questa frase ai suoi avvocati. Avrebbe voluto dirgliele lei, ma le è stato
spiegato che la condizione della sua presenza nell'aula dove si è svolto, ieri,
l'incidente probatorio, era quella di non proferire parola. «Non riesce ad
odiarlo e a non continuare a considerarlo un padre», ha spiegato la psicologa
Cinzia Gimelli. La dichiarazione d'amore del padre per la figlia invece ha il
peso di una condanna: «A Sabrina voglio bene, è mia figlia, ma deve pagare per
quello che ha fatto».
È la sala polifunzionale della sezione femminile ad ospitare questo
interrogatorio che cristallizza per il giudizio la versione di papà Michele.
Una scenografia allestita con attenzione, la cattedra con i magistrati, Misseri
davanti a loro, che si tormenta tra le mani il tau, il crocifisso francescano,
protetto da un cordone di dieci guardie penitenziarie, uno scudo tra lui e la
figlia. Sabrina la tigre che riesce a intimidire il contadino stanco, il padre
avvilito e maltrattato. Così è stata dipinta. E invece Sabrina a chi l'ha vista
è parsa uno scricciolo, i chili in più dissolti nella sua cella, ma anche nella
sua disperazione.
All'interrogatorio presieduto dal gip del tribunale di Taranto Martino Rosati
ci sono il procuratore Franco Sebastio, il procuratore aggiunto, Pietro
Argentino e il sostituito procuratore Mariano Buccoliero. Ci sono gli avvocati
delle parti, anche quelli della famiglia Scazzi e i consulenti di parte. Una
folla di criminologi. Sono da poco passate le tre quando inizia questo ennesimo
atto della tragica saga. E si va avanti ad oltranza con momenti di grande
tensione tanto che il Gip pensa di aggiornare la seduta dopo che Misseri
riconferma ai giudici la versione del 5 novembre, quella in cui addossa la
responsabilità del delitto alla figlia mossa dalla gelosia per Ivano. «Stavo
dormendo in casa, Sabrina mi ha svegliato e ha detto "papà è successo un guaio"
». Sabrina, secondo Michele gli avrebbe detto che stavano giocando con la cinta
insieme a Sarah come se fosse stato un incidente. «Sabrina mi aveva detto
così». Su sua moglie Cosima, Michele avrebbe continuato a dire che non ha mai
saputo niente. Il primo colpo di scena quando ritratta ancora una volta la
violenza su Sarah. Sia il vilipendio di cadavere che le molestie. «Non l'ho mai
sfiorata la creatura». Sarebbe in questo caso un punto a favore della difesa
visto che solo 14 giorni fa aveva circostanziato in due pagine di
interrogatorio quell'atto assurdo e crudele sulla ragazzina ormai morta. E in
quell'occasione era stata proprio la sua consulente Roberta Bruzzone a fargli
la domanda decisiva, che lo aveva spinto a chiarire esattamente cosa era
successo. Il continuo cambio di versione non aiuta certo la credibilità di
Michele nella veste di chiamante in correità. Ma qualora la procura decidesse
di credergli, per lui potrebbero anche riaprirsi le porte del carcere. Michele
ha aggiunto particolari anche alla fase dell'occultamento. «Quando ho messo
Sarah nel pozzo prima con la sua mano le ho fatto segnare il petto e la
fronte». Un pietoso segno della croce. Emilia Velletri e Francesca Conte che
hanno controinterrogato Misseri hanno cercano di farlo cadere in
contraddizione, di capire se c'è qualcuno che lo ha condizionato. Gli chiedono
anche delle rivelazioni che avrebbe fatto a Cosima e alla figlia Valentina
durante le visite in carcere. Misseri avrebbe detto in queste conversazioni, di
essere certo di finire presto in un convento, dove poter continuare a zappare
la terra. E mentre in carcere Michele prosegue il suo racconto, negli uffici
del comando provinciale dei carabinieri di Taranto sono stati sentiti
nuovamente alcuni testimoni, tra i quali due fidanzati che riferirono di aver
visto Sarah il 26 agosto verso le 14,25 che camminava dirigendosi verso casa
della cugina, con la quale doveva andare al mare. Solo anticipando l'orario del
delitto infatti i pezzi del puzzle che vogliono Sabrina colpevole si
incastrerebbero con maggiore precisione. E in questa direzione va anche la
testimonianza di Francesca, che ha detto di aver mandato all'amichetta Sarah un
messaggino alle 14,18 e di averle telefonato alle 14,23, senza mai ricevere
risposta. A quell'ora per gli inquirenti Sarah poteva essere, dunque già morta.
Sarebbe stata dunque Sabrina a chiamarsi con il cellulare della cuginetta per
confezionarsi un alibi.
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