge il messaggio e non accumula sapienza. Si tratta, in fondo, di atteggiamenti ambedue solo tecnici.

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Mons. Giampaolo Crepaldi è Arcivescovo di Trieste.

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Angelus


Benedetto XVI: "Dio è nato perché noi possiamo rinascere"
Discorso introduttivo alla preghiera dell'Angelus in piazza San Pietro
ROMA, domenica, 10 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo il discorso che Benedetto XVI ha pronunciato questa domenica in occasione della preghiera mariana dell'Angelus, recitata insieme ai fedeli e ai pellegrini presenti in piazza San Pietro.

 



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Cari fratelli e sorelle!

Questa mattina, durante la santa Messa celebrata nella Cappella Sistina, ho amministrato il sacramento del Battesimo ad alcuni neonati. Tale consuetudine è legata alla festa del Battesimo del Signore, con la quale si conclude il tempo liturgico del Natale. Il Battesimo suggerisce molto bene il senso globale delle Festività natalizie, nelle quali il tema del diventare figli di Dio grazie alla venuta del Figlio unigenito nella nostra umanità costituisce un elemento dominante. Egli si è fatto uomo perché noi possiamo diventare figli di Dio. Dio è nato perché noi possiamo rinascere. Questi concetti ritornano continuamente nei testi liturgici natalizi e costituiscono un entusiasmante motivo di riflessione e di speranza. Pensiamo a ciò che scrive san Paolo ai Galati: "Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, per riscattare quelli che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l’adozione a figli" (Gal 4,4-5); o ancora san Giovanni nel Prologo del suo Vangelo: "A quanti l’hanno accolto / ha dato potere di diventare figli di Dio" (Gv 1,12). Questo stupendo mistero che è la nostra "seconda nascita" – la rinascita di un essere umano dall’"alto", da Dio (cfr Gv 3,1-8) – si realizza e si riassume nel segno sacramentale del Battesimo.

Con tale sacramento l’uomo diventa realmente figlio, figlio di Dio. Da allora, il fine della sua esistenza consiste nel raggiungere in modo libero e consapevole ciò che fin dall’inizio è la destinazione dell’uomo. "Diventa ciò che sei" – rappresenta il principio educativo di base della persona umana redenta dalla grazia. Tale principio ha molte analogie con la crescita umana, dove il rapporto dei genitori con i figli passa, attraverso distacchi e crisi, dalla dipendenza totale alla consapevolezza di essere figli, alla riconoscenza per il dono della vita ricevuta e alla maturità e alla capacità di donare la vita. Generato dal Battesimo a vita nuova, anche il cristiano inizia il suo cammino di crescita nella fede che lo porterà ad invocare consapevolmente Dio come "Abbà – Padre", a rivolgersi a Lui con gratitudine e a vivere la gioia di essere suo figlio.

Dal Battesimo deriva anche un modello di società: quella dei fratelli. La fraternità non si può stabilire mediante un’ideologia, tanto meno per decreto di un qualsiasi potere costituito. Ci si riconosce fratelli a partire dall’umile ma profonda consapevolezza del proprio essere figli dell’unico Padre celeste. Come cristiani, grazie allo Spirito Santo ricevuto nel Battesimo, abbiamo in sorte il dono e l’impegno di vivere da figli di Dio e da fratelli, per essere come "lievito" di un’umanità nuova, solidale e ricca di pace e di speranza. In questo ci aiuta la consapevolezza di avere, oltre che un Padre nei cieli, anche una madre, la Chiesa, di cui la Vergine Maria è il perenne modello. A lei affidiamo i bambini neo-battezzati e le loro famiglie, e chiediamo per tutti la gioia di rinascere ogni giorno "dall’alto", dall’amore di Dio, che ci rende suoi figli e fratelli tra noi.

[Il Papa ha poi salutato i pellegrini in diverse lingue. In Italiano ha detto:]

Cari fratelli e sorelle!

