domenica 18 aprile 2010

[ZI100418] Il mondo visto da Roma

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Il mondo visto da Roma

Servizio quotidiano - 18 aprile 2010

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Santa Sede


Benedetto XVI: la missione dei sacerdoti è "un servizio alla gioia"
Nel presiedere la Messa a Floriana davanti a 40mila persone

di Mirko Testa

ROMA, domenica, 18 aprile 2010 (ZENIT.org).- “La missione affidata ai sacerdoti è veramente un servizio alla gioia, alla gioia di Dio che brama irrompere nel mondo”. E' quanto ha affermato questa domenica mattina Benedetto XVI nel presiedere la Messa nel piazzale dei Granai di Floriana, lo spazio antistante la chiesa arcivescovile dedicata a San Publio, considerato il primo Vescovo di Malta.

E' ai sacerdoti di quest'isola, non risparmiata dagli scandali degli abusi sessuali da parte di membri del clero, che Benedetto XVI ha voluto rivolgere un invito particolare in questo anno dedicato alla celebrazione del “grande dono del sacerdozio”.

A questo proposito, nell'omelia il Papa ha voluto richiamare la figura di san Giorgio Preca, un pioniere nel campo della catechesi e nella promozione del ruolo dei laici nell'apostolato, da lui stesso canonizzato il 3 giugno 2007. “Un prete – ha ricordato – di straordinaria umiltà, bontà, mitezza e generosità, profondamente dedito alla preghiera e con la passione di comunicare le verità del vangelo”.

“Prendetelo come modello ed ispirazione per voi, mentre adempite la missione che avete ricevuto di pascere il gregge del Signore”, li ha esortati.

“Ricordate anche la domanda che il Signore Risorto ha rivolto tre volte a Pietro: 'Mi ami tu?'. Questa è la domanda che egli rivolge a ciascuno di voi. Lo amate? Desiderate servirlo con il dono della vostra intera vita? Desiderate condurre altri a conoscerlo ed amarlo?”.

“Con Pietro abbiate il coraggio di rispondere: 'Sì, Signore, tu sai che io ti amo' e accogliete con cuore grato il magnifico compito che egli vi ha assegnato”, ha detto.

Precedentemente, l’Arcivescovo di Malta e Presidente della Conferenza Episcopale maltese, mons. Paul Cremona, O.P., aveva rivolto un indirizzo di saluto al Santo Padre, ricordando “il rapporto profondo tra il nostro popolo e la Chiesa cattolica a Malta”.

“La Chiesa cattolica – ha aggiunto – ha sempre contribuito molto al benessere della società maltese, ha sempre soddisfatto e soddisfa ancora le diverse esigenze della nostra società: dalle persone con disabilità, agli anziani, alle persone con problemi di tossicodipendenza, attraverso gli istituti per i bambini, per chi richiede asilo e anche alle vittime di violenza domestica, così come è molto presente nel settore educativo”.

Tuttavia, ha osservato, “oggi siamo alla ricerca soprattutto di una nuova evangelizzazione. La società è cambiata ed è una sfida per la Chiesa cattolica esaminare se stessa e i suoi metodi di evangelizzazione”.

“Sappiamo – ha continuato il presule – che alla luce di queste mutate condizioni non ci si può solo aggrappare al modello della Chiesa a cui siamo stati abituati per decenni dobbiamo ritornare alla Chiesa degli Atti degli Apostoli: una Chiesa incentrata attorno all'ascolto e alla condivisione della Parola e dell'Eucaristia”.

E ancora: “una Chiesa che vive un'esperienza personale di Cristo; una Chiesa i cui membri non sono spaventati dalla persecuzione ma continuano a testimoniare nell'amore gli insegnamenti del Signore”.

“Una Chiesa – ha continuato – che è passata dall'umiliazione di aver abbandonato il Signore nel momento della sua crocifissione all'umiltà della predicazione della Parola, basandosi sulla forza dello Spirito Santo piuttosto che sulla forza dei suoi membri”.

“Una Chiesa umile abbastanza – ha detto – da riconoscere gli errori e i peccati dei suoi membri ma abbastanza forte per contare sulla presenza dello Spirito Santo. Una Chiesa che non cerca privilegi ma si impegna con tutte le forze semplicemente a diffondere la buona novella del Signore”.

Al termine del suo discorso, l'Arcivescovo ha consegnato al Santo Padre un dono: una copia d'argento in miniatura della statua del Cristo Re, opera dell'artista Antonio Sciortino, inaugurata in occasione del Congresso eucaristico svoltosi a Malta nel 1913. Da parte sua il Papa ha ricambiato donando due calici, uno per la diocesi di Malta e uno per quella di Gozo.

Sempre nella sua omelia, il Papa ha incoraggiato i fedeli maltesi a non ascoltare le tante voci che “cercano di persuaderci di mettere da parte la nostra fede in Dio e nella sua Chiesa” e di scegliere autonomamente “i valori e le credenze con i quali vivere”.

Richiamando la prima lettura della Messa odierna riguardante il naufragio di Paolo sulla costa di Malta, il Papa ha invitato i presenti a porre la loro fiducia solamente in Dio.

“Si è tentati di pensare che l’odierna tecnologia avanzata possa rispondere ad ogni nostro desiderio e salvarci dai pericoli che ci assalgono. Ma non è così”, ha osservato.

“In ogni momento della nostra vita dipendiamo interamente da Dio, nel quale viviamo, ci muoviamo ed abbiamo la nostra esistenza – ha aggiunto –. Solo lui può proteggerci dal male, solo lui può guidarci tra le tempeste della vita e solo lui può condurci ad un porto sicuro”.

“E' la nostra relazione con il Signore che fornisce la chiave della nostra felicità e della nostra realizzazione umana – ha continuato –. Ed egli ci chiama ad una relazione di amore”, di un amore capace di “plasmare ogni aspetto della nostra predicazione ed insegnamento, della celebrazione dei sacramenti, e della nostra cura per il Popolo di Dio”.




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Il Papa: Malta, baluardo nella promozione dei valori cristiani
Giunge nel cuore del Mediterraneo, sulle orme di san Paolo

di Mirko Testa

ROMA, domenica, 18 aprile 2010 (ZENIT.org).- Malta ha un ruolo importante da svolgere nel promuovere i valori cristiani in Europa. E quanto ha detto Benedetto XVI, sabato pomeriggio, nella cerimonia di benvenuto all’aeroporto internazionale di Luqa a Malta.

Il 14° viaggio internazionale di Bendetto XVI si inserisce nel 1950° anniversario del naufragio sulle coste di Malta dell'apostolo Paolo, nell'anno 60.

Nel discorso all’aeroporto, il Santo Padre ha parlato del ruolo di Malta in Europa, a cominciare dall’approdo imprevisto di san Paolo nell’isola, nel quale alcuni hanno riconosciuto “l’opera della Divina Provvidenza”.

Nel suo indirizzo di saluto, il Presidente della Repubblica di Malta, George Abela, ha notato come i semi dell'evangelizzazione piantati da san Paolo abbiano gettato “le fondamenta etiche ed intellettuali del nostro Stato”, dando “una nuova identità a Malta: un'identità cristiana che ha sostituito progressivamente la cultura pagana e politeista”.

A Malta vi sono 365 chiese. I cattolici sono 418.000 (il 94,4% della popolazione). Le parrocchie sono 85 e la vita della comunità di fedeli s’integra pienamente nel tessuto cittadino. A testimoniare questa felice simbiosi sono le tante feste patronali che si registrano non solo per ciascuna località ma anche a volte per quartieri.

Gettando uno sguardo all'attualità il Presidente di Malta ha detto che come in tutto il resto d'Europa e del mondo occidentale, anche il suo Paese “sta affrontando un conflitto tra cristianesimo da una parte e laicismo dall'altra”, che ha come “punto di partenza la netta separazione tra Chiesa e Stato”, dove “la religione è concepita come appartenente esclusivamente all'ambito privato”.

Il Presidente Abela ha quindi riconosciuto che sebbene “i membri della Chiesa e persino i suoi ministri possano, alle volte, sfortunatamente smarrirsi”, i valori fondamentali della Chiesa continuano a trascendere il tempo e lo spazio, mentre rimane costante il suo impegno nel “proteggere i bambini e tutte le persone vulnerabili”.

Toccando il tema della famiglia il Presidente ha riconosciuto come anche questa istituzione stia fronteggiando “le sfide poste dai rapidi cambiamenti sociali, per lo pià influenzati dagli stili di vita del mondo occidentale e della crescente secolarizzazione della società maltese”.

Abela ha quindi rinnovato l'impegno della sua nazione nella tutela dell'inviolabilità della persona umana, dal concepimento fino alla fine naturale, e nel rispetto pieno per i diritti umani e per i principi della giustizia sociale.

A questo proposto ha richiamato le questioni legate alla forte immigrazione irregolare. Dal 2002 infatti Malta, a causa della sua posizione geografica al centro del Mediterraneo, è stata presa d'assalto dagli sbarchi degli immigrati provenienti soprattutto da zone di guerra e povertà come Somalia, Etiopia, Eritrea. E in questi ultimi anni, la cifre sono salite dalle 500 “boat people” dell’inizio alle 2800 dello scorso anno. Attualmente sono oltre 6mila gli immigrati che vivono sull'isola, su 443.000 abitanti.

“Malgrado queste difficoltà – ha però osservato il Presidente maltese –, non dobbiamo mai rifuggire i nostri valori tradizionali di solidarietà e ospitalità verso questi emigranti durante il loro soggiorno a Malta, nel pieno rispetto dei loro diritti e della loro dignità umana”.

Malta, ha riconosciuto il Papa nel suo discorso, ha “giocato un ruolo chiave nello sviluppo politico, religioso e culturale dell’Europa, del Vicino Oriente e del Nord Africa”, contribuendo “moltissimo alla difesa della cristianità sia per terra che per mare”, e al giorno d'oggi “ha molto da offrire in campi diversi, quali la tolleranza, la reciprocità, l’immigrazione ed altre questioni cruciali per il futuro di questo Continente”.

Dopo aver invitato il governo maltese a continuare a difendere l’indissolubilità del matrimonio quale istituzione naturale e sacramentale, il Pontefice ha incoraggiato questo Paese ad essere sempre più “ponte nella comprensione tra i popoli, le culture e le religioni presenti nel Mediterraneo” e a “stendere la mano dell’amicizia ai propri vicini a nord e a sud, ad est e ad ovest”.

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Il Papa ai giovani: incontrare Gesù, "esperienza travolgente d'amore"
Malta sia orgogliosa della sua difesa di vita e matrimonio, dichiara

di Roberta Sciamplicotti

LA VALLETTA, domenica, 18 aprile 2010 (ZENIT.org).- Incontrare Gesù rappresenta “un’esperienza travolgente d’amore”, ha ricordato Benedetto XVI rivolgendosi questa domenica pomeriggio ai giovani di Malta e Gozo, incontrati al porto di La Valletta.

Il Pontefice è arrivato via mare, accompagnato da una delegazione di giovani, sulla nave “San Paolo”, che ha fatto ingresso nel porto scortata da una flottiglia di piccole imbarcazioni tipiche delle isole maltesi, mentre il Pontefice salutava la folla radunata sulla banchina, che sventolava bandiere bianche e gialle e scandiva il suo nome.

La voce dei giovani

Dopo la lettura del brano evangelico del giovane ricco (Mc 10, 17-22), sono intervenuti sette giovani che hanno chiesto al Papa consigli su come portare avanti la propria vita di fronte a situazioni diverse ma similmente difficili per le sfide poste dalla società.

Il primo giovane ha sottolineato che la Chiesa ha il grande merito di tener unita una grande varietà di persone, e ha chiesto come fare per continuare a soddisfare il desiderio di “cercare e scoprire la verità”.

Il secondo giovane e la terza ragazza hanno espresso un disagio derivante da situazioni molto diverse: quello dei ragazzi emarginati, che vivono situazioni difficili per aver vissuto un passato disordinato o in famiglie disgregate, per il fatto di avere una diversa identità sessuale o di essere immigrati e che si sentono ai margini della Chiesa e trattati come un “problema”, e quello dei giovani impegnati nelle attività religiose, che percepiscono un'esclusione dalla società proprio per questo loro impegno e chiedono consiglio al Papa per poter lasciare un segno nella Chiesa.

