TORINO - L'attacco è una frustata che scuote la marea ondeggiante che riempie lo stadio: "It's a beautiful day!", urla Bono. E come dubitarne? Quando il gigantesco ragno che campeggia al centro dello stadio s'illumina nella sua magnifica, extraterrestre potenza, sembra davvero un'astronave arrivata dai piani alti dell'immaginario rock. La sfida del 360° Tour era quella di provare un palco che potesse essere visto da tutti i lati dello stadio, e così è, trasformando il rito sommo del concerto degli U2 ("un sacramento" lo ha definito Bono) in un vero abbraccio collettivo. E il pubblico non si tira indietro, neanche per un istante.
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Ma la vera forza degli U2 è quella di giocare con le dinamiche degli assoluti: massimo della scenografia, tecnologia che stordisce e ci catapulta in un vortice di segni contemporanei e dall'altra parte una struggente e perfino semplice umanità. In fondo continuano a costruire capolavori utilizzando sostanzialmente la più elementare strumentazione: un basso, una batteria e una chitarra. Costruiscono una cattedrale di sogni, redenzioni, epica collettiva scandita da Manificent, Misterious Way e poi il dubbio sempre rinnovato di I still haven't found what I'm looking for, prima del quale ha ringraziato tutti e ha fatto cantare un Happy Birthday da tutto lo stadio per The Edge, che oggi compie gli anni, chiudendo come un rilancio che sa di missione per conto di entità superiori: "Siamo pronti per il futuro!".
Poi la sorpresa: due inediti, North Star, rimasto fuori dal disco precedente e che non avevano mai eseguito prima, e Glastonbury, scritta due giorni dopo aver suonato alla Porta di Brandeburgo per il ventennale della caduta del muro. Il concerto prosegue, come prevede la scaletta, con una pioggia di sferzanti gioielli del repertorio U2: Elevation, Until the End of the World, la fiamma sempre accesa di Unforgettable Fire e tanti altri. C'è spazio anche per Miss Sarajevo, è Bono che canta la parte finale in origine eseguita da Luciano Pavarotti. Per Walk On c'è una dedica in video ad Aung San Suu Kyi, lo fanno dal 2003, e infatti il disco in cui è contenuto il pezzo è proibito in Birmania. Bono chiude Walk One, da solo, con una frase di You'll never walk alone, l'inno del Liverpool glorificato a suo tempo dai Pink Floyd. Prima dei bis parte un video di Tutu sulla necessità di essere "uno" e subito dopo parte One. Bono intona Amazing Grace, un vecchio spiritual, e il buio avvolge lo stadio. Il finale è pazzesco. Intorno a Where the streets have no name gli schermi si accendono di rosso. Bono canta With or without you con la voce spezzata. Forse è la stanchezza, ma è ancora più emozionante.
La notte sembra per una volta fatta interamente per loro, non esiste altro oltre il confine magico dello stadio, anche perché gli U2 riescono a portarci dentro il mondo intero, evocato dall'avanzatissimo schermo circolare che sembra scorrere come un cilindro magico sul palco in un caleidoscopio di planisferi, orologi, scritte, animazioni. Get on your boots la suonano con furore rock, e quando Bono dice: "How beautiful you are", sembra un amo a cui nessuno vuole resistere. A chiunque sia dedicata la canzone, è ovvio che questa sera la frase è rivolta direttamente al pubblico. E lo stesso succederà nei bis, quando come passaggio obbligato la band intonerà in crescendo gli accordi ipnotici di With or without you. "Non posso vivere, con o senza di te". A dirlo è Bono ma a pensarlo sono tutti i presenti.
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