Due fatti hanno attirato, in modo particolare, la mia attenzione in questi ultimi giorni: il caso della condizione dei migranti, che cercano una vita migliore in Paesi che hanno bisogno, per diversi motivi, della loro presenza, e le situazioni conflittuali, in varie parti del mondo, in cui i cristiani sono oggetto di attacchi, anche violenti.

Bisogna ripartire dal cuore del problema! Bisogna ripartire dal significato della persona! Un immigrato è un essere umano, differente per provenienza, cultura, e tradizioni, ma è una persona da rispettare e con diritti e doveri, in particolare, nell’ambito del lavoro, dove è più facile la tentazione dello sfruttamento, ma anche nell’ambito delle condizioni concrete di vita. La violenza non deve essere mai per nessuno la via per risolvere le difficoltà. Il problema è anzitutto umano! Invito, a guardare il volto dell’altro e a scoprire che egli ha un’anima, una storia e una vita: è una persona e Dio lo ama come ama me.

Vorrei fare simili considerazioni per ciò che riguarda l’uomo nella sua diversità religiosa. La violenza verso i cristiani in alcuni Paesi ha suscitato lo sdegno di molti, anche perché si è manifestata nei giorni più sacri della tradizione cristiana. Occorre che le Istituzioni sia politiche, sia religiose non vengano meno – lo ribadisco – alle proprie responsabilità. Non può esserci violenza nel nome di Dio, né si può pensare di onorarlo offendendo la dignità e la libertà dei propri simili.

Rivolgo infine un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana. Cari fratelli e sorelle, vi auguro di conservare viva nello spirito la luce delle feste del Natale, perché vi guidi nel cammino di ogni giorno. Buona domenica!

[© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana]

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Il Papa alla comunità e agli ex alunni del Pontificio Collegio Americano del Nord
Il lievito del Vangelo nella vita sociale e culturale

CITTA' DEL VATICANO, domenica, 10 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il discorso pronunciato da Benedetto XVI nel ricevere sabato in udienza i superiori, gli alunni ed ex-alunni del Pontificio Collegio Americano del Nord, in occasione del 150° anniversario di fondazione.

 



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Eminenze,

Cari fratelli Vescovi e sacerdoti,

sono lieto di porgere il benvenuto agli ex allievi del Pontificio Collegio Americano del Nord, insieme con il Rettore, la facoltà e gli studenti del seminario sul colle del Gianicolo, e ai sacerdoti studenti  della Casa Santa Maria dell'Umiltà. Il nostro incontro si svolge alla conclusione delle celebrazioni del centocinquantesimo anniversario dell'istituzione del Collegio da parte del mio predecessore, il beato Pio IX. In questa lieta occasione, mi unisco volentieri a voi nel rendere grazie al Signore per i numerosi modi nei quali il Collegio è rimasto fedele alla sua visione originaria, formando generazioni  di validi predicatori del Vangelo e ministri dei sacramenti, devoti al Successore di Pietro e impegnati nell'edificazione della Chiesa negli Stati Uniti d'America.

È appropriato, in questo Anno sacerdotale, che siate tornati nel Collegio e in questa Città Eterna per rendere grazie per la formazione accademica e spirituale che ha alimentato il vostro ministero sacerdotale  nel corso degli anni. L'attuale riunione è un'opportunità non solo per ricordare con gratitudine il tempo dei vostri studi, ma anche per riaffermare il vostro affetto filiale per la Chiesa di Roma,  rammentare le opere apostoliche di innumerevoli ex allievi vostri predecessori e impegnarvi nuovamente per gli alti ideali di santità,  fedeltà e zelo pastorale che avete scelto il giorno della vostra ordinazione. Parimenti, questa è un'occasione per rinnovare l'amore per il Collegio e l'apprezzamento per la sua missione particolare per la Chiesa nel vostro Paese.