Si sono poi rivolti al Pontefice due giovani fidanzati, che hanno chiesto come essere fedeli alla vocazione coniugale in una società in cui la famiglia “sta subendo un cambiamento radicale” e viene messa in difficoltà in molti campi.

Hanno infine parlato al Papa due seminaristi, che hanno ricordato come in questo periodo i sacerdoti siano sotto attacco per lo scandalo degli abusi sessuali compiuti da alcuni di loro, lamentando che l'ammissione delle colpe sembra “non valga niente”.

Sottolineando l'ingiustizia di condannare tutta la comunità sacerdotale per le colpe di pochi, hanno chiesto al Papa come integrarsi in un contesto che “non riserva un posto per noi”.

La forza dell'amore

Nel suo intervento, il Papa ha voluto richiamare ai presenti la vita di San Paolo, del quale quest'anno si festeggia il 1950° anniversario del naufragio nell'arcipelago maltese.

“Un tempo egli era nemico della Chiesa ed ha fatto di tutto per distruggerla – ha osservato –. Mentre era in viaggio verso Damasco, con l’intento di eliminare ogni cristiano che vi avesse trovato, gli apparve il Signore in visione”.

“Tutta la sua vita venne trasformata. Divenne un discepolo fino ad essere un grande apostolo e missionario”.

“Ogni incontro personale con Gesù è un’esperienza travolgente d’amore”, ha dichiarato il Papa. “Dio ama ognuno di noi con una profondità e intensità che non possiamo neppure immaginare. Egli ci conosce intimamente, conosce ogni nostra capacità ed ogni nostro errore”.

“Poiché egli ci ama così tanto, egli desidera purificarci dai nostri errori e rafforzare le nostre virtù così che possiamo avere vita in abbondanza. Quando ci richiama perché qualche cosa nelle nostre vite dispiace a lui, non ci rifiuta, ma ci chiede di cambiare e divenire più perfetti”.

Non abbiate paura!”

San Giovanni, ha proseguito il Pontefice, dice che l'amore perfetto di Dio scaccia il timore (cfr 1Gv 4,18). “Perciò dico a tutti voi 'Non abbiate paura!'”, ha esclamato.

“Certamente incontrerete opposizione al messaggio del Vangelo”, ha riconosciuto, constatando che “la cultura odierna, come ogni cultura, promuove idee e valori che sono talvolta in contrasto con quelle vissute e predicate da nostro Signore Gesù Cristo”.

“Spesso sono presentate con un grande potere persuasivo, rinforzato dai media e dalla pressione sociale”.

“Ecco perché dico a voi: non abbiate paura, ma rallegratevi del suo amore per voi; fidatevi di lui, rispondete al suo invito ad essere discepoli, trovate nutrimento e aiuto spirituale nei sacramenti della Chiesa”, ha detto ai giovani.

Difesa della vita

Benedetto XVI ha quindi ricordato che quella di Malta è una società “segnata dalla fede e dai valori cristiani”.

“Dovreste essere orgogliosi che il vostro Paese difenda sia il bambino non ancora nato, come pure promuova la stabilità della vita di famiglia dicendo no all'aborto e al divorzio”, ha detto ai ragazzi riuniti al porto di La Valletta.

“Altre Nazioni possono imparare dal vostro esempio cristiano”, ha aggiunto, ammettendo che nel contesto dell'attuale società europea “i valori evangelici ancora una volta stanno diventando una contro-cultura, proprio come lo erano al tempo di San Paolo”.

Accogliere la vocazione

Nell'Anno Sacerdotale, il Vescovo di Roma ha poi chiesto “di essere aperti alla possibilità che il Signore possa chiamare alcuni di voi a darsi totalmente al servizio del suo popolo nel sacerdozio e nella vita consacrata”.

“Riconoscete la profonda gioia che proviene nel dedicare la propria vita all’annuncio del messaggio dell’amore di Dio per tutti, senza eccezione”, ha invitato.

“Questa è la nobile vocazione di amore e di servizio che tutti noi abbiamo ricevuto – ha concluso –. Lasciate che ciò vi spinga a dedicare le vostre vite a seguire Cristo”.

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Aiutare gli immigrati nonostante le difficoltà, chiede il Papa
Nel suo discorso di congedo da Malta

di Inma Álvarez

LA VALLETTA, domenica, 18 aprile 2010 (ZENIT.org).- Nel suo ultimo discorso prima di concludere il viaggio apostolico a Malta, Papa Benedetto XVI ha chiesto agli abitanti dell'arcipelago di non smettere di soccorrere gli immigrati che arrivano sulle sue coste, malgrado le difficoltà, con l'aiuto della comunità internazionale.

Durante il suo congedo dall'isola, poco prima di imbarcarsi per tornare a Roma, il Pontefice ha affrontato questo argomento delicato per Malta, affermando di conoscere le “difficoltà” del Paese di fronte al costante arrivo di immigrati.

“Tenendo presente la sua posizione geografica nel cuore del Mediterraneo, molti migranti arrivano ai lidi di Malta, alcuni per fuggire da situazioni di violenza e di persecuzione, altri alla ricerca di migliori condizioni di vita”, ha riconosciuto il Papa.

Il Pontefice ha detto di essere consapevole delle difficoltà che può causare “l’accoglienza di un gran numero di persone”, “difficoltà che non possono essere risolte da alcun Paese di primo approdo, da solo”.

In questo contesto, ha fatto appello alle “radici cristiane” e alla “lunga e fiera storia di accoglienza degli stranieri” di Malta, chiedendo che il Paese, con l'aiuto dell'estero, possa “venire in soccorso di quanti qui arrivano ed assicurarsi che i loro diritti siano rispettati”.

Il Papa ha anche esortato i maltesi a sentirsi “fieri della vostra vocazione cristiana” e a conservare “con cura la vostra eredità religiosa e culturale”.

“Guardate al futuro con speranza, con profondo rispetto per la creazione di Dio, ossequio per la vita umana, alta stima per il matrimonio e l’integrità della famiglia!”, ha esortato.

Allo stesso modo, ha chiesto “unità, solidarietà e rispetto reciproco”, basi della “vita sociale e politica” di Malta.

Questi valori, “ispirati dalla vostra fede cattolica”, “sono la bussola che vi guiderà alla ricerca di un autentico ed integrale sviluppo”, per cui “il tesoro dell’insegnamento sociale della Chiesa ispirerà e guiderà tali sforzi”.

“Non lasciate mai che la vostra vera identità venga compromessa dall’indifferentismo o dal relativismo”, ha concluso il Papa.

Nel suo saluto a Benedetto XVI, il Presidente della Repubblica, George Abela, lo ha ringraziato per la sua visita nel Paese: “La sua benedizione ha fortificato la nostra fede”, ha affermato.

Il Capo di Stato ha espresso anche profondo apprezzamento per l'incontro del Pontefice con le vittime degli abusi, che “alleggerirà il loro dolore”.

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Il Papa dona una Rosa d'Oro al Santuario mariano di Ta'Pinu
E invita i fedeli maltesi a pregare Maria come Regina della Famiglia

FLORIANA, domenica, 18 aprile 2010 (ZENIT.org).- Benedetto XVI ha compiuto questa domenica un gesto antico, donando una Rosa d’Oro al Santuario di Nostra Signora di Ta’ Pinu, a conferma della devozione del popolo maltese per la Madonna.

Queste Rose vengono benedette dal Papa durante la Quaresima. In passato i Papi riservavano questo tipo di dono a Re e Regine, o ad altre personalità cattoliche illustri, in segno di rispetto e amore paterno. In alcune occasioni sono state anche donate a governi e città particolarmente meritevoli per il loro spirito cattolico e la loro lealtà verso la Santa Sede.

Non si sa con precisione quando questa pratica abbia avuto inizio. Alcuni sostengono che si debba a Charles Le Magne (742-814), ciò che è certo tuttavia è che si deve far risalire a prima del 1050, perché Papa Leone IX (1049-1054) ne parla come di una usanza antica.

Si calcola che nell'ultimo millennio siano state offerte 180 Rose d'Oro, di cui 7 nell'ultimo secolo.

In occasione della recita del Regina Cæli al termine della Santa Messa nel Piazzale dei Granai a Floriana, il Papa ha detto: “Conosco la particolare devozione del popolo maltese alla Madre di Dio, espressa con grande fervore a Nostra Signora di Ta’ Pinu e sono lieto di avere l’opportunità di pregare davanti alla sua immagine, portata qui appositamente da Gozo per questa occasione”.

“Sono inoltre compiaciuto di presentare una Rosa d’Oro a lei, come segno del nostro filiale affetto, che condividiamo per la Madre di Dio”, ha aggiunto.

“Vi chiedo – ha esortato il Pontefice – in particolare di pregarla con il titolo di Regina della Famiglia, un titolo aggiunto alle Litanie Lauretane dal mio amato predecessore, Papa Giovanni Paolo II, egli stesso ospite, in varie occasioni, di queste terre”.

“Offrendovi questo tangibile ricordo della mia stessa visita – ha quindi aggiunto –, vi ringrazio per tutto quello che ho ricevuto da voi in contraccambio, specialmente per il calore della vostra devozione e per il sostegno delle vostre preghiere per il mio ministero di Successore di Pietro”.

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A Malta il Papa incontra alcune vittime di abusi da parte del clero

LA VALLETTA, domenica, 18 aprile 2010 (ZENIT.org).- Benedetto XVI ha ricevuto questa domenica alcune vittime maltesi di abusi sessuali da parte di religiosi.

Lo rivela un comunicato diffuso dalla Sala Stampa della Santa Sede, spiegando che il Santo Padre ha incontrato nella Nunziatura Apostolica di Malta "un piccolo gruppo di persone che hanno subito abusi sessuali da parte di membri del clero".

Il Papa, sottolinea la nota, "è rimasto profondamente toccato dalle loro storie e ha espresso la sua vergogna e il suo dolore per ciò che le vittime e le loro famiglie hanno sofferto".

"Ha pregato con loro e ha assicurato che la Chiesa sta facendo, e continuerà a fare, tutto ciò che è in suo potere per indagare sulle dichiarazioni, portare davanti alla giustizia i responsabili degli abusi e implementare misure efficaci volte a salvaguardare i giovani in futuro".

"Nello spirito della sua recente Lettera ai cattolici d'Irlanda, ha pregato che tutte le vittime degli abusi sperimentino guarigione e riconciliazione, potendo andare avanti con rinnovata speranza", conclude il testo.

Il 13 aprile scorso lo stesso Arcivescovo di Malta e Presidente della Conferenza Episcopale maltese, mons. Paul Cremona, aveva incontrato in forma privata un gruppo di vittime di abusi sessuali.

A Malta dal 1999, da quando cioè è stato istituito un Comitato, noto come Response Team, sotto la presidenza di un giudice in pensione, per investigare le accuse di abusi sessuali su minori come anche su adulti, ad opera di membri del clero, religiosi ed operatori pastorali, sono emersi 45 casi risalenti agli anni Settanta.

Di questi 45 casi, 13 devono ancora essere esaminati, mentre il Response Team ne ha rigettati 19 come privi di fondamento ed ha dato il via libera perché venisse istruito il processo contro 13 membri del clero.

In particolare, quattro di questi ultimi casi sono stati segnalati alla Santa Sede: i preti sono stati giudicati colpevoli e condannati. Altri tre preti devono ancora essere ascoltati dal Tribunale istituito dalla Santa Sede, mentre altre quattro inchieste conclusesi recentemente, devono essere riferite alla Santa Sede. Due preti, invece, sono nel frattempo deceduti.

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Muore il Card. Špidlík, un pioniere della spiritualità orientale
Benedetto XVI ricorda il gesuita come "zelante servitore del Vangelo"

ROMA, domenica, 18 aprile 2010 (ZENIT.org).- Si è spento venerdì sera a Roma, all’età di 90 anni, il Cardinale gesuita Tomáš Špidlík, celebre per i suoi numerosi studi sulla spiritualità delle Chiese d'Oriente.

Il Papa, in un telegramma ha inviato al preposito generale della Compagnia di Gesù, padre Adolfo Nicolás, ha espresso la sua “viva commozione” per la morte di questo “insigne gesuita e zelante servitore del Vangelo”, di cui ha apprezzato “le doti di mente e di cuore”.

Il Pontefice ha ricordato quindi “con profonda gratitudine” la sua “solida fede, la paterna affabilità e l’intensa operosità culturale ed ecclesiale, specialmente quale autorevole conoscitore della spiritualità cristiana orientale”.

