Le periferie di Roma, i tamburi d'Africa, l'integrazione, l'uomo nero, il ballerino e l'amico
Abbiamo preso un impegno con Lamine. Per le nove dobbiamo essere davanti al Fiume giallo. Già arrivare è stato un viaggio: metro fino a Eur Palasport e poi il 777 che ci trasporta per le strade larghe e anonime a ridosso dell'Eur fino al Torrino. E' ancora presto, non c'è traffico e attraversando queste strade dai nomi così esotici ci rendiamo conto di essere sulla buona strada: via dell'Oceano Indiano, via Cina, largo Piazza Tien An Men, viale della Grande Muraglia. Oggi, in questa apparentemente anonima scuola della periferia romana, c'è la festa interculturale. Maestre e bambini ricordano le sofferenze del popolo Saharawi ma soprattutto hanno preparato con il loro maestro Lamine Dabo una serie di balli per conoscere, festeggiare e rivivere l'Africa.
I tamburi riecheggiano in questo luogo disperso, di frontiera, i bambini sembrano riappropriarsi di un ritmo antico, arcaico che la musica quasi per magia risveglia dentro di loro e per un momento il cemento mi è sembrato terra, fango. Non siamo più a Roma ma in qualche villaggio del Senegal, al posto dei palazzi baobab e questa musica struggente e forte ci ha fatto sentire in armonia. E' stato come esserci preparati ad un viaggio, un viaggio nella periferia di Roma che è significato un ritorno al centro del mondo.
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