Una di loro forse è perfetta. Una tra le sessanta candidate forse ha un viso con tutti i millimetri giusti, tutti gli angoli esatti, tutte le volumetrie adeguate per corrispondere alla bellezza matematicamente determinata. Quale di loro? È un segreto che neanche Wikileaks riuscirebbe ad espugnare. "I professori" hanno già calcolato le proporzioni del volto ideale, ma non vogliono rivelare quale dei sessanta volti campionati gli si avvicina di più: "Non possiamo favorire nessuna concorrente", si schermisce Alberto Laino dell'Università Federico II di Napoli, "ma posso dirle che almeno una ventina ci sono vicinissime". E comunque saperlo probabilmente non servirebbe a nulla, non si diventa Miss Italia per medietà assoluta, per corrispondenza algebrica a un modello, perché ha ragione Karl Kraus, alla donna più bella manca sempre una cosa per essere perfetta: un difetto.
Ma allora perché li hanno fatti venire a Salsomaggiore, "i professori", con quel macchinario inquietante da sala di posa fotosegnaletica della questura, perché hanno chiesto alle sessanta finaliste della passerella di bellezza nazionale di sottoporsi all'innocua fucilazione simultanea di cinque fotocamere digitali collegate a un software d'avanguardia, perché le ragazze hanno accettato, docili incuriosite e un po' spaurite, di farsi disegnare griglie di nei sulle graziose faccine, perché si sono lasciate trasformare in poliedri luminosi e poi in metalliche maschere che si muovono nello spazio virtuale del monitor come carrozzerie d'auto nello studio di un progettista?
Perché i loro bei visi non sono solo belli, sono anche utili. Alla medicina, e quindi alla salute e perché no alla felicità di altre donne. "I professori" ci tengono a sottolinearlo. "Questo esperimento mette la bellezza al servizio della scienza e non viceversa", scandisce Raoul D'Alessio, docente di estetica facciale all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, coordinatore della ricerca promossa dalla Sido, la Società italiana di ortodonzia ("La bellezza comincia sempre dal sorriso..."). "Mi raccomando. Non siamo venuti per scoprire le proporzioni matematiche della bellezza. La bellezza scientificamente non esiste, è un concetto storico, sociale e individuale. Esiste invece l'armonia di un volto, e quella la possiamo misurare". Come si può misurare la proporzione aurea di un rettangolo, che la storia dell'arte e la psicologia della gestalt ci dicono essere più gradita all'occhio.
E allora ecco, "i professori", come a Salsomaggiore li chiamano con mistico rispetto per la scienza che incarnano, sono venuti a calcolare il "volto aureo", là dove è più facile trovarlo. "È dal 2003 che utilizziamo tecniche fotogrammetriche per rilevare volti", spiega Luigi Maria Galantucci del dipartimento di Prototipazione rapida e reverse engineering del Politecnico di Bari, che ha fornito l'avanzatissima tecnologia necessaria, "ma qui abbiamo un campione già fortemente selezionato": le sessanta più belle tra ventimila, filtrate da centinaia di giurie popolari, un giudizio di Paride di massa che esprime il gusto diffuso, il concetto medio di bellezza dell'italiano 2010, condizionamenti sociali (moda e tv) e stereotipi inclusi, ovviamente. Ma visto che lo scopo della ricerca è appunto scoprire la formula algoritmica della gradevolezza femminile corrente, cercarla qui è partire con metà del lavoro già fatto.
Il resto lo fa il computer. Spruzzando il volto della cavia con cinquantamila punti di rilevazione, spennellandolo con un laser, e ottenendo in cinque millesimi di secondo un calco matematico del viso, confrontabile con tutti gli altri, un calco per la prima volta tridimensionale, capace di cogliere il mistero di quella che Roberto Deli, ordinario di Ortognatodonzia del Gemelli, definisce "la visione più sfuggente eppure più importante del volto, mistero eterno per i pittori: il tre-quarti". Poi, fare la media è un gioco da ragazzi.
