Il clima sociale e politico italiano sta diventando sempre più pesante e Roma, che in questi giorni sembra essere diventata la capitale del razzismo, altro non è che il luogo più visibile dove mettere i scena il teatrino politico che gira intorno proprio agli accadimenti che quel clima producono. I politici ballano intorno ad alcuni fatti facendone cavalli di battaglia e cercando di sfruttarli a proprio favore non tanto per condannare chi li ha prodotti ma chi, almeno in forma astratta, li potrebbe aver avallati.
Nella loro danza frenetica la maggior parte dei politici perdono anche di vista l'obbiettivo da cui erano partiti e dimenticano che lo spunto sul quale pontificano è, appunto, uno spunto e non il problema in se.
Dimenticano, poi, di allargare lo sguardo e ricollocare i fatti di cui parlano nel loro contesto più ampio.
Solo poche settimane fa il mondo politico si è scalmanato attorno alle scritte apparse a Roma "contro" Schifani girando tanto rapidamente da dimenticare almeno due dati: "Schifani ebreo" non è un insulto e "Schifani ebreo" non è l'unica frase scritta sui muri italiani.
E' evidente a tutti che l'intento di chi ha scritto sui muri di Roma "contro" Schifani intendeva insultarlo dandogli dell'ebreo ma, nei fatti, l'indignazione e la reazione è stata superiore agli eventi che le hanno prodotte.
Per meglio dire: nessuno, da destra e da sinistra, si è ricordato di dire che ebreo non è un insulto. Non se ne è ricordato nemmeno il rabbino capo di Roma. Nessuno ha avviato una seria discussione sul substrato culturale che ha prodotto un insulto simile. Nessuno ha avviato un dibattito sul perchè per alcuni ebreo sia un insulto.
Tutt'altro: i politici tutti e i commentatori hanno avallato quell'insulto facendolo diventare reale. Indignarsi così tanto pubblicamente per quelle scritte ha avvalorato la tesi che dare dell'ebreo a qualcuno sia un insulto.
In una simile situazione migliorare è difficile se non impossibile.
In tutto questo teatrino allestito dalla politica italiana è sfuggito ai più anche un altro dato piuttosto inconfutabile: se si scrive "Schifani ebreo" l'insulto viene stigmatizzato e immediatamente cancellato mentre se si scrive "Alemanno frocio" nessuno si indigna.
Sia chiaro che le scritte "contro" Schifani è bene che siano state cancellate ma quello che dovrebbe far pensare (cui, però, non pensa nessuno) è perchè tanta indignazione solo per quelle scritte e non per le altre.
C'è una gerarchia delle scritte che prevede quali sia degne di rimanere e quali si debbano cancellare?
C'è una gerarchia degli insulti secondo cui alcuni sono più gravi degli altri?
Oppure c'è addirittura una gerarchia dei cittadini secondo la quale se si colpisce un determinato gruppo è più grave che se se ne colpisce un altro?
Perchè se si cammina per le strade italiane di scritte contro gli ebrei (fortunatamente!) se ne vedono meno che di quelle contro i froci, i gay, i ricchioni...
La giusta (anche se forse sproporzionata) indignazione verso le scritte "contro" Schifani non è nemmeno lontanamente paragonabile all'assenza totale di giudizio su quelle contro Alemanno (o chiunque altro, in questo momento è irrilevante il soggetto!).
Perchè la scritta "Alemanno frocio" campeggiava ancora l'altra settimana in via Boccea sotto un ponte senza che nessuno ne abbia parlato, nessuno si sia indignato e nessuno sia andato lì a cancellarla.
Senza contare che la scritta in questione, cosa ancor più preoccupante, è probabilmente stata fatta da chi, almeno in teoria, dovrebbe appartenere ad un'area politica che si dice (e si vorrebbe) aperta, tollerante, e "gay-friendly".
E' la destra quella chiusa, retrograda, razzista, antisemita. La sinistra è tollerante, aperta, inclusiva, moderna. Eppure qualcuno, sicuramente a sinistra, pensa che l'insulto più adatto ad Alemanno sindaco fascista sia dargli del frocio.
Non solo.
Le tristi scritte "ebrei nei forni" o "morte agli ebrei" (e l'elenco potrebbe essere purtroppo lunghissimo!) vengono giustamente cancellate il più rapidamente possibile e duramente cancellate.
Le scritte "froci nei forni", "morte ai froci", "Via i froci" (e anche qui l'elenco potrebbe essere interminabile!) al contrario rimangono finchè non è il tempo a cancellarle.
Ma allora è più offensivo per tutti un insulto agli ebrei che ai froci?
O forse è la cultura italiana che ci ha insegnato che insultare un ebreo è un grave atto di discriminazione e razzismo mentre insultare gli altri per il loro orientamento sessuale è una sorta di peccato veniale che può essere ascritto ad atto di vandalismo?
Oppure, ancora, è la politica che, malgrado le tante parole, non ha ancora compreso che tra "ebrei nei forni" e "froci nei forni" non deve esserci una gerarchia degli insulti che preveda che il primo sia grave mentre il secondo sia nulla?
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