il mister parla poco con i giocatori e non comunica la formazione
Roby, il c.t. ermetico e l'ansia di nascondere tutto anche ai giocatori
Azzurri disorientati: primi malumori dopo il ko dell'esordio contro l'Olanda
DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
BADEN — Roberto Donadoni è una persona un po' chiusa e riservata, così emerge dagli amarcord dei compagni dei tempi d'oro, quelli del primo Milan berlusconiano, e di questo nella lunga marcia di avvicinamento alla batosta con l'Olanda si è scritto tutto e il contrario di tutto. Quello di cui forse in pochi sono a conoscenza è che la sua ruvida ritrosia tipicamente orobica, il c.t. se la porta anche sul lavoro. Di allenatori che non parlano con i giocatori o che con loro parlano il minimo indispensabile sono piene le fosse: Fabio Capello e Alberto Zaccheroni, ad esempio, sono due cui piace mantenere le distanze. Però i loro allenamenti sono funzionali alla formazione da schierare in campo. In sintesi il gruppo arriva alla partita avendo la consapevolezza di chi giocherà.
Donadoni invece se ne sta abbottonato fino all'ultimo. Lunedì soltanto alle 18.30, cioè poco più di un paio d'ore prima dell'inizio delle danze, ha rivelato ai suoi giocatori i nomi di coloro che avrebbero affrontato l'Olanda. La pratica è peraltro abbastanza diffusa: pure Marcello Lippi, giusto per mantenerci in ambito azzurro, comunicava la formazione poco prima della partita. Quello che rende l'attuale c.t. un caso probabilmente unico è invece il suo ermetismo anche nella pratica del campo.
Donadoni allena la nazionale con esercizi e schemi uniti da un filo comune: negare l'identikit della formazione non soltanto ai media (e questo ovviamente ci sta) ma pure ai diretti interessati, cioè ai giocatori che di quello schieramento dovranno essere gli interpreti. Il risultato è che gli azzurri sono arrivati al debutto di Berna senza avere un'idea sparata della squadra che avrebbe affrontato gli olandesi, semplicemente perché questa squadra non è mai stata collaudata nella sua interezza. Come se un direttore d'orchestra rinunciasse alla prova generale prima di un concerto, ripiegando su piccole sedute di lavoro per «settori » (fiati, archi, coro). Bizzarro, vero? Chiaramente ciascuno ha il diritto di programmare il proprio lavoro come meglio crede ma il modo di procedere di Donadoni sta causando qualche malumore, soprattutto tra coloro che non reggono il «gioco» fino alla fine. Daniele De Rossi ha saputo prima della partenza per lo Stade de Suisse di essere destinato in panchina, Massimo Ambrosini ha invece scoperto che sarebbe finito tra i titolari. E nei giorni precedenti nessuno dei due aveva intuito il destino che il c.t. aveva preparato per loro. Dettagli, forse. Che però la monotonia di un lungo ritiro europeo rischia di ingigantire.
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