di Antonio Ruggieri - Megachip Con piccoli e programmati slittamenti annunciati da servizi giornalistici sagacemente sommari, la politica e il suo contesto cambiano di piano. La prospettiva del Caimano (come quella della P2) prevede la marginalizzazione del Parlamento, in favore di procedure decisionali monocratiche e maggiormente sbrigative. Ci stiamo avviando a una sorta di "presidenzialismo di fatto", la cui portata di revisione costituzionale non ha nemmeno lambito le forme istituzionali della rappresentanza democratica. |
Berlusconi annuncia il ricorso sempre più esteso e spregiudicato al decreto legge, suscitando una risposta flebile e di maniera da parte del Partito Democratico.
Senza dichiarazioni di programma, sta prendendo forma un populismo di stampo sudamericano del quale la televisione è strumento e laboratorio nello stesso tempo.
Dal sondaggio alla proposta verificata da un sondaggio ulteriore, la politica cambia anima e fondamento.
Si fa format del palinsesto incessante nel quale siamo immersi.
Lo strabiliante consenso del Premier si alimenta di brevi, ammiccanti apparizioni, sempre digressive rispetto ai temi d'attualità politica che comunque vengono sapientemente ribattuti.
Da Vespa a Ballarò, da Striscia la Notizia a le Iene, Berlusconi mette in opera una strategia di comunicazione "a bassa intensità" che sfugge all'opposizione, la quale anzi contribuisce a renderla maggiormente feconda.
Le poche, mirate e "protette" apparizioni televisive del Presidente del Consiglio, sono accompagnate da una valanga di citazioni, allusioni e ammiccamenti, che ne fanno ridondare l'immagine e la pervasione.
Addirittura inconsapevolmente, ottengono lo stesso subdolo risultato le battutine garbate sul premier di D'Alema dalla Gruber, la messa in onda a Striscia la Notizia di una canzone di Berlusca accompagnato da Apicella, l'augurio di compleanno di quest'ultimo al suo pigmalione dalla Ventura, le immagini che lo riprendono insieme a Galliani alla partita del Milan, l'intervista sul Corriere dello Sport e addirittura il riferimento tutto sommato bonario di Crozza alla sua surrealistica capigliatura.
Berlusconi si avvantaggia di un "infotainment" senza fine e senza ritegno che ha definitivamente surclassato l'informazione.
E' questa la fisionomia della seconda Repubblica.
La prima non è mai finita; ha soverchiato anche "mani pulite" ed è rinata dalle sue ceneri più corrotta e impunita di prima.
Il quarto Governo Berlusconi, quello nato sul disfacimento dell'Unione e sul tramonto parlamentare della sinistra, ha preso in carico un radicale progetto di riforma, ridanciano e sovversivo nello stesso tempo.
Che passa a Blob e a colpi di Tapiri consegnati invece che nel dibattito istituzionale.
L'intenzione revisionista di Dell'Utri in campo storico, la paccottiglia fascista sulla sicurezza che ha innescato le tragiche vampate di razzismo di questi giorni, il presidenzialismo annunciato, l'epilogo della vicenda Alitalia finita in bocca alla cordata "amica", l'antiabortismo di Ferrara in campagna elettorale, l'attacco ad alzo zero della Gelmini contro il segmento primario della scuola fiore all'occhiello del nostro sistema formativo, il lugubre dibattito sul reato di clandestinità, la ripresa del nucleare da parte di Scajola, le fesserie sopra le righe della Carfagna sulla prostituzione, la laconica esposizione parlamentare di Tremonti delle linee guida della legge finanziaria, la rottura del fronte sindacale, l'approvazione dei preliminari per un Federalismo fiscale che inciderà profondamente sulla coesione della comunità nazionale e rinfocolerà gli egoismi e i particolarismi localistici, il "lodo Alfano" e l'imminente riforma della giustizia, lo spostamento della spazzatura napoletana col rilancio della cultura dell'incenerimento e il conseguente rialzo della quotazione in borsa della Fibe (Impregilo) che del disastro che ci è stato ammannito per mesi è la maggiore responsabile.
Tutto questo è accaduto in cinque mesi più o meno, a cura di un Governo che con ogni probabilità rimarrà in carica cinque anni.
E' accaduto innanzitutto alla televisione, mentre giorno dopo giorno, in qualche modo, ce ne facciamo una ragione.
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