giovedì 20 maggio 2010

[ZI100520] Il mondo visto da Roma

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Il mondo visto da Roma

Servizio quotidiano - 20 maggio 2010

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Un concerto avvicina più che mai Mosca a Roma
Omaggio a Benedetto XVI del Patriarca russo con musiche del metropolita Hilarion

di Jesús Colina

CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 20 maggio 2010 (ZENIT.org).- Il linguaggio della musica ha avvicinato più che mai questo giovedì pomeriggio la Chiesa ortodossa russa alla Chiesa cattolica, grazie al concerto che ha offerto in onore di Benedetto XVI in Vaticano Sua Santità Kirill I.

L'atto, al quale il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie si è reso presente nell'Aula Paolo VI con un messaggio, è diventato un regalo di compleanno al Papa in occasione del quinto anniversario della sua elezione a Successore di Pietro.

“La musica è un linguaggio particolare che ci dà la possibilità di comunicare con i nostri cuori”, ha affermato il Patriarca nella sua lettera, letta dal giovane Metropolita Hilarion Alfeyev di Volokolamsk (24 luglio 1966), Presidente del Dipartimento per le Relazioni Esterne del Patriarcato di Mosca, compositore dell'opera conclusiva del concerto, la sinfonia Canto dell’Ascensione.

In precedenza l'Orchestra Nazionale Russa, diretta dal Maestro Carlo Ponti, figlio dell'attrice Sophia Loren, presente nell'Aula vaticana, il Coro Sinodale di Mosca e la Cappella di Corni della Russia avevano eseguito musiche di grandi compositori russi dell’800 e del '900.

Il concerto è stato il momento solenne più importante tra i pastori di Roma e Mosca, dopo un millennio di divisioni che negli ultimi anni si è caratterizzato per le tensioni sorte per la crescita della Chiesa cattolica in Russia, vista dalla sorella ortodossa come un atto di proselitismo.

Con il concerto è terminato il Simposio organizzato dal Patriarcato di Mosca, dal Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani e da quello della Cultura sul tema “Ortodossi e Cattolici in Europa oggi. Le radici cristiane e il comune patrimonio culturale di Oriente e Occidente”.

Gli atti si svolgono tra altri gesti storici di avvicinamento tra ortodossi russi e cattolici, come la pubblicazione in questi giorni di una selezione dei discorsi di Sua Santità Kirill da parte della Libreria Editrice Vaticana, che segue l'edizione, alcuni mesi fa, dei discorsi di Benedetto XVI sull'Europa da parte del Patriarcato ortodosso di Mosca.

Queste nuove relazioni tra Roma e Mosca hanno sperimentato un netto miglioramento dall'elezione sia di Benedetto XVI, il 19 aprile 2005, che di Kirill I, il 1° febbraio 2009.

Queste nuove prospettive per il dialogo ortodosso-cattolico hanno portato il Metropolita Filarete di Minsk e Slutsk, esarca patriarcale di tutta la Bielorussia, ad auspicare un possibile incontro, per la prima volta nella storia, tra Kirill I e Benedetto XVI.

Nella musica, ha spiegato il Papa nelle sue parole di ringraziamento, “già si anticipa e in qualche modo si realizza il confronto, il dialogo, la sinergia tra Oriente e Occidente, come pure tra tradizione e modernità”.

Il Pontefice ha citato le parole di Giovanni Paolo II, quando riproponeva l’immagine, suggerita da Vjačeslav Ivanovič Ivanov, “dei 'due polmoni' con cui bisogna ritornare a respirare” in Europa.

In questo modo, ha aggiunto si potrà raggiungere “una nuova consapevolezza delle profonde e comuni radici culturali e religiose del continente europeo, senza le quali l’Europa di oggi sarebbe come priva di un’anima e comunque segnata da una visione riduttiva e parziale”.

Secondo Benedetto XVI, “la cultura contemporanea, e particolarmente quella europea, corre il rischio dell’amnesia, della dimenticanza e dunque dell’abbandono dello straordinario patrimonio suscitato e ispirato dalla fede cristiana, che costituisce l’ossatura essenziale della cultura europea, e non solo di essa”

“Torniamo a far respirare l’Europa a pieni polmoni, a ridare anima non solo ai credenti, ma a tutti i popoli del Continente, a promuovere la fiducia e la speranza, radicandole nella millenaria esperienza di fede cristiana!”, ha esortato di fronte al pubblico che riempiva l'Aula.

Il messaggio del Patriarca Kirill I riconosce che “per capire un popolo, bisogna ascoltarne la musica”, perché “la musica è un linguaggio particolare che ci dà la possibilità di comunicare con i nostri cuori. La musica è in grado di trasmettere sentimenti dell’animo umano e stati spirituali che le parole non riescono a descrivere”.

Il Patriarca spiega che nel concerto è stata eseguita non soltanto musica liturgica ortodossa, ma anche opere dei compositori russi scritte per le sale di concerto, perché “negli anni delle persecuzioni per la Chiesa e del dominio dell’ateismo di Stato, quando la maggioranza della popolazione non aveva accesso alla musica sacra, queste opere, assieme ai capolavori della letteratura russa e delle arti figurative, hanno contribuito a portare l’annuncio evangelico, proponendo al mondo laico ideali di grande levatura morale e spirituale”.

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Il Papa dà il benvenuto alla prima ambasciatrice degli Emirati Arabi
Sottolinea l'apertura del Paese arabo sulla libertà di culto

CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 20 maggio 2010 (ZENIT.org).- Papa Benedetto XVI ha dato un caldo benvenuto questo giovedì alla prima ambasciatrice degli Emirati Arabi Uniti, Hissa Abdulla Ahmed Al-Otaiba, accettando le sue lettere credenziali presso la Santa Sede.

Hissa Abdulla Ahmed Al-Otaiba, nata nella capitale, Abu Dhabi, è sposata e ha sei figli, ed è rappresentante diplomatico degli Emirati in Spagna. E' il primo ambasciatore degli Emirati Arabi presso la Santa Sede da quando i due Stati hanno stabilito ufficialmente relazioni, il 31 maggio 2007.

Il 27 marzo scorso, il Papa ha nominato Nunzio Apostolico nello Yemen e negli Emirati Arabi Uniti monsignor Petar Rajič.

Durante il suo discorso alla nuova ambasciatrice, il Pontefice ha ribadito l'importanza di queste relazioni diplomatiche, che spera si rafforzino in futuro.

Ha quindi sottolineato l'“apertura” degli Emirati Arabi Uniti verso “centinaia di migliaia di stranieri giunti in cerca di lavoro e di un futuro economico più sicuro per se stessi e per le loro famiglie”.

Questi immigrati, ha riconosciuto, “arricchiscono lo Stato non solo con il loro lavoro, ma anche con la loro stessa presenza, che è un'opportunità per un incontro fecondo e positivo fra le grandi religioni, culture e popolazioni del mondo”.

In tal senso, ha lodato il fatto che sia stato possibile costruire varie chiese cattoliche “su terreni donati dalle autorità pubbliche”.

“La Santa Sede desidera con fervore che questa cooperazione prosegua e, di fatto, prosperi, secondo le crescenti necessità pastorali della popolazione cattolica che vive lì”.

Il Papa ha quindi rimarcato che la libertà di culto “contribuisce in modo significativo al bene comune e reca armonia sociale a tutte quelle società nelle quali è praticata”.

Allo stesso modo, ha insistito sulla speciale natura della missione diplomatica della Santa Sede, motivata dall'“amore di Dio” e dal “rispetto per la dignità del proprio prossimo”.

“L'azione della Chiesa nel campo delle relazioni diplomatiche promuove pace, diritti umani e sviluppo integrale e quindi si adopera per il progresso autentico di tutti, indipendentemente dalla razza, dal colore o dal credo”, ha affermato.

L'uomo, ha aggiunto, deve essere il centro di “tutta la politica, la cultura, la tecnologia e lo sviluppo”.

Per questo, la Santa Sede e la Chiesa cattolica “si preoccupano di evidenziare la dignità dell'uomo per mantenere una visione chiara e autentica dell'umanità a livello internazionale e per raccogliere nuova energia al servizio di ciò che è meglio per lo sviluppo di popoli e Nazioni”.

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Il Papa: la religione e la cultura promuovono il dialogo tra i popoli
Ricevendo il nuovo ambasciatore della Mongolia

CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 20 maggio 2010 (ZENIT.org).- Benedetto XVI ha sottolineato questo giovedì il potenziale della religione e della cultura per promuovere il dialogo e la cooperazione tra i popoli.

Lo ha fatto nel suo discorso al nuovo ambasciatore della Mongolia presso la Santa Sede, Luvsantersen Orgil, ricevendolo in Vaticano in occasione della presentazione delle sue lettere credenziali.

“La religione e la cultura, in quanto espressioni interrelate delle più profonde aspirazioni spirituali della nostra comune umanità, servono naturalmente come incentivi al dialogo e alla cooperazione fra i popoli al servizio della pace e dello sviluppo autentico”, ha dichiarato.

Per il Papa, lo sviluppo umano autentico “deve prendere in considerazione ogni dimensione della persona e quindi aspirare a quei beni superiori che rispettano la natura spirituale dell'uomo e il suo destino ultimo”.

In questo senso, ha espresso al rappresentante della Mongolia il proprio apprezzamento per il costante sostegno del Governo per garantire la libertà religiosa.

“La creazione di una commissione incaricata della corretta applicazione del diritto e della tutela dei diritti di coscienza e di libero esercizio della religione, è un riconoscimento dell'importanza dei gruppi religiosi nel tessuto sociale e del loro potenziale per la promozione di un futuro di armonia e di prosperità”, ha affermato.

Allo stesso modo, ha sottolineato il “desiderio dei cittadini cattolici della Mongolia di contribuire al bene comune partecipando pienamente alla vita della Nazione”.

La Chiesa, ha aggiunto, “in fedeltà al messaggio liberatorio del Vangelo”, “cerca anche di contribuire al progresso di tutta la comunità”.

Il Papa ha quindi sottolineato gli sforzi dei cattolici per cooperare al superamento dei problemi sociali e mostrare la loro preoccupazione caritatevole per i bisognosi.