Nato il 17 dicembre 1919 a Boskovice (diocesi di Brno) in Moravia, allora Cecoslovacchia, oggi Repubblica Ceca, ha conosciuto in gioventù i lavori forzati, prima sotto i nazisti e poi sotto i comunisti.

Entrato nel 1940 nel noviziato dei Gesuiti di Benesov, vicino Praga, nel ’42 ha preso i voti religiosi. Nonostante le difficoltà del conflitto mondiale, ha concluso gli studi filosofici e teologici, diventando docente universitario al Pontificio istituto Orientale e all'Università Gregoriana.

E’ stato predicatore di Esercizi spirituali e nel 1995 ha curato quelli per il Papa e la Curia Romana. Ha scritto numerosi libri e articoli.

Per 38 anni è stato, inoltre, direttore spirituale del Pontificio Collegio Nepomuceno e dal 1991 ha vissuto e lavorato al Centro Aletti, dove si studia la tradizione dell'Oriente cristiano nella sua relazione con il mondo contemporaneo.

Creato Cardinale da Giovanni Paolo II nel 2003, per 50 anni è stato uno dei più stretti collaboratori del Programma in lingua ceca della Radio Vaticana.

È stato inviato più volte in Russia e nel 1992 è stato ricevuto al Cremlino dal presidente Eltsyn e dal Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, Alessio II.

Il 17 dicembre scorso il Papa aveva presieduto nella Cappella Redemptoris Mater, in Vaticano, una celebrazione eucaristica con la Comunità del Centro Aletti, in occasione dei 90 anni del Cardinale Špidlik.

La salma sarà esposta nella Cappella del Centro Aletti, Via Paolina 25 (vicino alla Basilica di Santa Maria Maggiore), fino alla sera di lunedì.

La Messa esequiale sarà celebrata nella Basilica Vaticana martedì prossimo, alle 11.30, e presieduta dal Cardinale Angelo Sodano, Decano del Collegio cardinalizio. Alla fine della liturgia, Benedetto XVI rivolgerà la sua parola ai presenti e presiederà il rito dell’Ultima Commendatio e della Valedictio.

Il Cardinale Špidlík sarà poi sepolto a Velehrad in Moravia.


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Analisi


Il pensiero sociale e politico di Benedetto XVI
Un libro esamina gli elementi fondamentali

di padre John Flynn, LC

ROMA, domenica, 18 aprile 2010 (ZENIT.org).- Siamo abituati a considerare i Papi solo come guide spirituali e teologiche, ma un recente libro mette in evidenza l’attuale importanza e influenza del pensiero sociale e politico di Benedetto XVI.

Nel libro “The Social and Political Thought of Benedict XVI”, l’autore Thomas R. Rourke prende in esame il pensiero sociale e politico del Papa, sia prima, che dopo, la sua elezione alla Cattedra di Pietro. Rourke insegna presso il dipartimento di scienze politiche della Clarion University di Pennsylvania.

Secondo Rourke, sebbene sia noto più come teologo, Benedetto XVI è anche un profondo pensatore politico, e il suo pensiero sociale merita maggiore attenzione rispetto a quanto fatto finora.

L’autore considera anzitutto le fondamenta antropologiche del pensiero del Papa. Nel libro “In cammino verso Gesù Cristo”, l’allora cardinale Ratzinger esamina lo sviluppo del concetto di persona.

Rispetto all’impostazione della filosofia greca, i testi sacri e il pensiero cristiano hanno permesso di arricchirne notevolmente l’impostazione, soprattutto nell’aspetto della persona come essere relazionale. Da ciò deriva il concetto di spiritualità di comunione, che secondo Rourke è alla base della concezione di Benedetto XVI sulla dottrina sociale.

Nella comunità divina delle persone della Trinità, scopriamo infatti le radici spirituali della comunità degli uomini. Il pensiero antropologico del Papa quindi non considera le persone come individui che solo in un secondo momento entrano in relazione tra loro. Per il Pontefice l’elemento relazionale costituisce invece il cuore della natura stessa della persona.

Questo tipo di fratellanza tra le persone si fonda sulla comune paternità di Dio e si differenzia sostanzialmente dalla visione secolare della fratellanza, come quella sposata dalla Rivoluzione francese.

A ciò si aggiunge la dimensione della creazione. La vita umana, in quanto creata a immagine di Dio, possiede una dignità inviolabile, che secondo il Papa è inconciliabile con un’interpretazione utilitaristica della persona umana.

Politica

Sebbene questa antropologia possa sembrare troppo astratta, essa costituisce il fondamento necessario di ogni filosofia politica, spiega Rourke. La nostra visione politica di come debba svolgersi la vita comune, è necessariamente fondata sulla nostra concezione di cosa sia la persona e di cosa sia la comunità.

Secondo Rourke, Benedetto XVI considera la politica come un esercizio della ragione, ma di una ragione plasmata dalla fede. Di conseguenza, il Cristianesimo non considera l’apprendimento come la mera acquisizione di conoscenza, ma come un processo che deve essere guidato da valori fondamentali come la verità, la bellezza e la bontà.

Quando la ragione viene separata da un chiaro intendimento del fine della vita umana, stabilito dalla Creazione e affermato nei Dieci Comandamenti, allora essa perde il suo punto di riferimento necessario per esprimere un giudizio morale. Quando questo avviene, si apre la strada al consequenzialismo, che nega che una cosa possa essere in se stessa buona o cattiva.

Un altro interessante filone di pensiero, presente negli scritti del cardinale Ratzinger, è la separazione tra Chiesa e Stato, osserva Rourke. Con questa separazione, prefigurata nelle parole di Gesù: “Rendete a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio”, il Cristianesimo ha distrutto l’idea di uno Stato divino.

Prima del Cristianesimo, l’unione tra Chiesa e Stato era la pratica normale e così era anche nell’Antico Testamento. E questo fu anche il motivo della persecuzione dei cristiani da parte dell’Impero romano, poiché essi si rifiutavano di accettarne la religione di Stato.

La separazione introdotta da Gesù ha recato beneficio allo Stato, liberandolo dal dovere di rispondere all’aspettativa della perfezione divina, secondo il cardinale Ratzinger. Questa nuova prospettiva cristiana ha così aperto le porte ad una politica fondata sulla ragione.

Miti

D’altra parte, quando si vuole tornare ad una concezione precristiana della politica, si finisce per eliminarne i limiti morali, come è avvenuto nella Germania nazista e negli Stati comunisti, secondo il futuro Pontefice.

Nel mondo di oggi, le concezioni mitiche del progresso, della scienza e della libertà rappresentano un pericolo. Il loro elemento comune è quello di tendere allo sviluppo di una politica irrazionale che pone la ricerca del potere al di sopra della verità.

Una volta diventato Papa, egli riprende questo tema nella seconda enciclica sulla speranza, avvertendo che ciò che noi speriamo come cristiani non deve essere confuso con ciò che possiamo raggiungere attraverso l’azione politica.

Tornando a ciò che il cardinale Ratzinger scrive nel suo libro “Chiesa, ecumenismo e politica”, Rourke aggiunge che la separazione tra Chiesa e Stato è diventata più confusa negli ultimi tempi, essendo interpretata come cessione dell’intera dimensione pubblica allo Stato.

Quando questo viene accettato, la democrazia si riduce ad un insieme di procedure, priva di qualunque valore fondamentale. Il futuro Papa, invece, afferma la necessità della presenza di un sistema di valori che risalga ai principi originari, quali il divieto di sopprimere la vita umana innocente o l’unione permanente tra un uomo e una donna come fondamento della famiglia.

Coscienza

Tra i molti altri argomenti esaminati da Rourke vi è quello relativo alla coscienza. Se a prima vista potrebbe sembrare poco pertinente alle questioni politiche, la coscienza si rivela invece avere un ruolo fondamentale.

È infatti nel cuore della nostra coscienza che noi custodiamo le norme fondamentali su cui si fonda l’ordine sociale. La coscienza rappresenta anche una limitazione al potere dello Stato, in quanto lo Stato non ha una autorità che lo legittima a violare tali norme. È quindi la coscienza che è in grado di circoscrivere l’azione di governo.

La distruzione della coscienza è invece il prerequisito del governo totalitario, come spiegò l’allora arcivescovo Ratzinger in una lezione del 1972: “Dove prevale la coscienza, esiste un limite al dominio dell’autorità umana e della scelta umana, un qualcosa di sacro che deve rimanere inviolato e che nella sua sovranità, elude ogni controllo, sia quello altrui, sia quello proprio”.


Rourke chiarisce che con queste parole il futuro Papa non sminuisce il valore dei limiti costituzionali o istituzionali del potere. Il punto è più profondo: che nessuna istituzione o struttura può preservare le persone dall’ingiustizia, quando coloro che hanno l’autorità abusano del proprio potere. In questa situazione, è il potere della coscienza, brandito dalla gente, che può proteggere la società.

La coscienza, a sua volta, si collega alla fede, che ne è la principale formatrice. La fede diventa quindi una forza politica nello stesso modo in cui lo è stato Gesù diventando testimone della verità nella coscienza. “Il potere della coscienza si trova nella sofferenza; è il potere della Croce”, spiega Rourke sintetizzando la lezione del 1972.

“Il Cristianesimo inizia”, secondo l’arcivescovo Ratzinger, “non con un rivoluzionario, ma con un martire”.

Continuità

Lo studio di Rourke comprende anche un’appendice contenente un’analisi dell’ultima enciclica di Benedetto XVI sui temi sociali: “Caritas in veritate”, pubblicata quando egli aveva quasi finito di scrivere il suo libro. L’autore sottolinea al riguardo la piena continuità tra l’ultima enciclica e i precedenti scritti del Papa.

Secondo Rourke, questa continuità è evidente già nell’introduzione, in cui il Papa lega la verità all’amore e all’idea di una verità oggettiva, contrariamente alla tendenza relativistica.

L’enciclica conclude poi con la ricorrente idea del Pontefice che in Cristo troviamo ciò che è più autenticamente umano, che Egli ci porta a scoprire la pienezza della nostra umanità. Questo umanesimo cristiano è ciò che Benedetto XVI vede come il contributo più grande che possiamo dare allo sviluppo. Un obiettivo avvincente e incoraggiante, per cui vale la pena impegnarsi.


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Italia


Carità e verità, basi dell'università cattolica
86ma Giornata per l'Università Cattolica del Sacro Cuore

ROMA, domenica, 18 aprile 2010 (ZENIT.org).- “Carità e verità nell’impegno di ricerca e formazione dell’università” è il tema del Messaggio per l’86ª Giornata per l’Università Cattolica del Sacro Cuore, celebrata questa domenica.

Nel testo, firmato dalla Presidenza della Conferenza Episcopale Italiana, si ricorda che “il progresso delle scienze, mentre individua in maniera sempre più approfondita le leggi che regolano l’universo e si arricchisce di mirabili scoperte, si trova pericolosamente esposto – nella sua rivendicazione di autonomia – a un’insignificanza che estenua ogni creatività e precipita nel nichilismo”.

“Quanto più l’universo ci risulta comprensibile, tanto più ci appare senza scopo. Ciò conduce alla drammatica tentazione di abbandonare il campo”.

La creatività, al contrario, “fiorisce nell’orizzonte di una visione consistente, aperta e chiara a un tempo, in cui la verità dispiega la sua illuminazione generatrice”.

Per questo, osserva il Messaggio citando le parole di Benedetto XVI durante l'Incontro con il mondo accademico nel castello di Praga il 27 settembre 2009, “deve essere riguadagnata l’idea di una formazione integrale, basata sull’unità della conoscenza radicata nella verità”, che “può contrastare la tendenza, così evidente nella società contemporanea, verso la frammentazione del sapere”.

“Con la massiccia crescita dell’informazione e della tecnologia nasce la tentazione di separare la ragione dalla ricerca della verità”, constatava il Papa, ricordando che la ragione, una volta separata dal fondamentale orientamento umano verso la verità, “comincia a perdere la propria direzione”, finendo “per inaridire o sotto la parvenza di modestia, quando si accontenta di ciò che è puramente parziale o provvisorio, oppure sotto l’apparenza di certezza, quando impone la resa alle richieste di quanti danno in maniera indiscriminata uguale valore praticamente a tutto”.

“La visione cristiana della realtà, lungi dal ridurre l’ambito della ricerca universitaria nel perimetro angusto della ragione calcolante, ne dilata le prospettive e lancia alla capacità creativa dell’ingegno umano la sfida del significato totale degli esiti di tale ricerca”, ricordano i Vescovi.