Durante la mia Visita pastorale negli Stati Uniti, ho espresso la convinzione che la Chiesa in America è chiamata a coltivare «una “cultura” intellettuale che sia genuinamente cattolica,  fiduciosa  nell'armonia profonda tra fede e ragione e preparata a portare la ricchezza della visione della fede a contatto con le questioni urgenti che riguardano il futuro della società americana» (Omelia al Nationals Stadium, Washington, 17 aprile 2008). Come il beato Pio IX aveva giustamente previsto, il Pontificio Collegio Americano del Nord a Roma è preparato in maniera unica ad aiutare a soddisfare questa sfida perenne. Nel secolo e mezzo trascorso dalla sua fondazione, il Collegio ha offerto ai propri studenti un'esperienza eccezionale dell'universalità della Chiesa, dell'ampiezza della sua tradizione intellettuale e spirituale e dell'urgenza del suo mandato di portare la verità salvifica di Cristo agli uomini e alle donne di ogni tempo e luogo. Confido nel fatto che, evidenziando questi tratti distintivi di un'educazione romana in ogni aspetto del suo programma di fondazione, il Collegio continuerà a formare pastori saggi e generosi in grado di trasmettere la fede cattolica nella sua integrità, portando la misericordia infinita di Cristo ai deboli e agli smarriti e permettendo ai cattolici d'America di essere un lievito del Vangelo nella vita sociale, politica e culturale della loro nazione.

Cari Fratelli, prego affinché in questi giorni siate rinnovati nel dono dello Spirito Santo che avete ricevuto il giorno della vostra ordinazione. Nella cappella del Collegio, dedicata alla Beata Vergine Maria con il titolo di Immacolata Concezione, Nostra Signora è ritratta  in compagnia di quattro eccezionali modelli e patroni di vita e ministero sacerdotali: san Gregorio Magno, san Pio x, san Giovanni Maria Vianney e san Vincenzo de' Paoli. Durante questo Anno sacerdotale, questi grandi santi continuino a vegliare sugli studenti   che  pregano  quotidianamente fra loro. Guidino e sostengano  il vostro ministero e intercedano per i sacerdoti degli Stati Uniti. Con cordiali buoni auspici per la fecondità spirituale dei prossimi giorni e con grande affetto nel Signore, vi  imparto la mia Benedizione Apostolica, che estendo volentieri a tutti gli ex allievi e gli amici del Pontificio Collegio Americano del Nord.

[Traduzione dal testo originale in inglese a cura de “L'Osservatore Romano” ]

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Omelia del Papa nella Messa per il Battesimo di 14 neonati

CITTA' DEL VATICANO, domenica, 10 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito l'omelia pronunciata da Benedetto XVI nel presiedere questa domenica nella Cappella Sistina la Messa nel corso della quale ha amministrato il Sacramento del Battesimo a 14 neonati.





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Cari fratelli e sorelle!

Nella festa del Battesimo del Signore, anche quest’anno ho la gioia di amministrare il sacramento del Battesimo ad alcuni neonati, che i genitori presentano alla Chiesa. Siate i benvenuti, cari papà e mamme di questi piccoli, e voi padrini e madrine, amici e parenti, che fate loro corona. Rendiamo grazie a Dio, che oggi chiama queste sette bambine e questi sette bambini a diventare suoi figli in Cristo. Li circondiamo con la preghiera e con l’affetto e li accogliamo con gioia nella Comunità cristiana, che da oggi diventa anche la loro famiglia.