Ha anche indicato l'interesse della Chiesa nello “svolgere il proprio ruolo nell'opera di formazione intellettuale e umana, soprattutto educando i giovani ai valori del rispetto, della solidarietà e della sollecitudine per i meno fortunati”.

La Mongolia sta celebrando il 20° anniversario del suo passaggio alla democrazia, e in questo senso il Papa ha confessato la sua fiducia “nel fatto che i grandi progressi compiuti in questi anni continuino a recare frutti nel consolidamento di un ordine sociale che promuova il bene comune dei cittadini, favorendo le loro legittime aspirazioni per il futuro”.

Benedetto XVI ha poi espresso solidarietà alle vittime del duro inverno, delle piogge torrenziali e delle inondazioni dello scorso anno, concordando con l'ambasciatore nel segnalare che “le questioni ambientali, in particolare quelle legate al cambiamento climatico, sono globali e devono essere affrontate a livello globale”.

Ha infine sottolineato che “l'instaurazione di relazioni diplomatiche fra la Mongolia e la Santa Sede, che ha avuto luogo dopo i grandi cambiamenti politici e sociali di due decenni fa, è un segno dell'impegno della sua Nazione per un interscambio fecondo nell'ambito della più ampia comunità internazionale”.

Nel suo saluto al Papa, il nuovo ambasciatore ha ricordato che “il rispetto per la dignità umana, in particolare per i diritti umani e la libertà, incluse la libertà di religione e la tolleranza, che risalgono ai tempi del Grande Impero Mongolo, è stato la pietra miliare dei radicali cambiamenti sociali, economici e politici” che hanno avuto luogo in Mongolia.

Questi cambiamenti, ha aggiunto come riporta “L'Osservatore Romano”, “hanno reso possibile instaurare relazioni diplomatiche fra la Mongolia e la Santa Sede”.

“Dall'instaurazione di relazioni diplomatiche i nostri vincoli bilaterali hanno sperimentato un progresso costante – ha dichiarato il diplomatico –. Abbiamo cooperato a stretto contatto nell'esplorazione del prezioso materiale storico conservato nella Biblioteca Vaticana, relativo alla storia della Mongolia, dimostratosi di importanza fondamentale per noi per riscoprire il nostro passato”.

“Siamo anche grati per il sostegno e l'assistenza prestati al nostro popolo dalla Santa Sede, in particolare per le sue attività umanitarie volte a migliorare la vita e il benessere dei poveri e degli svantaggiati in Mongolia”, ha aggiunto.

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Benedetto XVI riceve il Primo Ministro di Tonga

CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 20 maggio 2010 (ZENIT.org).- Papa Benedetto XVI ha ricevuto questo giovedì in Vaticano il Primo Ministro del Regno di Tonga, Feleti Vaka'uta Sevele, riferisce un comunicato diffuso dalla Sala Stampa della Santa Sede.

Il Primo Ministro Vaka'uta è stato poi ricevuto, com'è abitudine, dal Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato, accompagnato dal segretario per i Rapporti con gli Stati, monsignor Dominique Mamberti.

Durante l'incontro, si è parlato del processo di riforma istituzionale nel Regno di Tonga, attualmente unica monarchia dell'Oceania.

Un altro tema è stato quello relativo ai problemi politici, commerciali e ambientali che stanno affrontando le isole del Pacifico, “in uno spirito di stretta collaborazione”.

Si è poi parlato di alcuni aspetti della vita sociale ed economica di Tonga, così come del “significativo contributo della Chiesa cattolica in vari campi della promozione umana”.

Il Regno di Tonga, a est dell'Australia, è formato da 169 isole di origine vulcanica e corallina. Solo 133 sono abitate. Si è reso indipendente dalla Gran Bretagna nel 1970 e l'attuale monarca, re George Tupou V, è salito al trono nel settembre 2006.

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Uomini e donne di fede


Teresa Manganiello, "la saggia analfabeta"
Parla il postulatore della sua causa, monsignor Luigi Porsi

di Carmen Elena Villa

ROMA, giovedì, 20 maggio 2010 (ZENIT.org).- Anche se non aveva una grande istruzione, era conosciuta per la sua profonda saggezza spirituale, e nonostante la sua breve vita la sua fama di santità continua ad avere eco ancora oggi, a 133 anni dalla sua morte. E' considerata la “pietra angolare” della comunità delle Suore Francescane Immacolatine.

Si tratta di Teresa Manganiello, che verrà beatificata questo sabato nella Basilica della Madonna delle Grazie di Benevento alle 18.00, in una cerimonia presieduta da monsignor Angelo Amato, prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, in rappresentanza di Papa Benedetto XVI.

Teresa nacque a Montefusco, in provincia di Avellino, penultima di 11 figli.

Non andò mai a scuola e si dedicava, come molti bambini delle famiglie contadine dell'epoca, ai lavori di casa e nei campi. A 18 anni manifestò il desiderio di consacrarsi a Dio. Il 15 maggio 1870, a 21 anni, vestì l'abito terziario francescano e l'anno successivo professò i voti prendendo il nome di suor Maria Luisa. Ricevette la direzione spirituale di padre Ludovico Acernese, che lasciò numerosi scritti sulle principali virtù di Teresa.

Parlando con ZENIT, il postulatore della sua causa di beatificazione, monsignor Luigi Porsi, ha detto che uno dei tratti più ammirevoli di Teresa fu l'“innocenza della vita, la grande devozione al Signore crocifisso in spirito di penitenza”, associata a “una grande devozione al Signore crocifisso con finalità riparatrice dei peccati del mondo e della società di allora”.

Generosità traboccante

Con un cuore nobile e abnegato e una grande capacità di mettersi al posto degli altri, Teresa era sempre preoccupata dei più poveri, a livello sia materiale che spirituale. “Non negava mai un aiuto a chiunque passasse. Dava pane e vestiti, costituì di sua iniziativa una sorta di farmacia rudimentale per curare le piccole malattie della pelle, molto diffuse all’epoca”, ha detto il postulatore.

“Alla sua porta cominciarono a bussare i poveri, i malati, oppressi di ogni genere, e lei accoglieva tutti col sorriso, con la parola calda e sicura, donando rimedi e amore, consigli e medicine per la guarigione del corpo e dello spirito”, ha ricordato suor Daniela del Gaudio, della comunità delle Suore Francescane Immacolatine.

La sua vita non fu esente da prove e sofferenze, come l'incomprensione per il suo stile di vita austero e per il progetto della nuova fondazione di una comunità religiosa che non tutti approvavano. Teresa faceva poi sempre grandi mortificazioni e penitenze fisiche.

Nella casa madre della comunità si conservano gli strumenti con cui faceva queste penitenze. Diceva sempre che le praticava “perché me lo chiede il Signore”.

I momenti di preghiera erano la sua prima priorità. Non importava se pioveva, nevicava o se il sole estivo era cocente. Teresa percorreva a piedi tutti i giorni i tre chilometri che separavano la sua casa dalla chiesa più vicina.

Saggezza

Molti la chiamavano “l'analfabeta saggia”. Monsignor Porsi ha scritto un libro sulla sua vita intitolato “Una contadina maestra di vita”, e afferma che nonostante la sua scarsa formazione accademica “era molto sapiente teologicamente e molto profonda”.

“Non era ingenua, era innocente. Non sapeva leggere e scrivere, ma conservava quello che apprendeva”, dice il postulatore. “Aveva uno spirito di meditazione e contemplazione, e quando incontrava la gente si presentava con una semplicità e una profondità che sorprendevano le persone colte. Vedevano che era preparata su tutto. Non era una contadinella ingenua che non sapesse quello che voleva, ed era molto profonda nel suo disegno di vita”. Per monsignor Porsi si tratta di una “saggezza soprannaturale”.

Ad appena 27 anni venne contagiata dalla tubercolosi, malattia che la portò alla morte in breve tempo. Secondo suor Daniela, Teresa seppe trasformare “il suo letto di malattia in una cattedra di sapienza, di vita e d'amore”.

Cinque anni dopo la sua morte, padre Acernese fondò le Suore Francescane Immacolatine, sapendo che Teresa sognava di veder nascere e fiorire questa comunità. Per questo, le religiose di quest'Ordine la chiamano “pietra angolare” della comunità.

Oggi le suore vivono il carisma di professare un amore singolare e una venerazione filiale per la Vergine Madre nel suo privilegio dell'Immacolata Concezione, il cui dogma era stato proclamato 27 anni prima di questa fondazione.

Lavorano per l'educazione accademica e dottrinale della gioventù, soprattutto femminile. Si dedicano anche alla catechesi, alla collaborazione pastorale e parrocchiale, alle iniziative assistenziali di vario tipo e alle missioni. Attualmente sono presenti in Italia, Brasile, Filippine, Australia, India e Indonesia.

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Notizie dal mondo


Stati Uniti: ciò che i Vescovi hanno imparato dalle vittime di abusi
I sopravvissuti preoccupati per le strategie di prevenzione

WASHINGTON, giovedì, 20 maggio 2010 (ZENIT.org).- La Commissione Nazionale di Revisione della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti ha reso note dieci lezioni tratte dal lavoro con le vittime o i sopravvissuti agli abusi infantili da parte del clero.

La lista è stata preparata dal presidente della Commissione, Diane Knight, e diffusa venerdì dall'episcopato.

“Abbiamo imparato che serve un grande coraggio da parte di una vittima/sopravvissuto per fare un passo avanti e rendere nota la propria storia dopo anni, a volte decenni, di silenzio e sentimenti di vergogna”, afferma il comunicato.

“Per la vittima/sopravvissuto, alla fine conta semplicemente essere creduto”, aggiunge.

La Knight afferma che “nonostante il proprio dolore e la sofferenza, molte vittime/sopravvissuti sono preoccupati che la Chiesa agisca per evitare che gli abusi colpiscano altri bambini, e si preoccupano anche per se stessi e per le proprie necessità di guarigione”.

“Se la storia di ciascuno è diversa, ciò che è comune è la violazione della fiducia”, segnala.

Alcuni sopravvissuti, aggiunge la Knight, “non confidano assolutamente in nessuno, mentre altri sono stati capaci di lavorare attraverso questo dolore con l'aiuto e il sostegno dei propri cari”.