“Si tratta di dilatare la ragione e di renderla capace di conoscere e di orientare queste imponenti nuove dinamiche, animandole nella prospettiva di quella 'civiltà dell’amore' il cui seme Dio ha posto in ogni popolo, in ogni cultura”, sottolinea il Pontefice nella sua Enciclica sociale Caritas in Veritate.

Le rapide e profonde trasformazioni del nostro tempo, dichiarano i presuli, “non rendono obsoleto il progetto di padre Agostino Gemelli”, “al contrario, ne confermano l’attualità, nel segno di quella creatività, che fin dall’inizio lo caratterizzò e rese possibile realizzare, con l’apporto fattivo delle comunità ecclesiali d’Italia, ciò che sembrava impossibile”.

In questo contesto, “va riaffermato e rinnovato” “il radicamento ecclesiale” dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, “come espressione concreta della capacità della parola della fede di aprire orizzonti di intelligenza di vita a servizio del popolo cristiano”.

Tutto ciò, conclude il Messaggio, “esige, accanto all’applicazione costante allo studio e alla ricerca, la coltivazione diuturna delle virtù morali di limpidezza, autenticità, umiltà e, soprattutto, del primo dono che da questa Giornata si attende, cioè la preghiera”.

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Segnalazioni


"Giovani e sistema educativo di istruzione e formazione in Italia"
Il 20 aprile a Roma, Convegno promosso dal Centro Nazionale Opere Salesiane

ROMA, domenica, 18 aprile 2010 (ZENIT.org).- Coinvolgere salesiani e laici che operano nella scuola e nella formazione professionale in Italia. E' questo lo scopo del Convegno nazionale sul tema “Giovani e sistema educativo di istruzione e formazione in Italia”, che si svolgerà nella giornata di martedì 20 aprile al Salesianum di Roma (via della Pisana 1111).

L'incontro è promosso dalla Federazione Centro Nazionale Opere Salesiane-Formazione Aggiornamento Professionale (CNOS FAP) – creata nel 1977 al fine portare avanti e rinnovare l'impegno di solidarietà e di servizio educativo di don Bosco – e dall'associazione CNOS/Scuola, costituita nel 1995 e che riunisce le scuole salesiane di ogni ordine e grado.

Al Convegno interverranno: don Pascual Chávez Villanueva, Rettor Maggiore dei Salesiani; mons. Mariano Crociata, Segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana; l'on. Giorgia Meloni, Ministro della Gioventù; il prof. Giorgio Chiosso, dell'Università di Torino; e il prof. Antonio Mocci, esperto di processi formativi. Coordina i lavori don Fabio Attard, Consigliere per la pastorale giovanile salesiana.

Durante il Convegno sarà inoltre siglato un Protocollo d'intesa con Federmeccanica, nell'ottica di una più stretta collaborazione tra le imprese e i percorsi di formazione.

L'iniziativa si colloca all'interno del documento “Progetto Europa” – nato nel gennaio 2009 in seno al 26° Consiglio generale della Congregazione salesiana –, che indica la necessità di individuare la natura, gli obiettivi e le strategie per impegnare tutta la Congregazione nel rafforzamento del carisma salesiano in Europa, attraverso “la scelta prioritaria della presenza salesiana nella scuola e nella formazione professionale”.

L'esperienza salesiana nel campo professionale si rifa a don Bosco, che a partire dal 1842 cominciò a seguire i giovani apprendisti presso le botteghe artigiane della città di Torino, fondando per loro scuole serali, festive e diurne e dando inizio nel 1853 ai laboratori interni prima per calzolai, sarti e legatori, poi per falegnami e fabbri ferrai.

Per quanto riguarda le scuole e i centri di formazione professionale dei salesiani presenti in Italia si parla di 50 plessi scolastici, per un totale di 25.703 alunni e 2.128 unità di personale dipendente; 64 sedi formative accreditate, con 1.173 corsi, 20.1000 allievi e 1.336 formatori.

In Europa, invece, si contano 204 plessi scolastici, per un totale di 139.455 alunni e 13.315 operatori; 102 scuole professionali e agricole, con 32.463 alunni e 2.836 operatori.

[Per maggiori informazioni: Tel. 06-5137884, Fax 06-5137028, e-mail s.morotti@cnos-fap.it]

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Bioetica


Benedetto XVI, la bioetica e le critiche
di Renzo Puccetti*

ROMA, domenica, 18 aprile 2010 (ZENIT.org).- Oggi è il giorno in cui ho trovato il tempo per leggere la lettera aperta rivolta al Santo Padre da parte del teologo Hans Küng,[1] secondo cui l’attuale pontificato si caratterizzerebbe «per non avere saputo cogliere una serie di opportunità». Nel testo il teologo svizzero ne elenca undici. Chi scrive non ha competenze specifiche per verificare la fondatezza di ciascuno di essi, è possibile che alcuni elementi si possano trarre leggendo l’omelia che il Papa ha pronunciato nella Messa celebrata oggi a Malta,[2] ma due punti sollevati da Küng hanno però forti implicazioni bioetiche; immagino che prenderli in esame, seppure in maniera non certo esaustiva, possa interessare i lettori di questa rubrica.

Nel primo di questi si sostiene la opportunità di aiutare le popolazioni dell’Africa sollevandole dal peso della sovrappopolazione e dal flagello dell’AIDS assecondando la contraccezione e l’uso del preservativo.

Su questo punto l’argomentazione sembra svilupparsi partendo da una prospettiva proporzionalistica; il bene o il male di un’azione deriverebbe da una ponderazione delle conseguenze. Tale prospettiva non certo nuova e di cui si riconoscono peraltro numerose varianti, non perché è sostenuta da Küng esime dai problemi e garantisce dal commettere azioni immorali. Chi stabilisce i criteri di utilità? Come sono valutate le conseguenze? Chi le verifica? Sono tutte prevedibili? È stato osservato che il proporzionalismo, facendo l’uomo responsabile di tutto, finisce per farlo diventare responsabile di niente. Come potrebbe rispondere infatti il proporzionalista e quindi in definitiva lo stesso Hans Küng, a quei medici che dalla sbarra del tribunale di Norimberga si fossero giustificati adducendo la loro buona intenzione quando sottoponevano i prigionieri agli esperimenti di congelamento e di decompressione? Non agivano forse nell’interesse dei piloti della Luftwaffe ed in definitiva dell’intero popolo tedesco che aveva un interesse a vincere la guerra?[3]  Una tale prospettiva, al fine, finisce per ridurre l’azione malvagia ad un semplice errore di calcolo. Attenzione non si dice qui che contraccezione ed esperimenti sugli ebrei siano la stessa cosa, una tale lettura del concetto da me espresso sarebbe talmente rozza da non meritare alcun commento, ma si vuole fare riflettere sui limiti della teoria proporzionalista.[4] Ma diamo per scontato che tale impostazione sia accettabile e seguiamo il teologo dissidente.

Vi sono robuste evidenze che la diffusione della contraccezione porti ad una riduzione del tasso di fertilità nei paesi in via di sviluppo.[5] Molto meno evidente che la riduzione della popolazione porti a benefici in termini economici. Se quindi lo sviluppo economico viene preso come unico indicatore del benessere di una popolazione, allora la pretesa di dettare l’agenda da parte di Küng comincia ad avere dei guai. A tale proposito riporto quanto affermato da Luca Molinas, dottorando presso la facoltà di Scienze Economiche “La Sapienza”: «In sostanza il mondo accademico è totalmente diviso ed in disaccordo sulla relazione tra crescita della popolazione e sviluppo economico nei paesi in via di sviluppo».[6] Lo stesso autore conclude affermando: «Lo studio comparativo sulle politiche demografiche in Cina ed in India dimostra che l’approccio neomaltusiano esce sostanzialmente sconfitto nel dibattito». Ma la contraccezione non ha soltanto effetti in termini di popolazione. Se il teologo considerasse ad esempio gli studi in proposito del nobel per l’economia Gorge Akerlof se ne potrebbe facilmente rendere conto. Una delle conseguenze indirette individuate da Akerlof è quella, ad esempio, dell’incremento dei bambini costretti a crescere con un solo genitore. Ora il guaio è che Küng sembra rinvenire nella contraccezione proprietà quasi taumaturgiche. Quando egli accusa infatti di “rigorismo impietoso” il Magistero, egli cita tutta una serie di questioni come la contraccezione, l’inseminazione artificiale, l’aborto, la diagnosi pre-natale, l’eutanasia, quali esempi di “estremismo fanatico”.[7] Lo “zelo antimodernista” della Chiesa finirebbe addirittura per incoraggiare l’aborto attraverso la proibizione della contraccezione. Il professor Küng non ce ne voglia, ma il suo concetto di modernità ci ricorda quello di Cristiane, la protagonista del film “Good Bye Lenin!” , che, risvegliatasi dopo un coma protratto stenta ad adattarsi ai cambiamenti che hanno fatto seguito al crollo del comunismo. Allo stesso modo il prof. Küng sembra riproporre riflessioni etiche che potevano avere una qualche verosimiglianza qualche decennio fa.

Presentarsi con una tale teoria al premio Ig Nobel assicurerebbe ottime probabilità di vittoria; è piuttosto difficile infatti pensare che una persona ubbidisca al Papa per quanto riguarda la contraccezione, ma contravvenga al suo insegnamento sull’aborto. Si dà il caso peraltro che il sottoscritto abbia da poco pubblicato uno studio che fa piazza pulita dell’idea che la diffusione della contraccezione in una popolazione riduca il ricorso all’aborto.[8] Contra factum non valet argumentum. Il teologo casca male anche quando accusa il Papa sulla questione del preservativo e l’AIDS. Verrebbe da ripetere la risposta di Apelle di Coo al ciabattino a noi tramandata: “Sutor, ne ultra crepidam!”. Se egli infatti è così ansioso di riconciliare la religione con la scienza moderna, siamo certi che trarrebbe vantaggio dallo studio della letteratura scientifica prima di aprire bocca su argomenti da cui la sua statura intellettuale guadagna quando sta zitto. Abbiamo pubblicato da poco un piccolo libro proprio su questo argomento che in modo facile, facile potrà aiutarlo a comprendere che la sua posizione è sbagliata e che quando il Papa  afferma che la distribuzione di preservativi aumenta il problema, egli ha ragione.[9] L’ennesima conferma deriva da uno studio svolto in Kenya da poco pubblicato che mostra come la conoscenza tra i giovani che il condom protegge dall’AIDS si associa ad una maggiore promiscuità sessuale.[10]

Quando il teologo parla di «una pianificazione famigliare ragionevole, così come una contraccezione ragionevole»,[11] lontano dall’offrire qualche risposta, sembra piuttosto più simile ad uno che brancola nel buio, ma vuole indicare la strada ai passanti.

La seconda questione sollevata da Küng nella sua lettera aperta sarebbe la mancata riconciliazione con la scienza moderna attraverso il riconoscimento «senza ambiguità» della teoria dell’evoluzione e «aderendo, seppure con le debite differenziazioni, alle nuove prospettive della ricerca, ad esempio sulle cellule staminali».

Ora, che quella che lui stesso riconosce come teoria, cioè terreno soggetto ad una continua rivalutazione scientifica, debba essere materia che impegna quello stesso Magistero di cui egli disconosce la infallibilità in materia di fede e di morale,[12] è espressione di un contorsionismo logico davvero ammirevole. Quando poi il professore cita quale esempio la questione della ricerca sulle cellule staminali è quanto meno impreciso. Egli infatti omette di ricordare che la Chiesa è favorevoli a tutte le forme di ricerca mediante cellule staminali che non implichino la distruzione di embrioni, considerati degni di rispetto al pari delle persone. Se ad un tale tipo di ricerca il teologo è favorevole, allora egli non potrà che prendere atto che la sua prospettiva accetta la sacrificabilità di alcuni esseri umani per il tornaconto di altri. Questo, depurato dagli aspetti circostanziali, è quanto accomuna infatti aborto e sperimentazione su cellule staminali embrionali: sopprimere lecitamente e legalmente esseri umani piccoli, piccoli, assolutamente indifesi, privi di qualsiasi colpa se non quella di esistere, esseri umani con caratteristiche che tutti noi abbiamo condiviso, perché qualcun altro ha deciso che ciò è utile. Basta toglierli l’umano di cui sono portatori, non più esseri umani viventi, ma ovuli fecondati, zigoti, blastocisti, embrioni, feti. Che arma potente il linguaggio! Se governi le parole puoi cambiare il mondo senza che questi se ne accorga. In tale esercizio si erano cimentati con eccellenti risultati anche nel campo di Dachau dove l’uomo era abolito e si sperimentava su versuchspersonen (soggetti permanenti da esperimento).[13]

La filantropia del prof. Hans Küng, se non preoccupasse per la presa mediatica, mi sembrerebbe più patetica che pericolosa.