Con la festa del Battesimo di Gesù continua il ciclo delle manifestazioni del Signore, che è iniziato a Natale con la nascita a Betlemme del Verbo incarnato, contemplato da Maria, Giuseppe e i pastori nell’umiltà del presepe, e che ha avuto una tappa importante nell’Epifania, quando il Messia, attraverso i Magi, si è manifestato a tutte le genti. Oggi Gesù si rivela, sulle rive del Giordano, a Giovanni e al popolo d'Israele. È la prima occasione in cui egli, da uomo maturo, entra nella scena pubblica, dopo aver lasciato Nazaret. Lo troviamo presso il Battista, da cui si reca un gran numero di gente, in una scena inconsueta. Nel brano evangelico, poc’anzi proclamato, san Luca osserva anzitutto che il popolo "era in attesa" (3,15). Egli sottolinea, così, l’attesa di Israele, coglie, in quelle persone che avevano lasciato le loro case e gli impegni abituali, il profondo desiderio di un mondo diverso e di parole nuove, che sembrano trovare risposta proprio nelle parole severe, impegnative, ma colme di speranza del Precursore. Il suo è un battesimo di penitenza, un segno che invita alla conversione, a cambiare vita, perché si avvicina Colui che "battezzerà in Spirito santo e fuoco" (3,16). Infatti, non si può aspirare ad un mondo nuovo rimanendo immersi nell’egoismo e nelle abitudini legate al peccato. Anche Gesù abbandona la casa e le consuete occupazioni per raggiungere il Giordano. Arriva in mezzo alla folla che sta ascoltando il Battista e si mette in fila come tutti, in attesa di essere battezzato. Giovanni, non appena lo vede avvicinarsi, intuisce che in quell’Uomo c’è qualcosa di unico, che è il misterioso Altro che attendeva e verso il quale era orientata tutta la sua vita. Comprende di trovarsi di fronte a Qualcuno di più grande di lui e di non essere degno neppure di sciogliergli i lacci dei sandali.

Presso il Giordano, Gesù si manifesta con una straordinaria umiltà, che richiama la povertà e la semplicità del Bambino deposto nella mangiatoia, e anticipa i sentimenti con i quali, al termine dei suoi giorni terreni, giungerà a lavare i piedi dei discepoli e subirà l’umiliazione terribile della croce. Il Figlio di Dio, Colui che è senza peccato, si pone tra i peccatori, mostra la vicinanza di Dio al cammino di conversione dell’uomo. Gesù prende sulle sue spalle il peso della colpa dell’intera umanità, inizia la sua missione mettendosi al nostro posto, al posto dei peccatori, nella prospettiva della croce.

Mentre, raccolto in preghiera, dopo il battesimo, esce dall’acqua, si aprono i cieli. È il momento atteso da schiere di profeti. "Se tu squarciassi i cieli e scendessi!", aveva invocato Isaia (63,19). In questo momento, sembra suggerire san Luca, tale preghiera viene esaudita. Infatti, "Il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo" (3,21-22); si udirono parole mai ascoltate prima: "Tu sei il Figlio mio, l’amato, in te ho posto il mio compiacimento" (v. 22). Gesù salendo dalle acque, come afferma san Gregorio Nazianzeno, "vede scindersi e aprirsi i cieli, quei cieli che Adamo aveva chiuso per sé e per tutta la sua discendenza" (Discorso 39 per il Battesimo del Signore, PG 36). Il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo scendono tra gli uomini e ci rivelano il loro amore che salva. Se sono gli angeli a recare ai pastori l'annuncio della nascita del Salvatore, e la stella ai Magi venuti dall’Oriente, ora è la voce stessa del Padre che indica agli uomini la presenza nel mondo del suo Figlio e che invita a guardare alla risurrezione, alla vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte.

Il lieto annuncio del Vangelo è l'eco di questa voce che scende dall’alto. A ragione, perciò, Paolo, come abbiamo ascoltato nella seconda lettura, scrive a Tito: "Figlio mio, è apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini" (2,11). Il Vangelo, infatti, è per noi grazia che dà gioia e senso alla vita. Essa, prosegue l’Apostolo, "ci insegna a rinnegare l'empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà" (v. 12); ci conduce, cioè, ad una vita più felice, più bella, più solidale, ad una vita secondo Dio. Possiamo dire che anche per questi bambini oggi si aprono i cieli. Essi riceveranno in dono la grazia del Battesimo e lo Spirito Santo abiterà in loro come in un tempio, trasformando in profondità il loro cuore. Da questo momento, la voce del Padre chiamerà anche loro ad essere suoi figli in Cristo e, nella sua famiglia che è la Chiesa, donerà a ciascuno il dono sublime della fede. Tale dono, ora che non hanno la possibilità di intendere pienamente, sarà deposto nel loro cuore come un seme pieno di vita, che attende di svilupparsi e portare frutto. Oggi vengono battezzati nella fede della Chiesa, professata dai genitori, dai padrini e dalle madrine e dai cristiani presenti, che poi li condurranno per mano nella sequela di Cristo. Il rito del Battesimo richiama con insistenza il tema della fede già all’inizio, quando il Celebrante ricorda ai genitori che chiedendo il battesimo per i propri figli, essi assumono l’impegno ad "educarli nella fede". Questo compito è richiamato in modo ancora più forte a genitori e padrini nella terza parte della celebrazione, che inizia con le parole loro rivolte: "A voi il compito di educarli nella fede perché la vita divina che ricevono in dono sia preservata dal peccato e cresca di giorno in giorno. Se dunque, in forza della vostra fede, siete pronti ad assumervi questo impegno… fate la vostra professione in Cristo Gesù. E’ la fede della Chiesa nella quale i vostri figli vengono battezzati". Queste parole del rito suggeriscono che, in qualche modo, la professione di fede e la rinuncia al peccato di genitori, padrini e madrine rappresentano la premessa necessaria perché la Chiesa conferisca il Battesimo ai loro bambini.

