nonostante i sospetti Tra sesso, bugie e codardia, ritratto di un marito
incapace di difendere i suoi affetti e se stesso
marco neirotti
torino
Calcare i passi, vestire abiti, ruolo, sorrisi di un'altra vita, diversa e
serena, sarà possibile soltanto quando non ci sarà più chi quell'altra vita
incarna. Ha pagato questo odio - più che il possesso d'un uomo - la giovane
madre di Bruino, cintura torinese, sequestrata, ammazzata e sepolta in cortile.
Buttata dalla nemica in un buco da ricoprire con il cemento d'un patio dove
domani prendere il caffé con quello che della morta era stato il marito.
Da Avetrana la tv ha sparso una morte in un reality senza sosta. Qui, nelle
case sconsolate di altri paesi tranquilli, è andato in scena un romanzo dell'
Ottocento. Con un marito e padre che come tanti ha l'amante, e l'amante
distrugge la rivale. Lui negava incontri dopo la scomparsa della moglie, ieri
ammetteva: «Sì, ho continuato ad andare in quella casa». La sospetta e la vede,
mentre la figlia ripete ai carabinieri: «Andate dall'amante di mio padre»,
tenace, ferrea. E questa amante che si sente perduta lo accusa: «Mi ha aiutato
a seppellirla». «Non è vero», si difende lui. Intorno, complici di periferia
pagati con un prestito chiesto dall'assassina ai genitori di lui, e un figlio
che aiuta la madre a far sparire la rivale. L'uomo si strugge - «avevo un
tesoro accanto senza saperlo» - ma si accoda all'indagine anziché guidarla.
Sembra specchiarsi in un verso: «Continuerai a farti scegliere o finalmente
sceglierai?».
Marina Patriti ha 44 anni, casalinga, da 25 sposata con Giacomo Bellorio,
hanno tre figli, di 23, 13 e 5 anni. Lui è ambulante, lei casalinga. La mattina
del 18 febbraio, Marina porta a scuola la bimba piccola. I magistrati di
Pinerolo vedranno poi che c'è uno scambio di sms con il marito, il primo alle
8,48, l'ultimo alle 12,43, drammatico e tassativo: «Vai prendere il bambino, me
ne sono andata». Il bambino? E' una femmina. L'ha scritto lei?
Bellorio è al mercato. Viene un'ambulante: «Tua moglie mi ha lasciato questo».
Un portafogli. Dentro ci sono chiavi e documenti della Renault Scenic e una
lettera: «Me ne sono andata via... Non ti preoccupare dei bambini. Un giorno
capiranno». Giacomo denuncia la scomparsa. Ha ritrovato l'auto, in un paese lì
accanto, Villarbasse (memoria di sangue, 1945, vittime buttate in un pozzo,
ultima condanna a morte in Italia): fari accesi e, cosa strana, il sedile
indietro, mentre lei era piccola e la sfottevano per il suo guidare con il
mento al volante.
Le indagini sono silenziose. La figlia di Marina implacabile: «Andate da lei».
E il padre, poi lo ammetterà, da lei continua ad andare. Silenziosi i
carabinieri arrivano a «Antonella», nome che si è data Maria Teresa Crivellari,
53 anni, bionda vita di travagli e sconfitte, un arrancare senza mai la vetta.
Un marito che l'ha lasciata morendo fra i debiti, due figli, le case popolari
fino al trasferimento in una cascina di Sant'Ambrogio, in Val di Susa. Unico
sguardo avanti rispetto al randagismo dell'anima è il suo amante, Giacomo
Bellorio, sposato con Marina. Si incontrano su uno dei mercati di lui, ad
Alpignano, altro piccolo centro di cintura: «Cominciò per scherzo».
Ma dietro lo scherzo ci sono la passione, l'immagine di vita diversa da quella
delle case umili («Antonella si faceva lasciare sull'altro lato, dove
cominciano le villette», raccontarà Giacomo), delle sue due auto abbandonate
cariche come un immondezzaio, una sequestrata dopo un incidente perché senza
assicurazione. Lui è il contrario di quella vita e quella vita con lui Marina
ce l'ha.
Maria Teresa è arrestata il 5 novembre: sequestro di persona, omicidio,
distruzione di cadavere. Con lei vanno in carcere Andrea Chiappetta, 37 anni, e
Calogero Pasqualini, di 27, anche loro allo stretto nelle case popolari di
Pianezza. Per 2.500 euro si sarebbero fatti carico di «prelevare» Marina e
consegnarla alla rivale. Negano d'aver partecipato all'omicidio. Una vita,
2.500 euro. Presi dove? La donna innamorata e odiante se li è fatti imprestare
dai genitori del suo Giacomo. Per farsi consegnare la moglie. Eppure non c'è
ancora tragedia in quest'uomo: «La sospettavo, volevo capire». L'omicidio è
avvelenamento da farmaci, in cantina. E' lento. Maria Teresa viene avvertita:
«Si sveglia, si lamenta». Il 7 novembre la donna confessa. Marina è cadavere,
un sacchetto di nailon in testa, sotto un marcipiede. Ce l'ha messa lei aiutata
dal figlio ventenne Alessandro.
«Antonella» non vuole crollare nell'altra buca, quella del fallimento ancora
una volta solitario e mette a verbale: «Giacomo mi ha aiutato a seppellirla».
Lui nega e i giudici gli credono. Però all'inizio nega anche di aver rivisto,
se non qualche volta, l'amante. Invece parlano i tabulati: perché diceva di
averla sentita tre volte il 18 febbraio e i contatti furono nove, dalle 13 alle
20,30, parlando l'ultima volta 25 minuti? Parlano i testimoni che lo vedevano
tornare alla cascina, finché ammette: «Ho continuato a frequentarla, volevo
capire». Perché allora cambiare tutti e due le carte Sim? La lacerazione dell'
uomo si avvolge nella frase emblematica nella quale Crivellari Maria Teresa
racchiude questo inferno sotto un cortile: «Forse è stata una storia malata».
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