Il taglio cesareo a volte è necessario e a volte no. Come capirlo? Lo rivela un nuovo test
È indubbio che il parto naturale sia la scelta migliore per mamma e bambino. Ma è altrettanto vero che non sempre è possibile procedere per questa via. L’alternativa in genere è il parto cesareo tramite la chirurgia.
Spesso il problema è capire esattamente se sia davvero necessario o meno procedere con il taglio cesareo è, a volte, può capitare che questo non fosse indispensabile. Ma come capire quale sia il caso? In risposta a questa domanda arriva un nuovo test ideato da un team di ricercatori di una azienda svedese specializzata, così come riportato dalla BBC.
Per stabilire come procedere, gli scienziati sono partiti dalla constatazione che quando nel liquido amniotico vi sono elevati livelli di acido lattico, è molto improbabile che la mamma riesca a partorire in modo naturale.
La possibilità di misurare i livelli di questo acido, quindi dovrebbe poter far prendere la decisione di far partorire in modo naturale o se ricorrere al parto cesareo.
Questo test è già disponibile in numerosi ospedali europei ed è stato sviluppato sulla base di una precedente ricerca da parte di scienziati del Liverpool University and Liverpool Women's Hospital.
Questo studio mostra che l’utero produce acido lattico allo stesso modo di come fanno i muscoli a seguito di uno sforzo prolungato. Quando l’acido lattico raggiunge un certo livello, questi comincia a inibire l’ossitocina, l’ormone responsabile della contrazioni.
Questo ormone, spesso, viene somministrato alla donna quando per stimolare le contrazioni. Tuttavia, non sempre si ottengono i risultati desiderati.
Secondo Johan Ubby di Obstecare, il test dovrebbe aiutare i medici a stabilire se la mamma può partorire naturalmente o se necessita di un parto cesareo. La misurazione di bassi livelli di acido lattico fanno ben presumere che la donna possa partorire attraverso la vagina poiché potrà disporre delle contrazioni necessarie all’espulsione del bambino.
«Ma un alto livello di acido lattico nel liquido amniotico segnala che l’utero è esausto. Per stimolare questo tipo di lavoro con una infusione di ossitocina sarebbe come chiedere a un maratoneta di eseguire un supplemento di 10.000 metri dopo che lui o lei ha superato il traguardo», ha spiegato Ubby.
Il test quindi dovrebbe essere utile in tutti quei casi di dubbio che spesso accompagnano le gravidanze a termine, ma non solo.
Dovrebbe così dare modo di ridurre il numero di parti cesarei per le donne che non ne hanno bisogno e accelerare i tempi per quelle che invece ne hanno bisogno «per evitare il rischio di complicanze da un parto lungo e limitare le sofferenze inutili», conclude Ubby.
(lm&sdp) La Stampa
Image: © Photoxpress.com
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