Immediatamente prima dell’infusione dell’acqua sul capo del neonato vi è, poi, un ulteriore richiamo alla fede. Il celebrante rivolge un’ultima domanda: "Volete che il vostro bambino riceva il Battesimo nella fede della Chiesa, che tutti insieme abbiamo professato?". E solo dopo la loro risposta affermativa viene amministrato il Sacramento. Anche nei riti esplicativi - unzione con il crisma, consegna della veste bianca e del cero accesso, gesto dell’"effeta" - la fede rappresenta il tema centrale. "Abbiate cura - dice la formula che accompagna la consegna del cero – che i vostri bambini… vivano sempre come figli della luce; e perseverando nella fede, vadano incontro al Signore che viene"; "Il Signore Gesù – afferma ancora il Celebrante nel rito dell’"effeta" – ti conceda di ascoltare presto la sua parola, e di professare la tua fede, a lode e gloria di Dio Padre". Tutto poi è coronato dalla benedizione finale che ricorda ancora ai genitori il loro impegno di essere per i figli "i primi testimoni della fede".

Cari amici, oggi per questi bambini è un grande giorno. Con il Battesimo, essi, divenuti partecipi della morte e risurrezione del Cristo, iniziano con lui l’avventura gioiosa ed esaltante del discepolo. La liturgia la presenta come un’esperienza di luce. Infatti, consegnando a ciascuno la candela accesa al cero pasquale, la Chiesa afferma: "Ricevete la luce di Cristo!". È del Battesimo illuminare con la luce di Cristo, aprire gli occhi al suo splendore e introdurre al mistero di Dio attraverso il lume divino della fede. In questa luce i bambini che stanno per essere battezzati dovranno camminare per tutta la vita, aiutati dalle parole e dall’esempio dei genitori, dei padrini e delle madrine. Questi dovranno impegnarsi ad alimentare con le parole e la testimonianza della loro vita le fiaccole della fede dei bambini, perché possa risplendere in questo nostro mondo, che brancola spesso nelle tenebre del dubbio, e recare la luce del Vangelo che è vita e speranza. Solo così, da adulti potranno pronunciare con piena consapevolezza la formula collocata al termine della professione di fede presente nel rito: "Questa è la nostra fede. Questa è la fede della Chiesa. E noi ci gloriamo di professarla in Cristo Gesù nostro Signore".

Anche ai nostri giorni la fede è un dono da riscoprire, da coltivare e da testimoniare. Con questa celebrazione del Battesimo, il Signore conceda a ciascuno di noi di vivere la bellezza e la gioia dell’essere cristiani, perché possiamo introdurre i bambini battezzati alla pienezza dell’adesione a Cristo. Affidiamo questi piccoli alla materna intercessione della Vergine Maria. Chiediamo a Lei che, rivestiti della veste bianca, segno della loro nuova dignità di figli di Dio, siano per tutta la loro vita fedeli discepoli di Cristo e coraggiosi testimoni del Vangelo. Amen.



[© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana]

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