Il massacro di una famiglia di coloni israeliani vicino Nablus, in Cisgiordania, segna la crisi del coordinamento di sicurezza tra Israele e l’ANP ed accresce il rischio che i territori palestinesi scivolino in una situazione di conflitto – scrive il giornalista israeliano Aluf Benn.***
Il massacro della famiglia Fogel ha portato a conclusione la tregua di cui Israele ha goduto negli ultimi due anni. Il terrorismo palestinese ha colpito ancora, nel punto più sensibile della Cisgiordania: la “madre” di tutti gli insediamenti isolati, su un crinale oltre Nablus, e i suoi abitanti radicali, famigerati per i loro rapporti violenti con i loro vicini palestinesi. Nessun posto è più emblematico del conflitto, e della frizione nei territori palestinesi, di Itamar.
Chi ha pianificato ed eseguito l’attentato ha cercato di scuotere lo status quo, che ha operato a vantaggio di Israele. La quiete ha permesso agli israeliani su entrambi i lati della Linea Verde di vivere felicemente e fingere semplicemente che non esistesse alcun conflitto. I palestinesi e i coloni erano percepiti dagli israeliani come questioni di pubbliche relazioni, come fastidi nei rapporti con gli Stati Uniti e con l’Europa, non come problemi chiave che dovevano essere affrontati. Tutto questo ora è cambiato.
Il primo ministro Benjamin Netanyahu sabato ha cercato di utilizzare questi omicidi come uno strumento per allentare la pressione internazionale su Israele. Ha accusato l’Autorità Palestinese di istigazione alla violenza e la comunità internazionale di ipocrisia, ma i suoi commenti non hanno ottenuto quasi nessuna attenzione in un mondo tormentato dallo tsunami in Giappone, dalla guerra civile in Libia e dal prezzo del petrolio alle stelle.
Netanyahu cerca di isolare l’attacco e di impedire che esso scateni una terza intifada, ma la sua missione sembra impossibile. Egli si trova ad affrontare forze molto forti che aspirano al conflitto. In molti paesi occidentali, gli attivisti stanno celebrando la Settimana dell’Apartheid di Israele, mentre si stanno diffondendo su Facebook gli appelli a organizzare proteste di massa nei territori e davanti alle ambasciate israeliane di tutto il mondo questo martedì. Gli organizzatori stanno cercando di imitare le rivolte verificatesi nel mondo arabo negli ultimi mesi, e se ci riusciranno, rischiano di ricevere una risposta molto più dura di quanto non si aspettino da parte di Israele.
Un attacco a un insediamento, ed in particolar modo a Itamar, evoca sempre il timore di attacchi di vendetta da parte dei coloni contro i palestinesi. Le Forze di Difesa Israeliane dovrebbero raddoppiare gli sforzi per tenere separate le due parti.
Ma i coloni e i loro sostenitori nel governo hanno anche obiettivi politici. Essi cercheranno di utilizzare gli omicidi per ridurre al minimo il prestigio del ministro della Difesa Ehud Barak, per spingere Netanyahu a rinnovare le attività edilizie negli insediamenti più grandi, e per impedire la prevista evacuazione degli avamposti illegali. Un certo grado di autocontrollo da parte dei coloni e la rinuncia a compiere evidenti attacchi di rappresaglia aiuteranno il governo ad appoggiare le loro richieste. Netanyahu ha chiesto loro di ridurre le loro aspettative, ma tali richieste hanno un prezzo.
Il coordinamento di sicurezza tra Israele e l’Autorità Palestinese, che ha contribuito molto alla relativa calma degli ultimi anni, è ora in crisi. Netanyahu ha accusato l’ANP di istigazione alla violenza, mentre il presidente palestinese Mahmoud Abbas non ha condannato l’attacco nei toni che avrebbe gradito Netanyahu.
Nell’attuale clima di diffidenza e di accuse ai massimi livelli, le forze in campo faticheranno a fidarsi reciprocamente. Tutte queste forze stanno spingendo per un ritorno a un conflitto violento nei territori, mentre la comunità internazionale è impegnata altrove e poco disposta a calmare la situazione.
Aluf Benn è corrispondente diplomatico del quotidiano israeliano ‘Haaretz’; segue la politica estera israeliana ed il processo di pace israelo-palestinese dal 1993
Original Version: Israel can no longer pretend there’s no Mideast conflict / medarabnews.com
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