“Abbiamo imparato che attualmente esistono metodi di terapia che funzionano particolarmente bene con e per i sopravvissuti agli abusi sessuali infantili e che gli individui possono essere aiutati, anche dopo molti anni di tentativi senza successo di 'dimenticare' semplicemente”, sottolinea.

“Abbiamo imparato che l'abuso ha rubato a qualche vittima/sopravvissuto la propria fede. Per alcuni ciò significa la perdita della fede cattolica, ma per altri vuol dire la perdita totale della fede in un Dio”, aggiunge il comunicato della Commissione.

“Abbiamo imparato che abbiamo ancora molto da imparare”, termina il testo.

La Commissione Nazionale di Revisione è un gruppo consultivo di 13 laici con esperienza in settori come il diritto, l'istruzione, i mezzi di comunicazione e le scienze psicologiche. La Commissione è stata creata nel 2002, quando i Vescovi degli Stati Uniti hanno approvato la “Lettera per la Protezione dei Bambini e dei Giovani” per supervisionare gli sforzi dell'Ufficio per la Protezione dei Bambini e dei Giovani.

La Commissione Nazionale di Revisione lavora attualmente a “Cause e Studio di Contesto” su casi di abuso sessuale di minori da parte di sacerdoti. Ad opera del Collegio John Jay di Giustizia Criminale, i suoi risultati verranno resi pubblici nel 2011.

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Spirito della Liturgia


Il sacerdote nella celebrazione eucaristica di Pentecoste
Rubrica di teologia liturgica a cura di Don Mauro Gagliardi
ROMA, giovedì, 20 maggio 2010 (ZENIT.org).- In vista della solennità che conclude il Tempo di Pasqua, pubblichiamo l’articolo di Don Nicola Bux, noto teologo e liturgista nonché consultore di diversi dicasteri vaticani, dedicato al ruolo del sacerdote nella Messa di Pentecoste. L’Autore richiama i testi eucologici, ma soprattutto prende spunto dai riti della solennità, sia nella forma ordinaria che straordinaria del Rito Romano, per offrire una riflessione di ampio respiro su diversi temi teologici connessi con il mistero dell’invio del Paraclito sulla Chiesa. In particolare, emergono i temi dell’interpretazione ecclesiale della Scrittura e della cattolicità della Chiesa (Don Mauro Gagliardi).

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La Pentecoste fa della Chiesa l’antitesi della torre di Babele. Ne fa la città dove, come recita l’orazione colletta della Messa in vigilia, «i popoli dispersi si raccolgono insieme, e le diverse lingue si uniscono a proclamare» con una sola fede la gloria del Signore. Questo è stato possibile dall’inizio, perché ciascuno ascoltava gli Apostoli predicare nella propria lingua. La predicazione del Vangelo precede e accompagna la sua stesura scritta: quindi, dall’inizio della Chiesa, è il Magistero apostolico a rendere comprensibile la Scrittura.

1. Alla luce di ciò, è necessario innanzitutto guardarsi da giudizi sommari sulla storia della Chiesa, quale quello che afferma che i cattolici dei secoli a noi più vicini ritenessero la lettura della Bibbia non necessaria alla salvezza, e dunque che fosse meglio trasmettere ai fedeli il messaggio biblico attraverso le «vie indirette» della predicazione e del catechismo. Dinanzi a giudizi simili, basta ricordare che il ministro della regina Candace, che pur leggeva Isaia in una lingua a lui familiare, non capiva il senso della Scrittura: «Come posso comprendere – osservò al diacono Filippo – se qualcuno non mi guida?» (At 8,31).

Gli Apostoli hanno esercitato la «mediazione» sacerdotale con la celebrazione del Sacrificio eucaristico e, prima ancora, «spezzando» la parola, cosa che avviene con la predicazione, la catechesi, l’omiletica. Solo un pregiudizio teologico può ritenere tali opere apostoliche delle «vie indirette» di accesso alla Scrittura. Così è Pietro che, ricevuto lo Spirito, prende la parola per spiegare quanto accaduto nel giorno di Pentecoste: questo fatto segna l’inizio del Magistero della Chiesa, senza il quale la Parola divina resta sigillata, quindi incomprensibile o soggetta all’interpretazione soggettiva.

Le «Profezie», ossia le letture della vigilia di Pentecoste nella forma straordinaria del Rito Romano, e nella Messa del sabato sera in quella ordinaria, illustrano l’«illuminazione» che compie lo Spirito nei cuori: certo, tale illuminazione può avvenire leggendo; ma, la Tradizione insegna che è da privilegiare l’ascolto. I liturgisti odierni sono tendenzialmente concordi nel confermare che l’atteggiamento più adeguato da parte dei fedeli durante la Liturgia della Parola è proprio quello dell’ascolto.

2. Altra tendenza diffusa ai nostri giorni consiste nel paragonare la vigilia di Pentecoste a quella pasquale. Vi sono, è chiaro, somiglianze, ma non vanno attutite le differenze. Le letture della Solennità ripropongono la doppia effusione dello Spirito: nel Vangelo di Giovanni, quella procedente dal Figlio Gesù, apparso nel cenacolo, per la remissione dei peccati; l’altra, degli Atti, per l’espansione missionaria e l’interiorizzazione del mistero pasquale. Tuttavia, la veglia della risurrezione del Signore è all’origine dell’effusione dello Spirito, che invece nella domenica di Pentecoste dà compimento alla Pasqua, a favore del corpo di Cristo che è la Chiesa. Infatti, il cero pasquale viene spento, a simboleggiare la conclusione della presenza visibile del Signore e l’inizio di quella invisibile per opera dello Spirito. Questo gesto indica la differenza tra Pasqua e Pentecoste. Anzi, dopo il congedo alleluiatico dei fedeli, il sacerdote celebrante potrebbe spegnere il cero – come previsto nella forma straordinaria già all’Ascensione – e togliere i grani d’incenso che egli stesso aveva infisso nel cero la notte di Pasqua.

3. Un altro gesto presente nella forma straordinaria è quello della genuflessione dei ministri alle Litanie che precedono l’inizio della Messa della vigilia e alla Sequenza nella Messa del giorno: un parallelo è nel rito della gonuklisía – la genuflessione – nella liturgia bizantina. Non si può ottenere la «discesa» dello Spirito Santo senza aver piegato le ginocchia in adorazione di Colui che, risorto e asceso al Cielo, invia dalla destra del Padre lo Spirito sulla Chiesa. L’iconografia latina rappresenta preferibilmente in tal modo la disposizione degli Apostoli con Maria nel cenacolo.

Solo la non conoscenza del background comune a Roma e Bisanzio – la cui evidenza rituale era maggiore prima della riforma liturgica postconciliare – può far ritenere la predicazione e la raffigurazione, come è stato scritto recentemente, «una pietà sentimentale dominata dalla contemplazione dei “misteri” della vita di Cristo».

Lo Spirito non vuole essere adorato, diceva per paradosso von Balthasar, ma vuole adorare in noi il Figlio Signore e, per Lui, il Padre: egli è «rivolto» verso il Signore, egli stesso è Signore. Tale adorazione appare come la conclusione logica del Mistero pasquale: Spiritus Domini replevit orbem terrarum, come canta l’antifona d’introito del giorno di Pentecoste.

4. Come si fa ad immaginare la discontinuità nella Tradizione della Chiesa, contrapponendo il nutrimento all’edificazione della fede, ritenendo che la predicazione di un tempo mirasse solo a quest’ultima? Gli amboni, i pergami e i pulpiti delle nostre cattedrali e chiese attestano che la parola di Dio è stata sempre al centro della vita ecclesiale, anche se noi chierici e laici non sempre abbiamo saputo trarne tutto il profitto possibile. Anzi, il fatto che tali strutture liturgiche fossero collocate in mezzo all’assemblea, ricorda la preoccupazione di istruire catecumeni e fedeli al fine di accedere ai sacramenti. Sebbene il Vaticano II abbia certamente promosso ulteriormente l’uso della Sacra Scrittura nella liturgia, constatiamo che finora il desiderio del concilio rimane come sospeso: basti prendere atto delle «lamentazioni» di catecheti e liturgisti sull’odierna realtà dell’omiletica e della catechesi, malgrado la riforma postconciliare. Dunque, bisogna piuttosto aver fede nello Spirito che in ogni tempo rinnova la faccia della terra! Nemmeno noi del terzo millennio siamo immuni da arretramenti spirituali.

5. Il sacerdote nella Pentecoste deve proclamare che «oggi» – come canta il Prefazio – si è compiuto il Mistero pasquale a Gerusalemme con la nascita della Chiesa universale, come ebbe a ricordare il Santo Padre nell’omelia di Pentecoste 2008, riprendendo l’insegnamento della Lettera Communionis notio inviata da lui – all’epoca prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede – ai vescovi della Chiesa Cattolica. La Chiesa è nata universale in un luogo, non particolare o locale, ma una e cattolica, santa e apostolica. È a tale appartenenza che i sacerdoti devono e si devono educare, prima che alla «diocesanità», la quale ha certamente valore, ma se innestata innanzitutto nella «cattolicità». Ne è sintomo l’istintivo immediato riferimento che i fedeli cattolici sentono verso il Papa, quale principio interiore di unità della Chiesa. L’autorità del Papa non è mediata da altra istanza, bensì è l’autorità dei vescovi che si esercita solo in comunione con quella del Vescovo di Roma.

6. Ne è segno, nella liturgia, l’uso della lingua latina, la quale, proprio perché superiore agli idiomi locali, ricorda visibilmente il mistero dell’unica lingua di Pentecoste, contrapposta alla confusione babelica. Dice il Prefazio: «Hai effuso lo Spirito Santo […] che ha riunito i linguaggi della famiglia umana nella professione dell’unica fede». Si rifletta sul fatto che il culto postula anche il linguaggio sacro, che col suo vocabolario costituisce una via specifica per organizzare l’esperienza religiosa. Mentre il razionalismo tende a rigettarlo, la fede nel soprannaturale porta necessariamente ad adottare un linguaggio sacro nel culto. Esso aiuta a preservare la Tradizione e l’ortodossia della fede – come attestano l’immutata presenza del Kyrie, degli Amen, degli Alleluia e dell’Osanna –; mentre volentieri vanno tradotte in lingua corrente le letture, ove è prevalente l’esigenza di comunicazione. Ritenere però che la lettura delle Scritture in latino ostacolerebbe l’efficacia della Parola di Dio nel cuore del credente, significa negare tutta la storia di fede e di santità di duemila anni.

