Legge elettorale per le Europee:
vicino l'accordo tra i due partiti
maggiori sulla proposta Calderoli
vicino l'accordo tra i due partiti
maggiori sulla proposta Calderoli
FABIO MARTINI
ROMA
Ha trascorso una giornata intera davanti ai cancelli dell'Ilva di Taranto e a sera, tornando verso Roma, il nuovo leader di Rifondazione comunista Paolo Ferrero annuncia la prima battaglia del "suo" Prc: «Se il governo dovesse varare una riforma elettorale per le Europee con l'unico scopo di provare a cancellare la sinistra, dovremo prepararci ad una estate e un autunno molto caldi. Se poi pensassero anche di cancellare le preferenze, allora saremmo al colpo di Stato, perché 10 dirigenti dei due principali partiti eleggerebbero tutti gli eletti in Europa. Ma aspettiamo il testo del governo».
Questa mattina in Consiglio dei Ministri, il sottosegretario Roberto Calderoli presenterà un testo di riforma della legge elettorale per le Europee che è il prodotto di una mediazione tra Forza Italia, An e Lega e che, sotto traccia, ha avuto il sostanziale via libera anche da parte del Pd di Walter Veltroni. Tre i capisaldi: sull'impianto proporzionale dell'attuale legge per le Europee (che fino ad oggi ha consentito di eleggere un europarlamentare con lo 0,9%) il governo dovrebbe proporre di introdurre una soglia del 4%; verrebbero raddoppiati i collegi elettorali, che dai cinque attuali (Nord-Ovest, Nord-Est, Centro, Sud, Isola) diventerebbero dieci, un escamotage destinato indirettamente ad alzare di qualche decimale la soglia del 4%; per gli elettori non sarebbe più possibile esprimere (come è stato dal fino ad oggi) più preferenze ma una sola.
Il combinato disposto di soglia e raddoppio dei collegi potrebbe determinare una strage di partiti piccoli e mettere a forte rischio la sopravvivenza di alcuni «pesi medi». Sulla base dei risultati delle Politiche 2006 e 2008, il «Calderolum» è infatti destinato a creare tre gironi «danteschi». Potenzialmente «dannati» e fuori gioco, partiti come i Verdi (2,0% nel 2006), il Pdci (2,3% nel 2006), il Partito socialista (0,9% nel 2008), per non parlare della Sinistra democratica di Fava-Mussi che non si è mai cimentata in alcun tenzone elettorale.
In una sorta di Purgatorio sarebbero invece due partiti a rischio-quorum, come Rifondazione comunista (5,8% nel 2006, ma 3,6% nel 2008 assieme a Verdi, Pdci, Sd) e la Destra di Francesco Storace (2,4% nel 2008). Con la riforma qualche batticuore sarebbero destinati a correrlo l'Udc (5,6% nel 2008) e l'Italia dei Valori (4,4%) che qualche mese fa hanno superato la soglia, ma nel passato sono talora restati al di sotto.
Anche se Berlusconi e Veltroni non lo ammetteranno mai in pubblico la soglia (una «invenzione» comune che risale al periodo della loro intesa cordiale) è una sorta di grande bocca, tipo quella del lupo con Cappuccetto rosso per «mangiarsi meglio» i piccoli partiti. Il leader della Destra Francesco Storace denuncia: «A parte ogni considerazione su una riforma che viene promossa dal governo, chiedo: ma non avevano detto che la gente ha scelto la semplificazione? Ma se facessero questa riforma dimostrerebbero che quella è una frottola. Secondo: questa legge è fatta contro la Destra anche perché le Europee si terranno dopo il congresso di nascita del Pdl e si teme che l'elettorato di An, oramai senza partito, aumenti ancora i nostri voti. Terzo: Berlusconi non si rende conto che così stabilizza Veltroni, destinato ad assorbire artificialmente voti che non sono "suoi"?».
Certo, è impossibile calcolare quanti punti la soglia al 4% potrebbe portare in dote al Pd, ma una cosa è certa: da quel partito l'opposizione al testo Calderoli è condotta in modo molto civile. Dice il veltroniano Stefano Ceccanti: «Noi crediamo che la soglia vada messa al 3% e se la lasciano al 4% se la voteranno da soli, ma non vedo differenze sostanziali. La preferenza unica invece è destinata a penalizzare gravemente le donne». Oltretutto, come sostiene Pino Pisicchio, un deputato dipietrista che è anche studioso dei sistemi elettorali, «la preferenza unica è destinata a far impennare i costi delle campagne elettorali: in collegi che restano grandi ci saranno tante sfide uno contro uno e per vincerle, serviranno tanti soldi, troppi».
In una sorta di Purgatorio sarebbero invece due partiti a rischio-quorum, come Rifondazione comunista (5,8% nel 2006, ma 3,6% nel 2008 assieme a Verdi, Pdci, Sd) e la Destra di Francesco Storace (2,4% nel 2008). Con la riforma qualche batticuore sarebbero destinati a correrlo l'Udc (5,6% nel 2008) e l'Italia dei Valori (4,4%) che qualche mese fa hanno superato la soglia, ma nel passato sono talora restati al di sotto.
Anche se Berlusconi e Veltroni non lo ammetteranno mai in pubblico la soglia (una «invenzione» comune che risale al periodo della loro intesa cordiale) è una sorta di grande bocca, tipo quella del lupo con Cappuccetto rosso per «mangiarsi meglio» i piccoli partiti. Il leader della Destra Francesco Storace denuncia: «A parte ogni considerazione su una riforma che viene promossa dal governo, chiedo: ma non avevano detto che la gente ha scelto la semplificazione? Ma se facessero questa riforma dimostrerebbero che quella è una frottola. Secondo: questa legge è fatta contro la Destra anche perché le Europee si terranno dopo il congresso di nascita del Pdl e si teme che l'elettorato di An, oramai senza partito, aumenti ancora i nostri voti. Terzo: Berlusconi non si rende conto che così stabilizza Veltroni, destinato ad assorbire artificialmente voti che non sono "suoi"?».
Certo, è impossibile calcolare quanti punti la soglia al 4% potrebbe portare in dote al Pd, ma una cosa è certa: da quel partito l'opposizione al testo Calderoli è condotta in modo molto civile. Dice il veltroniano Stefano Ceccanti: «Noi crediamo che la soglia vada messa al 3% e se la lasciano al 4% se la voteranno da soli, ma non vedo differenze sostanziali. La preferenza unica invece è destinata a penalizzare gravemente le donne». Oltretutto, come sostiene Pino Pisicchio, un deputato dipietrista che è anche studioso dei sistemi elettorali, «la preferenza unica è destinata a far impennare i costi delle campagne elettorali: in collegi che restano grandi ci saranno tante sfide uno contro uno e per vincerle, serviranno tanti soldi, troppi».
La Stampa
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