Li usano per svegliarsi, per sentire la musica, per scambiarsi messaggi, per informarsi e per divertirsi. Dalla mattina alla sera, quasi ogni momento, è caratterizzato dal contatto con un marchingegno hi-tech. Quello degli studenti italiani, quello con la tecnologia, è un rapporto naturale e istintivo. Seppure qualche volta, anche per loro stessa ammissione, rischia di diventare pervasivo e totalizzante.
Nelle oltre quattrocento storie pubblicate dagli studenti in questi giorni su RepubblicaScuola, il progetto didattico della nostra testata, ci sono le testimonianze dirette dei giovani alle prese con nuove abitudini, scoperte e riti all'insegna della tecnologia.
Violetstar racconta come tutto ha avuto inizio: "Ho usato il computer per la prima volta a otto anni, era tutto molto strano, lasciavo tutte le bambole per esplorare il computer, volevo scoprire qualcosa di più. Volevo imitare gli adulti, infatti quando uno della mia famiglia faceva qualcosa al computer io andavo, lo guardavo e poi provavo ciò che avevo visto fare".
Carlo ammette che vorrebbe farne un po' a meno. Ma non ci riesce: "Sono cresciuto con il Game boy, ho giocato con la PSP, ho l'iPod e ora sogno l'iPhone. [...] Rubo tempo allo sport, allo studio, alla lettura di libri e di giornali per stare al computer, per chattare con gli amici su Facebook, scrivendo in una lingua strana che nasce dall'italiano ma non
lo è più e per me è normale".
Enocria è arrivata ad registrare un dialogo notturno, dai toni surreali, avvenuto, probabilmente nella sua immaginazione, tra alcuni cellulari e un vecchio libro: "Toshiba ribatte superbamente: 'Fai per caso foto, video, navighi, sei interattivo? No, questo è il tuo problema. I bambini di oggi sono diversi, hanno bisogno di stimoli sempre più forti e noi 'modernì siamo molto accattivanti!".
A vincere la seconda tappa del Campionato di Repubblica@Scuola, proprio su questo tema, sono stati Ruben Mattia Santarosa 2 del liceo scientifico Enrico Medi di Villafranca di Verona e Annagiulia Dazzi 3 della scuola media Barsanti di Pietrasanta (Lucca). Ruben Mattia ha delineato il profilo sincero di un legame tra due giovani che vivono separati e che provano ad "avvicinarsi" usando quello che la tecnologia mette loro a disposizione: "Come quasi ogni mattina c'è la nebbia in questa triste pianura padana e la temperatura è abbondantemente sotto lo zero. Durante il tragitto in auto riguardo l'sms della mattina. 'Buon giorno, come stai? Dormito bene? Oggi sarà una bella giornata. :)' Un sorriso finale, anzi uno smile. Sorrido involontariamente al display del mio cellulare". Annagiulia ha preferito mettere in evidenza il contrasto tra la modernità lucente di questi oggetti quotidiani e l'arretratezza di molte delle strutture degli istituti di formazione e ha concluso chiedendosi "come fa la scuola a prepararci per il futuro quando appartiene ancora al passato?".
Per Apollo tecnologia vuol dire soprattutto isolarsi per entrare nel mondo della musica: "Nella mia giornata, Tv e iPod sono assai presenti, ma pochissimo lo è il computer: cosa strana, perché tanti ragazzi usano molto il computer per i social network come facebook. Il mondo dei social network a me non attira molto, anzi, preferisco racchiudermi nel mondo della musica, dove posso rilassarmi da solo, mentre al computer la mia vita personale e la mia privacy sono condivise con altri, anche gente che non conosco e che a me non va tanto a genio".
Yuko confessa di soffrire di una sorta di nuova malattia che non le permette di venire a capo di un pensiero che non sia frammentato. Un qualcosa che, a suo dire, è tipicamente "wikipedico": "Entrando in Wikipedia, l'enciclopedia on-line dagli infiniti contenuti, non sai mai dove potrai sbucare. Si può cominciare una ricerca digitando 'cammello' e si può finire su una pagina dedicata alla storia di Singapore, cliccando le paroline in blu che aprono infinite strade di ricerca, ma che spezzano e distruggono il ragionamento di partenza. Non si ha la possibilità di costruire una ricerca veramente mirata e approfondita su un tema specifico".
Aledin ha raccontato la storia di un ragazzo e una ragazza che partono per una gita tanto attesa e affidano tutte le loro informazioni (mappe, orari, rifugi, tracce di animali e altro ancora) a un iPhone. A loro, dice, sembra naturale. Non fosse che, d'improvviso, quando i due si trovano in un luogo che non conoscono, il marchingegno, ovviamente senza avvisare, va in black-out lasciandoli senza alcun aiuto e costringendoli a doversela cavare da soli e ritrovare la strada grazie al "rumore di un ruscello".
con repubblica.it
Nessun commento:
Posta un commento