La lingua latina serve ad esprimere meglio l’unità e l’universalità della Chiesa (cf. Esortazione apostolica Sacramentum caritatis, n. 62). Possiamo pensare che la cosiddetta «Messa internazionale», celebrata in più lingue, ove a turno solo una parte di fedeli comprende ciò che si dice (e gli altri, di conseguenza, non comprendono), esprima meglio l’universalità della Chiesa rispetto alla Messa in latino? D’altro canto, la lingua è parte di un ampio sforzo per evangelizzare la cultura, che proprio la Pentecoste ha inaugurato. La lingua latina è fattore di unità: essa ha posto le basi della civiltà cristiana, è giunta fino a noi e continuerà a svilupparsi.

7. Riteniamo che nella celebrazione di Pentecoste il sacerdote abbia la possibilità di istruire i fedeli su questi punti che abbiamo seppur sommariamente esposto: ne dipende la comprensione della cattolicità della Chiesa. Proprio a Gerusalemme il vescovo Cirillo puntualizzava: «Non domandare dove sia la Chiesa, ma specifica bene e chiedi dove sia la Chiesa Cattolica» (PG 33,1048).

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Dottrina Sociale e Bene Comune


Come coniugare sobrietà e solidarietà in tempi di crisi


di don Daniele Bortolussi*

ROMA, giovedì, 20 maggio 2010 (ZENIT.org).- Per "stile di vita" si intende genericamente un insieme stabile e duraturo di comportamenti visibili, di modi di essere che riflettono la gerarchia di valori della persona o del gruppo che li mette in atto. Ciò che determina uno stile, pertanto, non sono le scelte episodiche, ma un sistema di scelte, caratterizzate dalla continuità nel tempo e dalla trasversalità ai diversi ambiti di vita e aventi come riferimento, più o meno consapevolmente, precisi modelli sociali ed economici. Lo stile di vita, dunque, si esplicita all'interno di una continua interazione tra la persona singola con il suo orientamento valoriale e il sistema sociale che la circonda, come a cerchi concentrici, dal più prossimo fino a quello globale. Il contesto attuale rende urgente una riflessione sui nuovi stili di vita, che parta necessariamente da questa prospettiva relazionale che coinvolge il soggetto nel suo rapporto con le cose, le persone, l'ambiente e il mondo.

Rapporto con le cose

Si gioca essenzialmente nel consumo di beni, spesso caratterizzato dell'eccesso e dallo spreco, dal bisogno di consumare sempre di più e dalla conseguente incapacità di godere di ciò che si ha. Il consumo diventato "consumismo", cioè filosofia dell'usa e getta e del bisogno indotto, altera fortemente il rapporto con la quotidianità, se consideriamo il forte impiego di energie per mantenere un tenore di vita tale da possedere determinati oggetti, che spesso conduce a mettere in secondo piano le relazioni e gli aspetti più profondi dell'esistenza. Il mito della crescita che il mercato impone, induce a perdere di vista il senso dell'utilità reale delle cose, rende schiavi, identifica la persona con il consumatore per renderlo funzionale a sé e non il contrario. Ecco allora la necessità sempre più urgente di assumere un atteggiamento pensante e critico di fronte a questa logica, per diventare attori di un cambiamento, non solo nella direzione della riduzione dei consumi, ma anche nell'attenzione alle conseguenze del "cosa" consumare.

Rapporto con l'ambiente

La sensibilità verso l'ambiente si sta affermando in maniera sorprendente non solo tra le nuove generazioni. Tra allarmismi e superficialità si sente la necessità, come singoli e come comunità, di porre in essere scelte che rallentino lo sfruttamento di risorse, la produzione insensata di rifiuti, l'emissione incontrollata di sostanze nocive. E' in gioco il rapporto con la terra e la sua vivibilità nel presente e nel futuro: è necessario instaurare un rapporto non violento con la terra, quasi a recuperare il senso delle radici dell'uomo e della sua realtà più profonda.

Rapporto con il mondo

La globalizzazione ha reso evidente la stretta connessione tra le persone che abitano questo pianeta, tra le sorti dei vari popoli e nazioni. Le guerre in atto, le forti disuguaglianze sociali ed economiche pongono domande allo stile di vita: indifferenza e non conoscenza non sono più ammissibili. L'informazione corretta e critica è il primo passo per assumere un atteggiamento di vicinanza reale con le popolazioni più povere e per mettere in atto azioni ispirate ad un principio di giustizia e non solo di tipo assistenzialistico.

Rapporto con le persone

È parte della natura umana costruire rapporti tra le persone, anche se, purtroppo, si sperimenta che individualismo ed egoismo possono rallentare o addirittura impedire la realizzazione di questa aspirazione. Come già accennato, il campo delle relazioni umane è fortemente condizionato dal sistema di vita, segnato oggi dal consumo sfrenato e dalla mercificazione. In questo senso, è di notevole importanza tornare a riflettere su questo aspetto, a considerare le relazioni umane come ricchezza e potenziale di crescita.

Tutto ciò apre anche il delicato capitolo del lavoro, dove la persona investe molte delle sue energie creative e relazionali. Diventa particolarmente urgente il ritorno a rapporti di lavoro che siano segnati dal riconoscimento della dignità dell'uomo, dalla giustizia, dalla sicurezza. Pensiamo, inoltre, alle conseguenze che la qualità del lavoro ha sul tempo libero, sulle relazioni familiari e amicali, sulla possibilità di improntare rapporti pacifici e non dettati da violenza o tensione, sull'attenzione a chi si trova in difficoltà, sull'opportunità di recuperare tempo di riflessione e di dialogo vero con gli altri. Parlare di stile di vita in questo ambito, significa riportare al centro la persona e non il profitto.

Solo in questa prospettiva relazionale è possibile inquadrare il discorso della "responsabilità" verso l'altro vicino e lontano, verso i beni, verso la natura e il mondo; d'altro canto solo nella responsabilità si possono attuare rapporti retti e così cooperare in modo intelligente all'edificazione di un mondo più umano. Responsabilità è letteralmente rispondere di qualcosa, rispondere agli appelli dell'altro, entrare nella vita dell'altro con partecipazione attiva alle sue vicende.

Parole-chiave per la riflessione sul tema "stili di vita"

-- Persona: in un sistema nel quale la persona è ridotta a "risorsa umana" è necessario tornare a mettere al centro l'uomo, la sua dignità di collaboratore alla crescita e allo sviluppo umano, il suo bisogno di essere protagonista della vita, la sua creatività e le sue relazioni familiari e sociali

-- Famiglia: è il soggetto che più fortemente ha subito i contraccolpi delle profonde trasformazioni nel lavoro. In molte famiglie, l'aumento del benessere economico non corrisponde ad un miglioramento delle relazioni, della comunicazione. D'altro canto le famiglie segnate dalla precarietà nel lavoro e da condizioni economiche difficili sono fortemente condizionate nelle loro scelte anche educative.

-- Tempo: l'attuale impostazione del lavoro, caratterizzata da forte investimento mentale ed emotivo da parte della persona, provoca, in un certo senso, uno svuotamento di umanità che si rivela soprattutto nel vivere la festa e il tempo libero. È qui che l'uomo recupera il senso della sua vita, nelle sue dimensioni più essenziali.

-- Sicurezza. Può essere intesa secondo due accezioni: da una parte la necessità di avere la sicurezza di un posto di lavoro, che gradualmente scompare per lasciare il posto alla flessibilità. Questa aumenta l'incertezza per le famiglie, la paura del futuro, l'individualismo. La sicurezza riguarda anche i rischi legati ai luoghi e alle condizioni di lavoro. Velocità di produzione, precarietà, scarsa specializzazione sono cause di morte ancora oggi. Ancora una volta, la logica del profitto prevale sulla centralità della persona. 

-- Responsabilità sociale delle imprese. Si esplicita nell'integrare i parametri di mercato e di profitto con criteri di natura etica quali l'impatto ambientale, i diritti dei lavoratori, nonché la scelta di produrre beni che siano realmente utili all'uomo e al suo benessere integrale come persona.

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*Don Daniele Bortolussi è Direttore dell'Ufficio Pastorale Sociale e del Lavoro dell'Arcidiocesi di Torino.

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Italia


Cresce in Africa il culto e la devozione di Maria
Riuniti a Roma i responsabili laici di Radio Maria


di Antonio Gaspari

ROMA, giovedì, 20 maggio 2010 (ZENIT.org).- Rimarranno a Roma fino a sabato 22 maggio i presidenti e delegati delle associazioni laicali che sostengono e gestiscono le 14 stazioni di Radio Maria presenti nel continente africano.

I presidenti e delegati delle associazioni laicali di Radio Maria di Ruanda, Costa D'Avorio, Burundi, Burkina Faso, Zambia, Ghana, Repubblica Democratica del Congo, Nigeria, Sierra Leone e Kenya, si sono riuniti insieme ai vertici italiani della World Family per un corso di formazione teologico, pastorale e gestionale.

Tra i relatori il Presidente della Pontificia Accademia Mariana Internazionale (PAMI), padre Vincenzo Battaglia OFM., il Segretario della stessa, padre Stefano M. Cecchin, OFM. e il delegato per l'Africa del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, padre Janvier Yaméogo.

Padre Francisco Palacios, coordinatore dei direttori delle Radio Maria nel mondo, ha spiegato a ZENIT che la devozione e il culto mariano in Africa sono diffusissimi.

Il fenomeno si spiega non solo con la grande diffusione della religione cattolica, soprattutto nell'Africa Subsahariana e centrale, ma anche con la cultura tradizionale che indica nella donna e madre il centro di accoglienza e di coesione della struttura sociale africana.

In questo contesto la figura di Maria non fa che esaltare valori e virtù che sono già presenti nelle culture locali.

Padre Francisco ha notato che i cattolici africani sono molto ligi anche ai Sacramenti: "Ogni mattina la messa è alle sette e nessuno è mai mancato".

Il corso di formazione ha uno scopo importante, perchè - ha sottolineato padre Francisco - "c'è  bisogno che la devozione popolare diventi fede solida e che acquisti argomenti per spiegare le ragioni del nostro credere".   

