Tallinn e tutta l'Estonia non si caratterizzano per la particolare abilità nel calcio, la nazionale locale figura al 94° posto nella hit parade della Fifa e nei due precedenti azzurri a queste latitudini (anni '93 e '94, allenatore Arrigo Sacchi) abbiamo sempre vinto: 3-0 e 2-0. Questo per dire che non sarà certo la caratura degli avversari a doverci condizionare stasera nel minuscolo impianto (9.600 posti ma 5 stelle Uefa) che porta il nome di una birra locale (A. Le Coq Arena), anche se Prandelli, com'è giusto che sia, prova a frenare: «Giochiamo su un campo piccolino, contro una squadra che sta bene e che ha quattro giocatori importanti». Che poi il c.t. non si ricordi i nomi dei quattro è un altro discorso. Qui comunque tutto viene ancora vissuto con grande meraviglia e non è un caso che sul sito ufficiale dell'impianto, di proprietà del Flora, una sorta di Inter locale, ricordino ancora con grande soddisfazione quella volta che, «durante le qualificazioni a Euro 2008, David Beckham confezionò magnifici cross».
La nuova Italia di Cesare Prandelli, quella che ha già perduto per strada SuperMario Balotelli e che rinnova la fiducia ad Antonio Cassano dopo la prestazione minimalista di Londra, dovrà dunque sfidare soprattutto se stessa, risultando più forte del momentaccio vissuto dal nostro calcio («Ci sono molte perplessità e c'è diffidenza ma quando si passa da una generazione all'altra è sempre così: tutto dipende da noi, non da quello che è accaduto in passato») e applicando le semplici regole pretese dal suo c.t.: generosità, praticità e ordine in campo («Non abbiamo avuto molto tempo per lavorare ma due cose le ho spiegate, il possesso e il non possesso della palla, e queste due cose stavolta le voglio vedere»). Certo, come con una certa enfasi ha sottolineato Andrea Pirlo, Von Karajan di centrocampo e capitano in attesa del ritorno di Gigi Buffon, il traguardo che deve contraddistinguere questa Italia è la qualità: la sua, quella di Fantantonio, di Montolivo e anche di De Rossi. Quella qualità che, inariditasi in Sudafrica, ci è costata una figuraccia mondiale.
Però, con i ritagli di tempo a disposizione delle squadre nazionali, l'obiettivo di un gioco migliore non può certo essere immediato, lo si può perseguire strada facendo («Ci vorrà qualche partita»), possibilmente incamerando successi perché, come ricordava quel tale, vincere (non importa come) aiuta a vincere «e io - ribadisce Prandelli - sono dell'idea che i risultati vadano ricercati attraverso il gioco, altrimenti non hai futuro».
Gli azzurri purtroppo hanno perso il gusto della vittoria, si sono dimenticati come si fa, vero è che se neppure stasera riuscissero a impossessarsi dei 3 punti si ritroverebbero a eguagliare un poco invidiabile record, quello di una striscia di 8 gare senza successi già sperimentata tra il 1958 e il 1958. L'Italia non vince dal 18 novembre (1-0 alla Svezia nell'amichevole di Cesena) e quest'ultimo acuto glielo ha regalato un difensore (Chiellini). Da allora 4 pareggi e 3 sconfitte. Uno scenario oggettivamente imbarazzante, a cui Prandelli si oppone avendo bene chiara in testa la formazione, comunicandola, caso più unico che raro, in maniera ufficiale («Già questa è una squadra nuova, che qui si gioca tanto: conoscere i titolari un giorno prima può aiutare») e riservandosi soltanto il dubbio in porta tra Sirigu e Viviano. A fare la differenza dovrà però essere la premiata ditta Pazzini («L'ho ritrovato più maturo») & Cassano, costui coccolato e vezzeggiato come un vero e proprio bamboccione: «Antonio ha sempre bisogno di affetto e questa è un po' la chiave del rapporto con lui. Se capisce che le persone non sono sincere, allora si chiude nel suo personaggio». Vedremo stasera se l'affetto di Prandelli sarà stato sufficiente a mandare al tappeto i simpatici e volitivi estoni.
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