Roma - "Venivano a Torino, partecipavano ai consigli, guardavano i bilanci e se ne andavano. Quando poi uscirono, nell'86, misurarono il loro affare: la Fiat era rinata, la Libia aveva guadagnato. E parecchio". Così Cesare Romiti, ex amministratore delegato del Lingotto, ricorda in un'intervista al Corriere della sera i dieci anni di rapporti con i libici in qualità di azionisti del gruppo. L'ingresso della Libia, spiega Romiti, è avvenuto dopo "lunghissime trattative, quasi due anni".
Dopo i primi segnali da Tripoli, ricorda, l'avvocato Agnelli "informò Bush senior, che allora era alla guida della Cia: ne ricevette una serie di raccomandazioni e il via libera. Poi, insieme andammo da Carlo Azeglio Ciampi: e ricevemmo la benedizione anche del Governatore della Banca d'Italia".
Così avvenne l'ingresso nell'azionariato della finanziaria Lafico, con due consiglieri che, precisa Romiti, "si sono sempre comportati come banchieri svizzeri". Con un'eccezione, e cioè quando i consiglieri libici nel Cda Fiat, dopo l'incidente di Ustica e la scoperta di un Mig libico caduto sulla Sila, fecero sapere che "dovevano recuperare i resti dell'aereo. E ci chiedevano una mano". Quanto alla situazione attuale, per Romiti la relazione fra Italia e Libia "ha certamente ecceduto i limiti dei rapporti tra due Stati", mentre sul futuro del paese dopo la rivolta, conclude Romiti, "forse sarà più facile imboccare la strada della democrazia".
Con Dowjones, Edz E24
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