Vittorio Viccardi, coordinatore generale della World Family of Radio Maria, ha fatto notare la grande crescita demografica e la diffusione della religione cattolica in Africa.

Non è un caso che l'Africa è il continente dove il cattolicesimo cresce di più. Non stupisce quindi vedere che Radio Maria sia già uno dei primi network radiofonici privati del continente.

Alle quattordici Radio Marie gia attive se ne aggiungeranno altre sei nei prossimi due anni. E tanti Vescovi stanno chiedendo di portare Radio Maria nelle loro diocesi.

In alcuni Paesi Radio Maria è la prima radio per ascolti, ed il numero di ascoltatori di Radio Maria in Africa potrebbe superare in pochi anni quello complessivo di tutte le altre Radio Maria nel mondo.

Emanuele Ferrario, Presidente della World Family of Radio Maria, ha spiegato a ZENIT che le opportunità in termini umani e sociali sono enormi, perché si tratta di Paesi dove il mezzo di comunicazione più diffuso è quello radiofonico. Infatti, spesso è possibile vedere persone che vanno in giro con le radioline appese al collo.

I limiti, secondo Ferrario, sono di origini strutturali perchè solo il Sudafrica ha una produzione di energia elettrica continua. In tutti gli altri paesi la fornitura di energia elettrica è scarsa e discontinua con continue interruzioni.

Per questo motivo la maggior parte delle Radio Maria dispone di generatori termici autonomi.

Ferrario ha raccontato di aver convinto alcuni produttori di tecnologie per i trasmettitori delle radio a modificare il loro prodotto per adattarlo alle esigenze dell'Africa.

Secondo il Presidente del World Family, il successo di Radio Maria nel continente è dovuto al fatto che hanno dato fiducia agli africani.

Con pazienza hanno messo insieme le associazioni, promuovendo non solo l'investimento tecnico iniziale, ma soprattutto la formazione delle competenze.

Insomma, hanno dato fiducia al personale locale, sostenendolo nel confronto con le difficoltà, ed ora se ne vedono i frutti.

"Ma bisogna fare in fretta - ha concluso Ferrario - perchè anche nelle grandi megalopoli africane sta arrivando la secolarizzazione che stravolge i valori tradizionali del popolo. Per questo motivo è necessario che i cattolici e Radio Maria possano funzionare da vaccino rafforzando le comunità intorno alle virtù evangeliche".   

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Il festival cinematografico Religion Today giunge alla 13ma edizione
Si svolgerà a Trento dall'8 al 21 ottobre

di Carmen Elena Villa

ROMA, giovedì, 20 maggio 2010 (ZENIT.org).- “Viaggi della fede, viaggi della speranza” è il tema della 13ma edizione del festival Religion Today, il primo festival internazionale dedicato al cinema religioso.

L'evento, che si svolgerà dall'8 al 21 ottobre prossimi a Trento, è stato presentato la scorsa settimana in una conferenza stampa alla “Radio Vaticana”.

Religion Today cerca di offrire a un pubblico più ampio la possibilità di accedere a pellicole di qualità su temi di qualsiasi credo religioso. Saranno visionati anche cortometraggi, documentari e reportage televisivi, che si potranno presentare fino al 10 luglio.

Una commissione speciale composta da cinque esperti di varie culture e vari credo determinerà i nominativi per il concorso internazionale per i premi tematici conferiti dai giurati speciali nelle sedi del festival. La premiazione avverrà sabato 16 ottobre.

I motivi del viaggio

Il tema di quest'anno cerca di collegare due modalità diverse di viaggio: dal pellegrinaggio, inteso anche come metafora della condizione umana nella sua dimensione di ricerca e di discussione, alla migrazione di persone e popoli caratterizzati dalla necessità.

“Per Religion Today, festival itinerante ed ‘esplorazione delle differenze’, la dimensione del viaggio è da sempre fondamentale – ha detto la direttrice dell'evento, Katia Malatesta. – In un mondo in cui anche l’'altrove' e l’'esotico' vengono venduti last minute, vogliamo tornare al concetto del viaggio come occasione di un incontro profondo con quel ‘diverso da noi’ che ci induce positivamente ad interrogarci su noi stessi, sui nostri valori, sulle nostre visioni del mondo”.

“Ma ai movimenti di persone e comunità sono legate anche paure e tensioni crescenti. Un fenomeno globale al quale anche le religioni sono chiamate a dare risposta”, ha aggiunto la Malatesta.

Altri eventi collegati

Nel contesto del festival Religion Today si svolgerà anche il seminario internazionale “Religione e governance globale”, il 13 e il 14 ottobre a Trento. L'obiettivo è discutere il contributo delle religioni per rafforzare la coscienza dei beni pubblici globali e della sicurezza e dignità umana.

Il 19 ottobre, presso la Pontificia Università Salesiana di Roma, si svolgerà invece il seminario accademico sul cinema religioso.

Sempre a Roma avrà luogo il Laboratorio di Convivenza tra registi, direttori di festival, cineasti e produttori audiovisivi di varie religioni.

Religion Today è anche un centro di cultura attivo tutto l'anno per mettere a disposizione di scuole, enti e associazioni un archivio ricco di molte altre produzioni cinematografiche religiose che si realizzano nei cinque continenti. Prevalgono le proposte culturali ebraiche nelle loro varie espressioni, quelle cattoliche, protestanti e ortodosse, dell'islam sunnita e sciita e dell'induismo.

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Segnalazioni


Presentazione del libro "Chiesa e pedofilia. Una ferita aperta"
L' 8 giugno presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma

ROMA, giovedì, 20 maggio 2010 (ZENIT.org).- L'8 giugno, alle ore 18, presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma (piazza della Pilotta 4) padre Giovanni Cucci, S.I., e padre Hans Zollner, S.I., presenteranno il loro libro “Chiesa e pedofilia. Una ferita aperta” (editrice Àncora).

Padre Giovanni Cucci, scrittore della rivista “La Civiltà Cattolica”, è docente incaricato di Filosofia e Psicologia presso la Pontificia Università Gregoriana. Padre Hans Zollner è docente all'Istituto di Psicologia della Pontifica Università Gregoriana, dove lavora anche come psicologo e psicoterapeuta, oltre a collaborare alle riviste “Gregorianum” e “La Civiltà Cattolica”.

Per l'occasione interverranno padre Franco Imoda, ex Rettore della Pontificia Università Gregoriana ed ex Preside della Facoltà di Psicologia, e don Alessando Manenti, psicologo e formatore.

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IX Incontro del Centro italiano di Lullismo a Roma
Presentazione del volume "Da Raimondo Lullo a Nicola Eimeric"

ROMA, giovedì, 20 maggio 2010 (ZENIT.org).- Venerdì 21 maggio si terrà presso la Scuola Superiore di Studi Medievali e Francescani della Pontificia Università Antonianum di Roma il IX Incontro del Centro italiano di Lullismo.

Il Centro Italiano di Lullismo, costituito il 25 gennaio 2002 e intitolato al padre Erhard Wolfram Platzeck, è nato perché gli studiosi di Lullo in Italia potessero usufruire di un momento di incontro, di scambio e di iniziative finalizzati all'approfondimento degli studi intorno al pensatore catalano e al lullismo.

Per l'occasione verrà presentato il volume “Da Raimondo Lullo a Nicola Eimeric: storia di una falsificazione testuale e dottrinale” a cura di S. Muzzi (Edizioni Antonianum, Roma 2010).

L'incontro avrà inizio alle ore 15.30 di venerdì con i saluti di padre Pietro Messa, Preside della Scuola Superiore di Studi Medievali e Francescani, e del prof. Josep Perarnau i Espelt, della Facoltà di Teologia della Catalogna.

Nello spirito secondo cui è stato costituito il Centro, l’incontro dedicherà una sezione alla comunicazione dei “lavori in corso” su temi lulliani dei partecipanti, quale occasione di aggiornamento e di approfondimento su tali temi.

Sono previsti poi gli interventi di mons. Sandro Corradini, Promotore Generale della Fede nella Congregazione per le cause dei Santi, e del prof. José Antonio Merino, docente ordinario di Filosofia alla Pontificia Università Antonianum.

Nella presentazione al volume “Da Raimondo Lullo a Nicola Eimeric” mons. Luis Francisco Ladaria Ferrer, Segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede, ricorda che Ramon Llull “è stato per secoli una figura controversa”.

“Già fin dai tempi quasi immediati alla sua morte, per l’opera soprattutto dell’inquisitore Nicolau Eimeric, incominciarono i dubbi sull’ortodossia del suo pensiero – scrive –. A Eimeric ha fatto eco durante i secoli tutta una serie di 'antilullisti' che hanno cercato di dimostrare l’eterodossia del nostro Dottore”.

“Ma queste accuse, o al meno molte di esse, col progredire della storia, si sono rivelate manifestamente infondate – aggiunge mons. Ladaria –. L’infondatezza si è dimostrata in diversi casi per il fatto che le proposizioni che si presupponevano estratte dalle opere lulliane erano state citate con imprecisione e senza accuratezza, quando non in modo falso”.

“Per altre questioni di fondo è stato lo stesso sviluppo dogmatico a fare cadere i sospetti”, sottolinea, come dimostra il “caso emblematico dell’Immacolata Concezione di Maria Santissima, privilegio del quale Ramon fu un accanito difensore”.

Invece, continua ancora, “per quanto riguarda altri aspetti del suo pensiero, che lo collocano in un linea di ispirazione agostiniana, si costata la sostanziale coincidenza con autori riconosciuti e dottori della Chiesa come sant’Anselmo o san Bonaventura”.



[Per informazioni: Via Merulana, 124 - 00185 Roma; tel. 39.06.70373502; fax: 39.06.70373604; e-mail: sssmf@antonianum.eu; sito: www.antonianum.eu/medieval.htm]

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Interviste


Notizie lente in un mondo di "notizie fast food"
Intervista al professore di comunicazioni, padre La Porte

di Andrea Kirk Assaf

ROMA, giovedì, 20 maggio 2010 (ZENIT.org).- Di fronte ai recenti scandali, a una cultura di fondo che rifiuta i valori cattolici e a una struttura interna della Chiesa che fatica a tenere il passo del mondo dell'informazione, che lavora 24 ore su 24, come dovrebbero comportarsi i comunicatori della Chiesa?

