FIRENZE - Ventimila spettatori. Tutti, più o meno, per lui, Cesare Prandelli. Firenze non ha feeling con la nazionale, ma va pazza per il suo allenatore che qui è considerato, dalla stragrande maggioranza, uno di famiglia. E non solo perché ha guidato per cinque anni con risultati eccellenti la Fiorentina e neppure perché, alla fine della sua avventura con la Viola, ha scelto di vivere in questa città affascinante e contraddittoria. I fiorentini lo amano per quello che è, per i suoi sorrisi discreti, i suoi silenzi, i toni pacati. Prandelli a Firenze è e sarà sempre soltanto Cesare, «uno di noi». Piace alle famiglie, ai bambini, agli ultrà. Stefano Sartoni detto Passarella, uno dei capi storici della curva Fiesole, ha già dettato la linea: «Chi vuole contestare la nazionale è pregato di rimanere a casa».
Cesare Prandelli (Ap)
Cesare Prandelli (Ap)
La prima italiana di Prandelli non poteva che essere al Franchi, nel suo stadio, nel suo covo, davanti alla sua gente, sulla sua panchina. Sarà il congedo definitivo dal pianeta Fiorentina, ma anche l'inizio di una nuova avventura. In tribuna ci sarà Roberto Baggio, un altro grande ex, ci saranno soprattutto i suoi figli, Nicolò che lavora al Parma e Carolina che sta per andare a studiare in Inghilterra. E non mancherà Andrea Della Valle perché forse è arrivato il momento di mettere da parte certe incomprensioni che hanno minato il rapporto con i proprietari della Fiorentina e consacrato il divorzio. Niente è eterno. Ma quello che è stato, resta. E non va dimenticato.
Cesare, di sicuro, non dimenticherà: «L'ansia e l'emozione sono già forti, ho rivisto persone che hanno lavorato per anni con noi e che amano la Fiorentina. Per me Firenze è qualcosa che va oltre l'aspetto professionale. L'ho scelta per viverci e la considero la mia città. Avevo rischiato su un progetto lungo per provare a vincere con la Viola, poi per tanti motivi le cose sono cambiate. Non si può dire no alla nazionale. E ora sono qui. Non ho paura di eventuali contestazioni, chi verrà allo stadio lo farà per festeggiare. Credo nell'intelligenza dei tifosi».
Ieri prova generale della festa, davanti a 400 tifosi che durante la rifinitura applaudono (anche Cassano) convinti. L'allenatore ricambia, i giocatori si accodano e restituiscono l'applauso. Commozione e sudore. Forse qualcosa di nuovo sta nascendo. Forse. Stasera, sbucando dal tunnel, quando lo stadio si alzerà in piedi per l'applauso atteso oltre tre mesi, Prandelli farà fatica a concentrarsi sulla partita. All'apparenza, una formalità. Le Far Oer, numero 118 del ranking, sono la cenerentola del girone, ma l'Italia in via di ricostruzione non può sottovalutare nessun avversario, neppure il più malleabile. Niente scherzi, dunque. Servono tre punti, ma al c.t. non basta il risultato: «Non sto a chiedermi se vinciamo 2-0 o 3-0, mi interessa che la squadra si esprima bene. Io inseguo il gioco e mi arrabbierò se ci sarà un calo di tensione. Vedo che tra voi (riferito alla platea dei giornalisti ndr) l'atmosfera è più rilassata rispetto alla vigilia di Tallinn. Questo clima può contagiare anche i giocatori, sarebbe umano e comprensibile. Ma non deve succedere». Prandelli alza l'asticella, lavora duro sull'aspetto psicologico, ha già preparato la squadra con cinque novità rispetto all'Estonia, tre viola in campo e due esordi assoluti: il portiere Viviano (al posto di Sirigu) e il laterale destro De Silvestri (per Cassani).
Giocano anche Antonelli al posto di Molinaro, Gilardino per Pazzini e probabilmente Giuseppe Rossi per Pepe. L'americano del Villarreal ha smaltito la distorsione alla caviglia sinistra e ieri mattina, nella prova generale, ha risposto bene. Però l'allenatore mantiene un minimo di cautela: Quagliarella è in preallarme. Nasce l'Italia a tre punte e con il centrocampo di qualità (Montolivo, Pirlo e De Rossi) che vuole Prandelli. «Una squadra vera. Mi piacerebbe che la gente fosse coinvolta nel nostro progetto: se volete chiamatela pure la nazionale del coraggio. Cassano? Mi piace quando parla di calcio ma, come ha detto lui, non dovete mettermi pressioni su Totti. Credo che la sua fosse una battuta: vuole recuperare il rapporto con Francesco».
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