C'era una volta il Pupone. Ora ci sono i Puponi. E a furor di popolo il Paese fa il tifo per loro. Quando girano gli spot, è successo al mercato del Pigneto a Roma, centinaia di persone restano per 40 ciak, ridono, li fotografano.
Con voi l'Italia si ferma e ride. Siete la coppia più amata, ormai ci si aspetta una vostra sit com.
«Francesco che fa, ruba il lavoro a me? Scherzo…».
Ha dimostrato un talento inaspettato.
«Chi può dirlo? Vedremo quando smetterà di giocare. Se ci sarà la proposta decideremo. Potrebbe essere un'idea carina. Perché no?».
Eur, bar del laghetto, sono le sei di sera. Ilary è in leggins neri, stivaletti, maglietta bianca, cardigan nero.
Il fascino di Ilary Il fascino di Ilary Il fascino di Ilary Il fascino di Ilary Il fascino di Ilary Il fascino di Ilary Il fascino di Ilary Il fascino di Ilary
Torniamo agli spot. Improvvisate?
«È chiaro che c'è una promozione da fare, però è successo più di una volta. Per esempio, si ricorda la scatolata che gli ho dato in testa, e lui diceva oh, però stavolta mi hai fatto male, in effetti gliela avevo data forte. Era un fuori programma e gli autori l'hanno lasciato. Loro giocano nel ricreare un po' la nostra vita di tutti i giorni. La gente si immagina che anche a casa succeda così».
E succede?
«In realtà c'è quel tipo di rapporto che voi vedete. Con una piccola diversità, che lui negli spot fa finta di non capire niente di Internet e di Adsl, in realtà è tutto il contrario. Sono io che non capisco nulla e lui è capace».
I vostri spot sfuggono allo stereotipo del calciatore macho. E anche a quello del marito prevaricatore. Francesco risulta dolce, remissivo.
«Nella nostra realtà non c'è un macho o un micio. Quello che trasmettiamo è ciò che viviamo, una coppia serena, tranquilla, ma non perché abbiamo un contratto con quello spot. Per me è normale. Già vedendo i miei genitori ho sempre vissuto quest'armonia di coppia, chiaro che l'ho cercata anche nella mia famiglia. Poi nella vita non si sa mai, ci sono un sacco di separati».
L'ironia, il gioco aiutano il rapporto?
«Certo, è fondamentale in una coppia ridere, prendersi in giro, sennò che palle. Sarebbe soffocante».
Lei si prende i suoi tempi, non si lascia fagocitare dal lavoro.
«Parto per Milano il mercoledì e torno il giovedì. Come tutte le mamme sono un'esperta di incastri. Oggi ho portato i bambini a scuola, mi sono presa un'ora per me in palestra, poi sono andata a riprenderli. Nel pomeriggio Christian aveva calcio e sono stata a vederlo con Chanel, poi li ho riportati a casa, stasera vado alla partita di mio marito. Ho giornate piene, non ho tempo per pensare a stronzate o annoiarmi. Però mi piace, "me lo sono cercato"».
Nelle foto di queste pagine ha un look meno da ragazzina.
«Forse perché ho scurito i capelli, avevo voglia di tornare un po' alle origini. Da qualche anno ero biondissima, al ritorno delle vacanze ho coperto tutto. O forse è perché mi adeguo ai trent'anni in arrivo».
Come vede questo passaggio?
«Strano. Ma fa più effetto dirlo che pensarlo. Sicuramente non rimpiango i 15 anni. È sciocco guardare indietro, chi lo fa è gente che non vive, bisogna prendere il futuro con allegria, curiosità. Tanto è inevitabile. Ogni età è bella se riesci a essere consapevole».
Sul braccio sinistro ha dei tatuaggi. Cosa sono?
«Fiori di ciliegio, nella simbologia giapponese significano appartenenza alla famiglia. Legame sanguigno. Sono tre perché siamo tre sorelle, più due petali, i genitori. Poi, come Francesco, ho le nostre iniziali, una I e una F, e un cuoricino qui all'anulare, sotto la fede».
Lei che lavora in tv, come lo vede un mondo dove la donna troppo spesso è considerata un quarto di bue?
«È vero che ci viene dato questo ruolo, sempre lì con questi vestiti succinti, da bonone, sempre lì a mostrare prima il corpo, le tette, il sedere e poi per ultimo arriva la testa. Ma io non sono la testimone giusta, sono sempre stata fidanzata e poi sposata. Non penso che gli uomini mi abbiano mai visto come un simbolo sexy, mai ho basato la mia carriera sul dover piacere a tutti i costi. Però è inutile girarci intorno: purtroppo la televisione è ancora maschilista. Le donne hanno sempre il ruolo delle bellocce. Ci sono colleghe che dimostrano di essere delle teste pensanti, ma non hanno l'opportunità di farlo vedere. Paradossalmente devi nasconderlo. Poi, se ne hai la possibilità, fai anche scoprire quello che sei veramente. La verità è che la parità ancora non c'è, la donna parte sempre un po' svantaggiata. Da anni combattiamo, siamo migliorate, abbiamo più spazi, ma ancora c'è da lavorare».