Padre José María La Porte, docente di comunicazioni sociali presso la Pontificia Università della Santa Croce, ha organizzato una importante conferenza per i comunicatori della Chiesa, sul tema "Identità e dialogo", che si è svolta a Roma agli inizi di maggio.

ZENIT lo ha intervistato in relazione al suo intervento di presentazione, in cui ha avanzato alcune proposte per una nuova strategia della comunicazione.

Nella sua presentazione lei ha distinto tra "notizie fast food" e "notizie slow food". Ci può spiegare meglio questa distinzione?

Padre La Porte: In questo mondo in cui tutti vogliono sempre maggiori informazioni, stiamo riscoprendo il tempo, perché ci troviamo a spendere tanto tempo a raccogliere le notizie senza riuscire a comprendere bene cosa stia succedendo.

Le "notizie fast food" sono utili per certi versi. La distinzione si basa sul modo in cui i fatti vengono presentati e interpretati dalla gente. Se si vogliono dare notizie in questo modo, serve velocità, argomenti non complicati, che entrino nei titoli. Il problema è che la realtà è complessa, soprattutto quella del mondo globale.

Il rischio è quello di reagire in modo omogeneo di fronte a notizie molto diverse. Queste sono le "notizie fast food". È un peccato per i giornalisti perché in questo modo passano in secondo piano, tanto che talvolta i titoli sono formulati non da chi ha scritto le notizie. I giornalisti meriterebbero maggiore rispetto per il loro lavoro.

Io credo che le "notizie slow food" possano aiutare a riscoprire l'essenza del giornalismo e dei giornalisti, perché la gente vuole capire cosa sta succedendo, sapere perché certe cose accadono, vuole conoscere la natura delle questioni, mentre molti mezzi di informazione offrono delle mere pillole di notizie e non la sostanza di ciò che sta avvenendo.

Per quanto riguarda la Chiesa, dobbiamo dare notizie slow food. Qualcosa che sia ricco di vitamine, in senso intellettuale, e che possa aiutare la gente a pensare, a formare opinioni libere, ad analizzare. Le notizie fast food potrebbero essere utili in alcuni contesti, ma non in materia di valori o di argomenti che richiedono analisi molto più approfondite.

Credo che il vero problema del giornalismo di oggi non sia Internet. Il vero problema di oggi è la qualità. Questo è uno dei motivi per cui la gente sta riscoprendo la qualità attraverso i blog. I giornalisti potranno non gradire i blog e dire: cosa offrono i blog che l'informazione professionale non offre? I blog offrono analisi, opinioni, senza il timore di dire "questa è un'opinione". E il fatto che i blog attraggano così tante persone è un segno di questa qualità, perché alcuni blog, pur non avendo una grafica accattivante, attirano per la loro qualità dell'informazione.

Come è possibile offrire "notizie slow food" quando il pubblico vuole reazioni immediate, o quando - per esempio in caso di scandalo - i giornalisti vogliono subito una conferenza stampa?

Padre La Porte: Rimanendo su questa analogia, le notizie fast food sono come chi vuole mangiare appena sente fame. E questo porta all'obesità. Le notizie fast food ingrassano l'intelletto con informazioni banali e inutili, e complicano la nostra visione della realtà, perché ci inducono a considerarle come informazioni prioritarie.

Quando c'è uno scandalo, la Chiesa ha bisogno di parlare, di rispondere, ed effettivamente in questi casi il tempo di risposta è importante. Per questo il sistema informativo della Chiesa deve adattarsi. Ma oltre alla risposta rapida è necessario rimandare ai documenti più sostanziali che spiegano cosa la Chiesa sta realmente facendo. Questo consente alla gente di avere notizie slow food. È importante ricordarsi anche dei consumatori di notizie slow food. Per questo dobbiamo assicurarci che le notizie veloci, i titoli veloci, portino le persone ad approfondire e a ricevere maggiori informazioni. Adesso ti offro fast food perché è ciò di cui hai bisogno, ma ti dico anche che non ti darò fast food tutti i giorni... la prossima volta che avrai interesse per una notizia attingerai ad informazioni più approfondite.

Si riferisce a qualcosa come il nuovo blog del Vatican Information Service (VIS)?

Padre La Porte: Questo è un buon esempio. Oppure, quando per esempio si risponde ad una precisa accusa, dando anche documentazione su ciò che la Chiesa sta facendo, sul numero dei sacerdoti accusati, sulle principali misure prese dalla Chiesa, sul rapporto con il sistema giudiziario, e sull'essenza di ciò che sta accadendo. Si risponde, e se l'informazione è errata occorre dirlo rapidamente, per poi spiegare la propria posizione, e se questo richiede della documentazione, siamo nell'ambito dell'informazione slow food.

Nei casi di pedofilia, per esempio, abbiamo a che fare con delle vittime, ma stiamo anche parlando di morale sessuale. Abbiamo l'impressione che questa società che sta accusando la Chiesa e alcuni preti, sia la stessa società che non presta molta attenzione alle stesse problematiche quando avvengono in altri contesti sociali. Certamente anche un solo caso è più che sufficiente per la Chiesa, ma è interessante notare come, nel modo in cui si presenta l'informazione, si usino due pesi e due misure.

Secondo lei quindi, nell'ambito dello scandalo sugli abusi sessuali, i comunicatori della Chiesa dovrebbero parlare anche degli insegnamenti della Chiesa sulla sessualità, che spiegano perché tali abusi sessuali siano un peccato così grave?

Padre La Porte: Certamente. Perché la gente è così contrariata del fatto che alcuni sacerdoti abbiano commesso questi delitti? Perché conoscono l'insegnamento della Chiesa sulla sessualità. È una contraddizione che un pastore si sia comportato in modo così immorale. C'è una vittima, c'è un minore, qualcuno che ha bisogno di essere protetto. Se si ignora il problema perché si pensa di dover tutelare il buon nome della Chiesa si tradisce la verità, perché il bene della Chiesa inizia con il bene delle persone, che sono ciascuna immagine di Dio. Qualcosa non funziona quando le comunicazioni sono finalizzate a mantenere la buona reputazione. Noi non abbiamo timore di ricevere delle critiche, perché le critiche aiutano a conoscere i propri errori.

Lei crede che gli scandali rappresentino un'opportunità per ribadire l'insegnamento sulla dignità della persona umana, sul ruolo del sacerdote e sugli altri argomenti connessi?

Padre La Porte: Sì, e anche per vedere la capacità di risposta della Chiesa: alcuni vescovi si sono dimessi. Se c'è un'istituzione che sta davvero rispondendo al problema, questa è la Chiesa cattolica. Forse noi, membri della Chiesa, avremmo potuto rispondere meglio; certamente, non neghiamo che vi siano stati degli errori. È un momento di purificazione, per ridefinire e riproporre la figura del sacerdote, e il fatto che questo sia l'anno del sacerdozio non è solo un caso. Tutto ciò che sta avvenendo serve a ricordarci che la figura del sacerdote richiede un elevato standard morale.

La sua proposta strategica è stata creata per i comunicatori della Chiesa. Si tratta di una risposta legata agli scandali sugli abusi sessuali, oppure di principi validi in ogni momento?

Padre La Porte: È un approccio valido in generale per la Chiesa, perché credo che, se Dio vuole, gli scandali sugli abusi sessuali passeranno e tutte le vittime saranno soccorse. Credo che sia limitativo creare una strategia di lungo termine solo sulla base di un aspetto contingente che sarà superato in alcuni mesi o un anno. Dobbiamo pensare a una proposta strategica; creare una mappa dei valori che vanno contro corrente e di quelli che sono condivisi dalla società contemporanea - per esempio la carità, il volontariato, la bellezza della liturgia - e poi trovare il momento giusto per proporli, perché non è opportuno basare un'intera nuova strategia su valori che sono contrastati nella società.

Tutti sanno quale sia la posizione della Chiesa sull'eutanasia, tutti conoscono la posizione della Chiesa sull'aborto, e così via. E questo crea polemica. Una polemica inevitabile se il messaggio deve essere chiaro. Si tratta quindi di far arrivare il messaggio.

Allo stesso tempo, credo che parlare dei valori comunemente accettati possa aiutare le persone a guardare anche oltre. Se dovessi creare una mappa di questi valori e di come li voglio proporre, vedrei, per esempio, che l'anno 2011 sarà l'anno del volontariato (secondo le Nazioni Unite). Questa sarà una buona opportunità per presentare l'insegnamento e l'esperienza della Chiesa in questo ambito, perché se c'è un'istituzione che fa tanto volontariato, questa è la Chiesa.

Cosa intende per strategia?

Padre La Porte: Quando parlo di strategia penso a diversi elementi. L'identità è il punto di partenza: è necessario avere una specifica identità per poter partecipare a un dialogo pubblico. Si devono proporre informazioni slow food, con documentazione e idee. Quando si offrono dei dati, dei documenti e dei fatti, la gente risponde ed è in grado di creare un'opinione nelle proprie comunità.

Il secondo punto è di trasporre le priorità pastorali della sua istituzione in comunicazione. Con questo intendo dire che se la priorità di una diocesi è la Giornata mondiale della gioventù, come dovrei tradurla in comunicazione nella diocesi? Cosa significa volontariato? Come posso proporre il volontariato in tutte le scuole cattoliche? Esistono molte opportunità.

Il terzo punto è pensare a come proporre elementi che possano costituire notizie interessanti per i mezzi di informazione.

Un altro punto è quello di preparare esperti che possano aiutare nelle traduzioni. Per esempio, è stato effettuato uno studio in Spagna sul rapporto tra la donna incinta e il bambino e i contenuti di questo studio potrebbero essere tradotti in immagini e suoni.

Sulla scia della conferenza, cosa intende fare in riferimento alle sue proposte sulla comunicazione?

Padre La Porte: L'idea è che i 250 comunicatori della Chiesa, intervenuti alla conferenza e provenienti da tutto il mondo, possano adottare e adattare i principi alle proprie situazioni locali, perché i Paesi possono differenziare molto gli uni dagli altri. La mia idea è che queste proposte possano essere utilizzate come quadro di riferimento - ciascun comunicatore della Chiesa potrà chiedersi quali siano i principi da cui poter avviare questa strategia di comunicazione.




