Una costituente per i regolamenti
Il Presidente della Camera Gianfranco Fini |
La lettera del Presidente della Camera
GIANFRANCO FINI
Gentile direttore, la lettera del Capo dello Stato pubblicata su La Stampa di ieri («Decreti, vigilerò con rigore») mi offre l'occasione per sviluppare, in modo ancora più compiuto, alcune considerazioni. Considerazioni già espresse nel corso della seduta parlamentare dello scorso 2 ottobre alla Camera dei Deputati e durante lo svolgimento di qualche dibattito pubblico cui ho partecipato di recente. In primo luogo, voglio innanzi tutto sottolineare la piena e convinta condivisione rispetto a quanto affermato dal Presidente della Repubblica. Se, infatti, l'articolo 77 della Costituzione pone, in capo al Governo, la responsabilità dell'adozione dei decreti-legge, è, tuttavia, evidente che tale prerogativa deve essere esercitata nel rispetto della medesima disciplina costituzionale che richiede, tassativamente, per la loro adozione, la sussistenza dei requisiti di «necessità ed urgenza».
In veste di Presidente della Camera dei Deputati, non posso, altresì, esimermi dal ricordare che, sui disegni di legge di conversione dei decreti-leggi, il Regolamento della Camera assegna alle competenti commissioni parlamentari e alla stessa Assemblea il diritto-dovere di vigilare sul rispetto delle norme costituzionali. E' questione ad essa collegata, che attiene propriamente al dibattito politico-istituzionale, la necessità di garantire un assetto dei rapporti tra Parlamento e Governo pienamente rispondente all'esigenza che i processi decisionali siano efficienti e rapidi, così da non determinare una grave lesione del circuito della responsabilità politica che costituisce il nucleo essenziale di una democrazia governante.
In una forma di governo parlamentare come la nostra, l'autorevolezza del Parlamento non può prescindere dalla contemporanea esistenza di un Governo che, legittimato nella sua leadership dal risultato elettorale, sia dotato di effettivi poteri di decisione. A questo riguardo, è auspicabile, pertanto, che, a Costituzione invariata, si intervenga sui Regolamenti parlamentari, in modo da velocizzare le procedure legislative e rendere più dinamico il rapporto con il Governo, in un quadro, però, di autentico riconoscimento del diritto al controllo del processo legislativo da parte dell'opposizione, quale controparte funzionale del Governo in Parlamento. Come è stato autorevolmente evidenziato dalla dottrina più attenta, in una compiuta democrazia dell'alternanza l'opposizione è una vera e propria «Istituzione costituzionale», una sorta di «Governo potenziale in attesa».
Del resto, in un regime parlamentare, caratterizzato dall'alternanza tra schieramenti contrapposti, il compito assegnato al princìpio della separazione tra i poteri da Locke e Montesquieu non passa più attraverso la separazione del legislativo dall'esecutivo, quanto piuttosto dalla dialettica tra il continuum governo-maggioranza, da una parte, e opposizione, dall'altra. Si tratta, quindi, di ritornare allo spirito «costituente» di alcune precedenti ed importanti riforme regolamentari, così da contribuire a modernizzare il «sistema-Italia» attraverso una parziale, ma opportuna, riorganizzazione del diritto parlamentare che, in ossequio ad un classico insegnamento, dovrà sempre essere ispirata al rispetto di quei valori costituzionali in cui si invera la storia della democrazia italiana.
La Stampa
In veste di Presidente della Camera dei Deputati, non posso, altresì, esimermi dal ricordare che, sui disegni di legge di conversione dei decreti-leggi, il Regolamento della Camera assegna alle competenti commissioni parlamentari e alla stessa Assemblea il diritto-dovere di vigilare sul rispetto delle norme costituzionali. E' questione ad essa collegata, che attiene propriamente al dibattito politico-istituzionale, la necessità di garantire un assetto dei rapporti tra Parlamento e Governo pienamente rispondente all'esigenza che i processi decisionali siano efficienti e rapidi, così da non determinare una grave lesione del circuito della responsabilità politica che costituisce il nucleo essenziale di una democrazia governante.
In una forma di governo parlamentare come la nostra, l'autorevolezza del Parlamento non può prescindere dalla contemporanea esistenza di un Governo che, legittimato nella sua leadership dal risultato elettorale, sia dotato di effettivi poteri di decisione. A questo riguardo, è auspicabile, pertanto, che, a Costituzione invariata, si intervenga sui Regolamenti parlamentari, in modo da velocizzare le procedure legislative e rendere più dinamico il rapporto con il Governo, in un quadro, però, di autentico riconoscimento del diritto al controllo del processo legislativo da parte dell'opposizione, quale controparte funzionale del Governo in Parlamento. Come è stato autorevolmente evidenziato dalla dottrina più attenta, in una compiuta democrazia dell'alternanza l'opposizione è una vera e propria «Istituzione costituzionale», una sorta di «Governo potenziale in attesa».
Del resto, in un regime parlamentare, caratterizzato dall'alternanza tra schieramenti contrapposti, il compito assegnato al princìpio della separazione tra i poteri da Locke e Montesquieu non passa più attraverso la separazione del legislativo dall'esecutivo, quanto piuttosto dalla dialettica tra il continuum governo-maggioranza, da una parte, e opposizione, dall'altra. Si tratta, quindi, di ritornare allo spirito «costituente» di alcune precedenti ed importanti riforme regolamentari, così da contribuire a modernizzare il «sistema-Italia» attraverso una parziale, ma opportuna, riorganizzazione del diritto parlamentare che, in ossequio ad un classico insegnamento, dovrà sempre essere ispirata al rispetto di quei valori costituzionali in cui si invera la storia della democrazia italiana.
La Stampa
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