Esperimento di un team universitario dello Utah. sono i primi passi
MILANO - Leggere la mente umana e tradurre i segnali cerebrali in parole grazie a sensori posti sulla superficie del cervello è il sogno di ogni scienziato. Un sogno che potrebbe diventare presto realtà grazie a un team dell'Università dello Utah, guidato dal bioingegnere Bradley Greger, che ha messo a punto un sistema, accurato al 90%, che permette ai pazienti affetti da patologie che ne inibiscono la parola (ad esempio, chi è stato colpito da ictus o soffre della cosiddetta "lock-in syndrome, ovvero "sindrome da chiavistello") di comunicare con il mondo esterno.
L'ESPERIMENTO - Gli scienziati sono giunti alla storica scoperta grazie ad un esperimento su un paziente epilettico a cui erano state attaccate due fasce di microelettrodi non invasivi ai centri del cervello deputati al linguaggio (il primo sulla corteccia motoria che controlla i movimenti facciali e il secondo all'area di Wernicke, appena sopra l'orecchio sinistro, che agisce come una sorta di traduttore per il cervello): in un primo momento, al paziente era stato chiesto di leggere in maniera continuativa ognuna delle dieci parole che potrebbero essere utili ad una persona paralizzata (ovvero, "sì", "no", "freddo", "caldo", "fame", "sete", "ciao", "arrivederci", "di più" e "di meno"), registrando quindi i segnali cerebrali corrispondenti. In seguito, è stato chiesto all'uomo di ripetere le stesse parole ad alta voce al computer e si è visto che questo era in grado di accoppiare gli imput cerebrali alle singole parole con una percentuale di riuscita fra il 76 e il 90% (a seconda che arrivassero dall'area di Wernicke o dalla corteccia facciale) e senza il ricorso ad alcun software di riconoscimento vocale. In sostanza, il solo pensare a una parola (senza dirla) produrrebbe lo stesso segnale cerebrale e stando al professor Greger e al suo team, questo risultato potrebbe permettere di arrivare in tempi brevi (nel giro di due o tre anni al massimo, con i miglioramenti del caso) ad un sistema di traduzione e ad una casella vocale in grado di ripetere le parole che stiamo pensando.
IL METODO FUNZIONA - «Possiamo dire di essere vicini alla lettura del cervello – ha spiegato il bioingegnere al "Journal Neural Engineering" (http://iopscience.iop.org/1741-2552/) che ha pubblicato i risultati della ricerca – visto che siamo stati capaci di decodificare le parole dette usando solo i segnali del cervello. Naturalmente, siamo ancora all'inizio e pertanto abbiamo bisogno di più parole e di una maggior esattezza prima di poter riconoscere l'effettiva utilità di questo dispositivo wireless che converte i pensieri in parole per i pazienti affetti da paralisi causata da un ictus o da un incidente, ma senz'altro poter dare loro anche solo 30 o 40 parole migliorerebbe sensibilmente la loro qualità della vita. Ciò non significa che il problema sia completamente risolto e che possiamo andare tutti a casa, ma semplicemente che questo metodo funziona, anche se va logicamente perfezionato».
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