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Discorso del Papa al termine del concerto di musica sacra ortodossa
E messaggio di Kirill I, Patriarca di Mosca e di tutte le Russie

ROMA, giovedì, 20 maggio 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il discorso pronunciato questo giovedì sera da Benedetto XVI al termine del concerto in suo onore tenutosi nell'Aula Paolo VI in occasione delle Giornate di Cultura e di spiritualità russa in Vaticano (19 e 20 maggio) promosse da Sua Santità Kirill I, Patriarca di Mosca e di tutte le Russie.




* * *

Lodate il nome del Signore, lodatelo, servi del Signore. Lodate il Signore: il Signore è buono; cantate inni al suo nome, perché è amabile. Signore, il tuo nome è per sempre; Signore, il tuo ricordo per ogni generazione. Alleluia.

Venerabili Fratelli, Illustri Signori e Signore, Cari fratelli e sorelle,

abbiamo ascoltato poc’anzi, in una sublime melodia, le parole del Salmo 135, che ben interpretano i nostri sentimenti di lode e di gratitudine al Signore, come anche la nostra intensa gioia interiore per questo momento di incontro e di amicizia con i cari Fratelli del Patriarcato di Mosca. In occasione del mio compleanno e del V anniversario della mia elezione a Successore di Pietro, Sua Santità Kirill I, Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, ha voluto offrirmi, insieme alle graditissime parole del Suo Messaggio, questo straordinario momento musicale, presentato dal Metropolita Hilarion di Volokolamsk, Presidente del Dipartimento delle Relazioni Esterne del Patriarcato di Mosca, nonché autore della Sinfonia appena eseguita.

La mia profonda gratitudine, perciò, va innanzitutto a Sua Santità il Patriarca Kirill. A Lui rivolgo il mio più fraterno e cordiale saluto, esprimendo vivamente l’auspicio che la lode al Signore e l’impegno per il progresso della pace e della concordia tra i popoli ci accomunino sempre più e ci facciano crescere nella sintonia degli intenti e nell’armonia delle azioni. Ringrazio, quindi, di vero cuore il Metropolita Hilarion, per il saluto che tanto gentilmente ha voluto rivolgermi e per il suo costante impegno ecumenico, congratulandomi con Lui per la sua creatività artistica, che abbiamo avuto modo di apprezzare. Con Lui saluto con viva simpatia la Delegazione del Patriarcato di Mosca e gli illustri rappresentanti del Governo della Federazione Russa. Rivolgo il mio cordiale saluto ai Signori Cardinali e ai Vescovi qui presenti, in particolare al Signor Cardinale Walter Kasper, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, e a Mons. Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, che hanno organizzato, con i loro Dicasteri e in stretta collaborazione con i rappresentanti del Patriarcato, le “Giornate della cultura e della spiritualità russa in Vaticano”. Saluto, poi, gli illustri Ambasciatori, le distinte Autorità e tutti voi, cari amici, fratelli e sorelle, in particolar modo le comunità russe presenti a Roma e in Italia, che partecipano a questo momento di gioia e di festa.

A suggellare questa occasione in modo davvero eccezionale e suggestivo è stata chiamata la musica, la musica della Russia di ieri e di oggi, propostaci con grande maestria dall’Orchestra Nazionale Russa, diretta dal maestro Carlo Ponti, dal Coro Sinodale di Mosca, dalla Cappella dei Corni di Pietroburgo. Rivolgo un grazie vivissimo a tutti gli artisti per il talento, l’impegno e la passione con cui propongono all’attenzione di tutto il mondo i capolavori della tradizione musicale russa. In queste opere, di cui oggi abbiamo ascoltato un significativo saggio, è presente in modo profondo l’anima del popolo russo e con essa la fede cristiana, che trovano una straordinaria espressione proprio nella Divina Liturgia e nel canto liturgico che sempre l’accompagna. Esiste, infatti, un legame stretto, originario, tra la musica russa e il canto liturgico: è nella liturgia e dalla liturgia che quasi si sprigiona e prende avvio gran parte della creatività artistica dei musicisti russi, per dar vita a capolavori che meriterebbero una maggiore conoscenza nel mondo occidentale. Abbiamo avuto oggi la gioia di ascoltare brani di grandi artisti russi dell’ ‘800 e del‘900, come Musorgskij e Rimski-Korsakov, Čajkovskij e Rachmaninov. Tali compositori, e quest’ultimo in particolare, hanno saputo far tesoro del ricco patrimonio musicaleliturgico della tradizione russa, rielaborandolo e armonizzandolo con motivi ed esperienze musicali dell’Occidente e più vicini alla modernità. In questa scia credo vada collocata anche l’opera del Metropolita Hilarion.

Nella musica, dunque, già si anticipa e in qualche modo si realizza il confronto, il dialogo, la sinergia tra Oriente e Occidente, come pure tra tradizione e modernità. Proprio ad un’analoga visione unitaria e armonica dell’Europa pensava il Venerabile Giovanni Paolo II, quando, riproponendo l’immagine, suggerita da Vjačeslav Ivanovič Ivanov, dei “due polmoni” con cui bisogna ritornare a respirare, auspicava una nuova consapevolezza delle profonde e comuni radici culturali e religiose del continente europeo, senza le quali l’Europa di oggi sarebbe come priva di un’anima e comunque segnata da una visione riduttiva e parziale. Proprio per riflettere ulteriormente su queste problematiche si è svolto ieri il Simposio, organizzato dal Patriarcato di Mosca, dal Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani e da quello della Cultura, sul tema: “Ortodossi e Cattolici in Europa oggi. Le radici cristiane e il comune patrimonio culturale di Oriente e Occidente”.

Come ho più volte affermato, la cultura contemporanea, e particolarmente quella europea, corre il rischio dell’amnesia, della dimenticanza e dunque dell’abbandono dello straordinario patrimonio suscitato e ispirato dalla fede cristiana, che costituisce l’ossatura essenziale della cultura europea, e non solo di essa. Le radici cristiane dell’Europa sono costituite infatti, oltre che dalla vita religiosa e dalla testimonianza di tante generazioni di credenti, anche dall’inestimabile patrimonio culturale e artistico, vanto e risorsa preziosa dei popoli e dei Paesi in cui la fede cristiana, nelle sue diverse espressioni, ha dialogato con le culture e le arti, le ha animate e ispirate, favorendo e promuovendo come non mai la creatività e il genio umano. Anche oggi tali radici sono vive e feconde, in Oriente e in Occidente, e possono, anzi devono ispirare un nuovo umanesimo, una nuova stagione di autentico progresso umano, per rispondere efficacemente alle numerose e talvolta cruciali sfide che le nostre comunità cristiane e le nostre società si trovano ad affrontare, prima fra tutte quella della secolarizzazione, che non solo spinge a prescindere da Dio e dal suo progetto, ma finisce per negare la stessa dignità umana, in vista di una società regolata solo da interessi egoistici.

Torniamo a far respirare l’Europa a pieni polmoni, a ridare anima non solo ai credenti, ma a tutti i popoli del Continente, a promuovere la fiducia e la speranza, radicandole nella millenaria esperienza di fede cristiana! In questo momento non può mancare la testimonianza coerente, generosa e coraggiosa dei credenti, perché possiamo guardare insieme al futuro comune come ad un avvenire in cui la libertà e la dignità di ogni uomo e di ogni donna siano riconosciute come valore fondamentale e sia valorizzata l’apertura al Trascendente, l’esperienza di fede come dimensione costitutiva della persona.

Nel brano di Musorgskij, intitolato L’angelo proclamò, abbiamo ascoltato le parole rivolte dall’Angelo a Maria, e quindi anche a noi: “O Genti, rallegratevi!”. Il motivo della gioia è chiaro: Cristo è risorto dal sepolcro “ed ha risuscitato i morti”. Cari fratelli e sorelle, è la gioia di Cristo Risorto che ci anima, ci incoraggia e ci sostiene nel nostro cammino di fede e di testimonianza cristiana per offrire vera gioia e solida speranza al mondo, per donare validi motivi di fiducia all’umanità, ai popoli dell’Europa, che volentieri affido alla materna e potente intercessione della Vergine Maria.

ЕщеразблагодарюПатриархаКирилла, митрополитаИлариона, российскихгостей, оркестр, хоры, организаторов и всех присутствующих.

[Rinnovo il mio ringraziamento al Patriarca Kirill, al Metropolita Hilarion, ai rappresentanti russi, all’orchestra, ai cori, agli organizzatori e a tutti i presenti].

Su tutti voi e sui vostri cari scendano abbondanti le benedizioni del Signore.



* * *

MESSAGGIO DI SUA SANTITÀ KIRILL I, PATRIARCA DI MOSCA E DI TUTTE LE RUSSIE

Santità, amato fratello in Cristo, Eminenze e Eccellenze Reverendissime, cari fratelli e sorelle, Signore e Signori,

Saluto di cuore la Santità Vostra e tutti i partecipanti al concerto di musica sacra russa, organizzato dal Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, dal Pontificio Consiglio della Cultura e dal Dipartimento per le relazioni esterne del Patriarcato di Mosca.

Per la prima volta nella storia, tre gruppi musicali d’eccezione – l’Orchestra Nazionale Russa, il Coro Sinodale di Mosca e la Cappella di Corni di San Pietroburgo – si riuniscono oggi nella Sala Paolo VI in Vaticano per eseguire le opere di grandi compositori russi. Nella sala sono presenti il Capo della Chiesa Cattolica, rappresentanti dell’episcopato e del clero, monaci e monache, laici. Tutto questo fa del momento che vivete un evento di grande importanza nella storia degli scambi culturali tra le nostre Chiese.

La musica è un linguaggio particolare che ci dà la possibilità di comunicare con i nostri cuori. La musica è in grado di trasmettere sentimenti dell’animo umano e stati spirituali che le parole non riescono a descrivere.