[1] Hans Küng. Benedetto XVI ha fallito i cattolici perdono la fiducia. La Repubblica, 15 Aprile 2010. (http://www.repubblica.it/esteri/2010/04/15/news/hans_kung-3359034/)

[2] Benedetto XVI. Omelia del 18 Aprile 2010. (http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/homilies/2010/documents/hf_ben-xvi_hom_20100418_floriana_it.html)

[3] cfr. Gli esperimenti "medici" nei campi di concentramento nazisti. (http://www.olokaustos.org/argomenti/esperimenti/medexp01.htm)

[4] Le teorie teleologiche sono chiaramente respinte dal Magistero (vd. N. 79 Veritatis Splendor).

[5] John Bongaarts and Elof Johansson. Future Trends in Contraceptive Prevalence and Method Mix in the Developing World. Studies in Family Planning. 2002; 33(1): 24-36.

[6] http://w3.uniroma1.it/secis/Molinas.ppt#3

[7] Hans Küng. A global ethic for global politics and economics. P. 135.

[8] Puccetti R, Di Pietro ML, Costigliola V, Frigerio L. Prevenzione dell’aborto in occidente: quanto conta la contraccezione? Italian Journal of Gynaecology & Obstetrics 2009: 21(3): 164-78.

[9] Cesare Cavoni, Renzo Puccetti. Il Papa ha ragione! L’AIDS non si ferma con il condom. Fede & Cultura Ed. 2010.

[10] Chiao C, Mishra V. Trends in primary and secondary abstinence among Kenyan youth. AIDS Care. 2009; 21(7): 881-92.

[11] Hans Küng. Il viaggio del Papa in Africa? Un’occasione sprecata. Euronews 2010.

[12] Hans Küng. Infallibile? Una domanda. Queriniana Edizioni, 1970.

[13] Luciano Sterpellone. Le cavie dei lager: gli esperimenti medici delle SS. Mursia Editore, 2005. p.11.

* Il dottor Renzo Puccetti è specialista in Medicina Interna e segretario del Comitato “Scienza & Vita” di Pisa-Livorno.

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Regina Caeli


Benedetto XVI: pregate Maria come Regina della Famiglia
Al Regina Cæli nel Piazzale dei Granai a Floriana

FLORIANA, domenica, 18 aprile 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito le parole pronunciate questa domenica da Benedetto XVI in occasione della recita del Regina Cæli al termine della Santa Messa nel Piazzale dei Granai a Floriana.

 


* * *

Cari Fratelli e Sorelle in Cristo,

quando voi rendete grazie, quando avete particolari intenzioni di preghiera e quando cercate celeste protezione per i vostri cari, è vostra usanza rivolgervi alla Beata Vergine Maria, Madre della Chiesa e Madre nostra. Conosco la particolare devozione del popolo maltese alla Madre di Dio, espressa con grande fervore a Nostra Signora di Ta’ Pinu e sono lieto di avere l’opportunità di pregare davanti alla sua immagine, portata qui appositamente da Gozo per questa occasione. Sono inoltre compiaciuto di presentare una Rosa d’Oro a lei, come segno del nostro filiale affetto, che condividiamo per la Madre di Dio. Vi chiedo in particolare di pregarla con il titolo di Regina della Famiglia, un titolo aggiunto alle Litanie Lauretane dal mio amato predecessore, Papa Giovanni Paolo II, egli stesso ospite, in varie occasioni, di queste terre. Offrendovi questo tangibile ricordo della mia stessa visita, vi ringrazio per tutto quello che ho ricevuto da voi in contraccambio, specialmente per il calore della vostra devozione e per il sostegno delle vostre preghiere per il mio ministero di Successore di Pietro. Ci volgiamo ora in preghiera a Maria, Madre della Chiesa e Regina del Cielo, rallegrandoci nella Risurrezione di Colui che lei ha portato nel suo seno.

Regina Cæli, lætare …

Sono lieto di salutare tutti i pellegrini di lingua italiana qui presenti oggi in questa felice occasione, specialmente quelli che sono giunti da Lampedusa e Linosa! Grazie per essere venuti a condividere questo momento di celebrazione e di preghiera con i fratelli e le sorelle maltesi. Che l’Apostolo Paolo, del quale commemoriamo l’anniversario della presenza in queste isole, sia per voi un esempio di fede salda e coraggiosa di fronte alle avversità. Su tutti voi e sui vostri familiari a casa, ben volentieri invoco abbondanti Benedizioni del Signore per un felice e santo tempo di Pasqua.

[© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana]

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Documenti


Omelia del Papa per la Messa nel Piazzale dei Granai a Floriana

FLORIANA, domenica, 18 aprile 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito l'omelia pronunciata da Benedetto XVI nel presiedere questa domenica mattina la Messa nel Piazzale dei Granai a Floriana.




* * *

Cari Fratelli e Sorelle in Gesù Cristo,
Maħbubin uliedi [Miei cari figli e figlie],

Sono molto contento di essere qui con voi tutti oggi davanti alla bella chiesa di San Publio per celebrare il grande mistero dell’amore di Dio reso manifesto nella Santa Eucarestia. In questo tempo, la gioia del periodo Pasquale riempie i nostri cuori perché stiamo celebrando la vittoria di Cristo, la vittoria della vita sul peccato e sulla morte. E’ una gioia che trasforma le nostre vite e ci riempie di speranza nel compimento delle promesse di Dio. Cristo è risorto alleluia!

Saluto il Presidente della Repubblica e la Signora Abela, le Autorità civili di questa amata Nazione e tutto il popolo di Malta e Gozo. Ringrazio l’Arcivescovo Cremona per le sue gentili parole e saluto anche il Vescovo Grech e il Vescovo Depasquale, l’Arcivescovo Mercieca, il Vescovo Cauchi e gli altri Vescovi e sacerdoti presenti, così come i fedeli cristiani della Chiesa che è in Malta e in Gozo. Fin dal mio arrivo ieri sera ho avvertito la stessa calorosa accoglienza che i vostri antenati hanno riservato all’apostolo Paolo nell’anno sessanta.

Molti viaggiatori sono sbarcati qui nel corso della vostra storia. La ricchezza e la varietà della cultura maltese è un segno che il vostro popolo ha tratto grande profitto dallo scambio di doni ed ospitalità con i viaggiatori venuti dal mare. Ed è significativo che voi abbiate saputo esercitare il discernimento nell’individuare il meglio di ciò che essi avevano da offrire.

Vi esorto a continuare a fare così. Non tutto quello che il mondo oggi propone è meritevole di essere accolto dai Maltesi. Molte voci cercano di persuaderci di mettere da parte la nostra fede in Dio e nella sua Chiesa e di scegliere da se stessi i valori e le credenze con i quali vivere. Ci dicono che non abbiamo bisogno di Dio e della Chiesa. Se siamo tentati di credere a loro, dovremmo ricordare l’episodio del Vangelo di oggi, quando i discepoli, tutti esperti pescatori, hanno faticato tutta la notte, ma non hanno preso neppure un solo pesce. Poi, quando Gesù è apparso sulla riva, ha indicato loro dove pescare e hanno potuto realizzare una pesca così grande, che a stento potevano trascinarla. Lasciati a se stessi, i loro sforzi erano infruttuosi; quando Gesù è rimasto accanto a loro, hanno catturato una grande quantità di pesci. Miei cari fratelli e sorelle, se poniamo la nostra fiducia nel Signore e seguiamo i suoi insegnamenti, raccoglieremo sempre grandi frutti.

La prima lettura della Messa odierna è di quelle che so che amate ascoltare: il racconto del naufragio di Paolo sulla costa di Malta e la calorosa accoglienza a lui riservata dalla popolazione di queste isole. Notate come i componenti dell’equipaggio della barca, per poter sopravvivere, furono costretti a gettare fuori il carico, l’attrezzatura della barca ed anche il frumento che era il loro unico sostentamento. Paolo li esortò a porre la loro fiducia solo in Dio, mentre la barca era scossa dalle onde. Anche noi dobbiamo porre la nostra fiducia in lui solo. Si è tentati di pensare che l’odierna tecnologia avanzata possa rispondere ad ogni nostro desiderio e salvarci dai pericoli che ci assalgono. Ma non è così. In ogni momento della nostra vita dipendiamo interamente da Dio, nel quale viviamo, ci muoviamo ed abbiamo la nostra esistenza. Solo lui può proteggerci dal male, solo lui può guidarci tra le tempeste della vita e solo lui può condurci ad un porto sicuro, come ha fatto per Paolo ed i suoi compagni, alla deriva sulle coste di Malta. Essi hanno fatto ciò che Paolo esortava loro di compiere e fu così che "tutti poterono mettersi in salvo a terra" (At 27,44).

Più di ogni carico che possiamo portare con noi - nel senso delle nostre realizzazioni umane, delle nostre proprietà, della nostra tecnologia - è la nostra relazione con il Signore che fornisce la chiave della nostra felicità e della nostra realizzazione umana. Ed egli ci chiama ad una relazione di amore. Fate attenzione alla domanda che per tre volte egli rivolge a Pietro sulla riva del lago: "Simone, figlio di Giovanni, mi ami tu?". Sulla base della risposta affermativa di Pietro, Gesù gli affida un compito, il compito di pascere il suo gregge. Qui vediamo il fondamento di ogni ministero pastorale nella Chiesa. E’ il nostro amore per il Signore che deve plasmare ogni aspetto della nostra predicazione ed insegnamento, della celebrazione dei sacramenti, e della nostra cura per il Popolo di Dio. E’ il nostro amore per il Signore che ci spinge ad amare quelli che Egli ama, e ad accettare volentieri il compito di comunicare il suo amore a coloro che serviamo. Durante la passione del Signore, Pietro lo ha rinnegato tre volte. Ora, dopo la Resurrezione, Gesù lo invita tre volte a dichiarare il suo amore, offrendo in tal modo salvezza e perdono, e allo stesso tempo affidandogli la sua missione. La pesca miracolosa aveva sottolineato la dipendenza degli apostoli da Dio per il successo dei loro progetti terreni. Il dialogo tra Pietro e Gesù ha sottolineato il bisogno della divina misericordia per guarire le loro ferite spirituali, le ferite del peccato. In ogni ambito della nostra vita necessitiamo dell’aiuto della grazia di Dio. Con lui possiamo fare ogni cosa: senza di lui non possiamo fare nulla.

Conosciamo dal Vangelo di san Marco i segni che accompagnano coloro che hanno posto la loro fede in Gesù: prenderanno in mano serpenti e questo non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno (cfr Mc 16,18). Tali segni sono stati presto riconosciuti dai vostri antenati, quando Paolo venne fra loro. Una vipera si attaccò alla sua mano ma egli semplicemente la scosse e gettò nel fuoco senza soffrire alcun danno. Paolo fu condotto a vedere il padre di Publio, il "protos" dell’isola, e dopo aver pregato e imposto le mani su di lui, lo guarì dalla febbre. Di tutti i doni portati a queste rive nel corso della storia della vostra gente, quello portato da Paolo è stato il più grande di tutti, ed è vostro merito che esso sia stato subito accolto e custodito. Għożżu l-fidi u l-valuri li takom l-Appostlu Missierkom San Pawl. [Preservate la fede e i valori che vi sono stati trasmessi dal vostro padre, l’apostolo San Paolo.] Continuate ad esplorare la ricchezza e la profondità del dono di Paolo e procurate di consegnarlo non solo ai vostri figli, ma a tutti coloro che incontrate oggi. Ogni visitatore di Malta dovrebbe essere impressionato dalla devozione della sua gente, dalla fede vibrante manifestata nelle celebrazioni nei giorni di festa, dalla bellezza delle sue chiese e dei suoi santuari. Ma quel dono ha bisogno di essere condiviso con altri, ha bisogno di essere espresso. Come insegnò Mosè al popolo di Israele, i precetti del Signore "ti stiano fissi nel cuore. Li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando ti troverai in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai" (Dt 6,6-7). Ciò è stato ben capito dal primo santo canonizzato di Malta, Dun Ġorɍ Preca. La sua instancabile opera di ca

techesi, ispirando giovani ed anziani con un amore per la dottrina cristiana ed una profonda devozione al Verbo incarnato, è diventata un esempio che vi esorto a mantenere. Ricordate che lo scambio di beni tra queste isole ed il resto del mondo è un processo a due vie. Quello che ricevete, valutatelo con cura, e ciò che possedete di valore sappiatelo condividere con gli altri.

