Pubblichiamo il documento elaborato dai vari comitati territoriali che compongono il Primo Marzo riunitisi a Bologna lo scorso 13 febbraio.
Insieme contro il razzismo,
contro i ricatti, per i diri di tutte e tutti…
Lo scorso Primo Marzo oltre 300mila persone si sono mobilitate in tutta Italia per dire no al razzismo, alla legge Bossi-Fini, al pacchetto sicurezza, ai CIE e sì a una società multiculturale e più giusta. In molte città lavoratori italiani e migranti hanno scelto di scioperare insieme, uniti dalla consapevolezza che il razzismo istituzionalizzato (in spregio alla nostra Costituzione oltre che al diritto internazionale e alla normativa europea), le politiche di esclusione, lo sfruttamento del lavoro, le violazioni dei diritti sono tasselli di un’unica strategia repressiva che, a partire dai più deboli e inermi, aspira a colpire tutti e a imporre la precarietà come orizzonte di vita.
Migranti e italiani hanno affermato in questo modo un’idea di sciopero diversa da quella dominante (non uno strumento di protesta nelle mani dei sindacati ma un diritto costituzionale, individuale e inalienabile), hanno dimostrato che è possibile unirsi e prendere l'iniziativa dal basso per reagire ai ricatti. Hanno superato nei fatti la contrapposizione tra autoctoni e stranieri e inaugurato una stagione di impegno e di lotta, di rifiuto dei ricatti e dello sfruttamento, passata dallo sciopero delle rotonde in Campania alle occupazioni della gru e della torre a Brescia e Milano, da Pomigliano a Mirafiori, dalle mobilitazioni degli studenti allo sciopero dei metalmeccanici e marcata da manifestazioni antirazziste a Bologna, Firenze, Trieste e in tante altre città italiane.
La situazione italiana di oggi è diversa da quella di un anno fa e forse ancora più grave. Non c’è stata un’altra Rosarno, ma gli effetti della crisi si sentono sempre di più e colpiscono soprattutto i migranti: in migliaia rischiano di perdere il permesso di soggiorno, in migliaia che il permesso non lo hanno vengono indicati come criminali e condannati al lavoro nero gestito dai caporali. Per tutte e tutti vige il ricatto quotidiano del razzismo istituzionale. In questo quadro la Bossi-Fini (in particolare la sua pretesa di legare il permesso di soggiorno al contratto di lavoro con il “contratto di soggiorno”) si rivela più che mai come una legge inadeguata e ipocrita, che non combatte la clandestinità ma la crea, favorendo sfruttamento e lavoro nero e ponendo i migranti in una condizione di costante ricattabilità. Per oltre 50mila immigrati, vittime della sanatoria truffa, non è stata trovata ancora una soluzione. Nel frattempo il governo è tornato a lanciare la lotteria del decreto flussi che – come tutti sanno – funziona principalmente da sanatoria mascherata. La questione della cittadinanza rimane insoluta e centinaia di giovani nati o cresciuti in Italia continuano a sottostare a una legge che non riconosce loro diritti né cittadinanza. Le rivoluzioni di piazza che stanno attraversando il Nord Africa segnalano un’aspirazione alla libertà che ha nelle migrazioni una delle sue declinazioni e che sta portando a un prevedibile aumento degli sbarchi (per altro mai interrotti) sulle nostre coste: di fronte a tutto questo la risposta italiana si sta rivelando ipocrita e inadeguata: si evoca ancora una volta un inesistente “stato di emergenza” solo per non rispettare il diritto di asilo ed evitare di accogliere le persone che stanno arrivando sulle nostre coste. Ciò ci dice che mentre molti festeggiano senza problemi l’ondata di democrazia nel Nord Africa, le migrazioni uniscono le due sponde del Mediterraneo: nello spirito della Carta dei Migranti recentemente approvata a Gorée (Senegal), noi sappiamo che il problema della democrazia italiana sta anche a Tunisi, così come quello della Tunisia è anche a Roma o a Parigi. Mentre si lotta per la democrazia in Nord Africa, non possiamo accettare la logica razzista dell’”aiutiamoli a casa loro”, perché i migranti ci dicono che si lotta anche per muoversi e cambiare le proprie condizioni di vita. È quello che insieme vogliamo fare il 1 marzo.