Per capire un popolo, bisogna ascoltarne la musica. E ciò si riferisce non soltanto alla musica liturgica ortodossa di cui oggi saranno eseguite alcuni delle migliori realizzazioni, ma anche alle opere dei compositori russi scritte per le sale di concerto. Negli anni delle persecuzioni per la Chiesa e del dominio dell’ateismo di Stato, quando la maggioranza della popolazione non aveva accesso alla musica sacra, queste opere, assieme ai capolavori della letteratura russa e delle arti figurative, hanno contribuito a portare l’annuncio evangelico, proponendo al mondo laico ideali di grande levatura morale e spirituale.

“Lodatelo con squilli di tromba, lodatelo con arpa e cetra, lodatelo con timpani e danze, lodatelo sulle corde e sui flauti” (Sal. 150, 3-4). Queste parole del Salmo, che risuoneranno anche oggi nella vostra Sala, ci fanno vedere che la musica può essere imbevuta dello spirito di preghiera e di contemplazione di Dio. Anche una musica laica per il suo genere può essere portatrice di un contenuto spirituale.

Auguro il sostegno di Dio alla Santità Vostra e a tutti gli ospiti e i partecipanti al concerto.

[© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana]

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Benedetto XVI al nuovo ambasciatore di Mongolia presso la Santa Sede
Religione e cultura per la cooperazione tra i popoli

ROMA, giovedì, 20 maggio 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il discorso pronunciato questo giovedì da Benedetto XVI nel ricevere in Vaticano il signor Lnvsantseren Orgil, nuovo ambasciatore di Mongolia presso la Santa Sede, per la consegna delle Lettere credenziali.



* * *

Eccellenza,

sono lieto di accoglierla in Vaticano e di accettare le Lettere che la accreditano quale Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario  della Mongolia presso la Santa Sede. Sono molto grato per i saluti  che mi ha trasmesso da parte del Presidente Tsakhia Elbegdorj, e le chiedo di portargli i miei ferventi buoni auspici per lui e per tutti i vostri concittadini. Mentre la sua nazione celebra il ventesimo anniversario del suo passaggio alla democrazia, esprimo fiducia nel fatto che i grandi progressi compiuti in questi anni continuino a recare frutti nel consolidamento di un ordine sociale che promuova il bene comune dei cittadini, favorendo le loro legittime aspirazioni per il futuro.

Signor Ambasciatore, colgo questa occasione anche per esprimere la mia solidarietà e la mia sollecitudine per gli individui e le famiglie numerosi che, lo scorso anno, hanno sofferto a causa dell'inverno rigido e degli effetti delle piogge torrenziali e delle inondazioni. Come ha giustamente osservato, le questioni ambientali, in particolare quelle legate al cambiamento climatico, sono globali e devono essere affrontate a livello globale.

Come ha osservato, Eccellenza, l'instaurazione di relazioni diplomatiche fra la Mongolia e la Santa Sede, che ha avuto luogo  dopo  i grandi cambiamenti politici e sociali di due decenni fa, è un segno  dell'impegno della sua nazione per un interscambio fecondo nell'ambito della più ampia comunità internazionale. La religione e la cultura, in quanto espressioni interrelate delle più profonde aspirazioni spirituali della nostra comune umanità, servono naturalmente  come incentivi al dialogo e alla cooperazione fra i popoli al servizio della pace e dello sviluppo autentico. Lo sviluppo umano autentico,  in effetti, deve prendere in considerazione ogni dimensione della persona e quindi aspirare a quei beni superiori che rispettano la natura spirituale dell'uomo e il suo destino ultimo (cfr. Caritas in veritate, n. 11). Per questo motivo, desidero esprimere apprezzamento  per il sostegno costante del Governo nel garantire la libertà religiosa. La creazione di una commissione incaricata della corretta applicazione del diritto e della tutela dei diritti di coscienza e di libero esercizio della religione, è un riconoscimento dell'importanza dei gruppi religiosi nel tessuto sociale e del loro potenziale per la promozione di un futuro di armonia e di prosperità.

Signor Ambasciatore, colgo questa occasione per assicurarla del desiderio dei cittadini cattolici della Mongolia di contribuire al bene comune partecipando pienamente alla vita della nazione. La principale missione della Chiesa è di predicare il Vangelo di Gesù Cristo. In fedeltà al messaggio liberatorio del Vangelo, essa cerca anche di contribuire al progresso di tutta la comunità. È questo che ispira gli sforzi della comunità cattolica a cooperare con il Governo e con le persone di buona volontà, operando  per superare tutti i tipi di problemi sociali. La Chiesa è anche interessata a svolgere il proprio ruolo nell'opera di formazione intellettuale e umana, soprattutto educando i giovani ai valori del rispetto, della solidarietà e della sollecitudine per i meno fortunati. In questo modo, essa lotta per servire il suo Signore, mostrando sollecitudine caritatevole per i bisognosi e per il bene di tutta la famiglia umana.

Signor Ambasciatore, offro i miei buoni auspici ferventi per la sua missione e la assicuro della disponibilità  degli uffici  della Santa Sede ad assisterla nel compimento della sue alte responsabilità. Ho fiducia nel fatto che la sua rappresentanza contribuirà a rafforzare le buone relazioni esistenti fra la Santa Sede e la Mongolia. Su di Lei e sulla sua famiglia, su tutte le persone della sua nazione, invoco di cuore abbondanti benedizioni divine.



[L'OSSERVATORE ROMANO - Edizione quotidiana - del 21 maggio 2010]

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Il Papa al primo ambasciatore degli Emirati Arabi Uniti presso la Santa Sede
La libertà di culto alla base dell'armonia sociale

CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 20 maggio 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il discorso pronunciato questo giovedì da Benedetto XVI nel ricevere in Vaticano la signora Hissa Abdulla Ahmed Al-Otaiba, primo ambasciatore degli Emirati Arabi Uniti presso la Santa Sede, per la presentazione delle Lettere credenziali.

 


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Eccellenza,

sono lieto di accoglierla in Vaticano e di accettare le Lettere che la accreditano quale Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario degli Emirati Arabi Uniti. In questa importante occasione, le chiedo di trasmettere i miei saluti a Sua Altezza lo Sceicco Califfo Bin Zayed Nahayan. La prego di assicurarlo della mia gratitudine per i buoni auspici che lei, signora Ambasciatore, mi ha appena espresso a suo nome e delle mie  preghiere per il suo benessere e  per quello di tutto il popolo degli Emirati.

Poiché le relazioni diplomatiche fra la Santa Sede e gli Emirati Arabi Uniti sono state instaurate soltanto di recente, la sua presenza  qui, oggi, quale primo Ambasciatore del suo Paese presso la Santa Sede  è un evento particolarmente propizio. Il 15 aprile 2008, durante una cerimonia congiunta con altri Ambasciatori, il Presidente degli Emirati Arabi Uniti ha osservato che il rappresentante pontificio «esercita una missione particolare, che è soprattutto volta alla tutela della fede in Dio e alla promozione del dialogo interculturale e interreligioso». La Fede in Dio Onnipotente non può non condurre all'amore per il proprio prossimo, come ho scritto di recente «l'amore, caritas, è una forza straordinaria, che spinge le persone a impegnarsi con coraggio e generosità nel campo della giustizia e della pace» (Caritas in veritate, n. 1).

L'amore di Dio e il rispetto per la dignità del proprio prossimo  motiva la diplomazia della Santa Sede e plasma la missione della Chiesa cattolica al servizio della comunità internazionale. L'azione della Chiesa nel campo delle relazioni diplomatiche promuove pace,  diritti umani e sviluppo integrale e quindi  si adopera per il progresso autentico di tutti, indipendentemente dalla razza, dal colore o dal credo. Infatti,  tutta la politica, la cultura, la tecnologia e lo sviluppo si rivolgono a uomini e donne, intesi come unici nella loro natura donata da Dio.  Ridurre gli obiettivi di questi sforzi umani al solo profitto o alla mera convenienza significherebbe rischiare di perdere  la centralità della persona umana nella sua integrità come bene primario da tutelare e stimare, perché l'uomo è la fonte, il centro e lo scopo  di tutta la vita economica e sociale (cfr. Caritas in veritate, n. 25). Quindi, la Santa Sede e la Chiesa cattolica si preoccupano di  evidenziare la dignità dell'uomo per mantenere una visione chiara e autentica dell'umanità a livello internazionale e per raccogliere nuova energia al servizio di ciò che è meglio per lo sviluppo di popoli e nazioni.

Eccellenza, gli Emirati Arabi Uniti, nonostante le difficoltà, hanno sperimentato una notevole crescita economica negli ultimi anni. In questo contesto, il suo Paese ha accolto molte centinaia di migliaia di stranieri giunti in cerca di lavoro e di un futuro economico  più sicuro per se stessi e per le loro famiglie. Queste persone arricchiscono lo Stato non solo con il loro lavoro, ma anche con la loro stessa presenza, che è un'opportunità per un incontro fecondo e  positivo  fra le grandi religioni, culture e popolazioni del mondo. L'apertura degli Emirati Arabi Uniti a questi lavoratori stranieri richiede sforzi costanti per rafforzare le condizioni necessarie a una coesistenza pacifica e al progresso sociale, e deve essere lodata. Desidero osservare qui, con soddisfazione, che esistono diverse chiese cattoliche  edificate  su terreni donati  dalle autorità pubbliche. La Santa Sede desidera con fervore che questa cooperazione prosegua e, di fatto, prosperi, secondo le crescenti necessità pastorali della popolazione cattolica che vive lì. La libertà di culto contribuisce in modo significativo al bene comune e reca armonia sociale a tutte quelle società nelle quali è praticata. La assicuro del desiderio  dei cristiani cattolici nel suo Paese di contribuire al benessere della sua società, di condurre esistenze devote a Dio e di rispettare la dignità di tutte le popolazioni e religioni.

Signora Ambasciatore, nell'offrirle i miei migliori auspici  per il successo della sua missione, la assicuro del fatto che i vari dicasteri  della Curia Romana sono pronti a prestarle aiuto e sostegno nello svolgimento dei suoi compiti. La Santa Sede desidera sinceramente  rafforzare le relazioni ora felicemente instaurate con gli Emirati Arabi Uniti. Su di lei, Eccellenza, sulla sua famiglia e su tutto il popolo degli Emirati, invoco di cuore abbondanti benedizioni divine. 

[L'OSSERVATORE ROMANO - Edizione quotidiana - del 21 maggio 2010]

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