La storia è appena un pretesto: Lady Gaga è in città (New York, ovviamente),
l'auto si guasta, così lei e gli amici optano per la metro. Si blocca pure
quella, il gruppo torna in superficie, ma una tromba d'aria li trasporta nel
mezzo di Central Park, che è in realtà una selva oscura e piena di pericoli.
Qui Lady Gaga affronta un mostro, lo sconfigge lanciando razzi dal reggiseno e
il party può cominciare. Il Monster Ball Tour sbarca a Torino e per due ore e
passa il mondo gira all'incontrario: i 12 mila del Palaisozaki sono quelli
«normali», quelli fuori i tipi strani. È lei stessa a spiegarlo: «Non importa
quanti soldi avete, da dove venite, se sapete ballare o no; qui potete essere
chiunque vogliate. E stanotte a Torino saremo tutti liberi».
La serata torinese si articola in diciotto canzoni, con un'infinità di cambi
d'abito. Incomincia alle 20.45, con Lady Gaga nascosta dietro una griglia di
raggi luminosi: «I am free», sono libera, canta. Poi parte Dance in The Dark,
ritmo tiratissimo, ma lei è immobile, solo la sua silhouette si proietta sui
teloni semitrasparenti. Che cadono, e finalmente la svelano: ha capelli gialli
e un giubbotto viola con enormi spalle imbottite. Segue Glitter and Grease, poi
Just Dance, il singolo d'esordio, che lei suona nel cofano di una Rolls Royce
verde. «Torino!», urla lei, e il pubblico esplode, ma al «Ti amo Italia» è un
boato. Lo spettacolo prosegue con Beautiful, Dirty Rich e The Fame.
Cambio di quadro, altro filmato. Una modella le siede sulle ginocchia e vomita
liquido verde, Lady Gaga mangia un cuore sanguignolento: Hermann Nitsch in
salsa pop. Per Love Game è vestita da suora e ne approfitta per un sermone: «Mi
chiamo Lady Gaga. Voglio che liberiate di quello che non vi piace, voi siete
delle superstar e siete nati così; quando andate via portate con voi questo
messaggio». «Vi amo ragazzi, e vi dirò una cosa: cucino da dio i piatti
italiani». È la volta di Boys Boys Boys, dedicata ai gay: «Quando andrete a
casa, stasera, andateci amando di più voi stessi»; molti tra i suoi fan lo
sono, e negli Usa Lady Gaga è considerata una paladina dei diritti omosessuali.
Ma è per le sue origini italiane che Lady Germanotta spende parole
appassionate, ricordando il nonno Giuseppe e la nonna Angelina: «Mi sarebbe
piaciuto averli qui, perché so che sarebbero stati orgogliosi di me, e sono
certa che ci stanno guardando». Indossa anche il Tricolore, per presentare un
brano inedito e molto rock, You and I: sarà nel prossimo album, Born This Way,
in uscita nella primavera del 2011.
In So happy I could Die è abbigliata da Spirito Santo e opportunamente
sollevata in cielo da una piattaforma meccanica. Siamo a metà del concerto, la
scenografia cambia ancora: su Monster i ballerini si scatenano in una foresta
stilizzata. Lo show non è forse perfetto e asettico come quelli di Madonna, cui
spesso Lady Gaga viene paragonata, ma ricco di suggestioni ed energia. «C'è una
sola cosa che odio più del denaro - dice verso la fine - ed è la verità». Con
Teeth arriva un altro predicozzo sui diritti gay, tra assoli di chitarra, poi è
la volta di Alejandro.
Per entrare nel grande party di Lady Gaga non è necessario vestirsi di bolle
di plastica, basta essere se stessi, non scendere a compromessi. Come lei, nata
discograficamente appena due anni fa, con all'attivo un disco e mezzo, nemmeno
trenta canzoni, di cui una decina finite nelle top ten di tutto il mondo. Canta
bene, suona il piano (che va a fuoco in Speechless, uno dei rari momenti in cui
il ritmo rallenta un po'), ha con i fan un rapporto privilegiato. Li chiama
Little Monsters, «piccoli mostri» e si candida a diventare per loro una
sorella, una madre, un'amica. Ma con Poker Face, Paparazzi e, in chiusura, Bad
Romance si rivela per quello che è: la nuova regina del pop.
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