Parla L'avvocato: «È un pizzaiolo precario. Voleva che il corteo non rallentasse»
ROMA - Ha un nome e un cognome il ragazzo che con il casco ha mandato all'ospedale Cristiano, il quindicenne colpito durante la manifestazione del 14 dicembre a Roma. Si chiama Manuel De Santis, ha vent'anni, fa il pizzaiolo ed è un precario. È di sinistra ma non frequenta alcun centro sociale o gruppo politico e soprattutto non è un ultrà. Sabato scorso si è autodenunciato in Procura a Roma: «Ho colpito io Cristiano con il casco». «È un cane sciolto», afferma l'avvocato Tommaso Mancini, uno dei legali a cui la famiglia del ragazzo si è rivolta.
IL LEGALE - «Voleva semplicemente che il corteo non subisse rallentamenti, per portare così la protesta, la protesta di un precario, di un giovane che non ha un contratto stabile, davanti al Senato». Adesso però, secondo il legale, è pentito: «Da quel giorno non riesce a dormire». Gli avrebbe detto: «Non reggo al rimorso. Voglio fare qualcosa per scaricare il peso di questa angoscia». È pentito d'aver perso la testa, d'aver voluto fermare in quel modo violento un quindicenne che lanciava un semplice frutto contro i carabinieri. «Aveva iniziato con degli spintoni - dice l'avvocato - poi ha perso la testa. Ora è decisamente pentito. Nessuno l'aveva cercato, nessuno l'aveva identificato ma lui stesso, di sua iniziativa, ha deciso sabato scorso di autodenunciarsi. È venuto da me con i suoi genitori - ha aggiunto -: il padre e la madre erano sconvolti e addolorati per l'accaduto. Il suo è stato un atto sconsiderato, ma è un bravo ragazzo». «Abbiamo proposto un incontro privato alla famiglia di Cristiano e i genitori di Manuel si sono detti pronti a un risarcimento - ha riferito il difensore -. Per ora non c'è stato ancora alcun contatto. Perché era in piazza? Per protestare contro la politica del governo sui precari». Poi l'avvocato conclude: «Guardi, Manuel è proprio quello che si definisce in gergo un cane sciolto».
IL PADRE DI CRISTIANO - «Ho appreso la notizia con profondo piacere. Non mi interessa conoscere il suo nome ma sapere che una persona pericolosa e irresponsabile sia stata tolta dalla strada», Claudio, padre di Cristiano, ha commentato la notizia secondo cui l'aggressore ha scritto alla Procura di Rom. Riguardo alla richiesta avanzata da De Santis di poter incontrare Cristiano e la sua famiglia il padre ha risposto: «Penso sia un momento ancora delicato e riflessioni su eventuali perdoni sono ancora premature. Da legale però posso dire che si tratta di un atteggiamento strategico che può premiare».
IL COMUNICATO STAMPA - In precedenza la famiglia di Manuel De Santis ha diffuso, tramite i suoi avvocati, un comunicato stampa: «Adempiendo ad un dovere morale ed al fine di appagare le giuste richieste della famiglia di Cristiano, ferito durante la manifestazione del 14 dicembre, il ventenne Manuel De Santis ha presentato sabato scorso alla Procura della Repubblica di Roma a mezzo dei suoi avvocati, una dichiarazione nella quale si assumeva la responsabilità dell'accaduto. I genitori di Manuel e lo stesso ragazzo, partecipi della preoccupazione della famiglia di Cristiano, chiedono di potersi incontrare privatamente con gli stessi». È dunque velato il giallo del ragazzo con giubbotto nero e cappello che si vede nella sequenza video in cui Cristiano, il quindicenne del liceo Mamiani di Roma, viene colpito con un casco. «Sono stato io», ha confessato Manuel De Santis. Il pizzaiolo ventenne si è autodenunciato e adesso chiede di incontrare privatamente i genitori di Cristiano. Tutto questo mentre il quindicenne con il naso rotto attende di essere operato al San Giovanni di Roma.
LA PROCURA - De Santis dovrà spiegherà a chi indaga le ragioni del suo gesto. «Non voleva che il corteo rallentasse», come ha detto il suo avvocato, riuscirà a convincere gli inquirenti e soprattutto i familiari di Cristiano? Sulla vicenda i magistrati hanno aperto un fascicolo ipotizzando il reato di lesioni volontarie gravi. Il ragazzo è dunque in attesa di essere convocato dagli inquirenti ma il procuratore aggiunto Pietro Saviotti, coordinatore dell'inchiesta insieme al procuratore capo Giovanni Ferrara, fa sapere non risulta ancora formalmente indagato: «Anche se c'è un comunicato della famiglia, devo verificare se è lui».
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