Desidero rivolgere una particolare parola ai sacerdoti qui presenti in questo anno dedicato alla celebrazione del grande dono del sacerdozio. Dun Ġorɍ era un prete di straordinaria umiltà, bontà, mitezza e generosità, profondamente dedito alla preghiera e con la passione di comunicare le verità del vangelo. Prendetelo come modello ed ispirazione per voi, mentre adempite la missione che avete ricevuto di pascere il gregge del Signore. Ricordate anche la domanda che il Signore Risorto ha rivolto tre volte a Pietro: "Mi ami tu?". Questa è la domanda che egli rivolge a ciascuno di voi. Lo amate? Desiderate servirlo con il dono della vostra intera vita? Desiderate condurre altri a conoscerlo ed amarlo? Con Pietro abbiate il coraggio di rispondere: "Sì, Signore, tu sai che io ti amo" e accogliete con cuore grato il magnifico compito che egli vi ha assegnato. La missione affidata ai sacerdoti è veramente un servizio alla gioia, alla gioia di Dio che brama irrompere nel mondo (cfr Omelia, 24 aprile 2005).

Guardando ora attorno a me alla grande folla raccolta qui in Floriana per la celebrazione dell'eucarestia, mi torna alla mente la scena descritta nella seconda lettura di oggi, nella quale miriadi di miriadi e migliaia di migliaia unirono le loro voci in un grande inno di lode: "A Colui che siede sul trono e all’Agnello lode, onore, gloria e potenza, nei secoli dei secoli" (Ap 5,13). Continuate a cantare questo inno, a lode del Signore risorto ed in ringraziamento per i suoi molteplici doni. Con le parole di San Paolo, Apostolo di Malta, concludo la mia esortazione a voi questa mattina: "L-imħabba tiegħi tkun magħkom ilkoll fi Kristu Ġesù" ["Il mio amore con tutti voi in Cristo Gesù!"] (1 Cor 16,24).

Ikun imfaħħar Ġesù Kristu! [Sia lodato Gesù Cristo!]

[© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana]

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Discorso del Papa durante l'incontro con i giovani di Malta
LA VALLETTA, domenica, 18 aprile 2010 (ZENIT.org).- Riportiamo il testo del discorso che Benedetto XVI ha pronunciato questa domenica pomeriggio al porto di La Valletta durante l'incontro con i giovani di Malta e di Gozo.





* * *


Żgħażagħ Maltin u Għawdxin, jien kuntent ħafna li ninsab maghkom,

[Cari giovani di Malta e Gozo, sono molto felice di essere con voi,]

quale gioia è per me essere con voi oggi nella vostra terra natia. In questo significativo anniversario ringraziamo Dio di aver inviato l’apostolo Paolo in queste isole, che sono state fra le prime a ricevere la Buona Novella di Nostro Signore Gesù Cristo.

Saluto cordialmente l’Arcivescovo Cremona e il Vescovo Grech che ringrazio per le sue gentili parole, e tutti i vescovi, sacerdoti e religiosi che sono qui. In particolare saluto voi, giovani di Malta e Gozo, e vi ringrazio per avermi parlato dei problemi che maggiormente vi interessano. Apprezzo il vostro desiderio di cercare e trovare la verità e di conoscere cosa dovete fare per raggiungere la pienezza della vita.

San Paolo, da giovane, ha avuto un’esperienza che lo ha cambiato per sempre. Come sapete, un tempo egli era nemico della Chiesa ed ha fatto di tutto per distruggerla. Mentre era in viaggio verso Damasco, con l’intento di eliminare ogni cristiano che vi avesse trovato, gli apparve il Signore in visione. Una luce accecante brillò attorno a lui ed egli udì una voce dirgli: " perché mi perseguiti?... Io sono Gesù, che tu perseguiti" (At 9,4-5). Paolo venne completamente sopraffatto da questo incontro con il Signore e tutta la sua vita venne trasformata. Divenne un discepolo fino ad essere un grande apostolo e missionario. Qui a Malta avete un particolare motivo di rendere grazie per le fatiche missionarie di Paolo, che divulgò il Vangelo nel Mediterraneo.

Ogni incontro personale con Gesù è un’esperienza travolgente d’amore. Dapprima, come Paolo stesso ammette, aveva "perseguitato ferocemente la Chiesa di Dio e cercato di distruggerla" (cfr Gal 1,13). Ma l'odio e la rabbia espresse in quelle parole furono completamente spazzate via dalla potenza dell'amore di Cristo. Per il resto della sua vita, Paolo ha avuto l’ardente desiderio di portare l’annuncio di questo amore fino ai confini della terra.

Forse qualcuno di voi mi dirà che San Paolo è stato spesso severo nei suoi scritti. Come posso affermare che egli ha diffuso un messaggio d’amore? La mia risposta è questa. Dio ama ognuno di noi con una profondità e intensità che non possiamo neppure immaginare. Egli ci conosce intimamente, conosce ogni nostra capacità ed ogni nostro errore. Poiché egli ci ama così tanto, egli desidera purificarci dai nostri errori e rafforzare le nostre virtù così che possiamo avere vita in abbondanza. Quando ci richiama perché qualche cosa nelle nostre vite dispiace a lui, non ci rifiuta, ma ci chiede di cambiare e divenire più perfetti. Questo è quanto ha chiesto a San Paolo sulla via di Damasco. Dio non rifiuta nessuno. E la Chiesa non rifiuta nessuno. Tuttavia, nel suo grande amore, Dio sfida ciascuno di noi a cambiare e diventare più perfetti.

San Giovanni ci dice che questo amore perfetto scaccia il timore (cfr 1Gv 4,18). E perciò dico a tutti voi "Non abbiate paura!". Quante volte ascoltiamo queste parole nelle Scritture! Sono state indirizzate dall’angelo a Maria nell’Annunciazione, da Gesù a Pietro, quando lo ha chiamato ad essere un discepolo, e dall’angelo a Paolo la vigilia del suo naufragio. A quanti di voi desiderano seguire Cristo, come coppie sposate, genitori, sacerdoti, religiosi e fedeli laici che portano il messaggio del Vangelo al mondo, dico: non abbiate paura! Certamente incontrerete opposizione al messaggio del Vangelo. La cultura odierna, come ogni cultura, promuove idee e valori che sono talvolta in contrasto con quelle vissute e predicate da nostro Signore Gesù Cristo. Spesso sono presentate con un grande potere persuasivo, rinforzato dai media e dalla pressione sociale da gruppi ostili alla fede cristiana. E’ facile, quando si è giovani e impressionabili, essere influenzati dai coetanei ad accettare idee e valori che sappiamo non sono ciò che il Signore davvero vuole da noi. Ecco perché dico a voi: non abbiate paura, ma rallegratevi del suo amore per voi; fidatevi di lui, rispondete al suo invito ad essere discepoli, trovate nutrimento e aiuto spirituale nei sacramenti della Chiesa.

Qui a Malta vivete in una società che è segnata dalla fede e dai valori cristiani. Dovreste essere orgogliosi che il vostro Paese difenda sia il bambino non ancora nato, come pure promuova la stabilità della vita di famiglia dicendo no all'aborto e al divorzio. Vi esorto a mantenere questa coraggiosa testimonianza alla santità della vita e alla centralità del matrimonio e della vita famigliare per una società sana. A Malta e a Gozo le famiglie sanno come valorizzare e prendersi cura dei loro membri anziani ed infermi, ed accolgono i bambini come doni di Dio. Altre nazioni possono imparare dal vostro esempio cristiano. Nel contesto della società europea, i valori evangelici ancora una volta stanno diventando una contro-cultura, proprio come lo erano al tempo di San Paolo.

In quest’Anno Sacerdotale, vi chiedo di essere aperti alla possibilità che il Signore possa chiamare alcuni di voi a darsi totalmente al servizio del suo popolo nel sacerdozio e nella vita consacrata. Il vostro Paese ha dato molti eccellenti sacerdoti e religiosi alla chiesa. Siate ispirati dal loro esempio e riconoscete la profonda gioia che proviene nel dedicare la propria vita all’annuncio del messaggio dell’amore di Dio per tutti, senza eccezione.

Ho già parlato della necessità di aver cura dei più giovani, degli anziani e degli infermi. Ma il cristiano è chiamato a portare il salutare messaggio del Vangelo a tutti. Dio ama ogni singola persona di questo mondo, anzi egli ama ogni singola persona di ogni epoca della storia del mondo. Nella morte e risurrezione di Gesù, resa presente ogni volta che celebriamo la Messa, egli offre la vita in abbondanza a tutte queste persone. Come cristiani siamo chiamati a manifestare l’amore di Dio che comprende tutti. Dobbiamo perciò soccorrere il povero, il debole, l’emarginato; dobbiamo avere una cura speciale per coloro che sono in difficoltà, che patiscono la depressione o l'ansia; dobbiamo aver cura del disabile e fare tutto quello che possiamo per promuovere la loro dignità e qualità di vita; dovremmo prestare attenzione ai bisogni degli immigrati e di coloro che cercano asilo nelle nostre terre; dovremmo tendere la mano con amicizia ai credenti e non. Questa è la nobile vocazione di amore e di servizio che tutti noi abbiamo ricevuto. Lasciate che ciò vi spinga a dedicare le vostre vite a seguire Cristo. La tibżgħux tkunu ħbieb intimi ta’ Kristu. [Non abbiate paura di essere amici intimi di Cristo.]

Cari giovani, mentre sto per lasciarvi, desidero che sappiate quanto vi sono vicino e che ricordo voi, i vostri familiari e i vostri amici nelle mie preghiere.

"Selluli għaż-żgħażagħ Maltin u Għawdxin kollha." ["Date i miei saluti a tutti i giovani di Malta e Gozo."]

[© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana]

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Benedetto XVI si congeda da Malta
LUQA, domenica, 18 aprile 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo le parole pronunciate da Benedetto XVI questa domenica pomeriggio all’aeroporto internazionale di Malta congedandosi dal Paese al termine della sua visita apostolica.

* * *

 


Signor Presidente,
Eccellenze,
Signore e Signori,

è per me giunto il tempo di dare l’addio a Malta. Ringrazio Dio per l’opportunità datami di incontrare molti di voi e di visitare questa bella isola. Ringrazio il Presidente per le cortesi parole e ringrazio voi tutti, che mi avete offerto un così caloroso e generoso benvenuto. Questo viaggio mi ha offerto l’occasione di un più profondo apprezzamento di come il Vangelo predicato da san Paolo ha plasmato l’identità spirituale del popolo maltese. Nel momento in cui mi congedo da voi, permettetemi di incoraggiarvi ancora una volta a coltivare una profonda coscienza della vostra identità ed accogliere le responsabilità che ne discendono, specialmente promuovendo i valori del Vangelo che vi offrono una chiara visione della dignità umana e della comune origine, nonché destino, del genere umano.

Siate un esempio, sia qui che altrove, di una dinamica vita cristiana. Siate fieri della vostra vocazione cristiana e conservate con cura la vostra eredità religiosa e culturale. Guardate al futuro con speranza, con profondo rispetto per la creazione di Dio, ossequio per la vita umana, alta stima per il matrimonio e l’integrità della famiglia! Kunu wlied denjit ta’ San Pawl! [Siate degni figli e figlie di san Paolo!]

Tenendo presente la sua posizione geografica nel cuore del Mediterraneo, molti migranti arrivano ai lidi di Malta, alcuni per fuggire da situazioni di violenza e di persecuzione, altri alla ricerca di migliori condizioni di vita. So delle difficoltà che possono causare l’accoglienza di un gran numero di persone, difficoltà che non possono essere risolte da alcun Paese di primo approdo, da solo. Allo stesso tempo, sono anche fiducioso che, contando sulla forza delle radici cristiane e sulla lunga e fiera storia di accoglienza degli stranieri, Malta cercherà, con il sostegno di altri Stati e delle Organizzazioni internazionali, di venire in soccorso di quanti qui arrivano ed assicurarsi che i loro diritti siano rispettati.