Ci provò anche Zeusi, il pittore-superstar dell'antichità, come software solo il suo occhio infallibile. Per immaginare Elena, la donna più bella del mondo, convocò le dodici ragazze più graziose di Crotone, colse il meglio da ciascuna e lo mischiò nel cocktail perfetto. Avete scoperto anche voi il volto di donna a cui tutte vorrebbero somigliare? "Per carità", reagisce D'Alessio, "questi patchwork di solito sono un fallimento, freddi come statue. Niente mostri artificiali, noi ricaviamo misurazioni utili". Utili a chi? A chi, per sfortuna, ha necessità di ritrovare un volto. Donne obbligate a ricorrere alla chirurgia plastica dopo un trauma o una patologia sfigurante. Si tratterebbe di dare ai chirurghi, che ora lavorano un po' a istinto o sulla base di miti quasi cabalistici come il numero phi (proporzione di 1,680 tra linee orizzontali e verticali), qualche indicazione più specifica sulle misure che daranno al volto artificiale gradevolezza e armonia. Non c'è il rischio che diventino un modello anche per chi una faccia a posto già ce l'ha? Cosa direbbe a una donna che volesse adeguare il suo volto al vostro risultato medio, con un taglietto qui e un botulino là? "Che farebbe un errore enorme. Non siamo costruttori di pupazzi. Ogni volto ha un'armonia in sé, modificando un particolare l'insieme cambia in peggio".
E dunque, ragazzine che state leggendo, visto che vi vedo un po' eccitate, la norma non esiste, e riponete pure il doppio decimetro nell'astuccio di scuola, perché in ogni caso stiamo parlando di scarti di decimi di millimetro dalla media. Eh sì. Pare che la selezione artigianale dei giurati abbia già normalizzato l'infinita varietà delle fisionomie muliebri. Ed ecco perché le ragazze impacciate sui gradini di Salsomaggiore ci sembrano un po' tutte sorelle fra loro, ma non ci sembrano affatto figlie delle miss Italia del passato.
"Tra noi e queste ragazze c'è la stessa differenza che fra le donne dell'Ottocento e quelle del Novecento", ammette Isabella Verney, prima vincitrice di "5 mila lire per un sorriso", il paleo-concorso del 1939. Il tipo svedese, ad esempio, così di moda negli anni Sessanta, non va più: "Troppo biretruso", stabilisce il professor Laino, qualsiasi cosa significhi, "è un volto sempre bello ma oggi giudicato meno attraente". Già, il volto ha una storia, sensibile alle mode e ai condizionamenti, e Patrizia Mirigliani che ha ereditato dal papà-patron Enzo il timone di Miss Italia lo sa bene: "Più o meno ogni quindici anni c'è una rivoluzione nei volti delle concorrenti". E i Professori sono in grado di raccontarcela, anche se le rilevazioni del passato erano più rozze e imprecise. La storia naturale del volto è una minuscola tettonica della muscolatura maxillo-facciale che altera di micromisure le altimetrie cutanee e produce sempre nuovi fenotipi, che poi la cultura (maschile) di ogni epoca premia o boccia con spietato darwinismo, trasformandola in una storia sociale del sex-appeal.
Dunque, millimetri a parte, ecco finalmente quello che volevate sapere fin dall'inizio, ecco cosa differenzia statisticamente il volto medio della "bella italiana" di oggi da quello medio: osso mascellare più prominente, con tendenza a dominare sull'asse naso-labbra: un profilo meno "rinascimentale". Fronte più ampia. Profilo più acuto, naso lievemente tendente al convesso. Labbro superiore sempre più prominente e sviluppato. Faccia più piatta e dal contorno più rotondo, tratto caratteristico della neotenia (permanenza dei caratteri infantili). Mandibola normoruotata, ridotta in proporzione rispetto alla mascella ma con angolo più delineato, tendenza Manuela Arcuri per capirci. Mento pronunciato ma in sintonia con le labbra.
Poco sexy detta in questi termini, non è vero? Meglio così. Le misure medie, lasciamole all'utile manuale dei chirurghi ricostruttori. Il fascino è altra cosa. Non ci si innamora della trigonometria. Ci può sedurre la forma di un seno, mai quella di un coseno.
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