lunedì 26 settembre 2011

Intervista con Samih Sawiris: "Servono 20 anni per una vera democrazia in Egitto". C’è il caos!

Si stava meglio quando si stava peggio. Questa vecchia massima può costituire il riassunto dell’attuale situazione dell’Egitto, sette mesi dopo la caduta di Mubarak. A quanto pare la rivoluzione è stata precoce, visto che ha trovato una classe politica inadeguata ed una società civile inesistente perché destrutturata. Così, in questo momento di profonda crisi economico-finanziaria a livello globale, le preoccupazioni degli imprenditori egiziani si moltiplicano e sono in grado di togliere il sonno anche a chi, come il Ceo di Orascom Hotel & Development, Samih Sawiris, non ha certo problemi di liquidità.

orascon-Samih Sawiris-crisi-egitto Samih Sawiris

Sulla crisi globale e sull’attuale situazione politico-sociale dell’Egitto, Samih non ha mezze parole: “E’ una catastrofe. I governi hanno sperperato soldi che non avevano e adottato politiche inadeguate. C’è bisogno di una nuova classe politica, onesta. Circa l’Egitto, c’è da dire che ci "Servono 20 anni per una vera democrazia".

La crisi economica appare infinita. Di chi è la colpa?
"E’ una grandissima catastrofe. Dobbiamo essere onesti: ci sono politici che, anno dopo anno, hanno amministrato in nome della corruzione, spendendo i soldi delle popolazioni senza neppure spiegare in che modo. Il deficit veniva finanziato con i nostri risparmi fino a che sono finiti i soldi".

Il presidente americano Obama ha deciso di inserire una supertassa per le persone più abbienti. E’ una soluzione?
"Un governo, se vuole toccare l’imposizione fiscale, deve contemporaneamente affrontare tutti gli altri problemi del Paese. Un semplice atto simbolico come l’aumento della tassazione alle persone più abbienti non solo non basta ma è anche controproducente. Togliere ai ricchi per dare ai poveri è una decisione che suona bene e che conquista i titoli dei giornali. Ma non risolve il problema di fondo".

Come si deve intervenire?
"E’ necessario un progetto di ampio respiro, completo. Altrimenti rischi solamente di inimicarti chi ha di più, il quale potrebbe perfino arrivare a decidere di non investire più, di non aprire una nuova attività, con tutte le conseguenze immaginabili. Questo è quello che non mi piace di una decisione del genere. Ci vuole un piano di lungo periodo, non può essere una buona idea semplicemente togliere qualcosa a chi ha di più. I governi devono imparare a incoraggiare le persone più abbienti. Potrebbero dire loro: “Se non investi, ti alzo di un punto percentuale l’imposizione fiscale”. Credo possa essere un’intelligente soluzione. Questo significherebbe incoraggiare a far circolare i capitali così da creare nuova ricchezza e nuovi posti di lavoro".

E’ possibile trovare una via d’uscita a questa crisi?
"No, penso non sia realistico pensare che i soldi spesi nella convinzione che li avremmo guadagnati, torneranno indietro. Quanto fatto dalla Grecia è esemplare: si è fatta prestare soldi da tutto il mondo per continuare gli sprechi, raddoppiare gli stipendi degli impiegati governativi, assumere cinque persone per fare lo stesso lavoro così che una sola di queste fosse produttiva e le altre quattro solo un costo inutile. Fino a che il governo ha detto: “Abbiamo speso troppo e ora non possiamo più pagare”. Non solo: si è ritrovato nell’impossibilità di restituire i prestiti".

Come si può uscire da questa situazione?
"E’ necessario un nuovo gruppo di politici, davvero onesti, che abbiano il coraggio di andare davanti al popolo per dire, senza mezzi termini: “Abbiamo speso tutti i vostri soldi senza realizzare alcunché di produttivo e ora siete costretti a pagare”. In molti casi le banche hanno preso i nostri soldi e li hanno prestati al governo nella convinzione che non sussistessero rischi di investimento. I governi li hanno spesi in modo stupido, non per realizzare nuove imprese o per generare nuova ricchezza ma per pagare stipendi, stipendi e ancora stipendi. Così non ne sono rimasti abbastanza per restituire il debito".

Italia ed Europa, in questi giorni, guardano alla Cina. Pechino ci salverà?
"E’ come sperare che arrivi Babbo Natale e ci riempia di bellissimi regali senza chiedere nulla in cambio… Non credo proprio che la Cina sia Babbo Natale. Non vi daranno mai dei soldi senza la certezza di avere un tornaconto, questo è sicuro. Non dimentichiamoci poi che questi soldi sono di tanti poveri cinesi che lavorano tre volte più di quanto non lavoriamo noi e guadagnano dieci volte meno. Non penso che la Cina acquisterà bond italiani. E se lo facesse, si tutelerebbe non poco. La Cina è una nazione pragmatica, non è così stupida da investire in bond correndo il rischio di ritrovarsi a mani vuote tra cinque anni".

A sette mesi dalla rivoluzione che ha portato alla destituzione di Mubarak, qual è la reale situazione dell’Egitto?
"Abbiamo rimosso un dittatore per ritrovarcene 18 milioni… Tutti pensano di conoscere cosa è meglio per il paese e sono convinti di avere il diritto di imporre le proprie idee a tutti gli altri. E’ una continua anarchia e comincia ad esserci qualche giovane, per la strada, che si chiede: 'Perché abbiamo rimosso il faraone? Ora ce ne serve uno nuovo'".

L’Egitto è pronto per una vera democrazia?
"Credo il popolo egiziano sia pronto per la democrazia ma non certo per una democrazia completa, europea. E’ impossibile pensare di implementarla in un solo anno. Credo il processo sia iniziato e proceda nella giusta direzione ma ci vorranno molti anni. Forse tra vent’anni potremo avere una democrazia di stampo europeo. Non serve avere fretta: per 6mila anni l’Egitto non ha conosciuto una vera democrazia! Solo chi non conosce e non rispetta la Storia può pensare di realizzare una vera democrazia in 12 mesi dopo che per 6mila anni non ci siamo riusciti. E’ ridicolo".

Via |Tgcon | Gabriele Russo | Edizione Ecumene24

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