Questi nobili scopi dipendono da un’instancabile dedizione al compito pieno di sfide del dialogo e della cooperazione all’interno della comunità internazionale ed europea, luoghi privilegiati presso i quali Malta rende testimonianza dei valori cristiani che hanno aiutato a forgiarne l’identità. Unità, solidarietà e rispetto reciproco stanno alla base della vostra vita sociale e politica. Ispirati dalla vostra fede cattolica, essi sono la bussola che vi guiderà alla ricerca di un autentico ed integrale sviluppo. Il tesoro dell’insegnamento sociale della Chiesa ispirerà e guiderà tali sforzi. Non lasciate mai che la vostra vera identità venga compromessa dall’indifferentismo o dal relativismo. Possiate essere sempre fedeli all’insegnamento di san Paolo, che vi esorta: "Vigilate, state saldi nella fede, comportatevi in modo virile, siate forti. Tutto si faccia tra voi nella carità" (1 Cor, 13-14). Grazzi ħafna, il-Bambin iberikkom! [Molte grazie e Dio vi benedica!]

[© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana]

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Il primato di Dio nel realismo di Benedetto XVI
Il Card. Scola a cinque anni dall'elezione al Pontificato

del Card. Angelo Scola*

ROMA, domenica, 18 aprile 2010 (ZENIT.org).- “Dio è il tema pratico e il tema realistico per l'uomo - allora e sempre” [1]: in questa affermazione del cardinale Ratzinger si rintraccia uno degli assi portanti del magistero di Papa Benedetto XVI: il primato di Dio. Di ciò si trova conferma durante tutto il corso di questi primi cinque anni del suo pontificato.

Sono parole che, lontane da ogni tipo di considerazione astratta dell’avventura umana, riescono piuttosto a cogliere la storia nel suo aspetto più radicale: il suo significato ed il suo destino fanno emergere come questione centrale la questione di Dio.

Il teocentrismo che segna tutta l’opera del pensatore Ratzinger e del Magistero di Benedetto XVI non va però inteso in antitesi con la centralità dell’uomo e di tutta la realtà creata. Perché la centralità di Dio non può mai andare contro l’uomo e il cosmo, anzi, ne assicura la reale consistenza. Al punto che, ha rilevato Papa Benedetto, "se manca Dio, viene meno la speranza. Tutto perde di 'spessore'" [2].

Perché “Dio non manchi” è necessario che Lo possiamo riconoscere, che sia a noi contemporaneo, che lo possiamo incontrare di persona. Se è vero che la "grande speranza può essere solo Dio", occorre riconoscere che non parliamo di un qualsiasi Dio, ma del Dio di Gesù Cristo. È l’evento salvifico di Gesù Cristo, presente nella storia, quindi a noi contemporaneo appunto, in modo eminente attraverso l’azione sacramentale, ad assicurare che la centralità di Dio non confligge con la centralità dell’uomo-cosmo.

Il Dio incarnato precede sempre l’uomo – lo aspetta, dice Benedetto XVI [3] - suscitando la sua domanda di salvezza. Che è la domanda di libertà e di felicità, potremmo dire utilizzando le due parole preferite dalla sensibilità degli uomini di oggi. O forse, andando ancora più a fondo, che è la domanda delle domande, quella cui il cuore dell’uomo non cessa di anelare, cioè la domanda sull’amore.

Non la domanda astratta circa la natura dell’amore, ma quella concreta e personale: “Alla fine, qualcuno mi ama?”. A questa domanda radicale risponde Dio stesso rivelando il Suo nome: "Gesù ci ha manifestato il volto di Dio, uno nell’essenza e trino nelle persone: Dio è Amore " [4].

L’esperienza dell’amore sgorga per ciascuno di noi da quella dell’essere amati che permanentemente ci precede e ci costituisce. Una precedenza che vive eucaristicamente nella Chiesa, il popolo di Dio. Annota, a proposito dei grandi oratori romani, Leopardi nello Zibaldone: "Osservate come l'eloquenza vera non abbia fiorito mai se non quando ha avuto il popolo per uditore. Intendo un popolo padrone di sé, e non servo, un popolo vivo e non un popolo morto" [5].

Le parole di Papa Benedetto hanno certamente come interlocutore un simile popolo e non solo il popolo dei fedeli. La commovente dedizione, l’umiltà e l’energia spirituale con cui egli prende sul serio questo popolo spiega lo spessore del suo magistero e lo straordinario ascolto che da cinque anni riceve da parte di tutti, giovani e adulti, semplici ed eruditi, dai bambini fino agli intellettuali e ai capi di stato. Ci si può allora stupire se il Suo insegnamento e la Sua persona, sulle orme di Cristo, siano talora segno di contraddizione?

A Papa Benedetto XVI in questo anniversario i cristiani riconfermano con forza il loro affetto e la loro appassionata sequela.

[Questo articolo del Patriarca di Venezia (www.angeloscola.it) è stato pubblicato dal settimanale spagnolo Alfa y Omega]





NOTE

[1] J. Ratzinger, Vangelo, Catechesi, Catechismo, Marcianum Press, Venezia 2007, 46. Nella prefazione del Papa alla nuova edizione italiana del suo volume Escatologia, Benedetto XVI riprende la questione del rapporto tra l’azione di Dio nella storia e l’agire umano affermando: "ho cercato di evidenziare il significato permanente della speranza nell’azione propria di Dio entro la storia, azione che sola concede all’agire umano la propria unità interna e trasforma dall’interno ciò che è transitorio in ciò che non passa", Id., Escatologia, Cittadella, Assisi 2008, 9.

[2] Omelia dei Primi Vespri della I Domenica di Avvento (1 dicembre 2007), in Id., Omelie, a cura di S. Magister, Libri Scheiwiller, Milano 2008, 21.

[3] Cfr. Omelia dei Primi Vespri della I Domenica di Avvento (1 dicembre 2007), in ibid., 22

[4] Omelia nella Domenica della Santissima Trinità, in ibid., 168-169.

[5] G. Leopardi, Zibaldone, edizione integrale diretta da L. Felici, Newton, Roma 1997, [161] 68.

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La riconoscenza dei cileni per il magistero di Benedetto XVI
Intervista al Cardinale Tarcisio Bertone di ritorno dal viaggio in America latina

ROMA, domenica, 18 aprile 2010 (ZENIT.org).- Al termine del suo viaggio in Cile (5-15 aprile) il Cardinale Segretario di Stato Tarcisio Bertone ha rilasciato un'intervista a "L'Osservatore Romano", Radio Vaticana e Centro Televisivo Vaticano che pubblichiamo di seguito.



* * *


A più riprese lei, eminenza, ha trasmesso al popolo cileno la solidarietà del Papa in questo difficile momento del post-terremoto:  si è potuto fare un'idea precisa della gravità del sisma e degli aiuti pervenuti alle popolazioni?

Trovandoci tra i due grandi anniversari di Papa Benedetto XVI - il suo compleanno che è il 16 aprile e il quinto anniversario della sua elezione, il 19 aprile - vorrei prima di tutto manifestare il grande affetto, la comunione, la solidarietà del popolo cileno al Pontefice. Ho portato la vicinanza, la cercanía del Papa in tutti gli incontri che ho avuto in questo lungo viaggio in Cile. Ma contemporaneamente, adulti, giovani, comunità di credenti, autorità e popolo cileni mi hanno manifestato un grande amore per il Papa e mi hanno detto di portargli il loro affetto, la preghiera, la riconoscenza, la piena solidarietà per la sua missione, il suo magistero mite, coraggioso e convincente.
Ho potuto constatare purtroppo la gravità del sisma e del maremoto specialmente attorno Concepción e nel centro della capitale Santiago. La prima impressione, veramente toccante, l'ho avuta scendendo con l'aereo e vedendo il ponte crollato, rimasto interrotto a causa del terremoto, per cui la difficoltà delle comunicazioni, le strade dissestate. Nella capitale le costruzioni antisismiche hanno tenuto, anche quelle dei salesiani, mentre a Concepción e dintorni i danni sono evidenti e sono molto gravi. Sono gravi soprattutto per la distruzione delle case, di parte degli impianti di fabbriche con il conseguente blocco della produzione. Poi sono andato in una zona duramente colpita, ancora piena di macerie come Talcahuano, dove abbiamo inaugurato una cappella in segno della volontà di ricostruzione. Lì c'è una popolazione molto povera e provata, che chiedeva l'aiuto della preghiera e manifestava il suo affetto al Papa. Ha inaugurato direi con orgoglio la cappella perché voleva un luogo di preghiera, un luogo di incontro come una delle prime realizzazioni, dopo le distruzioni del terremoto.  Questo  è  un  segno  molto  positivo.

Dai resoconti della stampa internazionale sulla sua visita in Cile risulta che lei è rimasto meravigliato della religiosità popolare e dalla vocazione mariana del popolo cileno. Cosa l'ha colpita di più?

Si vedono dappertutto i segni della religiosità popolare, i santuari dedicati alla Madonna. Ciò che mi ha colpito di più è una bella tradizione cilena, la tradizione del "Quasimodo" che io ho presieduto alla periferia di Santiago. "Quasimodo" richiama la famosa antifona della domenica dopo Pasqua, "quasi modo geniti infantes" è la tradizione di portare la santa comunione ai malati nella prima domenica dopo Pasqua e nel tempo pasquale in generale. Questa volta l'arcivescovo di Santiago ha voluto che andassi io a portare la comunione nella parrocchia della Collina. In quella zona si porta il Santissimo Sacramento nella pisside su un carro coperto, antico, molto ornato, fermandosi accanto alle case dei malati che desiderano ricevere la comunione. Partiamo da una cappella - tutta la gente del posto era sulle strade per ricevere la benedizione del Signore, per cantare le lodi a Gesù presente nell'Eucarestia - scortati da più di 3 mila cavalieri con una sorta di paramenti sacerdotali e con le bandiere del Cile. Tutti a cavallo accompagnavano il sacerdote, in questo caso il segretario di Stato, che portava la santa comunione di luogo in luogo, di villaggio in villaggio. La gente sulle strade si inginocchiava per ricevere la benedizione e tutti cantavano, canti a Gesù Eucarestia e alla Trinità, "Santo, santo, santo, il Signore Dio dell'universo" - ripetevano - e suonando la campanella, da un gruppo di cavalieri all'altro cantavano, in spagnolo naturalmente, "Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo", poi ci fermavamo, ricevevano la comunione, con tutta la famiglia del malato radunata. Quando abbiamo concluso e abbiamo riposto il Santissimo Sacramento in una cappella, c'era ancora moltissima gente sulle strade che ci salutava, al nostro ritorno al centro della capitale. Una bellissima tradizione. La devozione alla Madonna è segnata anche da momenti storici caratteristici, come il momento dell'indipendenza, perché la Madonna ha aiutato nella famosa battaglia dell'indipendenza, vicino a Maipú, lì è stato costruito il santuario come voto dopo la vittoria, per cui la Madonna è venerata come Nostra Signora del Carmen, ma viene chiamata la Generala de las fuerzas armadas. L'immagine, antichissima, della Madonna è coperta con i manti ricamati secondo la tradizione mapuche o altre tradizioni antiche degli autoctoni, molto belle. Lì abbiamo celebrato il centenario dell'istituzione dell'ordinariato militare per l'assistenza pastorale alle forze armate che vengono messe sotto la protezione della Madonna e sono molto stimate dal popolo perché, al di là di episodi particolari, sono persone che hanno un forte senso della solidarietà e della presenza di Dio:  anche adesso, per il terremoto, migliaia e migliaia di soldati - come capita anche in altri Stati colpiti da calamità naturali - si sono prodigati a favore degli aiuti alle popolazioni colpite e si succedono in gruppi di 10 mila militari in questa opera di assistenza, di ricostruzione.

Lei ha incontrato le nuove autorità cilene insediatesi da poco. Il rapporto di rispetto fra Stato e Chiesa, ma anche di collaborazione continuerà e quali sono sfide e priorità più importanti di questo rapporto?

