favoreggiamento della prostituzione dietro le feste di Arcore esistano
fotografie o filmati, se anche ieri il procuratore della Repubblica Edmondo
Bruti Liberati ha ribadito che agli atti non ve ne sono? E quante sono le
giovani donne che possono imbarazzare o mettere nei guai il presidente del
Consiglio con immagini e video? E quanto sono permeabili i controlli di
sicurezza alle residenze del premier? Sono gli interrogativi suggeriti da un
passaggio delle deposizioni rese come testimone al procuratore aggiunto Pietro
Forno e al pm Antonio Sangermano dalla 17enne marocchina accompagnata il 27
maggio in Questura dopo essere scappata dalla comunità per minorenni nella
quale era stata collocata dal Tribunale dei Minorenni di Messina, aver trovato
asilo a Milano nella cerchia dell'impresario tv Lele Mora, ed essere stata
fermata per un sospetto furto di 3 mila euro.
Gli autoscatti
È infatti proprio la ragazza nordafricana, che dice di non aver avuto incontri
sessuali a pagamento con il premier ma afferma di aver assistito ad ardite
performance sessuali nelle occasioni in cui fu ospite di feste a casa
Berlusconi ad Arcore, a fare presente nei suoi verbali che alcune altre
ragazze, partecipanti con lei a quelle occasioni mondane nel 2010, avrebbero
praticato la tendenza all'autoscatto già inaugurata a Palazzo Grazioli (ad onta
dei dispositivi di sicurezza del premier) da Patrizia D'Addario, Barbara
Montereale e Lucia Rossini la notte dell'elezione di Obama nel 2008.
Ora la ragazza marocchina, che solo da pochi giorni ha compiuto 18 anni e i
cui interrogatori sono al vaglio dei pm che ne soppesano sia talune conferme
sia molte incongruenze, giura di non aver effettuato né conservato foto o
filmati: ma racconta che alle feste a casa di Berlusconi circolavano ragazze
che invece fotografavano, eccome. Anzi, quel che più conta, se si presta
credito al racconto della giovane, è che a suo dire le altre scattavano foto o
giravano video con i telefoni cellulari avendo già in mente un utilizzo futuro
di quelle immagini (non è chiaro se ritraenti solo gli interni di Arcore o
anche eventuali scene hard) nel caso in cui - dicevano - non avessero ottenuto
ciò che si proponevano di ricavare da queste feste. Se ciò fosse vero,
suonerebbe cupi rintocchi per l'entourage del premier, esposto alla
circolazione (se non commercializzazione) di numerose immagini in mano ad ancor
più numerose ragazze.
Rassicurante non è stato anche un episodio accaduto in agosto nell'Ufficio dei
gip di Milano: un fatto vero, ma che, in un primo tempo collegato ad un altro
evento apparso sospetto nello stesso ufficio giudiziario prima che fosse
ridimensionato, ieri a scoppio ritardato ha destato un allarme che al momento
non pare invece poter essere giustificato in rapporto all'indagine sulle feste
di Arcore.
Il primo fatto, vero e a tutt'oggi non chiarito, è che un giorno d'agosto il
presidente dei giudici delle indagini preliminari milanesi Gabriella Manfrin
(quelli che nella fase iniziale delle indagini valutano le richieste dei pm di
prorogare le intercettazioni) dopo colazione fece fatica ad aprire la porta
della propria stanza, apparsa fuori asse, e si accorse che qualcuno aveva
cercato in maniera rudimentale di aprire anche un armadio della vicina stanza
della segreteria. Nell'armadio di questa segreteria c'erano solo libri e
circolari del Csm, nella stanza del capo dei gip non c'era alcun atto
dell'inchiesta sulle feste di Arcore; del resto, l'ultimo posto dove si può
trovare qualche incartamento di indagine è proprio la stanza del capo dei gip,
peraltro abitualmente aperta dai lavoratori precari delle cooperative di
pulizia che ogni sera girano per il Tribunale armati di un mazzo di chiavi di
tutti gli uffici.
Il secondo fatto è che, sempre in agosto, un giorno la cancelliera del giudice
Cristina Di Censo, gip dell'inchiesta sulle dichiarazioni della minorenne
marocchina, trovò a terra un faldone di atti (non di questa indagine):
l'iniziale preoccupante pensiero di un duplice assalto ai segreti dell'indagine
sulle feste di Arcore, svelato ieri dall'Espresso, si ridimensionò però dopo
che i dirigenti dell'ufficio rilevarono che il faldone stava sulla mensola di
un armadio in posizione instabile dalla quale poteva essere caduto da solo.
Peraltro, il giudice era in ferie, dunque non attivo sull'indagine, e comunque
il lavoro di un gip nella fase di proroga delle intercettazioni si esaurisce
quasi sempre nella giornata stessa della richiesta da parte del pm: con la
conseguenza che le carte dei pm (quarto piano) salgono ai gip (settimo piano)
per ridiscendere subito dopo la decisione del giudice, senza dunque che in
questa fase sia pensabile trovare chissà quali carte giacenti nella stanza del
gip. Gli atti non sono stati trasmessi alla Procura di Brescia, che sarebbe
competente per ipotesi di reato ai danni di magistrati milanesi.
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