Il bilancio dei primi otto mesi del 2010, per gli investitori in fondi comuni, ha sorriso decisamente solo ai possessori di fondi obbligazionari dell'area del dollaro (+17,26% la performance media da inizio gennaio al 31 agosto) e degli obbligazionari in titoli governativi in dollari (+17,27%), categorie esposte a rischi quasi identici. Appena sopra il 10% seguono gli obbligazionari dei paesi emergenti (+10,14%) e gli obbligazionari internazionali governativi (+10,69%), anch'essi beneficiari, come le prime due famiglie, di due fattori positivi. Il primo è l'allungarsi della fase di tassi d'interesse molto bassi, una conseguenza della politica monetaria della Federal Reserve che continua a mantenere il tasso sui fondi federali a zero (tra lo 0 e lo 0,25%, tecnicamente) e che ha speso nei mesi scorsi 1400 miliardi di dollari per acquistare bond di lungo termine sul mercato, alzandone il prezzo e comprimendone il rendimento. Il secondo è il cambio tra euro e dollaro, che ha avvantaggiato chi ha comprato dollari a inizio gennaio pagando in euro, quando un euro valeva 1,44 dollari, e ha poi visto il dollaro apprezzarsi fino al cambio di 1,27 dollari per euro.
Per quanto tempo questi due fattori trainanti dei bond di lungo termine sfideranno le analisi funeste di chi prevede un rialzo dell'inflazione, con il conseguente scoppio della attuale bolla obbligazionaria? Per dare la risposta bisognerebbe sapere quando la ripresa europea e quella americana metteranno solide radici, e neppure i banchieri centrali conoscono la data precisa. E' già tanto se la Bce esclude una doppia recessione nella Ue, come ha azzardato Jean-Claude Trichet. A Washington la Fed è invece ancora più cauta sulle sorti dell'espansione economica Usa, in presenza di un deficit del budget e di un debito federale che promettono solo incessanti emissioni di obbligazioni pubbliche nei mesi e anni a venire. Ad aggiungere incertezza sul futuro dell'economia Usa concorre l'attesa per le elezioni di medio termine: se i repubblicani riconquistano almeno uno dei due rami del Congresso, Obama dovrà riscrivere la sua agenda. Wall Street, che ha avuto un agosto pessimo contrariamente alla tradizione del mese scendendo sotto quota 10 mila, ha dato segni visibili di ripresa la settimana scorsa, chiudendo a quasi 10447 punti.
Poiché la disoccupazione si è confermata al 9,6%, c'è chi vede nel recentissimo recupero non tanto la convinzione che gli 862 miliardi del superstimolo voluto da Obama nel febbraio del 2009 stiano finalmente avviando una stabile ripresa. Il mercato, al contrario, starebbe già scommettendo sul futuro quadro politico del Congresso, con più parlamentari repubblicani pro-business e meno rappresentanti democratici pro-spesa pubblica e pro-tasse.
I fondi azionari in titoli Usa, nell'ultimo anno, con il +11,52% sono andati comunque meglio di quelli in azioni europee (+6,65%) e molto meglio di quelli in azioni italiane (che hanno perso il 5,53%) e in azioni europee della sola area euro (-1,18%). Da inizio 2010, tuttavia, il peggioramento del trend per le Borse è stato generalizzato: i fondi di Piazza Affari sono sempre gli ultimi con -9,21%, gli azionari area euro perdono il 6,53%, gli europei lo 0,15%, gli americani hanno ridotto la performance dal +11,52% su 12 mesi al +2,50% da gennaio. Gli azionari dei paesi emergenti si confermano primi sia sugli ultimi 12 mesi (+24,95%), sia da gennaio, ma con un rilevante calo a +9,50%.
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