È consuetudine, quando vado in visita ai diversi Paesi, di incontrare sempre anche le autorità politiche. Ho incontrato il presidente della Repubblica, il ministro degli Esteri, altri ministri, sia in momenti di interscambio, sia in colazioni offerte da queste autorità e al santuario di Maipú è venuto il ministro della Difesa e il ministro della Segreteria generale della presidenza della Repubblica. Ho trattato con loro del momento presente dopo il terremoto, con i problemi della ricostruzione non solo delle case, delle fabbriche, ma anche delle chiese perché moltissime chiese - chiese di grande valore storico e artistico - sono state lesionate o gravemente danneggiate. A questo riguardo c'è un progetto di legge; ma è in atto una grande partecipazione della Chiesa nella ricostruzione, un contributo capillare nell'assistenza alle popolazioni colpite attraverso la Caritas cilena, la Caritas Internationalis e molte altre istituzioni, come le Conferenze episcopali, per esempio la Conferenza episcopale italiana, si sono messe naturalmente a disposizione per gli aiuti, con la volontà di curare la realizzazione di progetti specifici di ricostruzione. Quindi, il problema ricostruzione è emerso immediatamente; poi il problema dei rapporti tra lo Stato e la Chiesa in Cile, rapporti che sono positivi e promettenti. Nella storia del Cile questi rapporti si sono sviluppati positivamente, già dal momento dell'indipendenza; e poi abbiamo rivolto l'attenzione ai rapporti tra il Cile e i Paesi vicini, specialmente con l'Argentina dopo il Trattato di pace:  adesso c'è il grande progetto di scavare un tunnel sotto la cordigliera delle Ande in modo da unire Cile e Argentina. Naturalmente non abbiamo mancato di toccare quei principi fondamentali che stanno a cuore alla Chiesa cattolica e anche alla presidenza cilena, cioè il principio della tutela della vita, della tutela della famiglia, nel suo progetto originale, la tutela anche del principio di libertà di educazione. Il sistema educativo in Cile è bene organizzato e anche le scuole cattoliche che sono convenzionate con lo Stato per il loro progetto educativo, sono molto stimate e sono aiutate finanziariamente dallo Stato, a seconda anche del numero degli alunni, perché rendono un servizio pubblico e godono del favore della popolazione. Poi, il quarto principio, importantissimo, il principio della solidarietà, quindi il principio della tutela del bene comune, coniugando responsabilità e solidarietà.

La sua conferenza sulla presenza della Chiesa e del cattolicesimo nel corso dei due ultimi secoli, offerta nella cornice delle celebrazioni del bicentenario, ha avuto una vasta eco sulla stampa latinoamericana. I latinoamericani - in questo caso, i cileni - come sentono e vivono questo legame, questa presenza?

La presenza della Chiesa è molto sentita in tutta la storia dell'America latina, e soprattutto nella storia del Cile; adesso, in questo momento storico, la presenza della Chiesa è stata vista subito come una presenza fraterna e materna nella gravità delle circostanze vissute dalla popolazione. Però, nella storia del Cile, fin dagli inizi, nella lotta per l'indipendenza, sono stati protagonisti uomini di grande fede e uomini di Chiesa. Dicono:  "La Chiesa ha svolto un ruolo molto importante anche per la conquista dell'indipendenza e per la costruzione del giovane Stato cileno". Non bisogna poi dimenticare che il Cile è stato il primo Paese dell'America latina che ha mandato una missione a Roma e che ha chiesto una missione diplomatica da Roma in Cile. È venuto a Roma un famoso canonico, protagonista anche dell'Indipendenza, il canonico José Ignacio Cienfuegos, e da Roma è stata mandata una missione diplomatica - con molte difficoltà per arrivare lì - guidata da monsignor Muzzi, accompagnato dal giovane monsignor Mastai Ferretti, che fu poi Pio ix. Pio ix non ha mai dimenticato il Cile e ha appoggiato, nonostante le polemiche che sorsero proprio su questa missione di monsignor Muzzi, e difeso i rapporti diplomatici tra Cile e Santa Sede. Questo è un segno positivo fin dall'inizio dell'indipendenza. Poi, è stato apprezzato molto il lavoro educativo del clero, di molte congregazioni e, in modo particolare, del grande Santo sociale cileno:  padre Alberto Hurtado considerato un campione, un pioniere della dottrina sociale della Chiesa, fondatore dei sindacati cristiani. Egli è l'esempio concreto di questa interazione tra Chiesa e società, che ha forgiato il Cile come un Paese maturo, libero, democratico fondato sull'assimilazione della dottrina sociale della Chiesa.

Il Cile registra anche una grande crescita economica. Perché lei ha sottolineato di non dimenticare che al centro dell'economia rimane sempre la persona umana?

Dal punto di vista economico, il Cile è tra i Paesi dell'America latina quello che emerge per una sua robustezza economica. Devo dire che anche gli imprenditori venuti da lontano - imprenditori italiani, croati e di altre nazioni - si sono impiantatati bene in Cile, con grande senso di responsabilità sociale delle imprese. Ecco, questa idea della Caritas in veritate:  responsabilità sociale delle imprese, mi sembra che sia stata presente. Ho avuto un incontro con gli imprenditori, e questo incontro è stato molto positivo anche ai fini della ricostruzione del Cile, perché mi hanno mostrato anche i progetti per la ricostruzione e la volontà di destinare parte dei profitti delle loro aziende - delle miniere, ad esempio - per la ricostruzione. C'è un buon rapporto tra imprenditoria e università, ad esempio con le università cattoliche, che è molto importante perché fa emergere i giovani più dotati di talento e quelli che non possono accedere alle specializzazioni dei gradi superiori:  per questo c'è il sistema delle borse di studio fornite dalle imprese. È un sistema molto produttivo per la formazione dei quadri dirigenti, dei quadri professionali. Il magistero recente di Benedetto XVI, è stata la falsariga che mi ha guidato nei messaggi che ho lasciato alle varie categorie. L'idea della Caritas in veritate è che lo sviluppo dev'essere sviluppo di tutto l'uomo e di tutti gli uomini:  questa è l'idea fondante. Di tutto l'uomo e di tutti gli uomini, quindi senza lasciare da parte nessuno, per quanto sia possibile.

Ricordando la mediazione papale tra Cile e Argentina, lei ha posto in rilievo l'efficacia del dialogo per mantenere la pace tra gli Stati. È un esempio tuttora attuale per conflitti internazionali che durano nel tempo?

È un esempio straordinario, perché come tutti sanno e come è stato ribadito anche nella celebrazione del venticinquesimo, si era giunti sull'orlo della guerra e di una guerra che sarebbe stata devastante per i due Paesi. La guerra è stata evitata - si può dire - all'ultimo, proprio per la mediazione della Chiesa. In situazioni di contrasti tra popoli, molte volte la Chiesa - ho citato anche alcune mediazioni in Africa, durante il primo Sinodo africano - è invitata proprio a mediare tra le fazioni contrapposte e concorrenti, magari all'interno di un medesimo Stato. Però, perché questa mediazione abbia efficacia, è necessaria la scelta di uomini coraggiosi e illuminati da parte della Chiesa - ricordiamo solo il cardinale Samorè e i suoi collaboratori - ma anche da parte degli Stati, perché le delegazioni devono anche essere convinte della possibilità di raggiungere dei risultati e non contrapporre muro contro muro. In ogni caso è il dialogo che vince, come diceva Paolo VI:  non ci sono altre vie, perché vediamo che le altre vie - la via delle armi, la via delle contrapposizioni - non producono frutti.

Lei ha toccato anche il tema dei giovani e della pastorale giovanile. È stato sollecitato anche dal fatto che la diminuzione delle vocazioni sacerdotali e il problema della formazione di giovani leader politici possa interessare le Chiese dell'America latina?

Senza dubbio. L'America latina è un continente giovane, è un continente dove la popolazione giovanile - anche la popolazione minorile - è maggioritaria, e quindi c'è un problema di preparare, di educare all'assunzione di una missione, di un ruolo nella società, oltre che formare solide personalità, fondate su valori profondi umani e cristiani. In America latina c'era nei decenni passati a un boom di vocazioni, ci sono ancora Paesi che certamente possono vantare tante vocazioni allo stato sacerdotale, pensiamo al Messico. Però, in Cile la scarsità di vocazioni si fa sentire anche nelle congregazioni religiose:  quindi è un problema reale. Bisogna quindi formare i giovani a questa assunzione di responsabilità sociale, sia nella dedizione e nella risposta a Cristo che chiama a partecipare alla sua missione di salvezza, sia nella responsabilità nelle congregazioni religiose, negli istituti di vita consacrata con il lavoro stupendo che fanno i diversi istituti di vita consacrata, e sia nella vita sociale, quindi nella preparazione a svolgere compiti di natura specificamente politica. E ho visto che i giovani rispondono. Le università - io ho visitato alcune università cattoliche, l'università cattolica di Santiago, ho incontrato anche il superiore dei gesuiti, ho visitato l'università Raul Silva Henriquez (l'università è tenuta dai salesiani) - svolgono molti corsi di formazione alla dottrina sociale della Chiesa e hanno una risposta decisa, generosa da parte di molti giovani. Ho avuto un incontro con giovani leader impegnati in politica, nella società, nella scuola, impegnati già a livello di collaborazione con i vari ministeri del governo cileno, giovani tra i 22 e i 38 anni, giovani ben motivati religiosamente e formati con la base solida della dottrina sociale della Chiesa. Ho incontrato molti giovani:  ho avuto tre incontri con i giovani, un incontro a Punta Arenas, un incontro a Concepción e un incontro a Santiago - migliaia di giovani, incontri molto interessanti, puntando soprattutto sul tema dell'educazione alla responsabilità. Quindi, io credo che questo sia un tema molto importante, un cammino da percorrere, sia per suscitare risposte positive alla vocazione sacerdotale, sia per suscitare risposte positive al servizio sociale e al servizio al bene comune e all'impegno politico dei giovani. Mi sembra che i giovani diano risposte positive:  magari sono ancora gruppi piccoli, ma molti gruppi in diverse istanze della società cilena.

C'è un problema che non riguarda la Chiesa cilena in particolare, ma un po' la Chiesa universale, in questo momento:  secondo lei, la Chiesa come uscirà dal delicato  problema  degli  abusi  sessuali  del clero?

Mi sembra che in questi giorni, il Papa ci abbia dato una linea molto chiara, una linea di approfondimento dei comportamenti e di grande impegno di fedeltà a Cristo, di lealtà nella propria missione, a seconda della vocazione di ciascuno. Mi sembra che la prima indicazione che il Papa ha confermato ancora nella Cappella Paolina, parlando ai membri della Pontificia Commissione Biblica, è quella della purificazione e della penitenza, per assumere con decisione la propria missione secondo il progetto di Dio. La seconda linea è un coraggioso e forte impegno educativo, perché questo è il campo in cui si formano i fanciulli, i giovani, i formatori e quindi qui bisogna dare dei valori che siano la linfa della vita, dei comportamenti dei giovani e di coloro che si occupano dei giovani. L'impegno educativo, che è sempre stato un vanto per la Chiesa, nella storia della Chiesa, e che in Cile ha avuto grandi protagonisti come il santo sociale Alberto Hurtado, che ha scritto tanto sui problemi educativi, ha fondato una rivista, ha fondato i sindacati cristiani, è una pista da percorrere con serietà, con solidità in modo da costruire le personalità del terzo millennio, forgiate sulla legge evangelica. E poi, la terza linea - siamo alla fine dell'Anno sacerdotale - il rinnovamento della missione sacerdotale. Secondo il progetto di Cristo, che è modello di ogni sacerdote, e secondo i grandi messaggi che il Papa ha dato in questo Anno sacerdotale. Nell'incontro con i sacerdoti e anche nell'incontro con l'episcopato del Cile, mi chiedevano:  come fare a continuare a prendere gli elementi migliori dell'Anno sacerdotale e portarli nella vita, in modo che non si chiuda un ciclo con la chiusura dell'Anno sacerdotale? E questo è proprio l'impegno in cui tutti dobbiamo essere coinvolti, soprattutto per ciò che riguarda i candidati al sacerdozio e i sacerdoti, conformamente alla loro missione. E vorrei concludere con una bella espressione di sant'Alberto Hurtado, che è stato un santo sociale ma molto devoto della Madonna (ricordiamo la devozione mariana del popolo cileno). Egli rivolge questa preghiera alla Madonna, con la quale ho concluso la celebrazione al Santuario di Sant'Alberto Hurtado, e dice:  Maria, mira nos. Si tu nos miras, el Señor nos mirará. Madre mia, mira nos, de tu mano lleva nos muy a cerca de El - del Signore - que aquí queremos morar. Quindi, la cercanía con la Madonna e con il Signore dà sicurezza anche nel compimento della propria missione.

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