Aldo Grasso ha scritto che Paolo Kessisoglu e Luca Bizzarri sembrano un po' stanchi.
«Concordo su un fatto, forse come trasmissione è troppo lunga, tre ore sono tante da seguire e da riempire di servizi che siano sempre forti. Non è che ogni settimana puoi fare lo scoop».
Grasso sosteneva che Paolo e Luca sono seduti, lavorano con la mano sinistra.
«Ormai sono di casa, e quando lo sei tendi a dare certe cose per scontate, non c'è più il brio della novità. È come andare a cena fuori, il gruppo è sempre quello, gli autori anche. Forse a casa arriva la sensazione che si siano accomodati in salotto. Ma io li vedo sempre pimpanti, anche se non si può essere sempre a mille. Ci sono puntate in cui si scherza di più fra di noi, altre più serie».
Lei intanto si è presa più spazio.
«Ma è normale. Ero entrata in punta di piedi, loro i padroni di casa. Ora mi sono fatta avanti. Partecipo, mi sento più preparata. Col tempo ho capito che avevo delle lacune, ora leggo di più i giornali, con un programma come Le Iene devo sapere un po' di tutto, politica e attualità. Noi non abbiamo il gobbo, tutto a memoria, per cui se sai di cosa parli, cosa è successo, puoi anche cambiare i testi degli autori, raccontare alla tua maniera, esprimere le tue idee. Come si diceva prima, il tempo arricchisce».
Legge libri?
«Sì, parecchio. Ho scoperto il piacere della lettura quando sono andata a vivere da sola, a Milano, prima mai letto un libro, l'odiavo. L'ultimo è Acciaio. Mi è piaciuto, ci sono passaggi dove ci si ritrova, è abbastanza credibile quella fase della vita delle adolescenti».
Suo marito, non appena Bossi ha fatto la famosa frase su SPQR, ha risposto immediatamente sul suo blog.
«Francesco quando si attacca la romanità si sente chiamato in causa. Ma è giusto sia così».
Lei invece è meno polemica.
«Dipende da che tasto tocchi».
Quali cose la fanno indignare?
«La demagogia, quando uno predica bene e razzola male, ma soprattutto l'omertà. L'Italia è un Paese dove tutti sanno e nessuno parla. Anche quando c'è l'opportunità di dire, non si va mai al nocciolo, si tende ad arginare, a girare intorno, non si arriva mai al punto. L'omertà è ovunque, nella società, nella politica, nel lavoro, negli sport. In un'amicizia. Sono poche le persone che, se hanno un problema, vengono da te a chiarire, si tende a nascondere sotto il tappeto. Io sono più diretta».
A volte è pericoloso.
«Certo, bisogna essere diplomatici, sul lavoro ci vuole democrazia e intelligenza. Questo ragionamento dell'essere diretti lo faccio più in un rapporto di coppia, di amicizia».
Quindi un tradimento non lo sopporta.
«Non amo le bugie, preferisco parlare, in due si affronta meglio ogni problema. La coppia è un gioco di squadra».
Ilary è una che perdona?
«Non lo so, non posso dire a priori. Quante volte si dice "io non perdonerò" e poi… Se sto bene, non mi interessa andare a sapere. Non sono una che sta lì a controllare, ad angosciarsi. Certo, nella coppia è giusto che ci sia una certa onestà».
Nel lavoro?
«Mi faccio scivolare le cose addosso, non sto a rimuginare, mi ascolto e decido d'istinto, o così o così. Le cose per cui stai male sono altre. Ci sono persone che si studiano di più, hanno paranoie. Io mi voglio bene, mi sento leggera. Voglio prendere il bello».
Alle Iene avete fatto vedere foto di calciatori abbracciati, scherzando sull'omosessualità. È così diffusa nel mondo del calcio?
«Secondo me sì. Non ci credo che in tutta la serie A, la B e la C non ci siano gay. È un ambiente maschile, allenatori, fisioterapisti, calciatori, massaggiatori, ma dai, non ci prendiamo in giro. Però non si deve sapere, nessuno lo ammette, quindi cos'è? Omertà. Lì ci sono, eccome. Ma il settore è intoccabile, per il popolo il calcio è maschio».
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