I terroristi islamici vengono sconfitti a colpi di cozze pugliesi doc. Il soldato di pace Rocco Papaleo preferisce di gran lunga l'Iraq in guerra agli impegni casalinghi con la moglie e poi così si paga il mutuo. L'Islam è un luogo imprecisato sulla cartina geografica. Una bella ragazza araba è costretta ad addentare un panino con la porchetta. Una signora con il velo viene sbrigativamente scoperta e poi ricoperta perché, visti i lineamenti, è meglio che resti così. I monaci buddisti vengono seccamente esclusi dalla visita in chiesa perché portano «gli infraditi». Il ritorno di Checco Zalone (dal 5 nelle sale in 600 copie con il marchio Medusa) è nel segno del politicamente scorretto, ma talmente scorretto che qualcuno potrebbe anche arrabbiarsi: «È chiaro che l'ironia riguarda soprattutto noi occidentali, la parte dei c... la facciamo noi, non i terroristi.
Se poi gli arabi s'incazzano, la cosa è preoccupante. Il problemi vero è quanti sono caduti nelle missioni». In ogni caso, prima dell'uscita del film, sia Zalone che il regista di Che bella giornata, Gennaro Nunziante hanno preso le loro precauzioni: «Mentre eravamo al doppiaggio, abbiamo chiesto ad alcuni opinion leader di vedere il film. Si sono talmente divertiti che qualunque dubbio è sparito». Di militari italiani si parla in modo altrettanto disinvolto: «Non dimentichiamo - precisa Nunziante - che proprio noi meridionali siamo quelli che hanno dato di più alle missioni di pace e alla lotta al terrorismo. E non c'è niente di male nel dire che certe volte gli eroismi servono magari a costruirsi una casa».
Zalone annuisce: «Abbiamo scelto di raccontare i soldati che in guerra ci vanno per quei motivi». Ma non basta. Nel mirino ci sono anche i carabinieri, sintetizzati nel personaggio integerrimo ma ottuso di Ivano Marescotti, sempre pronti a barattare la giustizia con favori personali e familiari, insomma non proprio in linea con la migliore tradizione dell'Arma: «Non credo che si arrabbieranno - ribatte il re della risata in salsa pugliese -. Tutto nasce da un mio trauma infantile». Ovvero? «Ho uno zio commissario, da piccolo gli chiedevo sempre di farmi entrare gratis allo stadio, lui non mi accontentava mai. Invece un mio amichetto, che aveva il padre appuntato, ci riusciva puntualmente».
E comunque, assicura il comico, non c'è malanimo: «Il personaggio si chiama Capobianco, il cognome di mia madre». D'altra parte, aggiunge Nunziante, «volevamo far ridere senza ricorrere a padri, figli, mogli e mariti cornuti, la storia ci è venuta così, ci siamo divertiti, alla fine di un film non bisogna portare niente a casa». In fondo l'evasione è tutta qui, se dietro non ci fosse questa teoria, Zalone non sarebbe il fenomeno che è: «Ci piace la satira di costume, ridere di tutti noi». Pietro Valsecchi, produttore, insiste: «Non volevamo fare un film politico, ma una commedia dove lo sberleffo fa parte del percorso di questo sorta di Candide...
Ci abbiamo messo molta cura e poi, credetemi, quando si parla con Checco si ha l'impressione di avere davanti Wim Wenders, non dice mai di sì, ha i suoi dubbi, i suoi tempi...». Dopo il successo di Cado dalle nubi, la paura di fare flop al secondo film era inevitabile: «Ce l'ho ancora, sono terrorizzato, ma questo passo bisognava farlo e siamo tutti fieri di non aver accettato la strada più facile, cioè mettere il 2 al vecchio titolo e andare sul sicuro». La scorrettezza era programmatica, sottolineata fin dalle note di regia, dove Zalone prende in giro nientedimeno che la mobilitazione del mondo degli artisti contro i tagli al cinema: «Noi esponenti del mondo della cultura eravamo tutti tristi, lo si leggeva dalla svogliatezza con la quale ingerivamo il pur gradevole tartufo d'Alba...».
I riferimenti cinematografici sono tanti, Nunziante cita Peter Sellers e i Monty Python, ma alla domanda sul comico prediletto Zalone risponde senza esitare: «Stimo moltissimo Carlo Verdone, lo ammiro perché, oltre a far ridere, è capace di calarsi perfettamente nei ruoli drammatici». In futuro potrebbe succedere anche a lui: «Non credo, è una cosa a cui ambisco, ma ho fatto la prova allo specchio e non ci riesco, mi viene da ridere».
con lastampa.it
Nessun commento:
Posta un commento