In questo quadro i migranti sono ancora di più una forza. Per ragioni economiche, come molte volte è stato sottolineato: producono infatti una parte consistente del PIL (11%), alimentano le casse dello Stato con le tasse e i contributi previdenziali, sopperiscono con il lavoro di cura alle carenze strutturali del welfare italiano. Ma anche per ragioni sociali e culturali: rappresentano infatti una parte attiva e determinante nella costruzione di una società diversa: più ricca, variegata, multiculturale e capace di guardare al futuro. Senza di loro, senza i bambini figli di migranti e coppie miste, l’Italia sarebbe oggi una nazione destinata ad estinguersi. Soprattutto, i migranti sono una forza politica per costruire una società diversa, per non limitarsi a difendere i diritti ma reagire ai ricatti conquistandone di nuovi.
Per questo lanciamo un appello per costruire il prossimo primo marzo una nuova grande giornata di sciopero e mobilitazione per i migranti e con i migranti. Ma, lo sottoliniamo con forza, non si tratta di uno sciopero etnico: non è mai esistita e non esiste l’idea di uno sciopero etnico. In diversi territori sono già attivi percorsi che comprendono scioperi, presidi e manifestazioni. Crediamo che lo strumento dello sciopero sia il modo più forte per portare avanti questa lotta, migranti e italiani insieme contro i ricatti, contro il razzismo, contro lo sfruttamento e per chiedere:
- l’abrogazione della Bossi-Fini e, in particolare, del nesso tra contratto di lavoro e permesso di soggiorno (“contratto di soggiorno”);
- per contrastare il lavoro nero e lo sfruttamento dei lavoratori migranti: rivendichiamo l’applicazione e l’estensione dell’articolo 18 del testo unico sull’immigrazione come tutela per tutti i lavoratori che denunceranno di essere stati costretti all’irregolarità del lavoro;
- l’abrogazione del reato di clandestinità e del pacchetto sicurezza che già oggi rappresentano provvedimenti fuori legge perché in netta contrapposizione con la direttiva europea sui rimpatri;
- l'abolizione del permesso di soggiorno a punti e l’attivazione di misure, anche di tipo economico, atte a garantire il diritto ad apprendere l’italiano e a studiare;
- la chiusura dei CIE;
- una regolarizzazione che sia una soluzione reale e rispettosa dei diritti umani e della dignità delle persone per le vittime della sanatoria truffa;
- il passaggio dal concetto di ius sanguinis a quello di ius soli come cardine per il riconoscimento della cittadinanza e una legge che garantisca l’esercizio della piena cittadinanza a chi nasce e cresce in Italia;
- il riconoscimento del diritto di scegliere dove vivere e stabilire la propria residenza, diritto quanto mai fondamentale in un’epoca come quella che stiamo attraversando in cui tutti siamo potenziali migranti;
- una legge organica e adeguata per la tutela dei rifugiati e dei richiedenti asilo.
Chiediamo a tutti di essere protagonisti e di sostenere le mobilitazioni dei migranti il prossimo primo marzo. Ai sindacati non chiediamo un’adesione formale, ma di attivarsi a tutti i livelli per sostenere concretamente i lavoratori, migranti e italiani insieme, che decideranno di astenersi dal lavoro nelle fabbriche, nelle cooperative e in tutti i luoghi di lavoro più o meno formali. A tutti questi è indirizzata questa giornata, per rendere effettivo il diritto di sciopero, per i diritti di tutte e tutti, per costruire insieme una società diversa e multiculturale rifiutando ogni complicità con provvedimenti normativi che legalizzano sfruttamento, razzismo, pregiudizio e paura.
Il 1 marzo dovrà vedere una mobilitazione quanto più possibile diffusa, per permettere la massima partecipazione, sia in caso di scioperi, sia in caso di presidi o manifestazioni.
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